Domenica della Seconda Settimana di Pasqua (anno B)
Lectio:
- 1 Lettera di Giovanni 5, 1 – 6
- Giovanni 20, 19 – 31
1) Orazione iniziale
O Dio, che in ogni Pasqua domenicale ci fai vivere le meraviglie della salvezza, fa’ che riconosciamo con la grazia dello Spirito il Signore presente nell’assemblea dei fratelli, per rendere testimonianza della sua risurrezione.
2) Lettura: 1 Lettera di Giovanni 5, 1 – 6
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
3) Commento [1] su 1 Lettera di Giovanni 5, 1 – 6
- “…Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (I Gv 5, 1-6).
Ciò che veramente importa è che questa fede non sia intimistica, privatizzata. Non si può dire che nostro fratello Tommaso non amasse Gesù. Ma per amare aveva bisogno di segni, di mettere le mani nelle ferite del Maestro, il dito nel posto dei chiodi che avevano straziato il suo corpo. L’ideale fusionale di Tommaso non è tanto da iscriversi in un contesto di “mancanza di fede”, quanto piuttosto in una sorta di immaturità psicologica. L’amore è veramente tale quando supera la modalità narcisistica per accogliere l’altro come “altro”, come “diverso-da-me”.
Un amore di libertà. L’unico in grado di durare per sempre.
Ma c’è un altro aspetto ancora che interessa la vita di fede. La tensione religiosa nasce nell’intimo più profondo della coscienza, ma trova nell’accostarsi ad ogni fratello e sorella di qualsiasi età, cultura, condizione sociale, colore della pelle, convinzione politica la sua capacità di farsi carne e sangue. Tutti infatti, senza eccezione alcuna, condividiamo la generazione da Dio e solo nell’amore ai fratelli, cioè ad un “altro-da-me” diventiamo a nostra volta capaci di generare, fecondi, e onoriamo la sua parola che chiama alla vita. E questo è anche l’impegno di ogni comunità cristiana che voglia essere fedele al Signore.
- Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo, e questa la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. “Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti“. – 1 Gv 5,4 – Come vivere questa parola?
Siamo ancora in pieno clima pasquale con la festa della Divina Misericordia. Rallegriamoci per la risurrezione di Gesù che ci ha elargito l’amore misericordioso di Dio, e riflettiamo su che cosa vuol dire tutto questo per noi.
Sappiamo che questo evento travolgente è il centro propulsore della nostra fede; senza questo non ci sarebbe il cristianesimo. Noi non crediamo solo nella Parola scritta ma nella Parola che si è fatta Carne. Se Gesù non Vivente, la nostra fede sarebbe vana.
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Nel Vangelo vediamo Gesù che arriva di sorpresa fra i suoi, nascosti dietro la porta sbarrata per paura dei Giudei. “Pace a voi”, dice Gesù e i discepoli gioiscono al vederlo! Chissà quante emozioni passano nei loro cuori! Essi l’hanno visto crocifisso; hanno sentito le sue ultime parole. E adesso eccolo! Possono vederlo, toccarlo, ascoltarlo, guardano i segni della sua passione – e credono! Il Signore è veramente risorto! Anche a noi piacerebbe condividere la gioia di vederlo e toccarlo nella carne. Non dimentichiamolo: ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia e facciamo la Comunione, ciò si realizza anche per noi: tocchiamo Gesù nella carne! Egli lo ha promesso di fronte all’incredulità di Tommaso: beati quelli che credono senza vedere!
Nella nostra pausa contemplativa, oggi, ci lasciamo travolgere dall’amore di Gesù per noi, amore misericordia! Gesù, Figlio del Dio Vivente, vogliamo testimoniarti nella nostra vita. Abbi pietà di noi!
Ecco la voce di un santo cardinale J. H. Newman: Cuore parla al cuore perché lo Spirito Santo è in me. Unifico il mio essere nello spazio sacro dentro di me dove incontro Dio, il vero Dio mistero che mi avvolge e mi riempie.
4) Lettura: dal Vangelo secondo Giovanni 20, 19 – 31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
5) Riflessione [2] sul Vangelo secondo Giovanni 20, 19 – 31
- I due episodi narrati nel vangelo di oggi sono accomunati dall’unico tema della fede e ci rimandano a quanto hanno vissuto gli apostoli dopo la morte di Gesù.
