Letture patristiche[1]
DOMENICA «DEL BATTESIMO E DELLA COPPA» XXIX DEL TEMPO ORDINARIO B
Marco 10,35-45; Isaia 53,10-11 Salmo 32; Ebrei 4,14-16
- Gesù risponde alla madre di Giacomo e Giovanni
Considerate che cosa chiede per i figli e con i figli. E` certo una madre cui bisogna perdonare – anche se la sua premura l`ha resa piuttosto smoderata – l`eccesso della richiesta. E poi una madre anziana d`anni, d`intenti religiosi, priva d`ogni conforto, la quale, proprio quando avrebbe dovuto essere validamente sorretta dall`aiuto dei figli, accettò la loro lontananza e antepose al suo piacere il vantaggio dei figli, che seguivano Cristo; questi, infatti, chiamati dal Signore, alla prima parola, come leggiamo in Matteo (Mt 4,22), lasciato il padre e le reti, lo seguirono.
[ads2]Costei, dunque, spinta dall`amore materno, prega il Salvatore, dicendo: “Ordina che questi miei due figli stiano nel tuo regno uno alla tua destra e l`altro alla tua sinistra” (Mt 20,21). Anche se è un errore, è un errore di affetto materno; una madre non sa aspettare; c`è un po` d`interesse nella preghiera, ma è un interesse comprensibile, poiché essa non è avida di danaro ma di favore; e non è una domanda spregevole quella di una madre, che non chiede per sé, ma per i figli. Pensate alla madre, si tratta d`una madre…
Considerate anche la donna, cioè il sesso più debole, che il Signore ancora non aveva rafforzato con la sua passione. Considerate, dico, l`erede di quella prima Eva, debole per una ingenita cupidigia incontrollata, che il Signore non aveva ancora redenta col suo sangue, non aveva ancora lavata dal desiderio smodato d`onore. Sbagliava per una specie di errore ereditario.
Che c`è di strano che una madre, per amor dei figli – il che fa la cosa più tollerabile, che se fosse a proprio vantaggio -, faccia una questione di preminenza, quando gli stessi apostoli ne facevano oggetto d`una loro disputa? (cf. Lc 22,24).
Non giudicò, dunque, il medico che una madre, priva di tutto, e una mente ancora inferma dovessero essere colpite da biasimo, solo per una richiesta un po` orgogliosa.
Perciò il Signore – che voleva far onore alla pietà materna – non rispose alla donna, ma ai figli, dicendo: “Potete bere il calice, che io sto per bere?” E quando essi risposero: “Lo possiamo, Gesù disse loro: Il mio calice lo berrete; ma lo star seduti alla mia destra o alla mia sinistra non è cosa mia darlo, ma toccherà a coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio” (Mt 20,22-25).
Quanto è paziente e clemente il Signore; che alta sapienza e benevola carità! Volendo, infatti, far vedere che non avevan chiesto una cosetta da niente, ma una cosa tale che non l`avrebbero potuta ottenere, fece ricorso alla prerogativa della benevolenza del Padre; e non temé una derogazione al suo diritto, al diritto di “colui che non credette di fare un torto dichiarandosi uguale a Dio” (Fil 2,6). Amando però i suoi discepoli – “li amò sino alla fine” (Gv 13,1) – non volle dar loro l`impressione che negasse loro quanto chiedevano. Santo e buono il Signore, che preferisce dissimulare il suo diritto, piuttosto che detrarre qualche cosa alla sua benevolenza: “La carità“, infatti, “è paziente è benigna, non vuol sopraffare, non si gonfia, non reclama diritti” (1Cor 13,4 ).
Perché finalmente vi rendiate conto che l`espressione “non è cosa mia darlo” vuole suggerire indulgenza più che mancanza di autorità, osservate che, in Marco (Mc 10,40), dove non si parla della madre, non si fa alcuna menzione del Padre, ma è detto soltanto: “Non è cosa mia darlo a voi, ma a coloro per i quali è stato preparato“. In Matteo, invece, dove è la madre che prega, vien detto: “Per i quali è stato preparato dal Padre mio” (Mt 20,23); e l`aggiunta “Padre mio” è fatta perché l`amore materno richiedeva una maggiore indulgenza.
