Lettera apostolica di Papa Francesco โ€œCandor lucis aeternaeโ€ in occasione del settimo centenario della morte di Dante Alighieri

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LETTERA APOSTOLICA

CANDOR LUCIS AETERNAE

DEL SANTO PADRE
FRANCESCO

NEL VII CENTENARIO DELLA MORTE
DI DANTE ALIGHIERI

Splendore della Luce eterna, il Verbo di Dio prese carne dalla Vergine Maria quando Ella rispose โ€œeccomiโ€ allโ€™annuncio dellโ€™Angelo (cfr Lc 1,38). Il giorno in cui la Liturgia celebra questo ineffabile Mistero รจ anche particolarmente significativo per la vicenda storica e letteraria del sommo poeta Dante Alighieri, profeta di speranza e testimone della sete di infinito insita nel cuore dellโ€™uomo. In questa ricorrenza, pertanto, desidero unirmi anchโ€™io al numeroso coro di quanti vogliono onorare la sua memoria nel VII Centenario della morte.

Il 25 marzo, infatti, a Firenze iniziava lโ€™anno secondo il computo ab Incarnatione. Tale data, vicina allโ€™equinozio di primavera e nella prospettiva pasquale, era associata sia alla creazione del mondo sia alla redenzione operata da Cristo sulla croce, inizio della nuova creazione. Essa, pertanto, nella luce del Verbo incarnato, invita a contemplare il disegno dโ€™amore che รจ il cuore stesso e la fonte ispiratrice dellโ€™opera piรน celebre del Poeta, la Divina Commedia, nella cui ultima cantica lโ€™evento dellโ€™Incarnazione viene ricordato da San Bernardo con questi celebri versi: ยซNel ventre tuo si raccese lโ€™amore, / per lo cui caldo ne lโ€™etterna pace / cosรฌ รจ germinato questo fioreยป (Par. XXXIII, 7-9).*

Giร  nel Purgatorio Dante rappresentava, scolpita su una balza rocciosa, la scena dellโ€™Annunciazione (X, 34-37.40-45).

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Non puรฒ dunque mancare, in questa circostanza, la voce della Chiesa che si associa allโ€™unanime commemorazione dellโ€™uomo e del poeta Dante Alighieri. Molto meglio di tanti altri, egli ha saputo esprimere, con la bellezza della poesia, la profonditร  del mistero di Dio e dellโ€™amore. Il suo poema, altissima espressione del genio umano, รจ frutto di unโ€™ispirazione nuova e profonda, di cui il Poeta รจ consapevole quando ne parla come del ยซpoema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terraยป (Par. XXV, 1-2).

Con questa Lettera Apostolica desidero unire la mia voce a quelle dei miei Predecessori che hanno onorato e celebrato il Poeta, particolarmente in occasione degli anniversari della nascita o della morte, cosรฌ da proporlo nuovamente allโ€™attenzione della Chiesa, allโ€™universalitร  dei fedeli, agli studiosi di letteratura, ai teologi, agli artisti. Ricorderรฒ brevemente questi interventi, focalizzando lโ€™attenzione sui Pontefici dellโ€™ultimo secolo e sui loro documenti di maggior rilievo.

1. Le parole dei Pontefici Romani dellโ€™ultimo secolo su Dante Alighieri

Un secolo fa, nel 1921, in occasione del VI Centenario della morte del Poeta, Benedetto XV, raccogliendo gli spunti emersi nei precedenti Pontificati, particolarmente di Leone XIII e San Pio X, commemorava lโ€™anniversario dantesco sia con una Lettera Enciclica,[1] sia promuovendo lavori di restauro alla chiesa ravennate di San Pietro Maggiore, popolarmente chiamata di San Francesco, dove furono celebrate le esequie dellโ€™Alighieri e nella cui area cimiteriale egli fu sepolto. Il Papa, apprezzando le tante iniziative volte a solennizzare la ricorrenza, rivendicava il diritto della Chiesa, ยซche gli fu madreยป, di essere protagonista in tali commemorazioni, onorando il ยซsuoยป Dante.[2] Giร  nella Lettera allโ€™Arcivescovo di Ravenna, Mons. Pasquale Morganti, con la quale approvava il programma delle celebrazioni centenarie, Benedetto XV motivava cosรฌ la sua adesione: ยซInoltre (e ciรฒ รจ piรน importante) si aggiunge una certa particolare ragione per cui riteniamo che sia da celebrare il suo solenne anniversario con memore riconoscenza e con grande concorso di popolo, per il fatto che lโ€™Alighieri รจ nostro. [โ€ฆ] Infatti, chi potrร  negare che il nostro Dante abbia alimentato e rafforzato la fiamma dellโ€™ingegno e la virtรน poetica traendo ispirazione dalla fede cattolica, a tal segno che cantรฒ in un poema quasi divino i sublimi misteri della religione?ยป.[3]

In un momento storico segnato da sentimenti di ostilitร  alla Chiesa, il Pontefice ribadiva, nellโ€™Enciclica citata, lโ€™appartenenza del Poeta alla Chiesa, ยซlโ€™intima unione di Dante con questa Cattedra di Pietroยป; anzi, affermava che la sua opera, pur essendo espressione della ยซprodigiosa vastitร  e acutezza del suo ingegnoยป, traeva ยซpoderoso slancio dโ€™ispirazioneยป proprio dalla fede cristiana. Per questo, proseguiva Benedetto XV, ยซin lui non va soltanto ammirata lโ€™altezza somma dellโ€™ingegno, ma anche la vastitร  dellโ€™argomento che la religione divina offerse al suo cantoยป. E ne tesseva lโ€™elogio, rispondendo indirettamente a quanti negavano o criticavano la matrice religiosa della sua opera: ยซSpira nellโ€™Alighieri la stessa pietร  che รจ in noi; la sua fede ha gli stessi sentimenti. [โ€ฆ] Questo รจ il suo elogio principale: di essere un poeta cristiano e di aver cantato con accenti quasi divini gli ideali cristiani dei quali contemplava con tutta lโ€™anima la bellezza e lo splendoreยป. Lโ€™opera di Dante โ€“ proseguiva il Pontefice โ€“ รจ un eloquente e valido esempio per ยซdimostrare quanto sia falso che lโ€™ossequio della mente e del cuore a Dio tarpi le ali dellโ€™ingegno, mentre lo sprona e lo innalzaยป. Per questo, sosteneva ancora il Papa, ยซgli insegnamenti lasciatici da Dante in tutte le sue opere, ma specialmente nel suo triplice carmeยป possono servire ยซquale validissima guida per gli uomini del nostro tempoยป e particolarmente per studenti e studiosi, poichรฉ ยซegli, componendo il suo poema, non ebbe altro scopo che sollevare i mortali dallo stato di miseria, cioรจ dal peccato, e di condurli allo stato di beatitudine, cioรจ della grazia divinaยป.

Al VII Centenario della nascita, nel 1965, si collegano, invece, i diversi interventi di San Paolo VI. Il 19 settembre, egli fece dono di una croce dorata per arricchire il tempietto ravennate che custodisce il sepolcro di Dante, fino ad allora privo ยซdโ€™un tale segno di religione e di speranzaยป.[4] Il 14 novembre inviรฒ a Firenze, affinchรฉ fosse incastonata nel Battistero di San Giovanni, unโ€™aurea corona dโ€™alloro. Infine, alla conclusione dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II, volle donare ai Padri Conciliari unโ€™artistica edizione della Divina Commedia. Ma soprattutto onorรฒ la memoria del Sommo Poeta con la Lettera Apostolica Altissimi cantus,[5] in cui ribadiva il forte legame tra la Chiesa e Dante Alighieri: ยซChe se volesse qualcuno domandare, perchรฉ la Chiesa Cattolica, per volere del suo visibile Capo, si prende a cuore di coltivare la memoria e di celebrare la gloria del poeta fiorentino, facile รจ la nostra risposta: perchรฉ, per un diritto particolare, nostro รจ Dante! Nostro, vogliamo dire della fede cattolica, perchรฉ tutto spirante amore a Cristo; nostro perchรฉ molto amรฒ la Chiesa, di cui cantรฒ le glorie; e nostro perchรฉ riconobbe e venerรฒ nel Pontefice Romano il Vicario di Cristoยป.

Ma tale diritto, proseguiva il Papa, lungi dallโ€™autorizzare atteggiamenti trionfalistici, rappresenta anche un impegno: ยซDante รจ nostro, possiamo ben ripetere; e ciรฒ affermiamo non giร  per farne ambizioso trofeo di gloria egoista, quanto piuttosto per ricordare a noi stessi il dovere di riconoscerlo tale, e di esplorare nellโ€™opera sua gli inestimabili tesori del pensiero e del sentimento cristiano, convinti come siamo che solo chi penetra nellโ€™anima religiosa del sovrano Poeta puรฒ a fondo comprenderne e gustarne le meravigliose spirituali ricchezzeยป. E tale impegno non esime la Chiesa dallโ€™accogliere anche le parole di critica profetica pronunciate dal Poeta nei confronti di chi doveva annunciare il Vangelo e rappresentare non sรฉ stesso ma il Cristo: ยซNรฉ rincresce ricordare che la voce di Dante si alzรฒ sferzante e severa contro piรน dโ€™un Pontefice Romano, ed ebbe aspre rampogne per istituzioni ecclesiastiche e per persone che della Chiesa furono ministri e rappresentantiยป; tuttavia, appare chiaro che ยซtali fieri suoi atteggiamenti non abbiano mai scosso la sua ferma fede cattolica e la sua filiale affezione alla santa Chiesaยป.

Paolo VI illustrava, quindi, le caratteristiche che fanno del poema dantesco una fonte di ricchezze spirituali alla portata di tutti: ยซIl Poema di Dante รจ universale: nella sua immensa larghezza, abbraccia cielo e terra, eternitร  e tempo, i misteri di Dio e le vicende degli uomini, la dottrina sacra e quella attinta dal lume della ragione, i dati dellโ€™esperienza personale e le memorie della storiaยป. Ma soprattutto individuava la finalitร  intrinseca allโ€™opera dantesca e particolarmente alla Divina Commedia, finalitร  non sempre chiaramente apprezzata e valutata: ยซIl fine della Divina Commedia รจ primariamente pratico e trasformante. Non si propone solo di essere poeticamente bella e moralmente buona, ma in grado di cambiare radicalmente lโ€™uomo e di portarlo dal disordine alla saggezza, dal peccato alla santitร , dalla miseria alla felicitร , dalla contemplazione terrificante dellโ€™inferno a quella beatificante del paradisoยป.

Il Papa aveva a cuore, in un momento storico denso di tensioni tra i popoli, lโ€™ideale della pace e trovava nellโ€™opera del Poeta una riflessione preziosa per promuoverla e suscitarla: ยซQuesta pace dei singoli, delle famiglie, delle nazioni, del consorzio umano, pace interna ed esterna, pace individuale e pubblica, tranquillitร  dellโ€™ordine, รจ turbata e scossa, perchรฉ sono conculcate la pietร  e la giustizia. E a restaurare lโ€™ordine e la salvezza sono chiamate a operare in armonia la fede e la ragione, Beatrice e Virgilio, la Croce e lโ€™Aquila, la Chiesa e lโ€™Imperoยป. In questa linea definiva cosรฌ lโ€™opera poetica nella prospettiva della pace: ยซPoema della pace รจ la Divina Commedia: lugubre canto della pace per sempre perduta รจ lโ€™Inferno, dolce canto della pace sperata รจ il Purgatorio, trionfale epinicio di pace eternamente e pienamente posseduta รจ il Paradisoยป.

In tale prospettiva, proseguiva il Pontefice, la Commedia ยซรจ il poema del miglioramento sociale nella conquista di una libertร , che รจ franchigia dallโ€™asservimento del male, e che ci conduce a trovare e ad amare Dio [โ€ฆ] professando un umanesimo, le cui qualitร  riteniamo ben chiariteยป. Ma Paolo VI ribadiva ulteriormente quali fossero le qualitร  dellโ€™umanesimo dantesco: ยซIn Dante tutti i valori umani (intellettuali, morali, affettivi, culturali, civili) sono riconosciuti, esaltati; e ciรฒ che รจ ben importante rilevare, รจ che questo apprezzamento e onore avviene mentre egli si sprofonda nel divino, quando la contemplazione avrebbe potuto vanificare gli elementi terrestriยป. Da qui nasce, affermava il Papa, a ragione, lโ€™appellativo di Sommo Poeta e la definizione di divina attribuita alla Commedia, come pure la proclamazione di Dante quale ยซsignore dellโ€™altissimo cantoยป, nellโ€™incipit della Lettera Apostolica stessa.

Valutando, inoltre, le straordinarie qualitร  artistiche e letterarie di Dante, Paolo VI ribadiva un principio tante altre volte da lui affermato: ยซLa teologia e la filosofia hanno con la bellezza un altro rapporto consistente in questo: che prestando la bellezza alla dottrina la sua veste e il suo ornamento, con la dolcezza del canto e la visibilitร  dellโ€™arte figurativa e plastica, apre la strada perchรฉ i suoi preziosi insegnamenti siano comunicati a molti. Le alte disquisizioni, i sottili ragionamenti sono inaccessibili agli umili, che sono moltitudine, essi pure famelici del pane della veritร : senonchรฉ anche questi avvertono, sentono e apprezzano lโ€™influsso della bellezza, e piรน facilmente per questo veicolo la veritร  loro brilla e li nutre. รˆ quanto intese e fece il signore dellโ€™altissimo canto, a cui la bellezza divenne ancella di bontร  e veritร , e la bontร  materia di bellezzaยป. Citando infine la Commedia, Paolo VI esortava tutti: ยซOnorate lโ€™altissimo poeta!ยป (Inf. IV, 80).

Di San Giovanni Paolo II, che piรน volte nei suoi discorsi ha ripreso le opere del Sommo Poeta, desidero rievocare solo lโ€™intervento del 30 maggio 1985 allโ€™inaugurazione della mostra Dante in Vaticano. Anchโ€™egli, come Paolo VI, sottolineava la genialitร  artistica: lโ€™opera di Dante รจ interpretata come ยซuna realtร  visualizzata, che parla della vita dellโ€™oltretomba e del mistero di Dio con la forza del pensiero teologico, trasfigurato dallo splendore dellโ€™arte e della poesia, insieme congiunteยป. Il Pontefice si soffermava, poi, a esaminare un termine chiave dellโ€™opera dantesca: ยซTrasumanare. Fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in modo che il peso dellโ€™umano non distruggesse il divino che รจ in noi, nรฉ la grandezza del divino annullasse il valore dellโ€™umano. Per questo il Poeta lesse giustamente la propria vicenda personale e quella dellโ€™intera umanitร  in chiave teologicaยป.

Benedetto XVI ha spesso riproposto lโ€™itinerario dantesco, attingendo dalle sue opere spunti di riflessione e di meditazione. Ad esempio, parlando della sua prima Enciclica Deus caritas est, partiva proprio dalla visione dantesca di Dio, in cui ยซluce e amore sono una cosa solaยป per riproporre una sua riflessione sulla novitร  dellโ€™opera di Dante: ยซLo sguardo di Dante scorge una cosa totalmente nuova [โ€ฆ]. La Luce eterna si presenta in tre cerchi ai quali egli si rivolge con quei densi versi che conosciamo: โ€œO luce etterna che sola in te sidi, / sola tโ€™intendi, e da te intelletta / e intendente te ami e arridi!โ€ (Par. XXXIII, 124-126). In realtร , ancora piรน sconvolgente di questa rivelazione di Dio come cerchio trinitario di conoscenza e di amore รจ la percezione di un volto umano โ€“ il volto di Gesรน Cristo โ€“ che a Dante appare nel cerchio centrale della Luce. [โ€ฆ] Questo Dio ha un volto umano e โ€“ possiamo aggiungere โ€“ un cuore umanoยป.[6] Il Papa evidenziava lโ€™originalitร  della visione dantesca nella quale si comunica poeticamente la novitร  dellโ€™esperienza cristiana, scaturita dal mistero dellโ€™Incarnazione: ยซLa novitร  di un amore che ha spinto Dio ad assumere un volto umano, anzi ad assumere carne e sangue, lโ€™intero essere umanoยป.[7]

Da parte mia, nella prima Enciclica, Lumen fidei,[8] ho fatto riferimento a Dante per esprimere la luce della fede, citando un verso del Paradiso in cui essa รจ descritta come ยซfavilla, / che si dilata in fiamma poi vivace, / e come stella in cielo in me scintillaยป (Par. XXIV, 145-147). Per i 750 anni dalla nascita del Poeta, ho voluto onorare la sua memoria con un messaggio, auspicando che ยซla figura dellโ€™Alighieri e la sua opera siano nuovamente comprese e valorizzateยป; e proponevo di leggere la Commedia come ยซun grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storicoยป; infatti, ยซessa rappresenta il paradigma di ogni autentico viaggio in cui lโ€™umanitร  รจ chiamata a lasciare quella che Dante definisce โ€œlโ€™aiuola che ci fa tanto ferociโ€ (Par. XXII, 151) per giungere a una nuova condizione, segnata dallโ€™armonia, dalla pace, dalla felicitร ยป.[9] Ho, quindi, additato la figura del Sommo Poeta ai nostri contemporanei, proponendolo come ยซprofeta di speranza, annunciatore della possibilitร  del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta lโ€™umanitร ยป.[10]

Infine, ricevendo, il 10 ottobre 2020, la Delegazione dellโ€™Arcidiocesi di Ravenna-Cervia, in occasione dellโ€™apertura dellโ€™Anno Dantesco, e annunciando questo documento, osservavo come lโ€™opera di Dante possa anche oggi arricchire la mente e il cuore di tanti, soprattutto giovani, che accostandosi alla sua poesia ยซin una maniera per loro accessibile, riscontrano, da una parte, inevitabilmente, tutta la lontananza dellโ€™autore e del suo mondo; e tuttavia, dallโ€™altra, avvertono una sorprendente risonanzaยป.[11]

2. La vita di Dante Alighieri, paradigma della condizione umana

Con questa Lettera Apostolica desidero anchโ€™io accostarmi alla vita e allโ€™opera dellโ€™illustre Poeta per percepire proprio tale risonanza, manifestandone sia lโ€™attualitร  sia la perennitร , e per cogliere quei moniti e quelle riflessioni che ancora oggi sono essenziali per tutta lโ€™umanitร , non solo per i credenti. Lโ€™opera di Dante, infatti, รจ parte integrante della nostra cultura, ci rimanda alle radici cristiane dellโ€™Europa e dellโ€™Occidente, rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la societร  civile propongono come base della convivenza umana, in cui possiamo e dobbiamo riconoscerci tutti fratelli. Senza addentrarmi nella complessa vicenda storica personale, politica e giudiziaria dellโ€™Alighieri, vorrei ricordare solo alcuni momenti ed eventi della sua esistenza, per i quali egli appare straordinariamente vicino a tanti nostri contemporanei e che sono essenziali per comprendere la sua opera.

Alla cittร  di Firenze, dove nacque nel 1265 e in cui si sposรฒ con Gemma Donati generando quattro figli, fu dapprima legato da un forte senso di appartenenza che, perรฒ, a causa dei dissidi politici, nel tempo si trasformรฒ in aperto contrasto. Tuttavia, non venne mai meno in lui il desiderio di ritornarvi, non solo per lโ€™affetto che comunque continuรฒ a nutrire per la sua cittร , ma soprattutto per essere incoronato poeta lร  dove aveva ricevuto il battesimo e la fede (cfr Par. XXV, 1-9). Nelle intestazioni di alcune sue Lettere (III, V, VI e VII) Dante si definisce ยซflorentinus et exul inmeritusยป, mentre nella XIII, indirizzata a Cangrande della Scala, precisa ยซflorentinus natione non moribusยป. Egli, guelfo di parte bianca, si trova coinvolto nel conflitto tra Guelfi e Ghibellini, tra Guelfi bianchi e neri, e dopo aver rivestito cariche pubbliche sempre piรน importanti, fino a diventare Priore, per le avverse vicende politiche, nel 1302, viene esiliato per due anni, interdetto dai pubblici uffici e condannato al pagamento di una multa. Dante rifiuta il verdetto a suo avviso ingiusto, e il giudizio nei suoi confronti si fa ancora piรน severo: esilio perpetuo, confisca dei beni e condanna a morte in caso di ritorno in patria. Comincia cosรฌ la dolorosa vicenda di Dante, il quale cerca invano di poter ritornare nella sua amata Firenze, per la quale aveva combattuto con passione.

Egli diventa cosรฌ lโ€™esule, il โ€œpellegrino pensosoโ€, caduto in una condizione di ยซdolorosa povertadeยป (Convivio, I, III, 5) che lo spinge a cercare rifugio e protezione presso alcune signorie locali, tra cui gli Scaligeri di Verona e i Malaspina in Lunigiana. Nelle parole di Cacciaguida, antenato del Poeta, si percepiscono lโ€™amarezza e lo sconforto di questa nuova condizione: ยซTu lascerai ogne cosa diletta / piรน caramente; e questo รจ quello strale / che lโ€™arco de lo essilio pria saetta. / Tu proverai sรฌ come sa di sale / lo pane altrui, e come รจ duro calle / lo scendere e โ€˜l salir per lโ€™altrui scaleยป (Par. XVII, 55-60).

Non accettando, poi, le umilianti condizioni di unโ€™amnistia che gli avrebbe consentito il rientro a Firenze, nel 1315 viene nuovamente condannato a morte, questa volta insieme ai suoi figli adolescenti. Lโ€™ultima tappa del suo esilio fu Ravenna, dove venne accolto da Guido Novello da Polenta, e dove morรฌ, di ritorno da una missione a Venezia, allโ€™etร  di 56 anni, nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. La sua sepoltura in unโ€™arca presso San Pietro Maggiore, a ridosso del muro esterno dellโ€™antico chiostro francescano, fu poi trasferita nellโ€™attiguo tempietto settecentesco, dove, dopo tormentate vicende,  nel 1865 furono ricollocate le sue spoglie mortali. Il luogo รจ ancor oggi meta di innumerevoli visitatori e ammiratori del Sommo Poeta, padre della lingua e della letteratura italiana.

Nellโ€™esilio, lโ€™amore per la sua cittร , tradito dagli ยซscelleratissimi fiorentiniยป (Ep. VI, 1), si trasformรฒ in triste nostalgia. La delusione profonda per la caduta dei suoi ideali politici e civili, insieme alla dolorosa peregrinazione da una cittร  allโ€™altra in cerca di rifugio e sostegno non sono estranee alla sua opera letteraria e poetica, anzi ne costituiscono la radice essenziale e la motivazione di fondo. Quando Dante descrive i pellegrini che si mettono in cammino per visitare i luoghi santi, in qualche modo rappresenta la sua condizione esistenziale e manifesta i suoi piรน intimi sentimenti: ยซDeh, peregrini che pensosi andateโ€ฆยป (Vita Nova, 29 [XL (XLI), 9], v. 1). Il motivo ritorna piรน volte, come nel verso del Purgatorio: ยซSรฌ come i peregrin pensosi fanno, / giugnendo per cammin gente non nota, / che si volgono ad essa e non restannoยป (XXIII, 16-18). La struggente malinconia di Dante pellegrino ed esule si percepisce anche nei celebri versi dellโ€™VIII Canto del Purgatorio: ยซEra giร  lโ€™ora che volge il disio / ai navicanti e โ€˜ntenerisce il core / lo dรฌ cโ€™han detto ai dolci amici addioยป (VIII, 1-3).

Dante, riflettendo profondamente sulla sua personale situazione di esilio, di incertezza radicale, di fragilitร , di mobilitร  continua, la trasforma, sublimandola, in un paradigma della condizione umana, la quale si presenta come un cammino, interiore prima che esteriore, che mai si arresta finchรฉ non giunge alla meta. Ci imbattiamo, cosรฌ, in due temi fondamentali di tutta lโ€™opera dantesca: il punto di partenza di ogni itinerario esistenziale, il desiderio, insito nellโ€™animo umano, e il punto di arrivo, la felicitร , data dalla visione dellโ€™Amore che รจ Dio.

Il Sommo Poeta, pur vivendo vicende drammatiche, tristi e angoscianti, non si rassegna mai, non soccombe, non accetta di sopprimere lโ€™anelito di pienezza e di felicitร  che รจ nel suo cuore, nรฉ tanto meno si rassegna a cedere allโ€™ingiustizia, allโ€™ipocrisia, allโ€™arroganza del potere, allโ€™egoismo che rende il nostro mondo ยซlโ€™aiuola che ci fa tanto ferociยป (Par. XXII, 151).

3. La missione del Poeta, profeta di speranza

Dante, dunque, rileggendo soprattutto alla luce della fede la propria vita, scopre anche la vocazione e la missione a lui affidate, per cui, paradossalmente, da uomo apparentemente fallito e deluso, peccatore e sfiduciato, si trasforma in profeta di speranza. Nellโ€™Epistola a Cangrande della Scala chiarisce, con straordinaria limpidezza, la finalitร  della sua opera, che si attua e si esplica non piรน attraverso azioni politiche o militari ma grazie alla poesia, allโ€™arte della parola che, rivolta a tutti, tutti puรฒ cambiare: ยซBisogna dire brevemente che il fine del tutto e della parte รจ rimuovere i viventi in questa vita da uno stato di miseria e condurli a uno stato di felicitร ยป (XIII, 39 [15]). Tale finalitร  mette in moto un cammino di liberazione da ogni forma di miseria e di degrado umano (la โ€œselva oscuraโ€) e contemporaneamente addita la meta ultima: la felicitร , intesa sia come pienezza di vita nella storia sia come beatitudine eterna in Dio.

Di questo duplice fine, di questo ardito programma di vita, Dante รจ messaggero, profeta e testimone, confermato nella sua missione da Beatrice: ยซPerรฒ, in pro del mondo che mal vive, / al carro tieni or li occhi, e quel che vedi, / ritornato di lร , fa che tu scriveยป (Purg. XXXII, 103-105). Anche Cacciaguida, suo antenato, lo esorta a non venir meno alla sua missione. Al Poeta, che ricorda brevemente il suo cammino nei tre regni dellโ€™aldilร , e che fa presente la difficoltร  di comunicare quelle veritร  che fanno male, che sono scomode, lโ€™illustre avo ribatte: ยซCoscรฏenza fusca / o de la propria o de lโ€™altrui vergogna / pur sentirร  la tua parola brusca. / Ma nondimen, rimossa ogne menzogna / tutta tua visรฏon fa manifesta; / e lascia pur grattar dovโ€™รจ la rognaยป (Par. XVII, 124-129). Un identico incitamento a vivere coraggiosamente la sua missione profetica viene rivolto a Dante nel Paradiso da San Pietro, lร  dove lโ€™Apostolo, dopo una tremenda invettiva contro Bonifacio VIII, cosรฌ si rivolge al Poeta: ยซE tu, figliuol, che per lo mortal pondo / ancor giรน tornerai, apri la bocca, / e non asconder quel chโ€™io non ascondoยป (XXVII, 64-66).

Nella missione profetica di Dante si inseriscono, cosรฌ, anche la denuncia e la critica nei confronti di quei credenti, sia Pontefici sia semplici fedeli, che tradiscono lโ€™adesione a Cristo e trasformano la Chiesa in uno strumento per i propri interessi, dimenticando lo spirito delle Beatitudini e la caritร  verso i piccoli e i poveri e idolatrando il potere e la ricchezza: ยซChรฉ quantunque la Chiesa guarda, tutto / รจ de la gente che per Dio dimanda; / non di parenti nรฉ dโ€™altro piรน bruttoยป (Par. XXII, 82-84). Ma attraverso le parole di San Pier Damiani, di San Benedetto e di San Pietro, il Poeta, mentre denuncia la corruzione di alcuni settori della Chiesa, si fa portavoce di un rinnovamento profondo e invoca la Provvidenza perchรฉ lo favorisca e lo renda possibile: ยซMa lโ€™alta provedenza, che con Scipio / difese a Roma la gloria del mondo, / soccorrร  tosto, sรฌ comโ€™io concipioยป (Par. XXVII, 61-63).

Dante esule, pellegrino, fragile, ma ora forte della profonda e intima esperienza che lo ha trasformato, rinato grazie alla visione che dalle profonditร  degli inferi, dalla condizione umana piรน degradata, lo ha innalzato alla visione stessa di Dio, si erge dunque a messaggero di una nuova esistenza, a profeta di una nuova umanitร  che anela alla pace e alla felicitร .

4. Dante cantore del desiderio umano

Dante sa leggere in profonditร  il cuore umano e in tutti, anche nelle figure piรน abiette e inquietanti, sa scorgere una scintilla di desiderio per raggiungere una qualche felicitร , una pienezza di vita. Egli si ferma ad ascoltare le anime che incontra, dialoga con esse, le interroga per immedesimarsi e partecipare ai loro tormenti oppure alla loro beatitudine. Il Poeta, partendo dalla propria condizione personale, si fa cosรฌ interprete del desiderio di ogni essere umano di proseguire il cammino finchรฉ non sia raggiunto lโ€™approdo finale, non si sia trovata la veritร , la risposta ai perchรฉ dellโ€™esistenza, finchรฉ, come giร  affermava Santโ€™Agostino,[12] il cuore non trovi riposo e pace in Dio.

Nel Convivio analizza proprio il dinamismo del desiderio: ยซLo sommo desiderio di ciascuna cosa, e prima da la natura dato, รจ lo ritornare al suo principio. E perรฒ che Dio รจ principio de le nostre anime [โ€ฆ], essa anima massimamente desidera di tornare a quello. E sรฌ come peregrino che va per una via per la quale mai non fue, che ogni casa che da lungi vede crede che sia allโ€™albergo, e non trovando ciรฒ essere, dirizza la credenza a lโ€™altra, e cosรฌ di casa in casa, tanto che a lโ€™albergo viene; cosรฌ lโ€™anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa vita entra, dirizza gli occhi al termine del suo sommo bene, e perรฒ, qualunque cosa vede che paia in sรฉ avere alcuno bene, crede che sia essoยป (IV, XII, 14-15).

Lโ€™itinerario di Dante, particolarmente quello illustrato nella Divina Commedia, รจ davvero il cammino del desiderio, del bisogno profondo e interiore di cambiare la propria vita per poter raggiungere la felicitร  e cosรฌ mostrarne la strada a chi si trova, come lui, in una โ€œselva oscuraโ€ e ha smarrito โ€œla diritta viaโ€. Appare inoltre significativo che, sin dalla prima tappa di questo percorso, la sua guida, il grande poeta latino Virgilio, gli indichi la meta a cui deve giungere, spronandolo a non cedere alla paura e alla stanchezza: ยซMa tu perchรฉ ritorni a tanta noia? / perchรฉ non sali il dilettoso monte / chโ€™รจ principio e cagion di tutta gioia?ยป (Inf. I, 76-78).

5. Poeta della misericordia di Dio e della libertร  umana

Si tratta di un cammino non illusorio o utopico ma realistico e possibile, in cui tutti possono inserirsi, perchรฉ la misericordia di Dio offre sempre la possibilitร  di cambiare, di convertirsi, di ritrovarsi e ritrovare la via verso la felicitร . Significativi, a tal proposito, alcuni episodi e personaggi della Commedia, che manifestano come a nessuno in terra sia preclusa tale via. Ecco, ad esempio, lโ€™imperatore Traiano, pagano ma collocato nel Paradiso. Dante cosรฌ giustifica questa presenza: ยซRegnum celorum vรฏolenza pate / da caldo amore e da viva speranza, / che vince la divina volontate; / non a guisa che lโ€™omo a lโ€™om sobranza, / ma vince lei perchรฉ vuole essere vinta, / e, vinta, vince con sua beninanzaยป (Par. XX, 94-99). Il gesto di caritร  di Traiano nei confronti di una ยซvedovellaยป (45), o la ยซlagrimettaยป di pentimento versata in punto di morte da Buonconte da Montefeltro (Purg. V, 107) non solo mostrano lโ€™infinita misericordia di Dio, ma confermano che lโ€™essere umano puรฒ sempre scegliere, con la sua libertร , quale via seguire e quale sorte meritare.

In questa luce, significativo รจ il re Manfredi, collocato da Dante nel Purgatorio, che cosรฌ rievoca la propria fine e il verdetto divino: ยซPoscia chโ€™io ebbi rotta la persona / di due punte mortali, io mi rendei, / piangendo, a quei che volontier perdona. / Orribil furon li peccati miei; / ma la bontร  infinita ha sรฌ gran braccia, / che prende ciรฒ che si rivolge a leiยป (Purg. III, 118-123). Sembra quasi di scorgere la figura del padre della parabola evangelica, con le braccia aperte pronto ad accogliere il figlio prodigo che a lui ritorna (cfr Lc 15,11-32).

Dante si fa paladino della dignitร  di ogni essere umano e della libertร  come condizione fondamentale sia delle scelte di vita sia della stessa fede. Il destino eterno dellโ€™uomo โ€“ suggerisce Dante narrandoci le storie di tanti personaggi, illustri o poco conosciuti โ€“ dipende dalle sue scelte, dalla sua libertร : anche i gesti quotidiani e apparentemente insignificanti hanno una portata che va oltre il tempo, sono proiettati nella dimensione eterna. Il maggior dono di Dio allโ€™uomo perchรฉ possa raggiungere la meta ultima รจ proprio la libertร , come afferma Beatrice: ยซLo maggior don che Dio per sua larghezza / fesse creando, e a la sua bontade / piรน conformato, e quel chโ€™eโ€™ piรน apprezza, / fu de la volontร  la libertateยป (Par. V, 19-22). Non sono affermazioni retoriche e vaghe, poichรฉ scaturiscono dallโ€™esistenza di chi conosce il costo della libertร : ยซLibertร  va cercando, chโ€™รจ sรฌ cara, / come sa chi per lei vita rifiutaยป (Purg. I, 71-72).

Ma la libertร , ci ricorda lโ€™Alighieri, non รจ fine a sรฉ stessa, รจ condizione per ascendere continuamente, e il percorso nei tre regni ci illustra plasticamente proprio questa ascesa, fino a toccare il Cielo, a raggiungere la felicitร  piena. Lโ€™ยซalto disioยป (Par. XXII, 61), suscitato dalla libertร , non puรฒ estinguersi se non davanti al traguardo, alla visione ultima e alla beatitudine: ยซE io chโ€™al fine di tuttโ€™i disii, / appropinquava, sรฌ comโ€™io dovea, / lโ€™ardor del desiderio in me finiiยป (Par. XXXIII, 46-48). Il desiderio si fa poi anche preghiera, supplica, intercessione, canto che accompagna e segna lโ€™itinerario dantesco, cosรฌ come la preghiera liturgica scandisce le ore e i momenti della giornata. La parafrasi del Padre Nostro che il Poeta propone (cfr Purg. XI, 1-21) intreccia il testo evangelico con il vissuto personale, con le sue difficoltร  e sofferenze: ยซVegna verโ€™ noi la pace del tuo regno, / chรฉ noi ad essa non potem da noi. [โ€ฆ] Dร  oggi a noi la cotidiana manna, / sanza la qual per questo aspro diserto / a retro va chi piรน di gir sโ€™affannaยป (7-8.13-15). La libertร  di chi crede in Dio quale Padre misericordioso, non puรฒ che affidarsi a Lui nella preghiera, nรฉ da questa รจ minimamente lesa, ma anzi rafforzata.

6. Lโ€™immagine dellโ€™uomo nella visione di Dio

Nellโ€™itinerario della Commedia, come giร  sottolineato da Papa Benedetto XVI, il cammino della libertร  e del desiderio non porta con sรฉ, come forse si potrebbe immaginare, una riduzione dellโ€™umano nella sua concretezza, non aliena la persona da sรฉ stessa, non annulla o tralascia ciรฒ che ne ha costituito lโ€™esistenza storica. Perfino nel Paradiso, infatti, Dante rappresenta i beati โ€“ le ยซbianche stoleยป (XXX, 129) โ€“ nel loro aspetto corporeo, rievoca i loro affetti e le loro emozioni, i loro sguardi e i loro gesti, ci mostra, insomma, lโ€™umanitร  nella sua compiuta perfezione di anima e corpo, prefigurando la risurrezione della carne. San Bernardo, che accompagna Dante nellโ€™ultimo tratto del cammino, mostra al Poeta i bambini presenti nella rosa dei beati e lo invita a osservarli e ascoltarli: ยซBen te ne puoi accorger per li volti / e anche per le voci pรผerili, / se tu li guardi bene e se li ascoltiยป (XXXII, 46-48). Appare commovente come questo mostrarsi dei beati nella loro luminosa umanitร  integrale sia motivato non solo da sentimenti di affetto per i propri cari, ma soprattutto dal desiderio esplicito di rivederne i corpi, le sembianze terrene: ยซBen mostrar disio dโ€™i corpi morti: / forse non pur per lor, ma per le mamme, / per li padri e per li altri che fuor cari / anzi che fosser sempiterne fiammeยป (XIV, 63-66).

E infine, al centro della visione ultima, nellโ€™incontro col Mistero della Santissima Trinitร , Dante scorge proprio un Volto umano, quello di Cristo, della Parola eterna fatta carne nel seno di Maria: ยซNe la profonda e chiara sussistenza / de lโ€™alto lume parvermi tre giri / di tre colori e dโ€™una contenenza [โ€ฆ]. Quella circulazion che sรฌ concetta / pareva in te come lume reflesso, / da li occhi miei alquanto circunspetta, / dentro da sรฉ, del suo colore stesso, / mi parve pinta de la nostra effigeยป (XXXIII, 115-117.127-131). Solo nella visio Dei si placa il desiderio dellโ€™uomo e termina tutto il suo faticoso cammino: ยซLa mia mente fu percossa / da un fulgore in che sua voglia venne. / A lโ€™alta fantasia qui mancรฒ possaยป (140-142).

Il mistero dellโ€™Incarnazione, che oggi celebriamo, รจ il vero centro ispiratore e il nucleo essenziale di tutto il poema. In esso si realizza quello che i Padri della Chiesa chiamavano โ€œdivinizzazioneโ€, lโ€™admirabile commercium, il prodigioso scambio per cui, mentre Dio entra nella nostra storia facendosi carne, lโ€™essere umano, con la sua carne, puรฒ entrare nella realtร  divina, simboleggiata dalla rosa dei beati. Lโ€™umanitร , nella sua concretezza, con i gesti e le parole quotidiane, con la sua intelligenza e i suoi affetti, con il corpo e le emozioni, รจ assunta in Dio, nel quale trova la felicitร  vera e la realizzazione piena e ultima, meta di tutto il suo cammino. Dante aveva desiderato e previsto questo traguardo allโ€™inizio del Paradiso: ยซAccender ne dovria piรน il disio / di veder quella essenza in che si vede / come nostra natura e Dio sโ€™unio. / Lรฌ si vedrร  ciรฒ che tenem per fede, / non dimostrato, ma fia per sรฉ noto / a guisa del ver primo che lโ€™uom credeยป (II, 40-45).

7. Le tre donne della Commedia: Maria, Beatrice, Lucia

Cantando il mistero dellโ€™Incarnazione, fonte di salvezza e di gioia per lโ€™intera umanitร , Dante non puรฒ non cantare le lodi di Maria, la Vergine Madre che, con il suo โ€œsรฌโ€, con la sua piena e totale accoglienza del progetto di Dio, rende possibile che il Verbo si faccia carne. Nellโ€™opera di Dante troviamo un bel trattato di mariologia: con accenti lirici altissimi, particolarmente nella preghiera pronunciata da San Bernardo, egli sintetizza tutta la riflessione teologica su Maria e sulla sua partecipazione al mistero di Dio: ยซVergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta piรน che creatura, / termine fisso dโ€™etterno consiglio, / tu seโ€™ colei che lโ€™umana natura / nobilitasti sรฌ, che โ€™l suo fattore / non disdegnรฒ di farsi sua fatturaยป (Par. XXXIII, 1-6). Lโ€™ossimoro iniziale e il susseguirsi di termini antitetici evidenziano lโ€™originalitร  della figura di Maria, la sua singolare bellezza.

Sempre San Bernardo, mostrando i beati collocati nella mistica rosa, invita Dante a contemplare Maria, che ha dato le sembianze umane al Verbo Incarnato: ยซRiguarda omai ne la faccia che a Cristo / piรน si somiglia, chรฉ la sua chiarezza / sola ti puรฒ disporre a veder Cristoยป (Par. XXXII, 85-87). Il mistero dellโ€™Incarnazione รจ ancora una volta evocato dalla presenza dellโ€™Arcangelo Gabriele. Dante interroga San Bernardo: ยซQual รจ quellโ€™angel che con tanto gioco / guarda ne li occhi la nostra regina, / innamorato sรฌ che par di foco?ยป (103-105); e quegli risponde: ยซelli รจ quelli che portรฒ la palma / giuso a Maria, quando โ€™l Figliuol di Dio / carcar si volse de la nostra salmaยป (112-114). Il riferimento a Maria รจ costante in tutta la Divina Commedia. Lungo il percorso nel Purgatorio, รจ il modello delle virtรน che si contrappongono ai vizi; รจ la stella del mattino che aiuta a uscire dalla selva oscura per incamminarsi verso il monte di Dio; รจ la presenza costante, attraverso la sua invocazione โ€“ ยซil nome del bel fior chโ€™io sempre invoco / e mane e seraยป (Par. XXIII, 88-89) โ€“ che prepara allโ€™incontro con Cristo e col mistero di Dio.

Dante, che non รจ mai solo nel suo cammino, ma si lascia guidare dapprima da Virgilio, simbolo della ragione umana, e quindi da Beatrice e da San Bernardo, ora, grazie allโ€™intercessione di Maria, puรฒ giungere alla patria e gustare la gioia piena desiderata in ogni momento dellโ€™esistenza: ยซE ancor mi distilla / nel core il dolce che nacque da essaยป (Par. XXXIII, 62-63). Non ci si salva da soli, sembra ripeterci il Poeta, consapevole della propria insufficienza: ยซDa me stesso non vegnoยป (Inf. X, 61); รจ necessario che il cammino si faccia in compagnia di chi puรฒ sostenerci e guidarci con saggezza e prudenza.

Appare significativa in questo contesto la presenza femminile. Allโ€™inizio del faticoso itinerario, Virgilio, la prima guida, conforta e incoraggia Dante a proseguire perchรฉ tre donne intercedono per lui e lo guideranno: Maria, la Madre di Dio, figura della caritร ; Beatrice, simbolo di speranza; Santa Lucia, immagine della fede. Cosรฌ, con parole commoventi, si presenta Beatrice: ยซIโ€™ son Beatrice che ti faccio andare; / vegno del loco ove tornar disio; / amor mi mosse, che mi fa parlareยป (Inf. II, 70-72), affermando che lโ€™unica sorgente che puรฒ donarci la salvezza รจ lโ€™amore, lโ€™amore divino che trasfigura lโ€™amore umano. Beatrice rimanda, poi, allโ€™intercessione di unโ€™altra donna, la Vergine Maria: ยซDonna รจ gentil nel ciel che si compiange / di questo โ€™mpedimento ovโ€™io ti mando, / sรฌ che duro giudicio lร  sรน frangeยป (94-96). Quindi interviene Lucia, che si rivolge a Beatrice: ยซBeatrice, loda di Dio vera, / chรฉ non soccorri quei che tโ€™amรฒ tanto, / chโ€™uscรฌ per te de la volgare schiera?ยป (103-105). Dante riconosce che solo chi รจ mosso dallโ€™amore puรฒ davvero sostenerci nel cammino e portarci alla salvezza, al rinnovamento di vita e quindi alla felicitร .

8. Francesco, sposo di Madonna Povertร 

Nella candida rosa dei beati, al cui centro brilla la figura di Maria, Dante colloca anche numerosi santi, dei quali tratteggia la vita e la missione, per proporli come figure che, nella concretezza della loro esistenza e anche attraverso le numerose prove, hanno raggiunto il fine della loro vita e della loro vocazione. Rievocherรฒ brevemente solo quella di San Francesco dโ€™Assisi, illustrata nel Canto XI del Paradiso, dove si parla degli spiriti sapienti.

Cโ€™รจ una profonda sintonia tra San Francesco e Dante: il primo, insieme ai suoi, uscรฌ dal chiostro, andรฒ tra la gente, per le vie di borghi e cittร , predicando al popolo, fermandosi nelle case; il secondo fece la scelta, incomprensibile allโ€™epoca, di usare per il grande poema dellโ€™aldilร  la lingua di tutti e popolando il suo racconto di personaggi noti e meno noti, ma del tutto uguali in dignitร  ai potenti della terra. Un altro tratto accomuna i due personaggi: lโ€™apertura alla bellezza e al valore del mondo creaturale, specchio e โ€œvestigioโ€ del suo Creatore. Come non riconoscere in quel ยซlaudato sia โ€™l tuo nome e โ€™l tuo valore / da ogne creaturaยป della dantesca parafrasi al Padre Nostro (Purg. XI, 4-5) un riferimento al Cantico delle creature di San Francesco?

Nellโ€™XI canto del Paradiso tale consonanza appare in un nuovo aspetto, che li rende ancora piรน simili. La santitร  e la sapienza di Francesco spiccano proprio perchรฉ Dante, guardando dal cielo la nostra terra, scorge la grettezza di chi confida nei beni terreni: ยซO insensata cura deโ€™ mortali, / quanto son difettivi silogismi / quei che ti fanno in basso batter lโ€™ali!ยป (1-3). Tutta la storia o, meglio, la ยซmirabil vitaยป del santo รจ imperniata sul suo rapporto privilegiato con Madonna Povertร : ยซMa perchโ€™io non proceda troppo chiuso, / Francesco e Povertร  per questi amanti / prendi oramai nel mio parlar diffusoยป (73-75). Nel canto di San Francesco si ricordano i momenti salienti della sua vita, le sue prove, e infine lโ€™evento in cui la sua conformitร  a Cristo, povero e crocifisso, trova lโ€™estrema, divina conferma nellโ€™impronta delle stimmate: ยซE per trovare a conversione acerba / troppo la gente e per non stare indarno, / redissi al frutto de lโ€™italica erba, / nel crudo sasso intra Tevero e Arno / da Cristo prese lโ€™ultimo sigillo, / che le sue membra due anni portarnoยป (103-108).

9. Accogliere la testimonianza di Dante Alighieri

Al termine di questo sintetico sguardo allโ€™opera di Dante Alighieri, una miniera quasi infinita di conoscenze, di esperienze, di considerazioni in ogni ambito della ricerca umana, si impone una riflessione. La ricchezza di figure, di narrazioni, di simboli, di immagini suggestive e attraenti che Dante ci propone suscita certamente ammirazione, meraviglia, gratitudine. In lui possiamo quasi intravedere un precursore della nostra cultura multimediale, in cui parole e immagini, simboli e suoni, poesia e danza si fondono in un unico messaggio. Si comprende, allora, perchรฉ il suo poema abbia ispirato la creazione di innumerevoli opere dโ€™arte di ogni genere.

Ma lโ€™opera del Sommo Poeta suscita anche alcune provocazioni per i nostri giorni. Cosa puรฒ comunicare a noi, nel nostro tempo? Ha ancora qualcosa da dirci, da offrirci? Il suo messaggio ha unโ€™attualitร , una qualche funzione da svolgere anche per noi? Ci puรฒ ancora interpellare?

Dante โ€“ proviamo a farci interpreti della sua voce โ€“ non ci chiede, oggi, di essere semplicemente letto, commentato, studiato, analizzato. Ci chiede piuttosto di essere ascoltato, di essere in certo qual modo imitato, di farci suoi compagni di viaggio, perchรฉ anche oggi egli vuole mostrarci quale sia lโ€™itinerario verso la felicitร , la via retta per vivere pienamente la nostra umanitร , superando le selve oscure in cui perdiamo lโ€™orientamento e la dignitร . Il viaggio di Dante e la sua visione della vita oltre la morte non sono semplicemente oggetto di una narrazione, non costituiscono soltanto un evento personale, seppur eccezionale.

Se Dante racconta tutto questo โ€“ e lo fa in modo mirabile โ€“ usando la lingua del popolo, quella che tutti potevano comprendere, elevandola a lingua universale, รจ perchรฉ ha un messaggio importante da trasmetterci, una parola che vuole toccare il nostro cuore e la nostra mente, destinata a trasformarci e cambiarci giร  ora, in questa vita. Il suo รจ un messaggio che puรฒ e deve renderci pienamente consapevoli di ciรฒ che siamo e di ciรฒ che viviamo giorno per giorno nella tensione interiore e continua verso la felicitร , verso la pienezza dellโ€™esistenza, verso la patria ultima dove saremo in piena comunione con Dio, Amore infinito ed eterno. Anche se Dante รจ uomo del suo tempo e ha sensibilitร  diverse dalle nostre su alcuni temi, il suo umanesimo รจ ancora valido e attuale e puรฒ certamente essere punto di riferimento per quello che vogliamo costruire nel nostro tempo.

Perciรฒ รจ importante che lโ€™opera dantesca, cogliendo lโ€™occasione propizia del Centenario, sia fatta conoscere ancor di piรน nella maniera piรน adeguata, sia cioรจ resa accessibile e attraente non solo a studenti e studiosi, ma anche a tutti coloro che, ansiosi di rispondere alle domande interiori, desiderosi di realizzare in pienezza la propria esistenza, vogliono vivere il proprio itinerario di vita e di fede in maniera consapevole, accogliendo e vivendo con gratitudine il dono e lโ€™impegno della libertร .

Mi congratulo, pertanto, con gli insegnanti che sono capaci di comunicare con passione il messaggio di Dante, di introdurre al tesoro culturale, religioso e morale contenuto nelle sue opere. E tuttavia questo patrimonio chiede di essere reso accessibile al di lร  delle aule scolastiche e universitarie.

Esorto le comunitร  cristiane, soprattutto quelle presenti nelle cittร  che conservano le memorie dantesche, le istituzioni accademiche, le associazioni e i movimenti culturali, a promuovere iniziative volte alla conoscenza e alla diffusione del messaggio dantesco nella sua pienezza.

Incoraggio, poi, in maniera particolare, gli artisti a dare voce, volto e cuore, a dare forma, colore e suono alla poesia di Dante, lungo la via della bellezza, che egli percorse magistralmente, e cosรฌ comunicare le veritร  piรน profonde e diffondere, con i linguaggi propri dellโ€™arte, messaggi di pace, di libertร , di fraternitร .

In questo particolare momento storico, segnato da molte ombre, da situazioni che degradano lโ€™umanitร , da una mancanza di fiducia e di prospettive per il futuro, la figura di Dante, profeta di speranza e testimone del desiderio umano di felicitร , puรฒ ancora donarci parole ed esempi che danno slancio al nostro cammino. Puรฒ aiutarci ad avanzare con serenitร  e coraggio nel pellegrinaggio della vita e della fede che tutti siamo chiamati a compiere, finchรฉ il nostro cuore non avrร  trovato la vera pace e la vera gioia, finchรฉ non arriveremo alla meta ultima di tutta lโ€™umanitร , ยซlโ€™amor che move il sole e lโ€™altre stelleยป (Par. XXXIII, 145).

Dal Vaticano, 25 marzo, Solennitร  dellโ€™Annunciazione del Signore, dellโ€™anno 2021, nono del mio pontificato.
 

Francesco

 

* Per le citazioni delle opere di Dante si fa riferimento allโ€™Edizione Nazionale.

[1] In praeclara summorum (30 aprile 1921): AAS 13 (1921), 209-217.

[2] Cfr ibid.: 210.

[3] Ep. Nobis, ad Catholicam (28 ottobre 1914): AAS 6 (1914), 540.

[4] Discorso al Sacro Collegio e alla Prelatura Romana (23 dicembre 1965): AAS 58 (1966), 80.

[5] Cfr AAS 58 (1966), 22-37.

[6] Discorso ai partecipanti allโ€™incontro promosso dal Pontificio Consiglio โ€œCor Unumโ€ (23 gennaio 2006): Insegnamenti 2006 II/1, 92-93.

[7] Ibid., 93.

[8] Cfr n. 4: AAS 105 (2013), 557.

[9] Messaggio al Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (4 maggio 2015): AAS 107 (2015), 551-552.

[10] Ibid.: 552.

[11] Lโ€™Osservatore Romano, 10 ottobre 2020, p. 7.

[12] Cfr Conf., I, I, 1: PL 32, 661.

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