Nel primo episodio Gesù appare agli undici ancora rinchiusi nel cenacolo, nonostante l’annuncio di Maria di Magdala. Il Signore entra a porte chiuse, manifestando che la Sua condizione è completamente nuova, anche se nulla viene cancellato della sofferenza patita nella carne. I discepoli, al vederlo, sono pieni di gioia ed Egli, effondendo su di loro lo Spirito Santo, affida loro il compito di prolungare la Sua missione e dà loro il potere divino di perdonare i peccati.
Le difficoltà del credere da parte della comunità cristiana sono evidenziate nell’incontro del risorto con Tommaso: egli rappresenta coloro che fanno fatica a credere… Per la Bibbia è difficile credere, spesso è una conquista che passa attraverso crisi, non è un atteggiamento semplice. Ma credere è possibile, riempie la vita di significato e dà forza. Nei confronti di Tommaso Gesù va incontro alla sua incredulità alla sua resistenza a credere e fa così anche con noi, non ci lascia soli. Ringraziamo Gesù che viene incontro alla nostra debolezza e ci fornisce generosamente i segni di cui abbiamo bisogno perché possiamo credere: non scandalizziamoci per la fatica che facciamo…fa parte del cammino.
- Arrendersi all’amore come Tommaso.
Aria di paura in quella casa. Paura dei Giudei, certo, ma anche e soprattutto paura di se stessi, della propria viltà, di come si erano comportati nella notte del tradimento. Eppure Gesù viene, nonostante il loro cuore inaffidabile e il mio cuore lento: venne Gesù e stette in mezzo a loro.
La fede non è nata dal ricordo di Gesù. Il ricordo, per quanto vivo, non basta a rendere viva una persona, al massimo può far nascere una scuola. La Chiesa è nata da una presenza, non da una rievocazione.
Stette in mezzo a loro: Gesù si fa presenza. Dentro una comunità che per otto giorni contiene e porta anche l’incredulità di uno dei suoi membri migliori. Tommaso non crede, eppure non se ne va, rimane lì con il gruppo, che a sua volta non lo esclude: comunità, luogo della fede. Così tu quando è debole la tua fede, non sentirti escluso, resta qui, altri ti porteranno, altri saranno testimoni e memoria viva, paziente di segni e di pace, per te.
Mi conforta pensare che, se trova chiuso, Gesù non se ne va; se tardo ad aprire «otto giorni dopo» è ancora lì, rispettoso perfino delle nostre paure: venne Gesù ancora a porte chiuse… e disse a Tommaso… Gesù viene, attento ai dubbi dei suoi amici, così come il mattino di Pasqua alle lacrime di Maria. Viene, e non per essere acclamato, ma per andare in cerca proprio dell’agnello smarrito nel piccolo gregge degli undici.
Lascia gli altri dieci al sicuro e si avvicina a colui che dubita: metti qua il tuo dito, tendi la tua mano. A Tommaso basta questo gesto: colui che si mette nelle tue mani, voce che non giudica ma incoraggia, corpo offerto ai dubbi e alle paure dei suoi amici, è Gesù, non ti puoi sbagliare. E lo stesso fa anche con me, nei giorni del dubbio, quando credere è solo desiderio di credere: si propone di nuovo.
Tommaso si arrende, non si dice che abbia toccato; si arrende all’amore che ha scritto il suo racconto sul corpo di Gesù con l’alfabeto delle ferite, indelebili come l’amore di Dio. E passa dall’incredulità all’estasi: «Mio Signore e mio Dio». Voglio custodire in me questo aggettivo come una riserva di coraggio per la mia fede: Mio Signore! Piccola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri, il Dio degli altri, ma il Dio intrecciato con la mia vita, assenza e poi più ardente presenza. Tommaso, come l’amata del Cantico dice: «Il mio amato è per me e io sono per Lui». Mio perché è parte di me. Mio come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo è il respiro e, senza, non vivrei.
- Credere senza aver visto.
