Cominciamo fin da ora a chiedere allo Spirito Santo di prepararci a
comprendere ogni gesto e ogni parola di Gesù: perché vogliamo vivere di
vita soprannaturale, perché il Signore ci ha manifestato la sua volontà
di darsi a noi come alimento dell’anima, e perché riconosciamo che Lui
solo ha
parole di vita eterna.
La fede ci fa proclamare con Simon Pietro: Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio.
Ed è proprio questa fede, unita alla nostra devozione, che in momenti
così importanti ci spinge a imitare l’audacia di Giovanni: accostarci a
Gesù e adagiare il capo sul petto del Maestro, di colui che amava
ardentemente i suoi e — lo abbiamo appena udito — li avrebbe amati sino
alla fine.
Tutti i modi di dire si rivelano insufficienti per spiegare, sia pure
lontanamente, il mistero del Giovedì Santo. Ma non è difficile
immaginare almeno in parte i sentimenti del cuore di Gesù Cristo quella
sera, l’ultima che trascorreva con i suoi, prima del sacrificio del
Calvario.
Pensate all’esperienza così umana del commiato di due persone che si
vogliono bene. Vorrebbero stare sempre insieme, però il dovere — un
qualunque dovere — li costringe a dividersi. Sognerebbero di restare
uniti, ma non possono. E così l’amore umano, che per quanto grande è
sempre limitato, ricorre a un simbolo: le due persone, prima di
lasciarsi, si scambiano un ricordo, forse una fotografia, con una
dedica così accesa, che quasi potrebbe bruciare la carta. Non possono
fare di più, perché il potere delle creature non è all’altezza del loro
volere.
Ma ciò che noi non possiamo fare, lo può fare il Signore. Gesù Cristo,
perfetto Dio e perfetto Uomo, non ci lascia un simbolo, ma la realtà:
ci lascia se stesso. Ritornerà al Padre, e allo stesso tempo rimarrà
con gli uomini. Non ci lascerà solamente un regalo, che ci richiami
alla mente il ricordo di Lui, un’immagine destinata a svanire col
tempo, come la fotografia che ben presto rimane sbiadita, ingiallita e
priva di significato per coloro che non furono protagonisti di quel
momento d’affetto. Sotto le specie del pane e del vino c’è Lui,
realmente presente: con il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Anima e la
sua Divinità.
84 Come si comprendono adesso gli inni incessanti che in tutti i tempi i cristiani hanno elevato davanti all’Ostia santa! Celebra,
o lingua, il mistero del Corpo glorioso e del Sangue prezioso che il Re
delle genti, nato da un seno verginale, ha sparso per il riscatto del
mondo. Bisogna adorare devotamente questo Dio nascosto: è lo stesso
Gesù nato da Maria Vergine, lo stesso che realmente patì e fu immolato
in Croce per noi, lo stesso dal cui fianco trafitto uscirono sangue e
acqua.
Questo è il sacro convito, in cui Cristo è nostro cibo, si perpetua
il memoriale della sua Passione, l’anima è ricolma di grazia e a noi
viene dato il pegno della gloria futura. La liturgia della Chiesa
ha riassunto in queste brevi strofe i momenti culminanti della storia
di ardente carità che il Signore ci dona. Il Dio della nostra fede non
è un essere lontano, che contempla impassibile la sorte degli uomini:
le loro fatiche, le loro lotte, le loro angosce. È un padre che ama i
suoi figli fino al punto di inviare il Verbo, Seconda Persona della
Santissima Trinità, affinché si incarni, muoia per noi e ci redima. È
lo stesso Padre affettuoso che adesso ci attrae dolcemente a se con
l’azione dello Spirito Santo che abita nei nostri cuori.
La gioia del Giovedì Santo procede da questo: dal comprendere che il
Creatore si è prodigato per amore delle sue creature. Nostro Signore
Gesù Cristo, come se non bastassero tutte le altre prove della sua
misericordia, istituisce l’Eucaristia perché possiamo averlo sempre
vicino, dal momento che Egli — per quanto ci è dato di capire — pur non
abbisognando di nulla, mosso dal suo amore, non vuole fare a meno di
noi. La Trinità si è innamorata dell’uomo elevato all’ordine della
grazia e fatto a sua immagine e somiglianza;
lo ha redento dal peccato — dal peccato di Adamo, che ricadde su tutta
la sua discendenza, e dai peccati personali di ciascuno — e desidera
ardentemente dimorare nella nostra anima: Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.
