LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI ยซMOTU PROPRIOยป
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
โMagnum Principiumโ
CON LA QUALE VIENE MODIFICATO IL CAN. 838
DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO
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Lโimportante principio, confermato dal Concilio Ecumenico Vaticano II, secondo cui la preghiera liturgica, adattata alla comprensione del popolo, possa essere capita, ha richiesto il grave compito, affidato ai Vescovi, di introdurre la lingua volgare nella liturgia e di preparare ed approvare le versioni dei libri liturgici.
La Chiesa Latina era consapevole dellโincombente sacrificio della perdita parziale della propria lingua liturgica, adoperata in tutto il mondo nel corso dei secoli, tuttavia aprรฌ volentieri la porta a che le versioni, quali parte dei riti stessi, divenissero voce della Chiesa che celebra i divini misteri, insieme alla lingua latina.
Allo stesso tempo, specialmente a seguito delle varie opinioni chiaramente espresse dai Padri Conciliari relativamente allโuso della lingua volgare nella liturgia, la Chiesa era consapevole delle difficoltร che in questa materia potevano presentarsi. Da una parte, bisognava unire il bene dei fedeli di qualunque etร e cultura ed il loro diritto ad una conscia ed attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche con lโunitร sostanziale del Rito Romano; dallโaltra, le stesse lingue volgari spesso solo in maniera progressiva sarebbero potute divenire lingue liturgiche, splendenti non diversamente dal latino liturgico per lโeleganza dello stile e la gravitร dei concetti al fine di alimentare la fede.
A ciรฒ mirarono alcune Leggi liturgiche, Istruzioni, Lettere circolari, indicazioni e conferme dei libri liturgici nelle lingue vernacole emesse dalla Sede Apostolica giร dai tempi del Concilio, e ciรฒ sia prima che dopo le leggi stabilite nel Codice di Diritto Canonico. I criteri indicati sono stati e restano in linea generale utili e, per quanto รจ possibile, dovranno essere seguiti dalle Commissioni liturgiche come strumenti adatti affinchรฉ, nella grande varietร di lingue, la comunitร liturgica possa arrivare ad uno stile espressivo adatto e congruente alle singole parti, mantenendo lโintegritร e lโaccurata fedeltร , specialmente nel tradurre alcuni testi di maggiore importanza in ciascun libro liturgico.
Il testo liturgico, in quanto segno rituale, รจ mezzo di comunicazione orale. Ma per i credenti che celebrano i sacri riti, anche la parola รจ un mistero: quando infatti vengono proferite le parole, in particolare quando si legge la Sacra Scrittura, Dio parla agli uomini, Cristo stesso nel Vangelo parla al suo popolo che, da sรฉ o per mezzo del celebrante, con la preghiera risponde al Signore nello Spirito Santo.
Fine delle traduzioni dei testi liturgici e dei testi biblici, per la liturgia della parola, รจ annunciare ai fedeli la parola di salvezza in obbedienza alla fede ed esprimere la preghiera della Chiesa al Signore. A tale scopo bisogna fedelmente comunicare ad un determinato popolo, tramite la sua propria lingua, ciรฒ che la Chiesa ha inteso comunicare ad un altro per mezzo della lingua latina. Sebbene la fedeltร non sempre possa essere giudicata da parole singole ma debba esserlo nel contesto di tutto lโatto della comunicazione e secondo il proprio genere letterario, tuttavia alcuni termini peculiari vanno considerati anche nel contesto dellโintegra fede cattolica, poichรฉ ogni traduzione dei testi liturgici deve essere congruente con la sana dottrina.
Non ci si deve stupire che, nel corso di questo lungo percorso di lavoro, siano sorte delle difficoltร tra le Conferenze Episcopali e la Sede Apostolica. Affinchรฉ le decisioni del Concilio circa lโuso delle lingue volgari nella liturgia possano valere anche nei tempi futuri, รจ oltremodo necessaria una costante collaborazione piena di fiducia reciproca, vigile e creativa, tra le Conferenze Episcopali e il Dicastero della Sede Apostolica che esercita il compito di promuovere la sacra Liturgia, cioรจ la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Perciรฒ, affinchรฉ continui il rinnovamento dellโintera vita liturgica, รจ sembrato opportuno che alcuni principi trasmessi fin dal tempo del Concilio siano piรน chiaramente riaffermati e messi in pratica.
