Lectio divina 30 gennaio 2018 – Suore di Casa Raffael

Martedì della Quarta Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)

Martedì della Quarta Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)

Lectio: Marco 5, 21 – 43

1) Preghiera

Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo.

2) I Santi del giorno : Santa Martina [1]

Questa santa Vergine romana discendeva da celebre famiglia consolare. Rimasta orfana ancora in tenera età, si dedicò con tutto l’ardore della sua anima giovanile alle opere della cristiana pietà, distribuendo con la massima liberalità le ricchezze che i suoi le avevano lasciato in grande abbondanza. Non ci fu miseria che non soccorresse: nessuno mai bussò invano alla sua porta. Nei poveri ella vedeva Gesù stesso, il Maestro Divino che aveva detto: «Quello che avrete fatto al minimo dei vostri fratelli, l’avrete fatto a me».

Siccome la carità cristiana era sconosciuta nel mondo pagano, ben presto si sospettò che Martina fosse seguace di quel Nazareno che veniva a predicare, per mezzo dei suoi Apostoli, una fratellanza universale anche nella stessa Roma.

I nemici del nome cristiano le tennero gli occhi addosso. e accertatisi della cosa, non esitarono ad accusarla come cristiana.

Temendo ella quanto le poteva accadere, e che difatti le accadde, d’essere arrestata ed uccisa, distribuì immediatamente tutto quello che ancora le rimaneva ai poveri ed alla Chiesa, per avere in cielo quel tesoro che «i ladri non rubano e la tignola non intacca». Aveva appena realizzato questo suo disegno che fu accusata e condotta davanti al preside romano.

Fu tentata in mille modi, le furono fatte promesse e minacce perché sacrificasse agli dèi dell’impero. Ma la Vergine, forte della fortezza di Cristo, rispose sempre con fermezza che «era cristiana» e che come tale si sarebbe sempre comportata.

Passando il giudice dalle minacce ai fatti, fu battuta colle verghe, scarnificata con uncini di ferro, poi, intrisa di grasso bollente, fu gettata alle belve dell’anfiteatro. Ma le bestie la risparmiarono. Allora fu fatto un grandissimo rogo, e la Vergine vi venne legata sopra: quando il fumo e le fiamme furono esaurite, i carnefici e la folla immensa che assisteva al crudele spettacolo, videro la santa giovane perfettamente illesa in mezzo al braciere, in attitudine di preghiera: il suo Dio l’aveva scampata.

Molti della folla e qualcheduno dei suoi stessi carnefici, alla vista di quel prodigio, si convertirono e si dichiararono cristiani.

Ma il giudice, più che mai irritato, ordinò che fosse decapitata. La pia fanciulla chinò il capo sotto la spada del carnefice. Allo spettacolo del martirio altri pagani si convertirono alla vera fede, ed ebbero la grazia di udire distintamente una voce superna che chiamava la Vergine alle celesti dolcezze del cielo.

Ma i prodigi non erano finiti: un terremoto scosse paurosamente tutta la città, e le statue degli dèi caddero a terra.

La Vergine subì il martirio sotto l’imperatore Alessandro Severo, mentre era Sommo Pontefice Urbano I. Fu sepolta nella chiesa del carcere Mamertino assieme ai martiri Concordio, Epifanio e compagni.

3) I Santi del giorno :  Santa Giacinta Marescotti   [2]

Sogna un marito, non il monastero. Si chiama Clarice, è molto bella e ha sott’occhio un giovane marchese Capizucchi, ottimo partito per una figlia del principe Marcantonio Marescotti, alta aristocrazia romana. E il principe, infatti, gli dà volentieri in moglie una figlia. Ma non è Clarice. È Ortensia, la più giovane. Dopodiché Clarice diventa il flagello della casata, insopportabile per tutti. Una delusione simile può davvero inasprire chiunque, ma forse le accuse sono anche un po’ gonfiate per giustificare la reazione del padre, che nel 1605 la fa entrare nel monastero di San Bernardino a Viterbo, dalle Clarisse, dove c’è già sua sorella Ginevra.

Qui lei prende il nome di Giacinta, ma senza farsi monaca: sceglie lo stato di terziaria francescana, che non comporta clausura stretta. Vive in due camerette ben arredate con roba di casa sua e partecipa alle attività comuni. Ma non è come le altre. Lo sente, glielo fanno sentire: un brutto vivere. Per quindici anni si tira avanti così: una vita “di molte vanità et schiocchezze nella quale hero vissuta nella sacra religione”. Parole sue di dopo.

C’è un “dopo”, infatti. C’è una profonda trasformazione interiore, dopo una grave malattia di lei e alcune morti in famiglia. Per suor Giacinta cominciano ventiquattro anni straordinari e durissimi, in povertà totale. E di continue penitenze, con asprezze oggi poco comprensibili, ma che rivelano energie nuove e sorprendenti. Dalle due camerette raffinate lei passa a una cella derelitta per vivere di privazioni: ma al tempo stesso, di lì, compie un’opera singolare di “riconquista”. Personaggi lontani dalla fede vi tornano per opera sua, e si fanno suoi collaboratori nell’aiuto ad ammalati e poveri. Un aiuto che Giacinta la penitente vuole sistematico, regolare, per opera di persone fortemente motivate. Questa mistica si fa organizzatrice di istituti assistenziali come quello detto dei “Sacconi” (dal sacco che i confratelli indossano nel loro servizio) che aiuta poveri, malati e detenuti, e che si perpetuerà fino al XX secolo. E come quello degli Oblati di Maria, chiamati a servire i vecchi.

Nel monastero che l’ha vista entrare delusa e corrucciata, Giacinta si realizza con una totalità mai sognata, anche come stimolatrice della fede e maestra: la vediamo infatti contrastare il giansenismo nelle sue terre, con incisivi stimoli all’amore e all’adorazione per il sacramento eucaristico. Non sono molti quelli che la conoscono di persona. Ma subito dopo la sua morte, tutta Viterbo corre alla chiesa dov’è esposta la salma. E tutti si portano via un pezzetto del suo abito, sicché bisognerà rivestirla tre volte. A Viterbo lei resterà per sempre, nella chiesa del monastero delle Clarisse, distrutta dalla guerra 1940-45 e ricostruita nel 1959. La sua canonizzazione sarà celebrata da Pio VII nel 1807.

4) Lettura: Vangelo secondo Marco 5, 21 – 43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

5) Commento [3]  sul Vangelo secondo Marco 5, 21 – 43

  • «Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata. E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi accorto della forza che era uscita da lui, si voltò dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”… E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità, Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”» – Mc 5, 21, 28-30; 33-34 – Come vivere questa Parola?

I due miracoli compiuti da Gesù, riportati nel vangelo odierno, sono intrecciati l’uno nell’altro in un unico groviglio, perché hanno alla loro base la fede, come unico fondamento necessario che li accomuna. Mi fermo per brevità solo sul primo di essi.

Mentre Gesù è in cammino verso la casa di Giairo per guarirne la figlioletta, tra la folla che lo preme da ogni parte, ecco una donna sconosciuta, inferma da lunghi anni per la perdita di sangue. Essa brama solamente di toccare le sue vesti, perché è certa che quel tocco nascosto e furtivo era sufficiente a farla guarire. Non occorreva che Gesù lo venisse a sapere. Si vergognava a parlare della sua malattia infamante, che la bollava come ‘impura’ e che la costringeva a vivere come una reclusa, ai margini della società. Pertanto bastava, secondo lei, un miracolo alla svelta, quasi un ‘colpo di mano’ e all’insaputa di tutti. Ma Gesù avverte subito che una forza era uscita dal suo corpo: era successo senza che gli lo sapesse, quasi suo malgrado. Il Maestro è stato ‘sopraffatto’ da quella donna sconosciuta, che gli ha quasi forzato irresistibilmente la mano con la sua fede. Ma Gesù ora vuole almeno conoscere colei che, in certo senso, l’ha ‘vinto’: è, infatti, la sua fede che ha fatto scattare il miracolo: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.

Gesù non resiste a questi ‘colpi di mano’ e ama essere ‘sopraffatto’ dalla vera fede!

Annotiamo, infine, come appena accennato più sopra, che Gesù dona a questa donna non soltanto la guarigione del corpo, ma anche la sua libertà e dignità umana, che le era stata tolta dalla malattia propria del suo ‘genere’ e che la costringeva, suo malgrado, a un’umiliante emarginazione.

O Signore fa’ che anche noi possiamo “toccarti” con la nostra fede e possiamo essere guariti dal nostro male.

Ecco la voce del grande S. Agostino (serm. 243, 2-3): «Ebbene, quel toccare rappresenta la fede (Ille tactus fidem significat). Tocca Cristo chi crede in Cristo. Così fu di quella donna che soffriva di perdita di sangue. Diceva infatti: “Se toccherò il lembo del suo vestito sarò salva”. Lo toccò con la fede e ottenne la guarigione che sperava… Come se volesse dire (Gesù): “La folla mi si accalca intorno, ma solo la fede mi tocca”».

  • «Non temere, soltanto abbi fede!» – Mc 5,36 – Come vivere questa Parola?

Delicatissima, pur nello scorrere semplice del racconto, questa pagina che narra l’incontro di Gesù con un uomo che è capo militare ma vive il drammatico momento del vedersi ghermire la sua bambina dall’inesorabilità della morte. Si tratta di entrare per un momento nel cuore di questo padre, di avvertire il forte dolore non consolato da nessun barlume di umana speranza. È lì, è in questo umanissimo cuore, che scorgiamo una luce di fede vivissima.

E Gesù scorge questa luce. Quando questo babbo che, percosso nel profondo dal dolore più terribile, gli si rivolge con piena fiducia, la Parola che sgorga dal cuore del Signore è anzitutto un incoraggiamento: “Non temere!” gli dice. E subito dopo è una benefica richiesta; soltanto la richiesta di perseverare nella fede.

Ecco: la salvezza della bambina nasce proprio qui: da un irrompere di energie vitali veicolate da Gesù e da un’apertura totalmente fiduciosa del cuore del babbo davvero credente

Signore, quanto calore di tenerezza nel quadro che il vangelo oggi ci offre! E che forza incoraggiante di insegnamento è nella parola di Gesù!

Lasciamo che entriamo anche in noi e preghiamo a cuore aperto e sereno: Signore, aumenta la mia Fede e fa’ che in essa perseveri. Ogni giorno, ogni ora. A proposito di tutto quello che mi

capita: Gesù mi fido di Te.

Ecco la voce di un Santo, San Francesco d’Assisi: Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.

  • Fanciulla, Io ti dico: alzati!

Cristo ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie. Così abbiamo cantato prima di leggere il Vangelo di oggi, che ci parla di Gesù, che è un Dio compassionevole verso chi soffre, verso chi è solo, verso chi è malato e anche verso chi è.… morto: verso tutti! Egli dona speranza a tutti, ad ognuno di noi. Egli è la nostra unica salvezza. Egli è “la Risurrezione, è la Vita!”, è la nostra Speranza! E beati quelli che vanno a Lui con fede sincera, come la fede di Giaìro, come la fede della povera donna emoroìssa, che aveva speso tutti i suoi averi per i medici, e senza trovarne nessun giovamento, anzi piuttosto peggiorando. Ella pensò: “…se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. Così fece ed ecco subito il miracolo: “E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male“. Sarebbe come dire, in chiave moderna: andare a trovare Gesù in chiesa: “…basta che io tocchi solo la porticina del tabernacolo dell’altare e sarò guarito!… Basta che io riceva la comunione in grazia a di Dio e con fede sincera, e guarirò!…”. E Gesù si accorse sùbito della forza che era uscita da Lui e chiese: “Chi mi ha toccato?… Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và e sii guarita del tuo male!”. Infatti è la fede in Gesù che ci guarisce e ci libera da ogni male, sia dell’anima che del corpo. E poi Gesù entra nella casa del capo della sinagoga, ma… la figlia è morta ormai! Ma per Lui non c’è problema, e dice: “Non temere, soltanto abbi fede!”. E prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum!… cioè “fanciulla, io ti dico: àlzati!”. E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva dodici anni. Gesù è il Padrone della vita, Egli è la Fonte della nostra vita, quella terrena e anche quella eterna. Egli è il Figlio del Dio vivente, è il Figlio del Padre, disceso tra noi sulla terra. Ci ama davvero, e mai ci abbandona. Abbiamo fede in Lui e amiamolo con tutto il cuore e con tutta l’anima nostra, e saremo pienamente realizzati come persone realizzate, libere, serene e anche gioiose, e cristiani veri finalmente!

6) Per un confronto personale

  • Qual è il punto di questo testo che più ti è piaciuto o che ti ha maggiormente colpito? Perché?
  • Una delle donne è stata guarita e integrata di nuovo nella convivenza della comunità. Una bambina è stata alzata dal suo letto di morte. Cosa ci insegna questa azione di Gesù per la nostra vita in famiglia e per la nostra comunità, oggi?

7) Preghiera finale: Salmo 85

Signore, tendi l’orecchio, rispondimi.

 

Signore, tendi l’orecchio, rispondimi,

perché io sono povero e misero.

Custodiscimi perché sono fedele;

tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te confida.

 

Pietà di me, Signore,

a te grido tutto il giorno.

Rallegra la vita del tuo servo,

perché a te, Signore, rivolgo l’anima mia.

 

Tu sei buono, Signore, e perdoni,

sei pieno di misericordia con chi t’invoca.

Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera

e sii attento alla voce delle mie suppliche.

Suore di Casa Raffael
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