È la domenica di Tommaso e di una beatitudine che sento mia: Beati quelli che non hanno visto eppure credono! Le altre le ho sentite difficili, cose per pochi coraggiosi, per pochi affamati di immenso. Questa è una beatitudine per tutti, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non vede, per chi ricomincia. Siamo noi quelli di cui parla Gesù, noi che non abbiamo visto eppure di otto giorni in otto giorni continuiamo a radunarci nel suo nome, a distanza di millenni e a prossimità di cuore; di noi scrive Pietro: «voi lo amate pur senza averlo visto». Otto giorni dopo venne Gesù, a porte chiuse. C’è aria di paura in quella casa, paura dei Giudei, ma soprattutto paura di se stessi, di come lo avevano abbandonato, tradito, rinnegato così in fretta. Mi conforta pensare che, se anche trova chiuso, non se ne va’. Otto giorni dopo è ancora lì: l’abbandonato ritorna da quelli che sanno solo abbandonare.
Viene e sta in mezzo a loro. Non chiede di essere celebrato, adorato. Non viene per ricevere, ma per dare. È il suo stile inconfondibile. Sono due le cose che porta: la pace e lo Spirito.
Pace a voi. Non un semplice augurio o una promessa futura, ma una affermazione: la pace è a voi, vi appartiene, è già dentro di voi, è un sogno iniziato e che non si fermerà più.
Soffiò e disse loro: ricevete lo Spirito Santo. Su quel pugno di creature, chiuse e impaurite, scende il vento delle origini, il vento che soffiava sugli abissi, che scuote le porte chiuse: ecco io vi mando!
Scende lo Spirito di Gesù, il suo segreto, il suo mistero, ciò che lo fa vivere, il suo respiro stesso: vivrete di ciò di cui vivo io. Lo ha sperimentato Paolo: non son più io che vivo, è Cristo che vive in me. Lo ha comunicato a tutti: Voi siete già stati risuscitati con Cristo (Col 3,1). Già risorti adesso, per una eternità che già mette le sue prime gemme. In quel soffio Gesù trasmette la sua forza: con lo Spirito di Dio voi farete le cose di Dio. E la prima delle cose da Dio è il perdono.
Tommaso, metti qua il tuo dito nel foro dei chiodi, stendi la mano, tocca! Le ferite del Risorto, feritoie d’amore: nel corpo del crocifisso l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, indelebili ormai come lo è l’amore.
Gesù che non si scandalizza dei miei dubbi, ma mi tende le sue mani. A Tommaso basta questo gesto. Non è scritto che abbia toccato. Perché Colui che ti tende la mano, che non ti giudica ma ti incoraggia, è Gesù. Non ti puoi sbagliare!
6) Momento di silenzio
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
7) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
Chi o cosa ha suscitato il mio interesse e la mia meraviglia nella lettura che ho fatto?
È possibile che ci siano alcuni che si professano cristiani, ma non credano nella Risurrezione di Gesù? È così importante crederci?
Cosa cambia se noi ci fermiamo solo al suo insegnamento e alla sua testimonianza di vita?
Che significato ha per me il dono dello Spirito per la missione?
Come continua, dopo la Risurrezione, la missione di Gesù nel mondo?
Qual è il contenuto dell’annuncio missionario?
Che valore ha per me la testimonianza di Tommaso?
Quali sono, se ne ho, i dubbi della mia fede? Come li affronto e progredisco?
So esprimere le ragioni della mia fede?
8) Preghiera: Salmo 117
Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
9) Orazione Finale
Come la prima comunità cristiana, anche noi riuniti per celebrare l’Eucaristia invochiamo il Signore ricco di misericordia. Signore Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, ascolta la preghiera della tua Chiesa e manifesta ancora a tutti i prodigi del tuo amore.
- [1] www.lachiesa.it – www.qumran2.net – Casa di Preghiera San Biagio
- [2] Omelia di don Diego Belussi, Counselor Edi.S.I. e Addetto Ufficio Cancelleria Curia di Genova, e omelie di P. Ermes Ronchi osm – www.lachiesa.it – www.qumran2.net
Suore di Casa Raffael
c/o Monastero Adoratrici del SS. Sacramento
Via G. Byron 15 – 16145 Genova
tel. 010.811156 (ore 9 – 12)
cell. 338.280.76.23 e 338.50.75.610
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