LETTERA APOSTOLICA

DESIDERIO DESIDERAVI

DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
AI VESCOVI, AI PRESBITERI E AI DIACONI,
ALLE PERSONE CONSACRATE
E AI FEDELI LAICI
SULLA FORMAZIONE LITURGICA
DEL POPOLO DI DIO

Desiderio desideravi
hoc Pascha manducare vobiscum,
antequam patiar
 (Lc 22,15).

1. Carissimi fratelli e sorelle,

con questa lettera desidero raggiungere tutti โ€“ dopo aver giร  scritto ai soli vescovi in seguito alla pubblicazione del Motu Proprio Traditionis custodes โ€“ per condividere con voi alcune riflessioni sulla Liturgia, dimensione fondamentale per la vita della Chiesa. Il tema รจ molto vasto e merita unโ€™attenta considerazione in ogni suo aspetto: tuttavia, con questo scritto non intendo trattare la questione in modo esaustivo. Voglio semplicemente offrire alcuni spunti di riflessione per contemplare la bellezza e la veritร  del celebrare cristiano.

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La Liturgia: โ€œoggiโ€ della storia della salvezza

2. โ€œHo tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passioneโ€ (Lc 22,15). Le parole di Gesรน con le quali si apre il racconto dellโ€™ultima Cena sono lo spiraglio attraverso il quale ci viene data la sorprendente possibilitร  di intuire la profonditร  dellโ€™amore delle Persone della Santissima Trinitร  verso di noi.

3. Pietro e Giovanni erano stati mandati a preparare per poter mangiare la Pasqua, ma, a ben vedere, tutta la creazione, tutta la storia โ€“ che finalmente stava per rivelarsi come storia di salvezza โ€“ รจ una grande preparazione di quella Cena. Pietro e gli altri stanno a quella mensa, inconsapevoli eppure necessari: ogni dono per essere tale deve avere qualcuno disposto a riceverlo. In questo caso la sproporzione tra lโ€™immensitร  del dono e la piccolezza di chi lo riceve, รจ infinita e non puรฒ non sorprenderci. Ciรฒ nonostante โ€“ per misericordia del Signore โ€“ il dono viene affidato agli Apostoli perchรฉ venga portato ad ogni uomo.

4. A quella Cena nessuno si รจ guadagnato un posto, tutti sono stati invitati, o, meglio, attratti dal desiderio ardente che Gesรน ha di mangiare quella Pasqua con loro: Lui sa di essere lโ€™Agnello di quella Pasqua, sa di essere la Pasqua. Questa รจ lโ€™assoluta novitร  di quella Cena, la sola vera novitร  della storia, che rende quella Cena unica e per questo โ€œultimaโ€, irripetibile. Tuttavia, il suo infinito desiderio di ristabilire quella comunione con noi, che era e che rimane il progetto originario, non si potrร  saziare finchรฉ ogni uomo, di ogni tribรน, lingua, popolo e nazione (Ap 5,9) non avrร  mangiato il suo Corpo e bevuto il suo Sangue: per questo quella stessa Cena sarร  resa presente, fino al suo ritorno, nella celebrazione dellโ€™Eucaristia.

5. Il mondo ancora non lo sa, ma tutti sono invitati al banchetto di nozze dellโ€™Agnello (Ap 19,9). Per accedervi occorre solo lโ€™abito nuziale della fede che viene dallโ€™ascolto della sua Parola (cfr. Rm 10,17): la Chiesa lo confeziona su misura con il candore di un tessuto lavato nel Sangue dellโ€™Agnello (cfr. Ap 7,14). Non dovremmo avere nemmeno un attimo di riposo sapendo che ancora non tutti hanno ricevuto lโ€™invito alla Cena o che altri lo hanno dimenticato o smarrito nei sentieri contorti della vita degli uomini. Per questo ho detto che โ€œsogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perchรฉ le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per lโ€™evangelizzazione del mondo attuale, piรน che per lโ€™autopreservazioneโ€ (Evangelii gaudium, n. 27): perchรฉ tutti possano sedersi alla Cena del sacrificio dellโ€™Agnello e vivere di Lui.

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6. Prima della nostra risposta al suo invito โ€“ molto prima โ€“ cโ€™รจ il suo desiderio di noi: possiamo anche non esserne consapevoli, ma ogni volta che andiamo a Messa la ragione prima รจ perchรฉ siamo attratti dal suo desiderio di noi. Da parte nostra, la risposta possibile, lโ€™ascesi piรน esigente, รจ, come sempre, quella dellโ€™arrendersi al suo amore, del volersi lasciare attrarre da lui. Per certo ogni nostra comunione al Corpo e al Sangue di Cristo รจ stata da Lui desiderata nellโ€™ultima Cena.

7. Il contenuto del Pane spezzato รจ la croce di Gesรน, il suo sacrificio in obbedienza dโ€™amore al Padre. Se non avessimo avuto lโ€™ultima Cena, vale a dire lโ€™anticipazione rituale della sua morte, non avremmo potuto comprendere come lโ€™esecuzione della sua condanna a morte potesse essere lโ€™atto di culto perfetto e gradito al Padre, lโ€™unico vero atto di culto. Poche ore dopo, gli Apostoli avrebbero potuto vedere nella croce di Gesรน, se ne avessero sostenuto il peso, che cosa voleva dire โ€œcorpo offertoโ€, โ€œsangue versatoโ€: ed รจ ciรฒ di cui facciamo memoria in ogni Eucaristia. Quando torna risorto dai morti per spezzare il pane per i discepoli di Emmaus e per i suoi tornati a pescare pesce โ€“ e non uomini โ€“ sul lago di Galilea, quel gesto apre i loro occhi, li guarisce dalla cecitร  inferta dallโ€™orrore della croce, rendendoli capaci di โ€œvedereโ€ il Risorto, di credere alla Risurrezione.

8. Se fossimo giunti a Gerusalemme dopo la Pentecoste e avessimo sentito il desiderio non solo di avere informazioni su Gesรน di Nazareth, ma di poterlo ancora incontrare, non avremmo avuto altra possibilitร  se non quella di cercare i suoi per ascoltare le sue parole e vedere i suoi gesti, piรน vivi che mai. Non avremmo avuto altra possibilitร  di un incontro vero con Lui se non quella della comunitร  che celebra. Per questo la Chiesa ha sempre custodito come il suo piรน prezioso tesoro il mandato del Signore: โ€œfate questo in memoria di meโ€.

9. Fin da subito la Chiesa รจ stata consapevole che non si trattava di una rappresentazione, fosse pure sacra, della Cena del Signore: non avrebbe avuto alcun senso e nessuno avrebbe potuto pensare di โ€œmettere in scenaโ€ โ€“ tanto piรน sotto gli occhi di Maria, la Madre del Signore โ€“ quel momento altissimo della vita del Maestro. Fin da subito la Chiesa ha compreso, illuminata dallo Spirito Santo, che ciรฒ che era visibile di Gesรน, ciรฒ che si poteva vedere con gli occhi e toccare con le mani, le sue parole e i suoi gesti, la concretezza del Verbo incarnato, tutto di Lui era passato nella celebrazione dei sacramenti. [1]

La Liturgia: luogo dellโ€™incontro con Cristo

10. Qui sta tutta la potente bellezza della Liturgia. Se la Risurrezione fosse per noi un concetto, unโ€™idea, un pensiero; se il Risorto fosse per noi il ricordo del ricordo di altri, per quanto autorevoli come gli Apostoli, se non venisse data anche a noi la possibilitร  di un incontro vero con Lui, sarebbe come dichiarare esaurita la novitร  del Verbo fatto carne. Invece, lโ€™incarnazione oltre ad essere lโ€™unico evento nuovo che la storia conosca, รจ anche il metodo che la Santissima Trinitร  ha scelto per aprire a noi la via della comunione. La fede cristiana o รจ incontro con Lui vivo o non รจ.