Si deve senzโaltro prestare attenzione allโutilitร e al bene dei fedeli, nรฉ bisogna dimenticare il diritto e lโonere delle Conferenze Episcopali che, insieme con le Conferenze Episcopali di regioni aventi la medesima lingua e con la Sede Apostolica, devono far sรฌ e stabilire che, salvaguardata lโindole di ciascuna lingua, sia reso pienamente e fedelmente il senso del testo originale e che i libri liturgici tradotti, anche dopo gli adattamenti, sempre rifulgano per lโunitร del Rito Romano.
Per rendere piรน facile e fruttuosa la collaborazione tra la Sede Apostolica e le Conferenze Episcopali in questo servizio da prestare ai fedeli, ascoltato il parere della Commissione di Vescovi e Periti da me istituita, dispongo, con lโautoritร affidatami, che la disciplina canonica attualmente vigente nel can. 838 del C.I.C. sia resa piรน chiara, affinchรฉ, secondo quanto espresso nella Costituzione Sacrosanctum Concilium, in particolare agli articoli 36 ยงยง 3. 4, 40 e 63, e nella Lettera Apostolica Motu Proprio Sacram Liturgiam, n. IX, appaia meglio la competenza della Sede Apostolica circa le traduzioni dei libri liturgici e gli adattamenti piรน profondi, tra i quali possono annoverarsi anche eventuali nuovi testi da inserire in essi, stabiliti e approvati dalle Conferenze Episcopali.
In tal senso, in futuro il can. 838 andrร letto come segue:
Can. 838 โ ยง 1. Regolare la sacra liturgia dipende unicamente dallโautoritร della Chiesa: ciรฒ compete propriamente alla Sede Apostolica e, a norma del diritto, al Vescovo diocesano.
ยง 2. ร di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra liturgia della Chiesa universale, pubblicare i libri liturgici, rivedere[1] gli adattamenti approvati a norma del diritto dalla Conferenza Episcopale, nonchรฉ vigilare perchรฉ le norme liturgiche siano osservate ovunque fedelmente.
ยง 3. Spetta alle Conferenze Episcopali preparare fedelmente le versioni dei libri liturgici nelle lingue correnti, adattate convenientemente entro i limiti definiti, approvarle e pubblicare i libri liturgici, per le regioni di loro pertinenza, dopo la conferma della Sede Apostolica.
ยง 4. Al Vescovo diocesano nella Chiesa a lui affidata spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono tenuti.
In maniera conseguente sono da interpretare sia lโart. 64 ยง 3 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus sia le altre leggi, in particolare quelle contenute nei libri liturgici, circa le loro versioni. Parimenti dispongo che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti modifichi il proprio โRegolamentoโ in base alla nuova disciplina e aiuti le Conferenze Episcopali ad espletare il loro compito e si adoperi per promuovere sempre di piรน la vita liturgica della Chiesa Latina.
Quanto deliberato con questa Lettera apostolica in forma di โmotu proprioโ, ordino che abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su LโOsservatore Romano, entrando in vigore il 1ยฐ ottobre 2017, quindi pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 3 settembre 2017, quinto del mio Pontificato.
Francesco
Nota circa il can. 838 del C.I.C.
Il can. 838 alla luce di fonti conciliari e postconciliari
In occasione della pubblicazione del Motu Proprio Magnum principium, con cui il Papa Francesco stabilisce delle variazioni nei ยงยง 2 e 3 del can. 838 del C.I.C., il Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti offre nella seguente Nota un commento alle fonti sottese a tali paragrafi, considerando la formulazione finora vigente e la nuova.
Lโodierno testo
Fino ad ora cosรฌ recitano i due seguenti paragrafi del can. 838:
ยง 2. โApostolicae Sedis est sacram liturgiam Ecclesiae universae ordinare, libros liturgicos edere eorumque versiones in linguas vernaculas recognoscere, necnon advigilare ut ordinationes liturgicae ubique fideliter observenturโ.
ยง 3. Ad Episcoporum conferentias spectat versiones in linguas vernaculas, convenienter intra limites in ipsis libris liturgicis definitos aptatas, parare easque edere, praevia recognitione Sanctae Sedis.
