Lunedì della Seconda Settimana di Pasqua (anno B)
Annunciazione del Signore
Lectio:
- Lettera agli Ebrei 10, 4 – 10
- Luca 1, 26 – 38
1) Orazione iniziale
O Padre, tu hai voluto che il tuo Verbo si facesse uomo nel grembo della Vergine Maria: concedi a noi, che adoriamo il mistero del nostro Redentore, vero Dio e vero uomo, di essere partecipi della sua vita immortale.
2) Lettura: Lettera agli Ebrei 10, 4 – 10
Fratelli, è impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà”».
Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo a fare la tua volontà». Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre.
3) Commento [1] su Lettera agli Ebrei 10, 4 – 10
- “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.” – Eb, 10, 5 – Come vivere questa Parola?
Nel giorno dell’annunciazione il desiderio di alleanza che Dio ha, dopo molti tentativi più o meno falliti, sceglie una strada totalmente altra! Non sono serviti anziani di rispetto e nemmeno giudici saggi o profeti, come Noè, Abramo, Elia, Eliseo o Mosè. Allora Dio scavalca ogni soggetto e ogni forma di stipula che aveva precedentemente usato; non saranno uomini autorevoli, né olocausti di montoni e tori, né tavole della legge incise indelebilmente nella pietra o circoncisioni della carne a sancire la nuova alleanza. La novità passerà dalla rivelazione che Dio non è uno e basta, ma è relazione, alleanza continua, vitale. Dio ha un Figlio che ama follemente, è la sua Parola. E questo Figlio gli corrisponde con altrettanto amore. Dio è disposto a mettere a repentaglio questo amore. E allora, a quel Figlio, prepara un corpo; un corpo che possa camminare, parlare, scegliere! E lo manda. Il Figlio, consenziente, parte e prende corpo. Si, perché quel corpo preparato non è da super eroe. Nasce da una parola accolta da un’altra persona: una donna, Maria, che grazie al suo corpo permette che Dio prenda forma, nasca e cresca. Una storia infinita che si racchiude in uno spazio infinitamente piccolo. Minuscolo. Una fessura, per la quale Dio entra nella storia e la riorienta!
Signore, il mistero dell’incarnazione continua a stupirci e renderci immensamente felici! Perché con il corpo di tuo Figlio hai sigillato la tua alleanza eterna con noi. E noi, in Lui, con il nostro corpo ogni giorno vogliamo prolungare il tuo mistero di salvezza e portarti a chi ancora non ti conosce… perché, grazie al nostro corpo “Sia che mangiamo, sia che beviamo, sia che viviamo, sia che moriamo siamo nel Signore” (1 Cor 10, 31)”
Ecco la voce di un monaco Luciano Manicardi (monaco di Bose): Vivere la condizione umana è vivere la corporeità. E vivere l’obbedienza a Dio significa, per il cristiano, passare attraverso l’obbedienza al proprio corpo.
- Nel grande giorno in cui il cristiano ricorda che un arcangelo a nome di Dio annuncia alla Vergine Maria che è incinta di un seme divino, il modo di rapportarci al corpo, per noi, è cambiato. Nella elevatissima fede ebraica l’idea di Dio era talmente pura che diventava blasfemo pensare che Dio potesse incarnarsi. Ma le possibilità di Dio, proprio perché divine, sono infinite.
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Da allora la corporeità rivela tutto il suo valore, la sua importanza e nobiltà. È vero, ci furono periodi storici in cui per colpa d’interpretazioni errate fu vista come nemica dell’uomo spirituale, negata con pratiche di ascetismo che rasentavano il masochismo. Ma presso i Padri della Chiesa, si arrivò a dire con Tertulliano: “La carne è il cardine della salvezza”. Ed è evidente senza la corporeità l’ineffabile mistero dell’incarnazione non avrebbe potuto realizzarsi.
Di qui l’insegnamento pratico sempre attuale. Il nostro corpo è dono di Dio. Ne curiamo salute ed efficienza per glorificare il Signore e servire i fratelli. Ci guardiamo però dall’idolatrarlo!
Signore, ti ringraziamo per il nostro corpo. Benedicici anche nella dimensione della nostra corporeità perché la nostra vita sia gioiosa: un canto di lode e d’amore per noi e per tutti.
Ecco la voce di un testimone Paolo Ricciardi: L’amore di Cristo è il vero pane moltiplicato di cui l’uomo di ogni tempo ha sempre una grande fame.