11. La Liturgia ci garantisce la possibilitร  di tale incontro. A noi non serve un vago ricordo dellโ€™ultima Cena: noi abbiamo bisogno di essere presenti a quella Cena, di poter ascoltare la sua voce, mangiare il suo Corpo e bere il suo Sangue: abbiamo bisogno di Lui. Nellโ€™Eucaristia e in tutti i sacramenti ci viene garantita la possibilitร  di incontrare il Signore Gesรน e di essere raggiunti dalla potenza della sua Pasqua. La potenza salvifica del sacrificio di Gesรน, di ogni sua parola, di ogni suo gesto, sguardo, sentimento ci raggiunge nella celebrazione dei sacramenti. Io sono Nicodemo e la Samaritana, lโ€™indemoniato di Cafarnao e il paralitico in casa di Pietro, la peccatrice perdonata e lโ€™emorroissa, la figlia di Giairo e il cieco di Gerico, Zaccheo e Lazzaro, il ladrone e Pietro perdonati. Il Signore Gesรน che immolato sulla croce, piรน non muore, e con i segni della passione vive immortale [2] continua a perdonarci, a guarirci, a salvarci con la potenza dei sacramenti. รˆ il modo concreto, per via di incarnazione, con il quale ci ama; รจ il modo con il quale sazia quella sete di noi che ha dichiarato sulla croce (Gv 19,28).

12. Il nostro primo incontro con la sua Pasqua รจ lโ€™evento che segna la vita di tutti noi credenti in Cristo: il nostro battesimo. Non รจ unโ€™adesione mentale al suo pensiero o la sottoscrizione di un codice di comportamento da Lui imposto: รจ lโ€™immergersi nella sua passione, morte, risurrezione e ascensione. Non un gesto magico: la magia รจ lโ€™opposto della logica dei sacramenti perchรฉ pretende di avere un potere su Dio e per questa ragione viene dal tentatore. In perfetta continuitร  con lโ€™incarnazione, ci viene data la possibilitร , in forza della presenza e dellโ€™azione dello Spirito, di morire e risorgere in Cristo.

13. Il modo in cui accade รจ commovente. La preghiera di benedizione dellโ€™acqua battesimale [3] ci rivela che Dio ha creato lโ€™acqua proprio in vista del battesimo. Vuol dire che mentre Dio creava lโ€™acqua pensava al battesimo di ciascuno di noi e questo pensiero lo ha accompagnato nel suo agire lungo la storia della salvezza ogni volta che, con preciso disegno, ha voluto servirsi dellโ€™acqua. รˆ come se, dopo averla creata, avesse voluto perfezionarla per arrivare ad essere lโ€™acqua del battesimo. E cosรฌ lโ€™ha voluta riempire del movimento del suo Spirito che vi aleggiava sopra (cfr. Gen 1,2) perchรฉ contenesse in germe la forza di santificare; lโ€™ha usata per rigenerare lโ€™umanitร  nel diluvio (cfr. Gen 6,1-9,29); lโ€™ha dominata separandola per aprire una strada di liberazione nel Mar Rosso (cfr. Es 14); lโ€™ha consacrata nel Giordano immergendovi la carne del Verbo intrisa di Spirito (cfr. Mt 3,13-17; Mc 1,9-11; Lc 3,21-22). Infine, lโ€™ha mescolata con il sangue del suo Figlio, dono dello Spirito inseparabilmente unito al dono della vita e della morte dellโ€™Agnello immolato per noi, e dal costato trafitto lโ€™ha effusa su di noi (Gv 19,34). รˆ in questโ€™acqua che siamo stati immersi perchรฉ per la sua potenza potessimo essere innestati nel Corpo di Cristo e con Lui risorgere alla vita immortale (cfr. Rm 6,1-11).

La Chiesa: sacramento del Corpo di Cristo

14. Come il Concilio Vaticano II ci ha ricordato (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 5) citando la Scrittura, i Padri e la Liturgia โ€“ le colonne della vera Tradizione โ€“ dal costato di Cristo dormiente sulla croce รจ scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa. [4] Il parallelo tra il primo e il nuovo Adamo รจ sorprendente: come dal costato del primo Adamo, dopo aver fatto scendere su di Lui un torpore, Dio trasse Eva, cosรฌ dal costato del nuovo Adamo, addormentato nel sonno della morte, nasce la nuova Eva, la Chiesa. Lo stupore รจ per le parole che possiamo pensare che il nuovo Adamo faccia sue guardando la Chiesa: โ€œQuesta volta รจ osso dalle mie ossa, carne dalla mia carneโ€ (Gen 2,23). Per aver creduto alla Parola ed essere scesi nellโ€™acqua del battesimo, noi siamo diventati osso dalle sue ossa, carne dalla sua carne.

15. Senza questa incorporazione non vi รจ alcuna possibilitร  di vivere la pienezza del culto a Dio. Infatti, uno solo รจ lโ€™atto di culto perfetto e gradito al Padre, lโ€™obbedienza del Figlio la cui misura รจ la sua morte in croce. Lโ€™unica possibilitร  per poter partecipare alla sua offerta รจ quella di diventare figli nel Figlio. รˆ questo il dono che abbiamo ricevuto. Il soggetto che agisce nella Liturgia รจ sempre e solo Cristo-Chiesa, il Corpo mistico di Cristo.

Il senso teologico della Liturgia

16. Dobbiamo al Concilio โ€“ e al movimento liturgico che lโ€™ha preceduto โ€“ la riscoperta della comprensione teologica della Liturgia e della sua importanza nella vita della Chiesa: i principi generali enunciati dalla Sacrosanctum Concilium cosรฌ come sono stati fondamentali per lโ€™intervento di riforma, continuano ad esserlo per la promozione di quella partecipazione piena, consapevole, attiva e fruttuosa alla celebrazione (cfr. Sacrosanctum Concilium , nn.11. 14), โ€œprima e indispensabile fonte dalla quale i fedeli possono attingere il genuino spirito cristianoโ€ ( Sacrosanctum Concilium, n.14). Con questa lettera vorrei semplicemente invitare tutta la Chiesa a riscoprire, custodire e vivere la veritร  e la forza della celebrazione cristiana. Vorrei che la bellezza del celebrare cristiano e delle sue necessarie conseguenze nella vita della Chiesa, non venisse deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica, qualunque essa sia. La preghiera sacerdotale di Gesรน nellโ€™ultima Cena perchรฉ tutti siano una cosa sola (Gv 17,21), giudica ogni nostra divisione attorno al Pane spezzato, sacramento di pietร , segno di unitร , vincolo di caritร . [5]

La Liturgia: antidoto al veleno della mondanitร  spirituale

17. Ho piรน volte messo in guardia rispetto ad una pericolosa tentazione per la vita della Chiesa che รจ la โ€œmondanitร  spiritualeโ€: ne ho parlato diffusamente nellโ€™Esortazione Evangelii gaudium (nn. 93-97), individuando nello gnosticismo e nel neo-pelagianesimo i due modi tra loro connessi che la alimentano.

Il primo riduce la fede cristiana in un soggettivismo che chiude lโ€™individuo โ€œnellโ€™immanenza della propria ragione o dei suoi sentimentiโ€ (Evangelii gaudium, n. 94).

Il secondo annulla il valore della grazia per confidare solo sulle proprie forze, dando luogo โ€œad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare lโ€™accesso alla grazia si consumano le energie nel controllareโ€ (Evangelii gaudium, n. 94).

Queste forme distorte del cristianesimo possono avere conseguenze disastrose per la vita della Chiesa.

18. Da quanto ho voluto sopra ricordare risulta evidente che la Liturgia รจ, per la sua stessa natura, lโ€™antidoto piรน efficace contro questi veleni. Ovviamente parlo della Liturgia nel suo senso teologico e non certo โ€“ giร  Pio XII lo affermava โ€“ come cerimoniale decorativo o mera somma di leggi e di precetti che regolano il culto. [6]

19. Se lo gnosticismo ci intossica con il veleno del soggettivismo, la celebrazione liturgica ci libera dalla prigione di una autoreferenzialitร  nutrita dalla propria ragione o dal proprio sentire: lโ€™azione celebrativa non appartiene al singolo ma a Cristo-Chiesa, alla totalitร  dei fedeli uniti in Cristo. La Liturgia non dice โ€œioโ€ ma โ€œnoiโ€ e ogni limitazione allโ€™ampiezza di questo โ€œnoiโ€ รจ sempre demoniaca. La Liturgia non ci lascia soli nel cercare una individuale presunta conoscenza del mistero di Dio, ma ci prende per mano, insieme, come assemblea, per condurci dentro il mistero che la Parola e i segni sacramentali ci rivelano. E lo fa, coerentemente con lโ€™agire di Dio, seguendo la via dellโ€™incarnazione, attraverso il linguaggio simbolico del corpo che si estende nelle cose, nello spazio e nel tempo.

20. Se il neo-pelagianesimo ci intossica con la presunzione di una salvezza guadagnata con le nostre forze, la celebrazione liturgica ci purifica proclamando la gratuitร  del dono della salvezza accolta nella fede. Partecipare al sacrificio eucaristico non รจ una nostra conquista come se di questo potessimo vantarci davanti a Dio e ai fratelli. Lโ€™inizio di ogni celebrazione mi ricorda chi sono chiedendomi di confessare il mio peccato e invitandomi a supplicare la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e tutti i fratelli e le sorelle, di pregare per me il Signore: non siamo certo degni di entrare nella sua casa, abbiamo bisogno di una sua parola per essere salvati (cfr. Mt 8,8). Non abbiamo altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesรน Cristo (cfr. Gal 6,14). La Liturgia non ha nulla a che vedere con un moralismo ascetico: รจ il dono della Pasqua del Signore che, accolto con docilitร , fa nuova la nostra vita. Non si entra nel Cenacolo se non che per la forza di attrazione del suo desiderio di mangiare la Pasqua con noi: Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum, antequam patiar (Lc 22,15).

Riscoprire ogni giorno
la bellezza della veritร  della celebrazione cristiana

21. Dobbiamo perรฒ fare attenzione: perchรฉ lโ€™antidoto della Liturgia sia efficace ci viene chiesto di riscoprire ogni giorno la bellezza della veritร  della celebrazione cristiana. Mi riferisco ancora una volta al suo senso teologico, come il n. 7 della Sacrosanctum Concilium ha mirabilmente descritto: la Liturgia รจ il sacerdozio di Cristo a noi rivelato e donato nella sua Pasqua, reso oggi presente e attivo attraverso segni sensibili (acqua, olio, pane, vino, gesti, parole) perchรฉ lo Spirito, immergendoci nel mistero pasquale, trasformi tutta la nostra vita conformandoci sempre piรน a Cristo.

22. La continua riscoperta della bellezza della Liturgia non รจ la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalitร  esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale. Ovviamente questa affermazione non vuole in nessun modo approvare lโ€™atteggiamento opposto che confonde la semplicitร  con una sciatta banalitร , lโ€™essenzialitร  con una ignorante superficialitร , la concretezza dellโ€™agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico.

23. Intendiamoci: ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica, โ€ฆ) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare lโ€™assemblea di ciรฒ che le รจ dovuto, vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalitร  rituale che la Chiesa stabilisce. Ma anche se la qualitร  e la norma dellโ€™azione celebrativa fossero garantite, ciรฒ non sarebbe sufficiente per rendere piena la nostra partecipazione.

Lo stupore per il mistero pasquale:
parte essenziale dellโ€™atto liturgico

24. Se venisse a mancare lo stupore per il mistero pasquale che si rende presente nella concretezza dei segni sacramentali, potremmo davvero rischiare di essere impermeabili allโ€™oceano di grazia che inonda ogni celebrazione. Non sono sufficienti i pur lodevoli sforzi a favore di una migliore qualitร  della celebrazione e nemmeno un richiamo allโ€™interioritร : anche questโ€™ultima corre il rischio di ridursi ad una vuota soggettivitร  se non accoglie la rivelazione del mistero cristiano. Lโ€™incontro con Dio non รจ frutto di una individuale ricerca interiore di Lui ma รจ un evento donato: possiamo incontrare Dio per il fatto nuovo dellโ€™incarnazione che nellโ€™ultima Cena arriva fino allโ€™estremo di desiderare di essere mangiato da noi. Come ci puรฒ accadere la sventura di sottrarci al fascino della bellezza di questo dono?

25. Dicendo stupore per il mistero pasquale non intendo in nessun modo ciรฒ che a volte mi pare si voglia esprimere con la fumosa espressione โ€œsenso del misteroโ€: a volte tra i presunti capi di imputazione contro la riforma liturgica vi รจ anche quello di averlo โ€“ si dice โ€“ eliminato dalla celebrazione. Lo stupore di cui parlo non รจ una sorta di smarrimento di fronte ad una realtร  oscura o ad un rito enigmatico, ma รจ, al contrario, la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci รจ stato rivelato nella Pasqua di Gesรน (cfr. Ef 1,3-14) la cui efficacia continua a raggiungerci nella celebrazione dei โ€œmisteriโ€, ovvero dei sacramenti. Resta pur vero che la pienezza della rivelazione ha, rispetto alla nostra finitezza umana, una eccedenza che ci trascende e che avrร  il suo compimento alla fine dei tempi quando il Signore tornerร . Se lo stupore รจ vero non vi รจ alcun rischio che non si percepisca, pur nella vicinanza che lโ€™incarnazione ha voluto, lโ€™alteritร  della presenza di Dio. Se la riforma avesse eliminato quel โ€œsenso del misteroโ€ piรน che un capo di accusa sarebbe una nota di merito. La bellezza, come la veritร , genera sempre stupore e quando sono riferite al mistero di Dio, porta allโ€™adorazione.

26. Lo stupore รจ parte essenziale dellโ€™atto liturgico perchรฉ รจ lโ€™atteggiamento di chi sa di trovarsi di fronte alla peculiaritร  dei gesti simbolici; รจ la meraviglia di chi sperimenta la forza del simbolo, che non consiste nel rimandare ad un concetto astratto ma nel contenere ed esprimere nella sua concretezza ciรฒ che significa.

La necessitร  di una seria e vitale formazione liturgica

27. La questione fondamentale รจ, dunque, questa: come recuperare la capacitร  di vivere in pienezza lโ€™azione liturgica? La riforma del Concilio ha questo come obiettivo. La sfida รจ molto impegnativa perchรฉ lโ€™uomo moderno โ€“ non in tutte le culture allo stesso modo โ€“ ha perso la capacitร  di confrontarsi con lโ€™agire simbolico che รจ tratto essenziale dellโ€™atto liturgico.

28. La post-modernitร  โ€“ nella quale lโ€™uomo si sente ancor piรน smarrito, senza riferimenti di nessun tipo, privo di valori perchรฉ divenuti indifferenti, orfano di tutto, in una frammentazione nella quale sembra impossibile un orizzonte di senso โ€“ รจ ancora gravata dalla pesante ereditร  che lโ€™epoca precedente ci ha lasciato, fatta di individualismo e soggettivismo (che ancora una volta richiamano pelagianesimo e gnosticismo) come pure di uno spiritualismo astratto che contraddice la natura stessa dellโ€™uomo, spirito incarnato e, quindi, in se stesso capace di azione e di comprensione simbolica.

29. รˆ con la realtร  della modernitร  che la Chiesa riunita in Concilio ha voluto confrontarsi, riaffermando la consapevolezza di essere sacramento di Cristo, luce delle genti (Lumen gentium), mettendosi in religioso ascolto della parola di Dio (Dei Verbum) e riconoscendo come proprie le gioie e le speranze (Gaudium et spes) degli uomini dโ€™oggi. Le grandi Costituzioni conciliari non sono separabili e non รจ un caso che questโ€™unica grande riflessione del Concilio Ecumenico โ€“ la piรน alta espressione della sinodalitร  della Chiesa della cui ricchezza io sono chiamato ad essere, con tutti voi, custode โ€“ abbia preso lโ€™avvio dalla Liturgia (Sacrosanctum Concilium).

30. Chiudendo la seconda sessione del Concilio (4 dicembre 1963) san Paolo VI cosรฌ si esprimeva:

ยซDel resto, questa discussione appassionata e complessa non รจ stata affatto senza un frutto copioso: infatti quel tema che รจ stato prima di tutto affrontato, e che in un certo senso nella Chiesa รจ preminente, tanto per sua natura che per dignitร  โ€“ vogliamo dire la sacra Liturgia โ€“ รจ arrivato a felice conclusione, e viene oggi da Noi con solenne rito promulgato. Per questo motivo il Nostro animo esulta di sincera gioia. In questo fatto ravvisiamo infatti che รจ stato rispettato il giusto ordine dei valori e dei doveri: in questo modo abbiamo riconosciuto che il posto dโ€™onore va riservato a Dio; che noi come primo dovere siamo tenuti ad innalzare preghiere a Dio; che la sacra Liturgia รจ la fonte primaria di quel divino scambio nel quale ci viene comunicata la vita di Dio, รจ la prima scuola del nostro animo, รจ il primo dono che da noi devโ€™essere fatto al popolo cristiano, unito a noi nella fede e nellโ€™assiduitร  alla preghiera; infine, il primo invito allโ€™umanitร  a sciogliere la sua lingua muta in preghiere sante e sincere ed a sentire quellโ€™ineffabile forza rigeneratrice dellโ€™animo che รจ insita nel cantare con noi le lodi di Dio e nella speranza degli uomini, per Gesรน Cristo e nello Spirito Santoยป. [7]

31. Non posso in questa lettera intrattenermi sulla ricchezza delle singole espressioni che lascio alla vostra meditazione. Se la Liturgia รจ โ€œil culmine verso cui tende lโ€™azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energiaโ€ (Sacrosanctum Concilium, n.10), comprendiamo bene che cosa รจ in gioco nella questione liturgica. Sarebbe banale leggere le tensioni, purtroppo presenti attorno alla celebrazione, come una semplice divergenza tra diverse sensibilitร  nei confronti di una forma rituale. La problematica รจ anzitutto ecclesiologica. Non vedo come si possa dire di riconoscere la validitร  del Concilio โ€“ anche se un poโ€™ mi stupisce che un cattolico possa presumere di non farlo โ€“ e non accogliere la riforma liturgica nata dalla Sacrosanctum Concilium che esprime la realtร  della Liturgia in intima connessione con la visione di Chiesa mirabilmente descritta dalla Lumen gentium. Per questo โ€“ come ho spiegato nella lettera inviata a tutti i Vescovi โ€“ ho sentito il dovere di affermare che โ€œi libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformitร  ai decreti del Concilio Vaticano II, sono lโ€™unica espressione della lex orandi del Rito Romanoโ€ (Motu Proprio Traditionis custodes, art. 1).

La non accoglienza della riforma, come pure una sua superficiale comprensione, ci distoglie dallโ€™impegno di trovare le risposte alla domanda che torno a ripetere: come crescere nella capacitร  di vivere in pienezza lโ€™azione liturgica? Come continuare a stupirci di ciรฒ che nella celebrazione accade sotto i nostri occhi? Abbiamo bisogno di una seria e vitale formazione liturgica.

32. Torniamo ancora nel Cenacolo a Gerusalemme: il mattino di Pentecoste nasce la Chiesa, cellula iniziale dellโ€™umanitร  nuova. Solo la comunitร  di uomini e donne riconciliati perchรฉ perdonati, vivi perchรฉ Lui รจ vivo, veri perchรฉ abitati dallo Spirito di veritร , puรฒ aprire lo spazio angusto dellโ€™individualismo spirituale.

33. รˆ la comunitร  della Pentecoste che puรฒ spezzare il Pane nella certezza che il Signore รจ vivo, risorto dai morti, presente con la sua parola, con i suoi gesti, con lโ€™offerta del suo Corpo e del suo Sangue. Da quel momento la celebrazione diventa il luogo privilegiato, non lโ€™unico, dellโ€™incontro con Lui. Noi sappiamo che solo grazie a questo incontro lโ€™uomo diventa pienamente uomo. Solo la Chiesa della Pentecoste puรฒ concepire lโ€™uomo come persona, aperto ad una relazione piena con Dio, con il creato e con i fratelli.

34. Qui si pone la questione decisiva della formazione liturgica. Dice Guardini: ยซCosรฌ รจ delineato anche il primo compito pratico: sostenuti da questa trasformazione interiore del nostro tempo, dobbiamo nuovamente imparare a porci di fronte al rapporto religioso come uomini in senso pienoยป. [8] รˆ questo che la Liturgia rende possibile, a questo dobbiamo formarci. Lo stesso Guardini non esita ad affermare che senza formazione liturgica, โ€œle riforme nel rito e nel testo non aiutano moltoโ€. [9] Non intendo ora trattare in modo esaustivo il ricchissimo tema della formazione liturgica: vorrei solo offrire alcuni spunti di riflessione. Penso che possiamo distinguere due aspetti: la formazione alla Liturgia e la formazione dalla Liturgia. Il primo รจ funzionale al secondo che รจ essenziale.

35. รˆ necessario trovare i canali per una formazione come studio della liturgia: a partire dal movimento liturgico molto in tal senso รจ stato fatto, con contributi preziosi di molti studiosi ed istituzioni accademiche. Occorre tuttavia diffondere queste conoscenze al di fuori dellโ€™ambito accademico, in modo accessibile, perchรฉ ogni fedele cresca in una conoscenza del senso teologico della Liturgia โ€“ รจ la questione decisiva e fondante ogni conoscenza e ogni pratica liturgica โ€“ come pure dello sviluppo del celebrare cristiano, acquisendo la capacitร  di comprendere i testi eucologici, i dinamismi rituali e la loro valenza antropologica.

36. Penso alla normalitร  delle nostre assemblee che si radunano per celebrare lโ€™Eucaristia nel giorno del Signore, domenica dopo domenica, Pasqua dopo Pasqua, in momenti particolari della vita dei singoli e delle comunitร , nelle diverse etร  della vita: i ministri ordinati svolgono unโ€™azione pastorale di primaria importanza quando prendono per mano i fedeli battezzati per condurli dentro la ripetuta esperienza della Pasqua. Ricordiamoci sempre che รจ la Chiesa, Corpo di Cristo, il soggetto celebrante, non solo il sacerdote. La conoscenza che viene dallo studio รจ solo il primo passo per poter entrare nel mistero celebrato. รˆ evidente che per poter condurre i fratelli e le sorelle, i ministri che presiedono lโ€™assemblea devono conoscere la strada sia per averla studiata sulla mappa della scienza teologica sia per averla frequentata nella pratica di una esperienza di fede viva, nutrita dalla preghiera, di certo non solo come impegno da assolvere. Nel giorno dellโ€™ordinazione ogni presbitero si sente dire dal vescovo: ยซRenditi conto di ciรฒ che farai, imita ciรฒ che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signoreยป. [10]

37. Anche lโ€™impostazione dello studio della Liturgia nei seminari deve dare conto della straordinaria capacitร  che la celebrazione ha in se stessa di offrire una visione organica del sapere teologico. Ogni disciplina della teologia, ciascuna secondo la sua prospettiva, deve mostrare la propria intima connessione con la Liturgia, in forza della quale si rivela e si realizza lโ€™unitร  della formazione sacerdotale (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 16). Una impostazione liturgico-sapienziale della formazione teologica nei seminari avrebbe certamente anche effetti positivi nellโ€™azione pastorale. Non cโ€™รจ aspetto della vita ecclesiale che non trovi in essa il suo culmine e la sua fonte. La pastorale dโ€™insieme, organica, integrata, piรน che essere il risultato di elaborati programmi รจ la conseguenza del porre al centro della vita della comunitร  la celebrazione eucaristica domenicale, fondamento della comunione. La comprensione teologica della Liturgia non permette in nessun modo di intendere queste parole come se tutto si riducesse allโ€™aspetto cultuale. Una celebrazione che non evangelizza non รจ autentica, come non lo รจ un annuncio che non porta allโ€™incontro con il Risorto nella celebrazione: entrambi, poi, senza la testimonianza della caritร , sono come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita (cfr. 1Cor 13,1).

38. Per i ministri e per tutti i battezzati, la formazione liturgica in questo suo primo significato, non รจ qualcosa che si possa pensare di conquistare una volta per sempre: poichรฉ il dono del mistero celebrato supera la nostra capacitร  di conoscenza, questo impegno dovrร  per certo accompagnare la formazione permanente di ciascuno, con lโ€™umiltร  dei piccoli, atteggiamento che apre allo stupore.

39. Unโ€™ultima osservazione sui seminari: oltre allo studio devono anche offrire la possibilitร  di sperimentare una celebrazione non solo esemplare dal punto di vista rituale, ma autentica, vitale, che permetta di vivere quella vera comunione con Dio alla quale anche il sapere teologico deve tendere. Solo lโ€™azione dello Spirito puรฒ perfezionare la nostra conoscenza del mistero di Dio, che non รจ questione di comprensione mentale ma di relazione che tocca la vita. Tale esperienza รจ fondamentale perchรฉ una volta divenuti ministri ordinati, possano accompagnare le comunitร  nello stesso percorso di conoscenza del mistero di Dio, che รจ mistero dโ€™amore.

40. Questโ€™ultima considerazione ci porta a riflettere sul secondo significato con il quale possiamo intendere lโ€™espressione โ€œformazione liturgicaโ€. Mi riferisco allโ€™essere formati, ciascuno secondo la sua vocazione, dalla partecipazione alla celebrazione liturgica. Anche la conoscenza di studio di cui ho appena detto, perchรฉ non diventi razionalismo, deve essere funzionale al realizzarsi dellโ€™azione formatrice della Liturgia in ogni credente in Cristo.

41. Da quanto abbiamo detto sulla natura della Liturgia risulta evidente che la conoscenza del mistero di Cristo, questione decisiva per la nostra vita, non consiste in una assimilazione mentale di una idea, ma in un reale coinvolgimento esistenziale con la sua persona. In tal senso la Liturgia non riguarda la โ€œconoscenzaโ€ e il suo scopo non รจ primariamente pedagogico (pur avendo un grande valore pedagogico: cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 33) ma รจ la lode, il rendimento di grazie per la Pasqua del Figlio la cui forza di salvezza raggiunge la nostra vita. La celebrazione riguarda la realtร  del nostro essere docili allโ€™azione dello Spirito che in essa opera, finchรฉ non sia formato Cristo in noi (cfr. Gal 4,19). La pienezza della nostra formazione รจ la conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui. Questo รจ lo scopo per il quale รจ stato donato lo Spirito la cui azione รจ sempre e solo quella di fare il Corpo di Cristo. รˆ cosรฌ con il pane eucaristico, รจ cosรฌ per ogni battezzato chiamato a diventare sempre piรน ciรฒ che ha ricevuto in dono nel battesimo, vale a dire lโ€™essere membro del Corpo di Cristo. Scrive Leone Magno: ยซLa nostra partecipazione al Corpo e al Sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamoยป. [11]

42. Questo coinvolgimento esistenziale accade โ€“ in continuitร  e coerenza con il metodo dellโ€™incarnazione โ€“ per via sacramentale. La Liturgia รจ fatta di cose che sono esattamente lโ€™opposto di astrazioni spirituali: pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzi, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce. Tutta la creazione รจ manifestazione dellโ€™amore di Dio: da quando lo stesso amore si รจ manifestato in pienezza nella croce di Gesรน tutta la creazione ne รจ attratta. รˆ tutto il creato che viene assunto per essere messo a servizio dellโ€™incontro con il Verbo incarnato, crocifisso, morto, risorto, asceso al Padre. Cosรฌ come canta la preghiera sullโ€™acqua per il fonte battesimale, ma anche quella sullโ€™olio per il sacro crisma e le parole della presentazione del pane e del vino, frutti della terra e del lavoro dellโ€™uomo.

43. La liturgia dร  gloria a Dio non perchรฉ noi possiamo aggiungere qualcosa alla bellezza della luce inaccessibile nella quale Egli abita (cfr. 1Tm 6,16) o alla perfezione del canto angelico che risuona eternamente nelle sedi celesti. La Liturgia dร  gloria a Dio perchรฉ ci permette, qui, sulla terra, di vedere Dio nella celebrazione dei misteri e, nel vederlo, prendere vita dalla sua Pasqua: noi, che da morti che eravamo per le colpe, per grazia, siamo stati fatti rivivere con Cristo (cfr. Ef 2,5), siamo la gloria di Dio. Ireneo, doctor unitatis, ce lo ricorda: ยซLa gloria di Dio รจ lโ€™uomo vivente, e la vita dellโ€™uomo consiste nella visione di Dio: se giร  la rivelazione di Dio attraverso la creazione dร  la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto piรน la manifestazione del Padre attraverso il Verbo รจ causa di vita per coloro che vedono Dio!ยป. [12]

44. Scrive Guardini: ยซCon ciรฒ si delinea il primo compito del lavoro di formazione liturgica: lโ€™uomo deve diventare nuovamente capace di simboliยป. [13] Questo impegno riguarda tutti, ministri ordinati e fedeli. Il compito non รจ facile perchรฉ lโ€™uomo moderno รจ diventato analfabeta, non sa piรน leggere i simboli, quasi non ne sospetta nemmeno lโ€™esistenza. Ciรฒ accade anche con il simbolo del nostro corpo. รˆ simbolo perchรฉ intima unione di anima e corpo, visibilitร  dellโ€™anima spirituale nellโ€™ordine del corporeo e in questo consiste lโ€™unicitร  umana, la specificitร  della persona irriducibile a qualsiasi altra forma di essere vivente. La nostra apertura al trascendente, a Dio, รจ costitutiva: non riconoscerla ci porta inevitabilmente ad una non conoscenza oltre che di Dio, anche di noi stessi. Basta vedere il modo paradossale con il quale viene trattato il corpo, ora curato in modo quasi ossessivo inseguendo il mito di una eterna giovinezza, ora ridotto ad una materialitร  alla quale รจ negata ogni dignitร . Il fatto รจ che non si puรฒ dare valore al corpo partendo solo dal corpo. Ogni simbolo รจ nello stesso tempo potente e fragile: se non viene rispettato, se non viene trattato per quello che รจ, si infrange, perde di forza, diventa insignificante.

Non abbiamo piรน lo sguardo di san Francesco che guardava il sole โ€“ che chiamava fratello perchรฉ cosรฌ lo sentiva โ€“ lo vedeva bellu e radiante cum grande splendore, e, pieno di stupore, cantava: de te Altissimu, porta significatione. [14] Lโ€™aver perso la capacitร  di comprendere il valore simbolico del corpo e di ogni creatura rende il linguaggio simbolico della Liturgia quasi inaccessibile allโ€™uomo moderno. Non si tratta, tuttavia, di rinunciare a tale linguaggio: non รจ possibile rinunciarvi perchรฉ รจ ciรฒ che la Santissima Trinitร  ha scelto per raggiungerci nella carne del Verbo. Si tratta, piuttosto, di recuperare la capacitร  di porre e di comprendere i simboli della Liturgia. Non dobbiamo disperare, perchรฉ nellโ€™uomo questa dimensione, come ho appena detto, รจ costitutiva e, nonostante i mali del materialismo e dello spiritualismo โ€“ entrambi negazione dellโ€™unitร  corpo e anima โ€“ รจ sempre pronta a riemergere, come ogni veritร .

45. La domanda che ci poniamo รจ, dunque, come tornare ad essere capaci di simboli? Come tornare a saperli leggere per poterli vivere? Sappiamo bene che la celebrazione dei sacramenti รจ โ€“ per grazia di Dio โ€“ efficace in se stessa (ex opere operato) ma questo non garantisce un pieno coinvolgimento delle persone senza un adeguato modo di porsi di fronte al linguaggio della celebrazione. La lettura simbolica non รจ un fatto di conoscenza mentale, di acquisizione di concetti ma รจ esperienza vitale.

46. Anzitutto dobbiamo riacquistare fiducia nei confronti della creazione. Intendo dire che le cose โ€“ con le quali i sacramenti โ€œsono fattiโ€ โ€“ vengono da Dio, a Lui sono orientate e da Lui sono state assunte, in modo particolare con lโ€™incarnazione, perchรฉ diventassero strumenti di salvezza, veicoli dello Spirito, canali di grazia. Qui si avverte tutta la distanza sia dalla visione materialista sia da quella spiritualista. Se le cose create sono parte irrinunciabile dellโ€™agire sacramentale che opera la nostra salvezza, dobbiamo predisporci nei loro confronti con uno sguardo nuovo non superficiale, rispettoso, grato. Fin dallโ€™origine esse contengono il germe della grazia santificante dei sacramenti.

47. Altra questione decisiva โ€“ sempre riflettendo su come la Liturgia ci forma โ€“ รจ lโ€™educazione necessaria per poter acquisire lโ€™atteggiamento interiore che ci permette di porre e di comprendere i simboli liturgici. Lo esprimo in modo semplice. Penso ai genitori e, ancor piรน, ai nonni, ma anche ai nostri parroci e catechisti. Molti di noi hanno appreso la potenza dei gesti della liturgia โ€“ come ad esempio il segno della croce, lo stare in ginocchio, le formule della nostra fede โ€“ proprio da loro. Forse non ne abbiamo il ricordo vivo, ma facilmente possiamo immaginare il gesto di una mano piรน grande che prende la piccola mano di un bambino e la accompagna lentamente nel tracciare per la prima volta il segno della nostra salvezza. Al movimento si accompagnano le parole, anchโ€™esse lente, quasi a voler prendere possesso di ogni istante di quel gesto, di tutto il corpo: ยซNel nome del Padre โ€ฆ e del Figlio โ€ฆ e dello Spirito Santo โ€ฆ Amenยป. Per poi lasciare la mano del bambino e guardarlo ripetere da solo, pronti a venire in suo aiuto, quel gesto ormai consegnato, come un abito che crescerร  con Lui, vestendolo nel modo che solo lo Spirito conosce. Da quel momento quel gesto, la sua forza simbolica, ci appartiene o, sarebbe meglio dire, noi apparteniamo a quel gesto, ci dร  forma, siamo da esso formati. Non servono troppi discorsi, non รจ necessario aver compreso tutto di quel gesto: occorre essere piccoli sia nel consegnarlo sia nel riceverlo. Il resto รจ opera dello Spirito. Cosรฌ siamo stati iniziati al linguaggio simbolico. Di questa ricchezza non possiamo farci derubare. Crescendo potremo avere piรน mezzi per poter comprendere, ma sempre a condizione di rimanere piccoli.

Ars celebrandi

48. Un modo per custodire e per crescere nella comprensione vitale dei simboli della Liturgia รจ certamente quello di curare lโ€™arte del celebrare. Anche questa espressione รจ oggetto di diverse interpretazioni. Essa si chiarisce se viene compresa avendo come riferimento il senso teologico della Liturgia descritto in Sacrosanctum Concilium al n. 7 e che abbiamo piรน volte richiamato. Lโ€™ars celebrandi non puรฒ essere ridotta alla sola osservanza di un apparato rubricale e non puรฒ nemmeno essere pensata come una fantasiosa โ€“ a volte selvaggia โ€“ creativitร  senza regole. Il rito รจ per se stesso norma e la norma non รจ mai fine a se stessa, ma sempre a servizio della realtร  piรน alta che vuole custodire.

49. Come ogni arte, richiede diverse conoscenze.

Anzitutto la comprensione del dinamismo che descrive la Liturgia. Il momento dellโ€™azione celebrativa รจ il luogo nel quale attraverso il memoriale si fa presente il mistero pasquale perchรฉ i battezzati, in forza della loro partecipazione, possano farne esperienza nella loro vita: senza questa comprensione facilmente si cade nellโ€™esteriorismo (piรน o meno raffinato) e nel rubricismo (piรน o meno rigido).

Occorre, poi, conoscere come lo Spirito Santo agisce in ogni celebrazione: lโ€™arte del celebrare deve essere in sintonia con lโ€™azione dello Spirito. Solo cosรฌ sarร  libera da soggettivismi, che sono il frutto del prevalere di sensibilitร  individuali, e da culturalismi, che sono acquisizioni acritiche di elementi culturali che non hanno nulla a che vedere da un corretto processo di inculturazione.

รˆ necessario, infine, conoscere le dinamiche del linguaggio simbolico, la sua peculiaritร , la sua efficacia.

50. Da questi brevi cenni, risulta evidente che lโ€™arte del celebrare non si puรฒ improvvisare. Come ogni arte richiede applicazione assidua. Ad un artigiano basta la tecnica; ad un artista, oltre alle conoscenze tecniche, non puรฒ mancare lโ€™ispirazione che รจ una forma positiva di possessione: lโ€™artista, quello vero, non possiede unโ€™arte ne รจ posseduto. Non si impara lโ€™arte del celebrare perchรฉ si frequenta un corso di public speaking o di tecniche di comunicazione persuasiva (non giudico le intenzioni, vedo gli effetti). Ogni strumento puรฒ essere utile ma deve sempre essere sottomesso alla natura della Liturgia e allโ€™azione dello Spirito. Occorre una diligente dedizione alla celebrazione lasciando che sia la celebrazione stessa a trasmetterci la sua arte. Scrive Guardini: ยซDobbiamo renderci conto di quanto profondamente siamo ancora radicati nellโ€™individualismo e nel soggettivismo, di quanto siamo disabituati al richiamo delle grandezze e di quanto sia piccola la misura della nostra vita religiosa. Deve risvegliarsi il senso dello stile grande della preghiera, la volontร  di coinvolgere anche in essa la nostra esistenza. Ma la via verso queste mรจte รจ la disciplina, la rinuncia ad una sentimentalitร  morbida; un serio lavoro, svolto in obbedienza alla Chiesa, in rapporto al nostro essere e al nostro comportamento religiosoยป. [15] รˆ cosรฌ che si impara lโ€™arte del celebrare.

51. Parlando di questo tema siamo portati a pensare che riguardi solo i ministri ordinati che svolgono il servizio della presidenza. In realtร  รจ un atteggiamento che tutti i battezzati sono chiamati a vivere. Penso a tutti i gesti e le parole che appartengono allโ€™assemblea: il radunarsi, lโ€™incedere in processione, lo stare seduti, in piedi, in ginocchio, il cantare, lo stare in silenzio, lโ€™acclamare, il guardare, lโ€™ascoltare. Sono molti modi con i quali lโ€™assemblea, come un solo uomo (Ne 8,1), partecipa alla celebrazione. Compiere tutti insieme lo stesso gesto, parlare tutti insieme ad una sola voce, trasmette ai singoli la forza dellโ€™intera assemblea. รˆ una uniformitร  che non solo non mortifica ma, al contrario, educa i singoli fedeli a scoprire lโ€™unicitร  autentica della propria personalitร  non in atteggiamenti individualistici ma nella consapevolezza di essere un solo corpo. Non si tratta di dover seguire un galateo liturgico: si tratta piuttosto di una โ€œdisciplinaโ€ โ€“ nel senso usato da Guardini โ€“ che, se osservata con autenticitร , ci forma: sono gesti e parole che mettono ordine dentro il nostro mondo interiore facendoci vivere sentimenti, atteggiamenti, comportamenti. Non sono lโ€™enunciazione di un ideale al quale cercare di ispirarci, ma sono unโ€™azione che coinvolge il corpo nella sua totalitร , vale a dire nel suo essere unitร  di anima e di corpo.

52. Tra i gesti rituali che appartengono a tutta lโ€™assemblea occupa un posto di assoluta importanza il silenzio. Piรน volte รจ espressamente prescritto nelle rubriche: tutta la celebrazione eucaristica รจ immersa nel silenzio che precede il suo inizio e segna ogni istante del suo svolgersi rituale. Infatti รจ presente nellโ€™atto penitenziale; dopo lโ€™invito alla preghiera; nella liturgia della Parola (prima delle letture, tra le letture e dopo lโ€™omelia); nella preghiera eucaristica; dopo la comunione. [16] Non si tratta di un rifugio nel quale nascondersi per un isolamento intimistico, quasi patendo la ritualitร  come se fosse una distrazione: un tale silenzio sarebbe in contraddizione con lโ€™essenza stessa della celebrazione. Il silenzio liturgico รจ molto di piรน: รจ il simbolo della presenza e dellโ€™azione dello Spirito Santo che anima tutta lโ€™azione celebrativa, per questo motivo spesso costituisce il culmine di una sequenza rituale. Proprio perchรฉ simbolo dello Spirito ha la forza di esprimere la sua multiforme azione. Cosรฌ, ripercorrendo i momenti che ho sopra ricordato, il silenzio muove al pentimento e al desiderio di conversione; suscita lโ€™ascolto della Parola e la preghiera; dispone allโ€™adorazione del Corpo e del Sangue di Cristo; suggerisce a ciascuno, nellโ€™intimitร  della comunione, ciรฒ che lo Spirito vuole operare nella vita per conformarci al Pane spezzato. Per questo siamo chiamati a compiere con estrema cura il gesto simbolico del silenzio: in esso lo Spirito ci dร  forma.

53. Ogni gesto e ogni parola contiene unโ€™azione precisa che รจ sempre nuova perchรฉ incontra un istante sempre nuovo della nostra vita. Mi spiego con un solo semplice esempio. Ci inginocchiamo per chiedere perdono; per piegare il nostro orgoglio; per consegnare a Dio il nostro pianto; per supplicare un suo intervento; per ringraziarlo di un dono ricevuto: รจ sempre lo stesso gesto che dice essenzialmente il nostro essere piccoli dinanzi a Dio. Tuttavia, compiuto in momenti diversi del nostro vivere, plasma la nostra interioritร  profonda per poi manifestarsi allโ€™esterno nella nostra relazione con Dio e con i fratelli. Anche lโ€™inginocchiarsi va fatto con arte, vale a dire con una piena consapevolezza del suo senso simbolico e della necessitร  che noi abbiamo di esprimere con questo gesto il nostro modo di stare alla presenza del Signore. Se tutto questo รจ vero per questo semplice gesto, quanto piรน lo sarร  per la celebrazione della Parola? Quale arte siamo chiamati ad apprendere nel proclamare la Parola, nellโ€™ascoltarla, nel farla ispirazione della nostra preghiera, nel farla diventare vita? Tutto questo merita la massima cura, non formale, esteriore, ma vitale, interiore, perchรฉ ogni gesto e ogni parola della celebrazione espresso con โ€œarteโ€ forma la personalitร  cristiana del singolo e della comunitร .

54. Se รจ vero che lโ€™ars celebrandi riguarda tutta lโ€™assemblea che celebra, รจ altrettanto vero che i ministri ordinati devono avere per essa una particolare cura. Nel visitare le comunitร  cristiane ho spesso notato che il loro modo di vivere la celebrazione รจ condizionato โ€“ nel bene e, purtroppo, anche nel male โ€“ da come il loro parroco presiede lโ€™assemblea. Potremmo dire che vi sono diversi โ€œmodelliโ€ di presidenza. Ecco un possibile elenco di atteggiamenti che, pur essendo tra loro opposti, caratterizzano la presidenza in modo certamente inadeguato: rigiditร  austera o creativitร  esasperata; misticismo spiritualizzante o funzionalismo pratico; sbrigativitร  frettolosa o lentezza enfatizzata; sciatta trascuratezza o eccessiva ricercatezza; sovrabbondante affabilitร  o impassibilitร  ieratica. Pur nellโ€™ampiezza di questa gamma, penso che lโ€™inadeguatezza di questi modelli abbia una comune radice: un esasperato personalismo dello stile celebrativo che, a volte, esprime una mal celata mania di protagonismo. Spesso ciรฒ acquista maggior evidenza quando le nostre celebrazioni vengono trasmesse in rete, cosa non sempre opportuna e sulla quale dovremmo riflettere. Intendiamoci, non sono questi gli atteggiamenti piรน diffusi, ma non di rado le assemblee subiscono questi โ€œmaltrattamentiโ€.

55. Molto si potrebbe dire sullโ€™importanza e sulla delicatezza del presiedere. In piรน occasioni mi sono soffermato sul compito impegnativo del tenere lโ€™omelia. [17] Mi limito ora ad alcune considerazioni piรน ampie, sempre volendo riflettere con voi su come veniamo formati dalla Liturgia. Penso alla normalitร  delle Messe domenicali nelle nostre comunitร : mi riferisco, quindi, ai presbiteri ma implicitamente a tutti i ministri ordinati.

56. Il presbitero vive la sua tipica partecipazione alla celebrazione in forza del dono ricevuto nel sacramento dellโ€™Ordine: tale tipicitร  si esprime proprio nella presidenza. Come tutti gli uffici che รจ chiamato a svolgere, non si tratta primariamente di un compito assegnato dalla comunitร , quanto, piuttosto, della conseguenza dellโ€™effusione dello Spirito Santo ricevuta nellโ€™ordinazione che lo abilita a tale compito. Anche il presbitero viene formato dal suo presiedere lโ€™assemblea che celebra.

57. Perchรฉ questo servizio venga fatto bene โ€“ con arte, appunto โ€“ รจ di fondamentale importanza che il presbitero abbia anzitutto una viva coscienza di essere, per misericordia, una particolare presenza del Risorto. Il ministro ordinato รจ egli stesso una delle modalitร  di presenza del Signore che rendono lโ€™assemblea cristiana unica, diversa da ogni altra (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 7). Questo fatto dร  spessore โ€œsacramentaleโ€ โ€“ in senso ampio โ€“ a tutti i gesti e le parole di chi presiede. Lโ€™assemblea ha diritto di poter sentire in quei gesti e in quelle parole il desiderio che il Signore ha, oggi come nellโ€™ultima Cena, di continuare a mangiare la Pasqua con noi. Il Risorto รจ, dunque, il protagonista, non lo sono di sicuro le nostre immaturitร  che cercano, assumendo un ruolo e un atteggiamento, una presentabilitร  che non possono avere. Il presbitero stesso รจ sopraffatto da questo desiderio di comunione che il Signore ha verso ciascuno: รจ come se fosse posto in mezzo tra il cuore ardente dโ€™amore di Gesรน e il cuore di ogni fedele, lโ€™oggetto del suo amore. Presiedere lโ€™Eucaristia รจ stare immersi nella fornace dellโ€™amore di Dio. Quando ci viene dato di comprendere, o anche solo di intuire, questa realtร , non abbiamo di certo piรน bisogno di un direttorio che ci imponga un comportamento adeguato. Se di questo abbiamo bisogno รจ per la durezza del nostro cuore. La norma piรน alta, e, quindi, piรน impegnativa, รจ la realtร  stessa della celebrazione eucaristica che seleziona parole, gesti, sentimenti, facendoci comprendere se sono o meno adeguati al compito che devono svolgere. รˆ evidente che anche questo non si improvvisa: รจ unโ€™arte, chiede al presbitero applicazione, vale a dire una frequentazione assidua del fuoco di amore che il Signore รจ venuto a portare sulla terra (cfr. Lc 12,49).

58. Quando la prima comunitร  spezza il pane in obbedienza al comando del Signore, lo fa sotto sguardo di Maria che accompagna i primi passi della Chiesa: โ€œerano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesรนโ€ (At 1,14). La Vergine Madre โ€œsorvegliaโ€ i gesti del suo Figlio affidati agli Apostoli. Come ha custodito nel suo grembo, dopo aver accolto le parole dellโ€™angelo Gabriele, il Verbo fatto carne, la Vergine custodisce ancora una volta nel grembo della Chiesa quei gesti che fanno il corpo del Figlio suo. Il presbitero, che in forza del dono ricevuto con il sacramento dellโ€™Ordine ripete quei gesti, รจ custodito nel grembo della Vergine. Serve una norma per dirci come ci si deve comportare?

59. Divenuti strumenti per far divampare il fuoco del suo amore sulla terra, custoditi nel grembo di Maria, Vergine fatta Chiesa (come cantava san Francesco), i presbiteri si lasciano lavorare dallo Spirito che vuole portare a compimento lโ€™opera che ha iniziato nella loro ordinazione. Lโ€™azione dello Spirito offre a loro la possibilitร  di esercitare la presidenza dellโ€™assemblea eucaristica con il timore di Pietro, consapevole del suo essere peccatore (cfr. Lc 5,1-11), con lโ€™umiltร  forte del servo sofferente (cfr. Is 42 ss), con il desiderio di โ€œfarsi mangiareโ€ dal popolo a loro affidato nellโ€™esercizio quotidiano del ministero.

60. รˆ la celebrazione stessa che educa a questa qualitร  di presidenza, non รจ, lo ripetiamo, unโ€™adesione mentale, anche se tutta la nostra mente, come pure la nostra sensibilitร , viene in essa coinvolta. Il presbitero รจ, dunque, formato alla presidenza dalle parole e dai gesti che la liturgia mette sulle sue labbra e nelle sue mani.

Non siede su di un trono [18] perchรฉ il Signore regna con lโ€™umiltร  di chi serve.

Non ruba la centralitร  allโ€™altare, segno di Cristo dal cui fianco squarciato scaturirono lโ€™acqua e il sangue fonte dei sacramenti della Chiesa, e centro della nostra lode e del comune rendimento di grazie. [19]

Accostandosi allโ€™altare per lโ€™offerta il presbitero รจ educato allโ€™umiltร  e al pentimento dalle parole: ยซUmili e pentiti accoglici, o Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a teยป. [20]

Non puรฒ presumere di se stesso per il ministero a Lui affidato perchรฉ la Liturgia lo invita a chiedere di essere purificato, nel segno dellโ€™acqua: ยซLavami, o Signore, dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puroยป. [21]

Le parole che la liturgia mette sulle sue labbra hanno contenuti, diversi che chiedono specifiche tonalitร : per lโ€™importanza di queste parole al presbitero รจ chiesta una vera ars dicendi. Esse danno forma ai suoi sentimenti interiori, ora nella supplica al Padre a nome dellโ€™assemblea, ora nellโ€™esortazione rivolta allโ€™assemblea, ora nellโ€™acclamazione ad una sola voce con tutta lโ€™assemblea.

Con la preghiera eucaristica โ€“ nella quale anche tutti i battezzati partecipano ascoltando con riverenza e silenzio e intervenendo con le acclamazioni [22] โ€“ chi presiede ha la forza, a nome di tutto il popolo santo, di ricordare al Padre lโ€™offerta del Figlio suo nellโ€™ultima Cena, perchรฉ quel dono immenso si renda nuovamente presente sullโ€™altare. A quellโ€™offerta partecipa con lโ€™offerta di se stesso. Il presbitero non puรฒ narrare al Padre lโ€™ultima Cena senza esserne partecipe. Non puรฒ dire: ยซPrendete, e mangiatene tutti: questo รจ il mio Corpo offerto in sacrificio per voiยป, e non vivere lo stesso desiderio di offrire il proprio corpo, la propria vita per il popolo a lui affidato. รˆ ciรฒ che avviene nellโ€™esercizio del suo ministero.

Da tutto questo, e da molto altro, il presbitero viene continuamente formato nellโ€™azione celebrativa.

* * *

61. Ho voluto semplicemente offrire alcune riflessioni che certamente non esauriscono lโ€™immenso tesoro della celebrazione dei santi misteri. Chiedo a tutti i vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, ai formatori dei seminari, agli insegnanti delle facoltร  teologiche e delle scuole di teologia, a tutti i catechisti e le catechiste, di aiutare il popolo santo di Dio ad attingere a quella che da sempre รจ la fonte prima della spiritualitร  cristiana. Siamo chiamati continuamente riscoprire la ricchezza dei principi generali esposti nei primi numeri della Sacrosanctum Concilium comprendendo lโ€™intimo legame tra la prima delle Costituzioni conciliari e tutte le altre. Per questo motivo non possiamo tornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessitร  di riformare, approvando, sotto la guida dello Spirito e secondo la loro coscienza di pastori, i principi da cui รจ nata la riforma. I santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II approvando i libri liturgici riformati ex decreto Sacrosancti ล’cumenici Concilii Vaticani II hanno garantito la fedeltร  della riforma al Concilio. Per questo motivo ho scritto Traditionis Custodes, perchรฉ la Chiesa possa elevare, nella varietร  delle lingue, una sola e identica preghiera capace di esprimere la sua unitร . [23] Questa unitร , come giร  ho scritto, intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di Rito Romano.

62. Vorrei che questa lettera ci aiutasse a ravvivare lo stupore per la bellezza della veritร  del celebrare cristiano, a ricordare la necessitร  di una formazione liturgica autentica e a riconoscere lโ€™importanza di unโ€™arte della celebrazione che sia a servizio della veritร  del mistero pasquale e della partecipazione di tutti i battezzati, ciascuno con la specificitร  della sua vocazione.

Tutta questa ricchezza non รจ lontana da noi: รจ nelle nostre chiese, nelle nostre feste cristiane, nella centralitร  della domenica, nella forza dei sacramenti che celebriamo. La vita cristiana รจ un continuo cammino di crescita: siamo chiamati a lasciarci formare con gioia e nella comunione.

63. Per questo desidero lasciarvi ancora una indicazione per proseguire nel nostro cammino. Vi invito a riscoprire il senso dellโ€™anno liturgico e del giorno del Signore: anche questa รจ una consegna del Concilio (cfr. Sacrosanctum Concilium, nn. 102-111).

64. Alla luce di quanto abbiamo sopra ricordato, comprendiamo che lโ€™anno liturgico รจ per noi la possibilitร  di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo, immergendo la nostra vita nel mistero della sua Pasqua, in attesa del suo ritorno. รˆ questa una vera formazione continua. La nostra vita non รจ un susseguirsi casuale e caotico di eventi ma un percorso che, di Pasqua in Pasqua, ci conforma a Lui nellโ€™attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore, Gesรน Cristo. [24]

65. Nello scorrere del tempo fatto nuovo dalla Pasqua, ogni otto giorni la Chiesa celebra nella domenica lโ€™evento della salvezza. La domenica, prima di essere un precetto, รจ un dono che Dio fa al suo popolo (per questo motivo la Chiesa lo custodisce con un precetto). La celebrazione domenicale offre alla comunitร  cristiana la possibilitร  di essere formata dallโ€™Eucaristia. Di domenica in domenica, la Parola del Risorto illumina la nostra esistenza volendo operare in noi ciรฒ per cui รจ stata mandata (cfr. Is 55,10-11). Di domenica in domenica, la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo vuole fare anche della nostra vita un sacrificio gradito al Padre, nella comunione fraterna che si fa condivisione, accoglienza, servizio. Di domenica in domenica, la forza del Pane spezzato ci sostiene nellโ€™annuncio del Vangelo nel quale si manifesta lโ€™autenticitร  della nostra celebrazione.

Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa, custodiamo la comunione, continuiamo a stupirci per la bellezza della Liturgia. Ci รจ stata donata la Pasqua, lasciamoci custodire dal desiderio che il Signore continua ad avere di poterla mangiare con noi. Sotto lo sguardo di Maria, Madre della Chiesa.

Dato a Roma, presso San Giovanni in Laterano, il 29 giugno, Solennitร  dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, dellโ€™anno 2022, decimo del mio pontificato.

FRANCESCO

Tutta lโ€™umanitร  trepidi, lโ€™universo intero tremi e il cielo esulti,
quando sullโ€™altare, nella mano del sacerdote,
รจ presente Cristo, il Figlio del Dio vivo.
O ammirabile altezza e stupenda degnazione!
O umiltร  sublime! O sublimitร  umile,
che il Signore dellโ€™universo, Dio e Figlio di Dio,
si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza,
sotto poca apparenza di pane!
Guardate, fratelli, lโ€™umiltร  di Dio,
e aprite davanti a Lui i vostri cuori;
umiliatevi anche voi, perchรฉ siate da Lui esaltati.
Nulla, dunque, di voi trattenete per voi,
affinchรฉ tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre.

San Francesco dโ€™Assisi
Lettera a tutto lโ€™Ordine II, 26-29

[1] Cfr. Leo Magnus, Sermo LXXIV: De ascensione Domini II,1: ยซquod [โ€ฆ] Redemptoris nostri conspicuum fuit, in sacramenta transivitยป.

[2] Prรฆfatio paschalis III, Missale Romanum (2008) p. 367: ยซQui immolรกtus iam non mรณritur, sed semper vivit occรญsusยป.

[3] Cfr. Missale Romanum (2008) p. 532.

[4] Cfr. Augustinus, Enarrationes in psalmos. Ps. 138,2; Oratio post septimam lectionem, Vigilia paschalis, Missale Romanum (2008) p. 359; Super oblata, Pro Ecclesia (B) , Missale Romanum (2008) p. 1076.

[5] Cfr. Augustinus, In Ioannis Evangelium tractatus XXVI,13.

[6] Cfr. Litterรฆ encyclicรฆ Mediator Dei (20 Novembris 1947) in AAS 39 (1947) 532.

[7] AAS 56 (1964) 34.

[8] R. Guardini, Liturgische Bildung (1923) in Liturgie und liturgische Bildung (Mainz 1992) p. 43; trad. it. Formazione Liturgica (Brescia 2022) p. 69.

[9] R. Guardini, Der Kultakt und die gegenwรคrtige Aufgabe der Liturgischen Bildung (1964) in Liturgie und liturgische Bildung (Mainz 1992) p. 14; trad. it. Lโ€™atto di culto e il compito attuale della formazione liturgica. Una lettera (1964) in Formazione liturgica (Brescia 2022) p. 33.

[10] De Ordinatione Episcopi, Presbyterorum et Diaconorum (1990) p. 95: ยซAgnosce quod ages, imitare quod tractabis, et vitam tuam mysterio dominicรฆ crucis conformaยป.

[11] Leo Magnus, Sermo XII: De Passione III,7.

[12] Irenรฆus Lugdunensis, Adversus hรฆreses IV,20,7.

[13] R. Guardini, Liturgische Bildung (1923) in Liturgie und liturgische Bildung (Mainz 1992) p. 36; trad. it. Formazione Liturgica (Brescia 2022) p. 60.

[14] Cantico delle Creature, Fonti Francescane, n. 263.

[15] R. Guardini Liturgische Bildung (1923) in Liturgie und liturgische Bildung (Mainz 1992) p. 99; trad. it. Formazione Liturgica (Brescia 2022) p. 139.

[16] Cfr. Institutio Generalis Missalis Romani, nn. 45; 51; 54-56; 66; 71; 78; 84; 88; 271.

[17] Vedi Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013), nn. 135-144.

[18] Cfr. Institutio Generalis Missalis Romani, n. 310.

[19] Prex dedicationis in Ordo dedicationis ecclesiรฆ et altaris (1977) p. 102.

[20] Missale Romanum (2008) p. 515: ยซIn spiritu humilitatis et in animo contrito suscipiamur a te, Domine; et sic fiat sacrificium nostrum in conspectu tuo hodie, ut placeat tibi, Domine Deusยป.

[21] Missale Romanum (2008) p. 515: ยซLava me, Domine, ab iniquitate mea, et a peccato meo munda meยป.

[22] Cfr. Institutio Generalis Missalis Romani, nn. 78-79.

[23] Cfr. Paulus VI, Constitutio apostolica Missale Romanum (3 Aprilis 1969) in AAS 61 (1969) 222.

[24] Missale Romanum (2008) p. 598: ยซ โ€ฆ exspectantes beatam spem et adventum Salvatoris nostri Iesu Christiยป.