Per il ยง 2, i riferimenti sono il n. 21 dellโ Instr. Inter Oecumenici (26 sett. 1964) e il can. 1257 del C.I.C. 1917.
Per il ยง 3, sono Sacrosanctum Concilium n. 22 ยง 2 e n. 36 ยงยง 3-4; S. Congr. pro Sacramentis et Cultu Divino, Epist. Decem iam annos (5 giu. 1976); S. Congr. pro Doctrina Fidei, Ecclesiae pastorum (19 mar. 1975), art. 3.
Benchรฉ le fonti abbiano valore indicativo e non siano esaustive, si possono fare delle annotazioni al riguardo.
Anzitutto circa il ยง 2 del can. 838. Il n. 21 della Instr. Inter Oecumenici appartiene al cap. I, VI. De competenti auctoritate in re liturgica (ad Const. art. 22) e suona cosรฌ: โApostolicae Sedis est tum libros liturgicos generales instaurare atque approbare, tum sacram Liturgiam in iis quae universam Ecclesiam respiciunt ordinare, tum Acta et deliberationes auctoritatis territorialis probare seu confirmare, tum eiusdem auctoritatis territorialis propositiones et petitiones accipereโ. Appare chiara una presupposta eguaglianza tra il verbo โrecognoscereโ usato nel ยง 2 del can. 838 e lโespressione โprobare seu confirmareโ usata nellโInter Oecumenici. Questโultima espressione fu voluta dalla Commissione liturgica del Concilio Vaticano II per sostituire la terminologia derivante dal verbo โrecognoscereโ (โactis recognitisโ), con riferimento al can. 250 ยง 4 (cf. can. 304 ยง 2) del C.I.C. del 1917, come venne spiegato ai Padri conciliari nella Relatio e da essi votato nel n. 36 ยง 3 di Sacrosanctum Concilium nella forma โactis ab Apostolica Sede probatis seu confirmatisโ. Si puรฒ ancora notare che il n. 21 di Inter Oecumenici riguarda tutti gli atti delle autoritร territoriali, mentre qui il Codice lo applica specificatamente alle โinterpretationes textum liturgicorumโ, materia che lโInter Oecumenici tratta esplicitamente nel n. 40.
Circa il ยง 3 del can. 838, il riferimento a Sacrosanctum Concilium n. 22 ยง 2 รจ pertinente. Per il rimando a Sacrosanctum Concilium n. 36 ยงยง 3-4 (il ยง 3 tratta โde usu et modo linguae vernaculae statuere, actis ab Apostolica Sede probatis seu confirmatisโ e il ยง 4 della โconversio textus latini in linguam vernaculam in Liturgia adhibenda, a competenti auctoritate ecclesiastica territoriali, de qua supra, approbari debetโ) รจ chiaro come, per la traduzione, non sia chiesta nรฉ una probatio seu confirmatio, nรฉ una recognitio in stretto senso giuridico, come richiesto dal can. 455 ยง 2.
La vicenda intorno ad un passo del Motu Proprio Sacram Liturgiam n. IX (25 gen. 1964), che per la reazione dei Padri Conciliari apparve emendato in Acta Apostolicae Sedis, sembra non essere stata considerata adeguatamente. Quando Sacram Liturgiam apparve su LโOsservatore Romano del 29 gennaio 1964, vi si leggeva: โโฆ populares interpretationes, a competente auctoritate ecclesiastica territoriali propositas,[1] ab Apostolica Sede esse rite recognoscendas[2] atque probandasโ. Invece in Acta Apostolicae Sedis venne adottata la terminologia conciliare: โโฆpopulares interpretationes, a competente auctoritate ecclesiastica territoriali conficiendas et approbandas esse, ad normam art. 36, ยงยง 3 et 4; acta vero huius auctoritatis, ad normam eiusdem art. 36, ยง 3, ab Apostolica Sede esse rite probanda seu confirmandaโ. [3] Il Motu Proprio Sacram Liturgiam distingueva quindi lโapprovazione delle traduzioni in quanto tali da parte delle autoritร territoriali con decreto che le rendeva obbligatorie, e il fatto che tale atto doveva essere โprobatus seu confirmatusโ dalla Sede Apostolica. Si deve ancora notare che Sacram Liturgiam aggiunge: โQuod ut semper servetur praescribimus, quoties liturgicus quidam textus latinus a legitima, quam diximus, auctoritate in linguam vernaculam converteturโ.[4] La prescrizione riguarda ambedue i distinti momenti, ossia il conficere et approbare una traduzione e lโatto di renderla obbligatoria con la pubblicazione del libro che la contiene.