85 Questo flusso trinitario di amore per gli uomini si perpetua in
maniera sublime nell’Eucaristia. Noi tutti, anni fa, abbiamo imparato
dal catechismo che la santa Eucaristia può essere considerata come
Sacrificio e come Sacramento, e che il Sacramento è per noi Comunione e
insieme tesoro sull’altare, nel tabernacolo. La Chiesa dedica un’altra
festa al mistero eucaristico, al Corpo del Signore — Corpus Domini
— presente in tutti i tabernacoli del mondo. Oggi, Giovedì Santo,
vogliamo contemplare la santa Eucaristia, Sacrificio e alimento: la
santa Messa e la santa Comunione.
Parlavo di flusso trinitario d’amore per gli uomini. E dove avvertirlo
meglio che nella Messa? Tutta la Trinità agisce nel santo Sacrificio
dell’altare. Per questo mi piace tanto ripetere nelle orazioni della
Messa quelle parole finali: Per Nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio — ci rivolgiamo al Padre — che è Dio e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Nella Messa la preghiera al Padre si fa costante. Il sacerdote è un
rappresentante del Sacerdote eterno, Gesù Cristo, che nello stesso
tempo è la Vittima. E l’azione dello Spirito Santo nella Messa è tanto
ineffabile quanto vera. In virtù dello Spirito Santo — scrive san Giovanni Damasceno — si effettua la conversione del pane nel Corpo di Cristo.
Tale azione dello Spirito Santo si manifesta chiaramente quando il sacerdote invoca la benedizione divina sulle offerte: Vieni, o Santificatore, Dio onnipotente ed eterno, e benedici questo sacrificio preparato per la gloria del tuo santo Nome,
sacrificio che darà al Nome Santissimo di Dio la gloria che gli è
dovuta. La santificazione che invochiamo è attribuita al Paraclito, che
il Padre e il Figlio ci mandano. Riconosciamo ancora questa presenza
attiva dello Spirito Santo nel sacrificio, quando diciamo poco prima
della comunione: Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, che,
secondo la volontà del Padre e in unione con lo Spirito Santo, con la
tua morte hai dato la vita al mondo….
86 Tutta la Trinità è presente nel sacrificio dell’altare. Per la
volontà del Padre e con la cooperazione dello Spirito Santo, il Figlio
si offre come vittima redentrice. Impariamo a rivolgerci alla Trinità
Beatissima, Dio uno e trino: tre Persone divine nell’unità della loro
sostanza, del loro amore, della loro efficace azione santificatrice.
Subito dopo il Lavabo il sacerdote pronuncia questa orazione: Accetta,
o Trinità Santa, quest’offerta che ti presentiamo in memoria della
Passione, Risurrezione ed Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo. E al termine della Messa c’è un’altra orazione di fervente omaggio a Dio uno e trino: Placeat
tibi, Sancta Trinitas, obsequium servitutis meae… ti sia gradito,
Trinità Santa, l’ossequio del tuo servo: possa questo sacrificio, che
io benché indegno ho offerto alla tua Maestà, esserti accetto, e per
tua misericordia, attirare il tuo favore su di me e su tutti coloro per
i quali l’ho offerto.
La Messa — ripeto — è azione divina, trinitaria, non umana. Il
sacerdote che celebra, collabora al progetto del Signore, prestando il
suo corpo e la sua voce; ma non agisce in nome proprio, bensì in persona et in nomine Christi, nella persona di Cristo e nel nome di Cristo.
L’amore della Trinità per gli uomini fa si che dalla presenza di Cristo
nell’Eucaristia derivino tutte le grazie per la Chiesa e per l’umanità.
Questo è il sacrificio predetto da Malachia: Dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti, e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome una oblazione pura.
È il sacrificio di Cristo, offerto al Padre con la cooperazione dello
Spirito Santo: oblazione di valore infinito, che rende eterna in noi la
Redenzione che i sacrifici dell’antica legge non hanno potuto
realizzare.
87 La Santa Messa ci pone così di fronte ai misteri principali della
fede, in quanto è il dono che la Trinità fa di se stessa alla Chiesa.
Si comprende allora come la Messa sia il centro e la radice della vita
spirituale del cristiano, e come sia anche il fine di tutti i
Sacramenti. La vita della grazia, generata in noi dal Battesimo,
fortificata e accresciuta dalla Confermazione, si avvia nella Messa
verso la sua pienezza. Quando partecipiamo dell’Eucaristia — scrive san Cirillo di Gerusalemme — sperimentiamo
la spiritualizzazione deificante dello Spirito Santo che non solo ci
configura con Cristo, come avviene nel Battesimo, ma ci cristifica per
intero, associandoci alla pienezza di Cristo Gesù.
L’effusione dello Spirito Santo, facendoci divenire simili a Cristo, ci
porta a riconoscerci come figli di Dio. Il Paraclito, che è carità, ci
insegna a impregnare di questa virtù tutta la nostra vita; e consummati in unum, fatti una cosa sola con Cristo, possiamo diventare tra gli uomini quel che Sant’Agostino afferma dell’Eucaristia: Segno di unità, vincolo dell’Amore.
Non faccio davvero una scoperta se dico che alcuni cristiani hanno
un’idea assai povera della Santa Messa, e che altri la vedono solo come
un rito esteriore, se non addirittura come una forma di
convenzionalismo. È la meschinità del nostro cuore che ci fa accogliere
come per abitudine il più grande dono che Dio potesse fare agli uomini.
Nella Messa — in questa Messa che stiamo celebrando adesso — interviene
in modo particolare, ripeto, la Santissima Trinità. Per corrispondere a
tanto amore ci si richiede una totale donazione, del corpo e
dell’anima: noi infatti ascoltiamo Dio, gli parliamo, lo vediamo, lo
gustiamo. E quando le parole non ci sembrano sufficienti cantiamo,
incitando la nostra lingua — Pange,lingua! — a proclamare davanti a tutta l’umanità le meraviglie del Signore.
88 Vivere la Santa Messa significa rimanere in preghiera continua, con
la convinzione che per ciascuno di noi si tratta di un incontro
personale con Dio: lo adoriamo, lo lodiamo, gli chiediamo tante cose,
lo ringraziamo, facciamo atti di riparazione per i nostri peccati, ci
purifichiamo, ci sentiamo una cosa sola, in Cristo, con tutti i
cristiani.
Forse qualche volta ci siamo domandati come poter corrispondere a tanto
amor di Dio, e forse vorremmo vedere esposto chiaramente un programma
di vita cristiana. La soluzione è facile ed è alla portata di tutti i
fedeli: partecipare con amore alla Santa Messa, imparare nella Messa a
mettersi in rapporto con Dio, perché in questo Sacrificio è contenuto
tutto ciò che il Signore vuole da noi.
Permettetemi di ricordarvi ciò che tante volte voi stessi avete
osservato: lo svolgimento delle cerimonie liturgiche. Seguendole con
attenzione è molto probabile che il Signore faccia scoprire a ciascuno
di noi dove dobbiamo migliorare, quali vizi sradicare, come impostare
il nostro rapporto fraterno con tutti gli uomini.
Il sacerdote si dirige verso l’altare di Dio, del Dio che allieta la nostra giovinezza.
La Santa Messa inizia con un canto di gioia, perché Dio è lì. Questa
gioia, fatta di gratitudine e di amore, si manifesta nel bacio
dell’altare, simbolo di Cristo e ricordo dei santi: un piccolo spazio
santificato, perché su quest’ara si realizza il Sacramento
dall’efficacia infinita. Il Confiteor ci mette di fronte alla
nostra indegnità: non di fronte al ricordo astratto della colpa, ma di
fronte alla presenza concreta dei nostri peccati e delle nostre
mancanze. Perciò ripetiamo: Kyrie eleison, Christe eleison;
Signore, abbi pietà di noi, Cristo, abbi pietà di noi. Se il perdono di
cui abbiamo bisogno dipendesse dai nostri meriti, in questo momento
nascerebbe nell’anima un’amara tristezza. E invece, per bontà divina,
il perdono ci viene dalla misericordia di Dio, che abbiamo or ora
lodato con il Gloria: Perché Tu solo il Santo, Tu solo il Signore,
Tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo, nella gloria di
Dio Padre.