Ammettiamo che fosse stato possibile per degli uomini ottenere ciò che si chiedeva, che cosa significa quel: “Non è cosa mia darvi di star seduti alla mia destra o alla mia sinistra” (Mt 20,23)? Che vuol dire cosa “mia“? Più sopra disse: «Il mio calice lo berrete», poi dice: «Non è cosa “mia“». Il “mio” unito a calice, ci fa luce per capire che cosa vuol dire qui cosa “mia“.
Pregato da una donna, come uomo, di far sedere i suoi figli alla sua destra e alla sua sinistra; dal momento ch`ella s`era rivolta a lui, come a un uomo, anche il Signore, solo come uomo, accennando alla sua passione, risponde: “Potete bere il calice, che io berrò?“
Perciò, poiché parlava secondo la carne della passione del suo corpo, volle dimostrare che ci lasciava un esempio di una passione da soffrire nella carne. “Non è cosa mia” va inteso come l`altra espressione: “La mia dottrina non è mia” (Gv 7,16), non è mia secondo la carne, perché le cose divine non sono oggetto del parlare della carne.
Rivelò tuttavia subito la sua indulgenza verso i suoi amati discepoli, chiedendo: «Ma il mio calice lo berrete?». Così, non potendo dar loro ciò che chiedevano, fece un`altra proposta, per poter dir loro un sí, prima di un no; perché capissero ch`era mancata più a loro l`equità nella richiesta fatta, che non la generosità nella risposta del Signore.
“Il mio calice, sí, lo berrete“, cioè affronterete la passione della mia carne, perché potete imitare ciò che deriva in me dalla natura umana; vi ho dato la vittoria della passione, l`eredità della croce; “ma non è cosa mia il darvi di star seduti alla mia destra o alla mia sinistra“. Non dice semplicemente: “Non è cosa mia dare“, ma “darvi“, cioè dare a voi. E questo dovrebbe significare che non si tratta di mancanza di potere in lui, ma di merito nelle creature.
Si può anche intendere così: “Non è cosa mia“, di me che venni a insegnar l`umiltà, di me che venni non per essere servito, ma per servire; di me, che seguo la giustizia, non favoritismi.
Poi appellandosi al Padre aggiunse: “Per i quali è stato preparato“, per dire che il Padre non guarda le raccomandazioni, ma i meriti, perché Dio non fa preferenze di persone (cf. At 10,34). Perciò l`Apostolo dice: “Coloro che sapeva lui e che predestinò” (Rm 8,29); prima li conobbe e poi li predestinò, vide i meriti e predestinò il premio…
A ragione, dunque, è ripresa la donna che chiese delle cose impossibili, e domandò che fossero ridotte a speciale privilegio quelle cose che il Signore voleva dare non solo a due apostoli, ma a tutti i suoi discepoli, e non a titolo di una particolare raccomandazione, ma per sua volontaria generosità, come sta scritto: “Voi dodici siederete sopra troni, per giudicare le dodici tribú d`Israele” (Mt 19,28).
(Ambrogio, De fide, 5, 56s., 60-65, 77-84)
- L`ora di Gesù: la Passione
“È giunta l`ora che sia glorificato il Figlio dell`uomo” (Gv 12,23). Dice Gesù: ormai è vicino il tempo in cui sarò glorificato davanti a tutti. Qui Gesù usa il titolo di «Figlio dell`uomo» poiché prima di caricarsi della croce accetta interamente il destino dell`uomo, Egli che dopo la sua Risurrezione e Ascensione è adorato da tutte le creature per il fatto che è unito al Verbo di Dio. Dopo aver annunciato la sua mirabile glorificazione, che sembrava inconciliabile con la sua imminente passione, aggiunge: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Non temete dunque per la mia morte. Il chicco di grano è solo prima di cadere nel profondo, ma una volta caduto e morto germoglia gloriosamente e produce duplice frutto, stende davanti a tutti le sue ricchezze e mostra agli occhi lo splendore della sua bellezza. Sappiate che così avverrà anche di me. Adesso sono solo e senza gloria, sconosciuto in mezzo a tutti gli altri uomini. Ma dopo la mia morte di croce, risusciterò nella gloria. Allora produrrò molti frutti e tutti mi riconosceranno. E non solo i Giudei, ma anche gli uomini di tutta la terra mi chiameranno loro Signore, e perfino le potenze dello spirito mi glorificheranno.