Il rimando allโEpist. Decem iam annos della S. Congregatio pro Sacramentis et Cultu Divino รจ pertinente, ma si deve notare che non usa mai il termine โrecognoscereโ ma solo โprobare, confirmare, confirmatioโ.
Quanto ad Ecclesiae pastorum della S. Congregatio pro Doctrina Fidei, art. 3 (composto di tre numeri), solo il n. 1 riguarda il nostro oggetto e suona: โ1. Libri liturgici itemque eorum versiones in linguam vernaculam eorumve partes ne edantur nisi de mandato Episcoporum Conferentiae atque sub eiusdem vigilantia, praevia confirmatione Apostolicae Sedisโ. Il n. 2 concerne le riedizioni, e il n. 3 i libri di preghiera. Ma si deve notare che alle Conferenze Episcopali si attribuisce la vigilanza e il mandato, mentre alla Sede Apostolica la โpraevia confirmatioโ circa il libro che viene edito, e non precisamente una โrecognitioโ della versione, come invece recita il can. 838.
Il nuovo testo
Con la modifica decisa dal Motu Proprio Magnum principium, i ยงยง 2 e 3 del can. 838 recitano:
ยง 2. Apostolicae Sedis est sacram liturgiam Ecclesiae universae ordinare, libros liturgicos edere, aptationes, ad normam iuris a Conferentia Episcoporum approbatas, recognoscere, necnon advigilare ut ordinationes liturgicae ubique fideliter observentur.
ยง 3. Ad Episcoporum Conferentias spectat versiones librorum liturgicorum in linguas vernaculas fideliter et convenienter intra limites definitos accommodatas parare et approbare atque libros liturgicos, pro regionibus ad quas pertinent, post confirmationem Apostolicae Sedis edere.
Il ยง 2 riguarda ora le โaptationesโ (non si nominano piรน le โversionesโ, materia del ยง 3), ossia testi e elementi che non compaiono nellโeditio typica latina, come pure le โprofundiores aptationesโ contemplate da Sacrosanctum Concilium n. 40 e regolate dallโIstruzione Varietates legitimae sulla liturgia romana e lโinculturazione (25 gennaio 1994); approvate dalla Conferenza Episcopale, le โaptationesโ devono avere la โrecognitioโ della Sede Apostolica. Il riferimento รจ Sacrosanctum Concilium n. 36 ยง 3. Il ritoccato ยง 2 conserva, tra le sue fonti, il can. 1257 del CIC 1917, ed aggiunge il rinvio allโIstruzione Varietates legitimae che tratta dellโapplicazione dei nn. 39 e 40 della Sacrosanctum Concilium, per la quale si chiede una vera e propria โrecognitioโ.
Il ยง 3 riguarda le โversionesโ dei testi liturgici che, viene meglio specificato, devono essere fatte โfideliterโ e approvate dalle Conferenze Episcopali. Il riferimento รจ Sacrosanctum Concilium n. 36 ยง 4 ed inoltre lโanalogia con il can. 825 ยง 1 circa la versione della Sacra Scrittura. Tali versioni sono edite nei libri liturgici, dopo aver ricevuto la โconfirmatioโ della Sede Apostolica, come disposto dal Motu Proprio Sacram Liturgiam, n. IX.
La precedente formulazione nel ยง 3 del can. 838: โintra limites in ipsis libris liturgicis definitos aptatasโ, debitrice di Sacrosanctum Concilium n. 39 (โIntra limites in edititionibus typicis librorum liturgicorum statutosโฆ aptationes definireโ), concernente le โaptationesโ e non le โversionesโ di cui ora tratta questo paragrafo, viene resa con lโespressione โintra limites definitos accommodatasโ, attingendo alla terminologia del n. 392 dellโInstitutio Generalis Missalis Romani; ciรฒ permette di fare opportuna distinzione rispetto alle โaptationesโ nominate nel ยง 2.