4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 1, 26 – 38
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
5) Riflessione [2] sul Vangelo secondo Luca 1, 26 – 38
- Ciò che colpisce, nell’Annunciazione, è che una “religione pura” esige un dialogo vivente e costante fra Dio e ogni uomo. Qui Dio ha pronunciato la sua ultima Parola a Maria, perché si compissero le parole che, nella storia di Israele, erano state dette ad Abramo, a Mosé e ai profeti. Essi avevano ascoltato e obbedito; lasciarono entrare nella loro vita la Parola di Dio, la fecero parlare nelle loro azioni e la resero feconda nel loro destino.
I profeti sostituirono alle loro proprie idee la Parola di Dio; anche Maria lasciò che la Parola di Dio si sostituisse a quelle che erano le sue convinzioni religiose. Di fronte alla profondità e all’estensione di questa nuova Parola, Maria “rimase turbata”. L’avvicinarsi del Dio infinito deve sempre turbare profondamente la creatura, anche se, come Maria, è “piena di grazia”.
Assolutamente straordinario è poi che questo Dio non solo si avvicina a Maria, ma le offre il proprio Figlio eterno perché divenga il suo Figlio. Come è possibile che il “Figlio dell’Altissimo” diventi suo Figlio? “Lo Spirito Santo scenderà su di te”. Come scese sul caos, in occasione della creazione, lo Spirito Santo scenderà su Maria e il risultato sarà una nuova creazione. L’albero appassito della storia fiorirà di nuovo. “Maria disse: Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Nell’Annunciazione si ha il tipo di dialogo che il Padre del nostro Signore Gesù Cristo vorrebbe avere con ciascuno di noi. L’esperienza di Maria a Nazaret sottolinea questa verità per tutto il popolo di Dio. Il suo “sì” in risposta all’offerta divina e il cambiamento drammatico di vita che ne sarebbe seguito, mostrano che la venuta di Dio in mezzo a noi esige un cambiamento radicale.
Ma, cosa più importante, l’Annunciazione a Maria ci pone di fronte ad una grande verità: ognuno di noi ha avuto un’“annunciazione” personale. Se esaminiamo la nostra vita passata, troveremo un’esperienza che è stata decisiva; forse non ebbe allora conseguenze immediate, o almeno non ci sembrò, ma, ripensandoci adesso, ci accorgiamo che è stata fondamentale, sia essa la scuola che abbiamo frequentato, un libro che abbiamo letto, un discorso che abbiamo ascoltato, una frase delle Scritture che ci ha colpito, gli amici a cui ci siamo sentiti uniti o un ritiro che abbiamo fatto. Era il Dio di Maria di Nazaret che si annunciava a noi. Noi abbiamo dunque avuto una “nostra” annunciazione. E se non abbiamo risposto “sì”, o se abbiamo pronunciato soltanto un “sì” timido? Basta riconoscere l’annunciazione ora e cercare di recuperare il tempo perduto, vivendo per Dio e per gli altri.
- Solennità dell’Annunciazione.
Ci torna spontaneo quest’oggi il ricordo del primo peccato. Facciamo memoria della triste situazione che ha coinvolto l’umanità intera, lontana da Dio e priva di grazia. Ci giunge come un annuncio di gioia il saluto che l’Angelo porge a Maria, lo sentiamo anche nostro. Una umile fanciulla viene finalmente definita «Piena di grazia». Fa parte anche lei della nostra povera umanità peccatrice, ma il Signore, l’ha purificata, prima del suo concepimento, con il suo amore e ha voluto che fosse immacolata, senza peccato. L’ha adombrata con la forza del suo Spirito. Così quel dialogo ininterrotto, con cui il Signore ha cercato, sin dalle nostre origini, di ristabilire invano una comunione, ora finalmente trova un cuore limpido, una vergine senza macchia, la nuova Eva, docile e pronta all’ascolto. Le parole dell’Angelo risuonano nei nostri cuori come preannuncio di redenzione e segno visibile della fedeltà di Dio; specchiandoci in Maria riappare sulla nostra terra una innocenza macchiata, uno splendore perduto, una bellezza antica ora meglio esaltata. Lei, l’umile ancella del Signore, sarà resa feconda dallo Spirito Santo e, restando sempre vergine, diventerà la madre di Cristo, la madre di Dio, la madre nostra. Ciò che era stato promesso ora si realizza in pienezza: il Verbo si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi. È un progetto di amore, pensato e voluto da Dio, ma affidato alla risposta di una donna. Dopo le parole rassicuranti dell’Angelo, ascoltiamo il sì di Maria, che si fonde con quello dello stesso Signore. Dopo il no del peccato, dopo i tanti no alle proposte divine di salvezza, finalmente l’umanità, per bocca di Maria, fa sentire pieno e gioioso il proprio assenso al Signore. Un sì che la legherà intimamente, con la forza dello Spirito, al Padre e al suo Figlio: Maria rifulge così nello splendore della Trinità beata. Un amore sponsale unisce Cielo e terra, è un amore fecondo, che sgorga dal cuore stesso di Dio, è un amore purissimo con cui la vergine accoglie nel suo grembo il Figlio di Dio. Con lo stesso amore la Madre adempirà, fino ai piedi della croce, la sua missione e resterà fedele alla sua piena professione di completa disponibilità: «Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me secondo la tua parola». L’ascolto, l’umiltà, la disponibilità senza riserve fino all’eroismo della croce, sono le virtù di Maria, per sua intercessione che siano anche nostre.
- Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria – Lc 1,26-27 – Come vivere questa Parola?
Siamo nell’ora più solenne della storia: Dio, nella persona del Verbo, sta per fare irruzione in essa. Quale luogo sarà degno di ospitarlo? Roma estende ovunque il suo potere, Atene è un raffinato centro culturale, Gerusalemme è la città santa… E Dio posa lo sguardo su un’oscura borgata della Galilea: Nazaret.
Due località che, all’epoca, se avevano una qualche risonanza era in negativo. Basta ricordare la sprezzante considerazione di Natanaele: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46), e la drastica conclusione dei farisei: “Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!”(Gv 7,52).
Galilea, Nazaret sono dunque l’emblema non solo di ciò che non conta, ma di ciò che merita solo disprezzo.
Il messaggero celeste poi si rivolge a una “vergine”, titolo che oggi si ammanta di venerazione proprio per il suo riferimento alla madre di Gesù. Ma anche sotto questo termine l’indicazione di una situazione di povertà esistenziale: la donna contava nella misura in cui era feconda, cioè era madre! E l’insignificanza è rafforzata dal fatto che solo alla fine ne compare il nome: è una delle tante.
Ancora un elemento sconcertante: Luca ha appena narrato l’annuncio rivolto a Zaccaria, di cui ha sottolineato il rango sacerdotale, in un contesto più che solenne. E qui tutto lascia supporre l’ordinarietà di un modesto quotidiano.
Ma è proprio qui la stravolgente novità del rivelarsi di un volto inedito, impensabili di Dio: Egli è amore, cioè vicinanza. Egli vuole abitare la nostra storia, vuole farsi pellegrino con noi, vuole che impariamo a cercarlo e a trovarlo lì dove si snoda la nostra esistenza.
Questi primi versetti, allora, ci svelano una cosa grandiosa: in quel piccolo frammento di tempo che viviamo, in quella sperduta località dove si svolge la nostra esistenza, Dio ci raggiunge, oggi, con il suo annuncio. Sì, oggi, siamo noi quella vergine a cui Dio chiede di far spazio per tornare a incarnarsi. Noi siamo chiamati a dargli un volto.
Ti ringraziamo, Signore, per il dono del nostro essere esistenzialmente poveri, perché è grazie a questa povertà che possiamo avere la gioia di condividere con te il nostro oggi nel tempo e la tua eternità per sempre.
Ecco la voce di un giornalista pubblicista Beno Mignon: L’inventore dei miliardi di galassie ha svenduto ogni “diritto d’autore” per ricominciare da Betlemme.
6) Per un confronto personale
- a) L’annuncio di Dio, il suo angelo, entra anche nella mia vita, davanti a me e mi parla. Sono pronto a riceverlo, a fargli spazio, ad ascoltarlo con attenzione? Chissà quante volte è già successo questo, quante volte sono stato scelto e visitato, senza che io vi facessi attenzione. Oggi, però, è diverso; lo sento che Lui è qui, che mi ha trovato, che mi sta parlando al cuore. Cosa decido di fare? Rimango o fuggo via? Mi metto le cuffie del CD player? Accendo il PC? Mando un SMS a qualcuno? Oppure apro la porta e mi siedo proprio davanti a Lui, faccia a faccia con Lui?
- b) Subito ricevo un annuncio sconcertante; Dio mi parla di gioia, di grazia, di presenza. Tutte cose che io sto cercando da tanto tempo, da sempre. Chi potrà mai farmi felice veramente? Chi potrà salvarmi dalla solitudine con la sua presenza guaritrice? Mi raggiunge, come un tuono, il ricordo di tutti i miei tentativi falliti di trovare felicità. L’amore, il divertimento, lo sport a livello agonistico, la velocità, il look, l’impiego importante… Sento nell’anima l’amarezza di tutte queste illusioni. Per un po’ funzionava, poi crollava tutto. Oggi, qui, il Signore mi sta proponendo una gioia diversa, una grazia piena, una presenza assoluta. Solo Lui può fare questo, può dire queste parole con verità. Decido di fidarmi, di fare il salto sull’altra sponda, la sua? Voglio fidarmi della sua felicità, della sua presenza?
- c) È bastato poco, appena un movimento del cuore, dell’essere; Lui già se ne è accorto. Già mi sta ricolmando di luce e di amore. Mi dice: “Hai trovato grazia ai miei occhi”. Dunque io piaccio a Dio? Lui mi trova piacevole, amabile? Sì, è proprio così. Perché non ci ho mai voluto credere prima? Perché non gli ho mai dato ascolto? Mi ritrovo davanti agli occhi, in questo momento, tutta la mia stoltezza e la mia cocciutaggine; credevo di dover trovare questo amore, questa accoglienza presso qualcun altro, cercavo la persona giusta per me, che, finalmente, mi facesse sentire amabile, importante, degno. Mi sbagliavo. Prima devo fare questa esperienza: sentire che io sono importante, unico, desiderabile per Dio. Mi lascio raggiungere fino in fondo da questa Parola; mi ripeto all’infinito che io ho trovato grazia presso Dio, come Maria. Grazie, Signore! Leggo Esodo 33, 12-17.
- d) Ora mi viene detto che da me nascerà vita nuova, che il grembo della mia esistenza sarà fecondato e abitato, che da me uscirà Gesù. Sono cose grosse, che mi superano, mi confondono, mi fanno smarrire. Dico anch’io, insieme a Maria: “Come è possibile?”. Sento, però, che in me, questa parola, è carica di incredulità, di spavento, mentre in Lei era traboccante di disponibilità. Io ho paura, io non credo fino in fondo. Eppure il Signore Gesù vuole venire in questo mondo anche attraverso di me; vuole raggiungere i miei fratelli passando attraverso i sentieri della mia vita, del mio essere. Potrò sbarrargli la strada? Potrò respingerlo, tenerlo lontano? Potrò cancellarlo dalla mia storia, dalla mia vita? No, non posso e non voglio farlo. Signore, ti prego, aiutami! E vieni; nasci in me, nasci ancora da me!
- e) Da solo non posso fare nulla, però, questo è chiaro; ho bisogno anch’io dello Spirito del Signore. La sua ombra, la sua forza, il suo fuoco scendano su di me e prendano possesso di me, di tutto ciò che sono. Mi fermo un attimo, comincio a pregare nel profondo del mio cuore, invoco e chiamo lo Spirito Santo; ripenso ad altri passi della Scrittura in cui la sua azione compare con potenza. Mi faccio come le acque primordiali, sulle quali aleggiava lo Spirito di Dio e vennero trasformate in vita rigogliosa (Gen. 1,2); mi faccio come le acque del mare Rosso, che furono accarezzate dal vento di Dio per tutta la notte e alla fine si aprirono per il passaggio del popolo (Es 14,21); mi faccio come il cuore e le mani di Davide, che, sotto l’impulso dello Spirito, suonava l’arpa in modo tale da cacciare il male dall’anima di Saul (1Sam 16,23); mi faccio come il servo del Signore, sul quale discese e rimase lo Spirito di Dio (Si 61,1); mi faccio come le ossa aride disperse sulla pianura, che furono rianimate dal tocco dello Spirito (Ez 37,5); mi faccio come Maria, che si lasciò avvolgere dall’ombra dell’Amore e della misericordia e divenne madre di Gesù, madre di ogni uomo. Anch’io ripeto che nulla è impossibile per Dio; Lui può fare tutto questo, anche in me, oggi, qui.
7) Preghiera finale: Salmo 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».
«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».
Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.
Non ho nascosto la tua giustizia
dentro il mio cuore,
la tua verità e la tua salvezza
ho proclamato.
- [1] www.lachiesa.it – www.qumran2.net – Casa di Preghiera San Biagio
- [2] www.lachiesa.it – www.qumran2.net – Monaci Benedettini Silvestrini – Casa di Preghiera San Biagio
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