89 Ascoltiamo adesso la parola della Scrittura, l’epistola e il
Vangelo, luci del Paraclito che parla con voci umane affinché la nostra
intelligenza comprenda e contempli, affinché la volontà si irrobustisca
e l’azione si compia. Infatti siamo un solo popolo, che confessa una
sola fede, un unico Credo, un popolo riunito nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Subito dopo, l’offerta: il pane e il vino degli uomini. Non è molto, ma l’accompagna l’orazione: In
spirito di umiltà e contrizione di cuore possiamo noi esserti accetti,
Signore, e il nostro sacrificio si compia oggi alla tua presenza in
modo tale che ti sia gradito, Signore Iddio. Irrompe di nuovo il ricordo della nostra miseria e il desiderio che sia limpido e purificato tutto quanto è per il Signore: Mi lavo le mani… amo la bellezza della tua casa…
Prima del Lavabo, abbiamo invocato lo Spirito Santo;
chiedendogli di benedire il Sacrificio offerto per la gloria del suo
santo Nome. Terminata la purificazione ci rivolgiamo alla Trinità — Suscipe Sancta Trinitas
— perché accetti l’offerta che le presentiamo in memoria della
Passione, della Risurrezione e dell’Ascensione di Nostro Signore Gesù
Cristo, e in onore della Beata sempre Vergine Maria e di tutti i Santi.
Che l’offerta ridondi per la salvezza di tutti — Orate fratres,
prega il sacerdote — perché questo sacrificio è mio e anche vostro, di
tutta la Chiesa Santa. Pregate frate!li anche se siete pochi, voi qui
riuniti, anche se non fosse materialmente presente più di un cristiano,
e anche se ci fosse solo il celebrante: perché ogni Messa è l’olocausto
universale, riscatto di tutte le tribù e lingue e popoli e nazioni.
Tutti i cristiani, per mezzo della comunione dei santi, ricevono tutte
le grazie che ogni singola Messa diffonde, sia che si celebri dinanzi a
migliaia di persone, sia che aiuti il sacerdote, unica persona
presente, un bambino e per giunta distratto. In qualunque caso, la
terra e il Cielo si uniscono per intonare con gli Angeli del Signore: Sanctus, Sanctus, Sanctus…
Io acclamo ed esulto con gli angeli; e non mi riesce difficile, perché
so di essere circondato da loro, quando celebro la Santa Messa. Essi
adorano la Trinità. E so anche che interviene, in qualche modo, la
Vergine Santissima, a motivo della sua intima unione con la Trinità
Beatissima e perché è Madre di Cristo, della sua Carne e del suo
Sangue: Madre di Gesù, perfetto Dio e perfetto Uomo. Gesù, infatti,
concepito nel seno di Maria Santissima senza intervento di uomo, ma per
sola virtù dello Spirito Santo, è del sangue di sua Madre: lo stesso
sangue che è offerto in sacrificio di redenzione sul Calvario e nella
Santa Messa.
90 Così si entra nel Canone, nel quale con filiale fiducia chiamiamo clementissimo
nostro Padre Dio. Gli raccomandiamo la Chiesa e tutti coloro che sono
nella Chiesa: il Papa, la nostra famiglia, i nostri amici e compagni.
Poi il cattolico, con cuore universale, prega per tutto il mondo,
perché nulla può restare escluso dal suo zelo generoso. E affinché la
nostra richiesta sia accolta, facciamo presente la nostra familiarità e
la nostra comunione con la gloriosa sempre Vergine Maria e con quel
pugno di uomini che per primi seguirono Cristo e morirono per lui.
Quam oblationem… Si avvicina il momento della consacrazione. Adesso, nella Messa, Cristo agisce di nuovo, attraverso il sacerdote: Questo è il mio Corpo. Questo è il calice del mio Sangue.
Gesù è con noi. Con la transustanziazione si rinnova l’infinita pazzia
divina dettata dall’amore. Quando, tra poco, si ripeterà questo
momento, parliamo con il Signore, ciascuno di noi, dicendogli senza
parole che niente potrà separarci da Lui, che la sua disponibilità —
inerme — a restare sotto le apparenze, così fragili, del pane e del
vino ci ha convertiti a una schiavitù volontaria: Praesta meae menti de te vivere, et te illi semper dulce sapere, fa’ che io sempre viva di te, e sempre gusti la dolcezza del tuo amore.
Ancora altre suppliche, perché noi uomini abbiamo un’inclinazione
naturale a chiedere: per i nostri fratelli defunti, per noi stessi. E
gli portiamo tutte le nostre infedeltà, le nostre miserie. Il peso è
grande, ma Egli vuole portarlo per noi e con noi. Il Canone termina con un’altra invocazione alla Trinità Santissima: Per Ipsum et cum Ipso et in Ipso…
per Cristo, con Cristo e in Cristo, nostro Amore, a te, Dio Padre
Onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per
tutti i secoli dei secoli.
91 Gesù è il Cammino, il Mediatore; in Lui tutto, senza di Lui, nulla. In Cristo, istruiti da Lui, osiamo chiamare Padre Nostro
l’Onnipotente: colui che fece il cielo e la terra è questo Padre
affettuoso in attesa che ritorniamo a Lui ogni volta, ciascuno come un
altro figliuol prodigo.
Ecce Agnus Dei… Domine non sum dignus… Stiamo per ricevere
il Signore. Le accoglienze riservate a personaggi autorevoli della
terra sono caratterizzate da un grande apparato di luci, musica e abiti
eleganti. Per accogliere Cristo nella nostra anima, come dobbiamo
prepararci? Abbiamo mai pensato come ci comporteremmo se si potesse
ricevere la comunione una sola volta nella vita?
Quand’ero bambino la pratica della comunione frequente non era ancora
molto estesa. Ricordo come ci si preparava alla comunione: con grande
cura per disporsi bene nell’anima e nel corpo. Il miglior vestito, i
capelli ben pettinati, il corpo anche materialmente pulito e magari con
un po’ di profumo… Erano delicatezze proprie di innamorati, di anime
forti e delicate, che sanno contraccambiare Amore con amore.
Con Cristo nell’anima, termina la Santa Messa: la benedizione del
Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo ci accompagna per tutta la
giornata, mentre ci impegniamo, con semplicità e naturalezza, a
santificare tutte le nobili attività umane.
Assistendo alla Santa Messa imparerete a trattare ciascuna delle tre
Persone divine: il Padre che genera il Figlio; il Figlio, generato dal
Padre; lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Trattando
una qualunque delle tre Persone trattiamo un unico Dio; e trattandole
tutte e tre, la Trinità, trattiamo ugualmente un solo Dio unico e vero.
Amate la Messa, figli miei, amate la Messa. Fate la comunione con fame,
anche se siete freddi e pieni di aridità: fate la comunione con fede,
con speranza, con ardente carità.
92 Non ama Cristo chi non ama la Santa Messa, chi non si sforza di
viverla con calma e serenità, con devozione, con amore. L’amore affina
gli innamorati, li rende più delicati; li porta a scoprire e curare
tanti particolari, magari minimi, ma sempre significativi della
vibrazione di un cuore appassionato. È in questo modo che dobbiamo
assistere alla Santa Messa. Penso perciò che coloro che vogliono
ascoltare una Messa corta e frettolosa dimostrano, con un contegno per
giunta poco elegante, di non avere compreso il senso e il valore del
Sacrificio dell’altare. L’amore per Cristo, che si offre per noi, ci fa
trovare, al termine della Messa, alcuni minuti per un ringraziamento
personale, intimo, che prolunghi nel silenzio del cuore l’azione di
grazie dell’Eucaristia. Come rivolgersi a Lui, come parlargli, come
comportarsi?
La vita cristiana non è fatta di rigide norme, perché lo Spirito Santo
non guida le anime in massa, ma in ciascuna infonde quei propositi,
quegli affetti e quelle ispirazioni che l’aiuteranno a comprendere e a
compiere la volontà del Padre. Penso tuttavia che, molte volte, oggetto
fondamentale del nostro dialogo con Cristo può essere la considerazione
che il Signore è per noi Re, Medico, Maestro, Amico.
93 È Re e desidera regnare nei nostri cuori di figli di Dio. Ma
mettiamo da parte l’immagine che abbiamo dei regni della terra: Cristo
non domina né cerca di imporsi, perché non è venuto per essere servito, ma per servire. Suo regno è la pace, la gioia, la giustizia. Cristo, nostro re, non vuole da noi ragionamenti inutili, ma fatti, perché non
chiunque mi dice: « Signore, Signore! » entrerà nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
È Medico e cura il nostro egoismo quando lasciamo che la sua grazia
penetri fino in fondo alla nostra anima. Gesù ci ha avvertiti che la
malattia peggiore è l’ipocrisia, l’orgoglio che porta a dissimulare i
propri peccati. Con il Medico è necessaria una sincerità assoluta,
bisogna spiegare interamente la verità e dire: Domine, si vis, potes me mandare!,
Signore, se vuoi — e Tu vuoi sempre — puoi guarirmi. Tu conosci la mia
fragilità; avverto questi sintomi, soffro queste debolezze. E gli
mostriamo con semplicità le ferite, e il pus, se c’è pus. Signore, Tu
che hai curato tante anime, fa’ che, mentre ti porto nel mio cuore o ti
contemplo nel Tabernacolo, ti riconosca come Medico divino.
È Maestro di una scienza che soltanto Lui possiede: quella dell’amore
illimitato per Dio e, in Dio, per tutti gli uomini. Alla scuola di
Cristo si impara che la nostra esistenza non ci appartiene: Egli ha
dato la sua vita per tutti gli uomini, e noi, che lo seguiamo, dobbiamo
comprendere che non possiamo appropriarci in modo egoistico della
nostra, ignorando i dolori e le sofferenze degli altri. La nostra vita
è di Dio e dobbiamo consumarla al suo servizio, preoccupandoci
generosamente delle anime; dimostrando, con la parola e l’esempio, la
profondità delle esigenze della vita cristiana.
Gesù aspetta che noi gli manifestiamo il desiderio di acquisire questa scienza, per dirci: Chi ha sete, venga a me e beva.
Gli rispondiamo: insegnaci a dimenticarci di noi stessi, per pensare a
Te e a tutte le anime. Così il Signore ci porterà, con la sua grazia,
sempre avanti, come quando facevamo i primi esercizi per imparare a
scrivere — ricordate le aste che tracciavamo nella nostra infanzia
sotto la guida della mano del maestro? — e così assaporeremo la gioia
di manifestare la nostra fede, altro dono di Dio, anche per mezzo di
un’autentica vita cristiana, nella quale tutti possano riconoscere
chiaramente le meraviglie divine.
Egli è Amico; è l’Amico! Vos autem dixi amicos. Ci chiama
amici ed è stato Lui a fare il primo passo; ci ha amati per primo. Non
impone tuttavia il suo amore: ce lo offre. Ce lo dimostra con il segno
più evidente dell’amicizia: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Era amico di Lazzaro e pianse per lui, quando lo vide morto: e lo
risuscitò. Se ci vede freddi, svogliati, forse con quella rigidità che
è propria di una vita interiore che vien meno, il suo pianto sarà per
noi vita: Io te lo comando, amico mio, alzati e cammina, vieni fuori da questa vita angusta, che non è vita.
94 Termina la nostra meditazione del Giovedì Santo. Se il Signore ci
aiuta — e Lui è sempre disposto, basta che gli apriamo il cuore — ci
vedremo spinti a corrispondere a ciò che è più importante: amare. E
sapremo diffondere questa carità fra gli uomini per mezzo di una vita
di servizio. Vi ho dato, infatti, l’esempio,
insiste Gesù, parlando con i discepoli dopo aver lavato loro i piedi,
la sera della cena. Rimuoviamo dal cuore l’orgoglio, l’ambizione, i
desideri di dominio; e regneranno in noi, ben fondate nel sacrificio
personale, la pace e la gioia.
Per finire, un pensiero di amore filiale per Maria, Madre di Dio e
Madre nostra. Perdonatemi se racconto ancora un ricordo della mia
infanzia: si tratta di un’immagine che si diffuse molto nella mia
terra, quando san Pio X dette un impulso notevole alla pratica della
comunione frequente. Raffigurava Maria nell’atto di adorare l’Ostia
Santa. Oggi, come allora e come sempre, la Madonna insegna a metterci
in rapporto con Gesù, a cercarlo e a riconoscerlo nelle diverse
circostanze della giornata e, in modo particolare, in questo istante
supremo — in cui il tempo si unisce all’eternità — del Santo Sacrificio
della Messa: Gesù con gesto di Sacerdote eterno attrae a se tutte le
cose, per porle, divino afflante Spiritu, con il soffio dello Spirito Santo, alla presenza di Dio Padre.