Il ritoccato ยง 3 continua, pertanto, a fondarsi su Sacrosanctum Concilium n. 22 ยง 2; n. 36 ยงยง 3 โ 4; S. Congr. pro Sacramentis et Cultu Divino, Epist. Decem iam annos (5 iun. 1976); S. Congr. pro Doctrina Fidei, Ecclesiae pastorum (19 mart. 1975), art. 3, con lโaggiunta del riferimento ai nn. 391 e 392 dellโInstitutio Generalis Missalis Romani (ed. typica tertia), evitando tuttavia il termine โrecognoscere, recognitisโ, in modo che lโatto della Sede Apostolica relativo alle versioni, preparate dalle Conferenze Episcopali con particolare fedeltร al senso del testo latino (vedi lโaggiunta del โfideliterโ), non possa essere equiparato alla disciplina del can. 455, ma rientri nella azione di una โconfirmatioโ (come espressa sia in Decem iam annos sia in Ecclesiae pastorum, art. 3).
La โconfirmatioโ รจ un atto autoritativo con il quale la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ratifica lโapprovazione dei Vescovi, lasciando la responsabilitร della traduzione, supposta fedele, al munus dottrinale e pastorale della Conferenza dei Vescovi. In breve, realizzata ordinariamente per via fiduciale, la โconfirmatioโ suppone una positiva valutazione della fedeltร e della congruenza dei testi prodotti rispetto al testo tipico latino, tenuto conto soprattutto dei testi di maggiore importanza (ad es. le formule sacramentali, che richiedono lโapprovazione del Santo Padre, il Rito della Messa, le preghiere eucaristiche e di ordinazione, che comportano una accurata revisione).
Come ricordato nello stesso Motu Proprio Magnum principium, le modifiche del can. 838, ยงยง 2 e 3, hanno conseguenze sullโart. 64 ยง 3 della Costituzione Apostolica Pastor bonus, come sullโInstitutio Generalis Missalis Romani ed i Praenotanda dei libri liturgici, nei luoghi che toccano la materia delle traduzioni e degli adattamenti.
9 settembre 2017
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- [1] Sacrosanctum Concilium nel ยง 4 dellโart. 36 usa il verbo โapprobareโ.
- [2] Sacrosanctum Concilium nel ยง 3 dellโart. 36 dice: โactis ab Apostolica Sede probatis seu confirmatisโ.
- [3] Cf. Acta Apostolicae Sedis 56 (1964), 143.
- [4] Cf. ibidem.
Commento al Motu Proprio del Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
Il motuproprio โMagnum principiumโ
Una chiave di lettura
Cambia la formulazione di alcune norme del Codex iuris canonici riguardanti lโedizione dei libri liturgici nelle lingue correnti. Con il motuproprio Magnum principium, datato 3 settembre 2017 e in vigore dal 1ยฐ ottobre prossimo, Papa Francesco ha introdotto delle modifiche al testo del canone 838. La spiegazione dei motivi delle variazioni รจ offerta dallo stesso documento pontificio, che ricorda ed espone i principi alla base della traduzione dei testi liturgici tipici in lingua latina e le istanze implicate nella delicata opera. In quanto preghiera della Chiesa, la liturgia รจ infatti regolata dallโautoritร ecclesiale.
Essendo elevata la posta in gioco, giร i padri del concilio Vaticano II avevano chiamato in causa, in tale ambito, sia la Sede apostolica sia le conferenze episcopali (cfr. Sacrosanctum concilium, nn. 36, 40 e 63). In effetti, il grave impegno di provvedere alle traduzioni liturgiche รจ stato guidato da norme e da specifiche istruzioni del dicastero competente, in particolare Comme le prรฉvoit (25 gennaio 1969) e, dopo il Codex iuris canonici del 1983, da Liturgiam authenticam (28 marzo 2001), entrambe pubblicate, in stagioni diverse, allo scopo di rispondere a problemi concreti evidenziati nel corso del tempo e suscitati dal complesso lavoro che comporta la traduzione dei testi liturgici. Per lโambito dellโinculturazione, la materia รจ invece stata regolata dallโistruzione Varietates legitimae (25 gennaio 1994).