Dopo queste parole Gesù esorta i suoi discepoli ad imitarlo: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,25). Dunque non solo non dovete scandalizzarvi per la mia passione, né dubitare delle mie parole che confermeranno i fatti, ma anche voi dovete essere pronti a sopportare le stesse sofferenze per produrre gli stessi frutti. Infatti, secondo Gesù, chi si preoccupa della propria vita su questa terra e non vuole esser messo alla prova, la perderà nel mondo che verrà; mentre chi la odia in questo mondo accettando le sofferenze che si presentano, raccoglie per sé molti frutti… Dice poi molto semplicemente: “Se uno mi vuol servire mi segua” (Gv 12,26).
Se qualcuno vuol essere mio servo, dimostri con i propri atti che vuol seguirmi. Ma qualcuno potrebbe dire: «Che cosa otterranno coloro che soffriranno insieme con te?». Risponde Gesù: “Dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà” (Gv 12,26). Chi parteciperà alle mie sofferenze, parteciperà anche alla mia gloria; sarà con me in eterno nella vita futura e parteciperà al mio trionfo nel regno dei cieli. Ecco come il Padre mio onorerà quelli che mi avranno servito fedelmente.
(Teodoro di Mopsuestia, Evang. Iohan.)
- Ama l`umiltà e avrai gloria!
Se ti ricordi che Cristo dice che si perde la mercede innanzi a Dio, quando uno va cercando onore presso gli uomini e fa il bene per essere visto dagli uomini, metti tanta accortezza a non essere onorato dagli uomini, quanta ne mettono gli altri per averne gloria. “Hanno ricevuto la loro mercede” (Mt 6,2), dice il Signore. Perciò non ti far danno da te stesso, andando dietro alla gloria degli uomini. Dio è un grande osservatore; cerca di aver gloria presso Dio, Dio distribuisce splendide ricompense. Hai forse raggiunto una gran rinomanza, ti stimano, ti onorano, ti cercano? Cerca di diportarti come un suddito “Non come chi esercita un potere sugli altri” (1Pt 5,3) e non seguir l`esempio dei principi mondani. Il Signore ha comandato che, chi vuol essere il primo, deve essere servo di tutti (cf.Mc 10,44).
In una sola parola: pratica l`umiltà, come conviene a chi la ama. Amala e avrai gloria. Questo è il cammino verso la vera gloria, che si ha tra gli angeli, innanzi a Dio. Cristo ti dichiarerà suo discepolo innanzi agli angeli (cf.Lc 12,8) e ti darà gloria, se imiterai la sua umiltà; egli, infatti, disse: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime” (Mt 11,29).
(Basilio di Cesarea, Hom. de humilit., 7)
- L`amore infinito di Dio
Non è dunque giusto che Dio ci respinga e ci castighi quando, offrendosi egli stesso a noi in tutto, noi lo respingiamo? Evidentemente sí. Se tu vuoi ornarti – egli dice – prendi il mio ornamento; se vuoi armarti, prendi le mie armi; se desideri vestirti, ecco la mia veste; se vuoi nutrirti, ecco la mia mensa; se intendi camminare, percorri la mia via; se desideri ereditare, ecco la mia eredità; se vuoi entrare in patria, entra nella città di cui io sono l`architetto e il costruttore; se pensi di costruirti una casa, edificala nei miei territori: io di certo, per quello che do, non ti chiedo pagamento. Anzi, per il fatto stesso che vuoi usare ciò che è mio, per questo io ti voglio ricompensare. Che cosa può essere paragonato a simile generosità? Ecco cosa dice il Signore: Io padre, io fratello, io sposo, io casa, io alimento, io vestito, io radice, io fondamento: io sono tutto ciò, se tu vuoi; di nulla tu mancherai. Io ti servirò anche, perché sono venuto “per servire, non per essere servito” (Mt 20,28). Io sarò anche amico, e membro, e capo, e fratello, e sorella, e madre, tutto io sarò; solo, comportati familiarmente con me. Io sono stato povero per te, mendico per te, sulla croce per te, nel sepolcro per te; in cielo io supplico il Padre per te; in terra sono venuto ambasciatore per te da parte del Padre. Tutto tu sei per me: fratello, coerede, amico, membro. Che cosa vuoi di piú? Perché respingi chi ti ama così?
(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 76, 5)
- Non è tempo di corone e di premi, ma di battaglie
Essendosi Gesù recato a Gerusalemme, gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, Giacomo e Giovanni, per parlargli: «Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mt 20,21). Un altro evangelista, invece, dice che erano stati i figli a fare questa domanda a Cristo; ma non c’è disaccordo e non è il caso di soffermarsi su queste minuzie: evidentemente, avendo mandato avanti la madre perché preparasse il terreno, dopo che ella ebbe parlato, fecero anch’essi quella domanda, pur senza sapere quello che dicevano. Infatti, pur essendo apostoli, erano però ancora troppo imperfetti, simili a uccellini che s’aggirano nel nido, poiché ancora non sono loro spuntate le penne.
E molto utile per voi sapere che prima della passione essi erano immersi in una grande ignoranza, tanto che il Signore li rimproverava dicendo: «Anche voi siete ancora senza intelletto?» (Mt 15,16) «Non intendete e non capite ancora» (Mc 8,17) «che non alludevo al pane quando vi ho detto: guardatevi dal lievito dei farisei»? (Mt 16,11) E poi: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso» (Gv 16,12).
Ti rendi conto che essi non sapevano certamente niente della risurrezione? E lo sottolinea l’evangelista, dicendo: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti» (Gv 20,9). E se non sapevano questo, a maggior ragione ignoravano altre cose, come ad esempio ciò che riguarda il regno dei cieli, le nostre origini e l’ascensione al cielo, poiché essendo ancora attaccati alla terra non potevano sollevarsi in alto. Infatti erano pienamente convinti e s’aspettavano che da un giorno all’altro egli ricostituisse il regno di Gerusalemme, giacché non erano capaci di comprendere altro.
Sottolinea questo un altro evangelista, affermando che essi stimavano ormai prossimo l’avvento del suo regno, che immaginavano come uno dei tanti regni terreni; credevano infatti che si preparasse a costituirlo, e non pensavano che andasse verso la croce e la morte: non riuscivano a capire queste cose nonostante le avessero ascoltate tante volte.
Non avendo dunque ancora raggiunto una chiara ed esatta conoscenza della verità, credevano di essere incamminati verso un regno terreno, sicuri che egli avrebbe regnato in Gerusalemme; e avvicinandolo per strada, profittano dell’occasione per rivolgergli quella domanda. Staccandosi dal gruppo dei discepoli, come se tutto dipendesse dal loro arbitrio, chiedono un posto privilegiato e che a loro vengano assegnate le cariche più importanti, poiché pensavano che le cose fossero a buon punto e che tutta la faccenda stesse per concludersi e che fosse giunto il tempo delle corone e dei premi: era il colmo dell’insipienza.
Dopo la loro domanda, ascolta ora la risposta di Gesù: «Non sapete quello che chiedete» (Mt 20,22) Quello infatti non era tempo di corone e di premi, ma di battaglie, di lotte, di fatiche, di sudori, di prove e di combattimenti. La frase «non sapete quello che chiedete» significa tutto ciò. Non avete ancora provato le carceri, non siete ancora scesi in campo per combattere.
«Potete bere il calice che io bevo o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?» (Mc 10,38) Egli chiama in questo momento calice e battesimo la sua croce e la sua morte; calice perché lo beve avidamente, battesimo perché così purificava la terra; non soltanto in questo modo la redimeva, ma anche mediante la risurrezione, sebbene questa non gli fosse penosa. « Il calice che io bevo anche voi lo berrete e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete» dice, chiamando così la morte; infatti a Giacomo fu troncato il capo con la spada e Giovanni più volte fu condannato a morte; «ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato» (Mc 10,40).
Voi morirete dunque, sarete uccisi e otterrete l’onore del martirio, però in quanto a essere i primi «non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
(Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo).
lunedì 12 ottobre 2015 – Abbazia Santa Maria di Pulsano
[1] Le letture patristiche sono tratte dalla dal CD-Rom “La Bibbia e i Padri della Chiesa”, Ed. Messaggero –Padova, distribuito da Unitelm, 1995.