I giovani sono oggi poco interessati a sentirsi dire quello che devono o non devono fare. E poiché chiedono tracce da seguire e non obblighi da assolvere vorrebbero condurre incursioni in ambienti nei quali vivere esperienze, essere accolti e sommessamente accompagnati a trovare se stessi. Per la generazione di Facebook non è un’ottusa incredulità a guadagnare terreno, né l’insensibilità alle faccende dello spirito. Ma non è nemmeno il permanere nella tranquilla certezza religiosa che si poteva possedere in un mondo in cui Dio era dato per scontato. Il credere si manifesta sempre più come desiderio di un’esperienza diretta di relazione capace di produrre coinvolgimento e sentimento, anche in forme che possono essere teologicamente poco elaborate e per certi aspetti non del tutto razionalizzabili. In altri termini, le esperienze vitali attraggono assai più dei catechismi e si coglie la tendenza a passare dal credere in Dio al credere nel mistero di Dio, dalla dogmatica alla mistica, dalla teologia alla poesia. Segno e conseguenza di quella valorizzazione delle emozioni e dei sentimenti che si intravede nella vita di tutti.
Prefazione di Alessandro Castegnaro.
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Gilberto Borghi – insegnante di Religione nelle scuole superiori, pedagogista clinico, da anni si occupa del rapporto fede e cultura post moderna – racconta episodi che riguardano la trasmissione e la condivisione della fede tra i giovani nella seguente intervista fatta a Radio Vaticana.
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