Considerata lโesperienza di questi anni, ora โ scrive il Papa โ โรจ sembrato opportuno che alcuni principi trasmessi fin dal tempo del Concilio siano piรน chiaramente riaffermati e messi in praticaโ. Tenendo dunque conto del cammino percorso e guardando al futuro, sulla base della costituzione liturgica del Vaticano II Sacrosanctum concilium, il Pontefice ha inteso precisare la disciplina vigente apportando alcune variazioni al canone 838 del Codex iuris canonici.
Lo scopo della modifica รจ definire meglio i ruoli della Sede apostolica e delle conferenze dei vescovi, chiamate a operare in dialogo tra loro, nel rispetto della propria competenza, che รจ differente e complementare, in ordine alla traduzione dei libri tipici latini, come degli eventuali adattamenti, che possono riguardare testi e riti. E ciรฒ al servizio della preghiera liturgica del popolo di Dio.
In particolare, nella nuova formulazione del canone in questione si pone piรน adeguata distinzione, quanto al ruolo della Sede apostolica, tra lโambito proprio della recognitio e quello della confirmatio, nel rispetto di quanto compete alle conferenze episcopali, tenendo conto della loro responsabilitร pastorale e dottrinale, come anche dei loro limiti di azione.
La recognitio, menzionata nel ยง 2 del canone 838, implica il processo di riconoscimento da parte della Sede apostolica dei legittimi adattamenti liturgici, compresi quelli โpiรน profondiโ, che le conferenze episcopali possono stabilire e approvare per i loro territori, nei limiti consentiti. Su questo terreno dโincontro tra liturgia e cultura, la Sede apostolica รจ chiamata dunque a recognoscere, cioรจ a rivedere e valutare tali adattamenti, in ragione della salvaguardia dellโunitร sostanziale del rito romano: il riferimento in tale materia sono i numeri 39-40 di Sacrosanctum concilium, e la sua applicazione, nei modi indicati o meno nei libri liturgici, รจ regolata dallโistruzione Varietates legitimae.
La confirmatio โ terminologia giร adottata nel motuproprio Sacram liturgiam n. IX (25 gennaio 1964) โ riguarda invece le traduzioni dei testi liturgici che, in base a Sacrosanctum concilium (n. 36 ยง 4), compete alle conferenze episcopali preparare e approvare; il ยง 3 del canone 838 precisa che le versioni devono essere compiute fideliter secondo i testi originali, raccogliendo cosรฌ la preoccupazione principale dellโistruzione Liturgiam authenticam. Richiamando infatti il diritto e lโonere della traduzione affidato alle conferenze episcopali, il motuproprio ricorda altresรฌ che le stesse conferenze โdevono far sรฌ e stabilire che, salvaguardata lโindole di ciascuna lingua, sia reso pienamente e fedelmente il senso del testo originaleโ.
La confirmatio della Sede apostolica non si configura pertanto come un intervento alternativo di traduzione, ma come un atto autoritativo con il quale il dicastero competente ratifica lโapprovazione dei vescovi. Supponendo ovviamente una positiva valutazione della fedeltร e della congruenza dei testi prodotti rispetto allโedizione tipica su cui si fonda lโunitร del rito, e tenendo conto soprattutto dei testi di maggiore importanza, in particolare le formule sacramentali, le preghiere eucaristiche, le preghiere di ordinazione, il rito della messa, e via dicendo.
La modifica del Codex iuris canonici comporta naturalmente un adeguamento dellโarticolo 64 ยง 3 della costituzione apostolica Pastor bonus, come anche della normativa in materia di traduzioni. Ciรฒ significa la necessitร di ritoccare, ad esempio, alcuni numeri dellโInstitutio generalis missalis Romani e dei Praenotanda dei libri liturgici. La stessa istruzione Liturgiam authenticam, da apprezzare per le valide attenzioni che riserva a questo complicato lavoro e alle sue implicazioni, quando chiede la recognitio deve essere interpretata alla luce della nuova formulazione del canone 838. Infine, il motuproprio dispone che anche la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti โmodifichi il proprio Regolamento in base alla nuova disciplina e aiuti le Conferenze Episcopali ad espletare il loro compitoโ.
+ Arthur Roche
Arcivescovo Segretario
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti