Sabato della Quarta Settimana del Tempo Ordinario (Anno B)
Lectio: Marco 6, 30 – 34
1) Preghiera
Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l’anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo.
2) I Santi del giorno : San Biagio [1]
- Biagio nacque a Sebaste nell’Armenia. Passò la giovinezza fra gli studi, dedicandosi in modo particolare alla medicina. Al letto dei sofferenti curava le infermità del corpo, e con la buona parola e l’esempio cristiano cercava pure di risanare le infermità spirituali.
Geloso della sua purezza ed amantissimo della vita religiosa, pensava di entrare in un monastero, quando, morto il vescovo di Sebaste, venne eletto a succedergli. Da quell’istante la sua vita fu tutta spesa pel bene dei suoi fedeli.
In quel tempo la persecuzione scatenata da Diocleziano e continuata da Licinio infuriava nell’Armenia per opera dei presidi Lisia ed Agricola. Quest’ultimo, appena prese possesso della sua sede, Sebaste, si pose con febbrile attività in cerca di Biagio, il vescovo di cui sentiva continuamente magnificare lo zelo. Ma il sagace pastore, per non lasciare i fedeli senza guida. ai primordi della procella, si era eclissato in una caverna del monte Argeo.
Per moltissimo tempo rimase celato in quella solitudine, vivendo in continua preghiera e continuando sempre il governo della Chiesa con messaggi segreti. Un giorno però un drappello di soldati mandati alla caccia delle belve per i giochi dell’anfiteatro, seguendo le orme delle fiere, giunsero alla sua grotta. Saputo che egli era precisamente il vescovo Biagio, lo arrestarono subito e lo condussero al preside.
Il tragitto dal monte alla città fu un vero trionfo, perché il popolo, nonostante il pericolo che correva, venne in folla a salutare colui che aveva in somma venerazione. Fra tanta gente corse anche una povera donna che, tenendo il suo povero bambino moribondo sulle sue braccia, scongiurava con molte lacrime il Santo a chiedere a Dio la guarigione del figlio. Una spina di pesce gli si era fermata in gola e pareva lo volesse soffocare da un momento all’altro. Biagio, mosso a compassione di quel bambino, sollevò gli occhi al cielo e fece sul sofferente il segno della croce.
— Mamma, sono guarito,
— gridò tosto il bambino
— sono guarito!…
Giunto a Sebaste, il prigioniero venne condotto dal giudice Agricola°, che voleva convincerlo a sacrificare agli idoli; ma il Santo con gran calma gli dimostrò che quello era un atto indegno di una creatura ragionevole, perché la ragione dice all’uomo che vi è un Dio solo, eterno, e creatore di ogni cosa, e non molti dei. Per tutta risposta il giudice lo fece battere con verghe e poi gettare in carcere.
Dopo qualche tempo lo volle di nuovo al tribunale, per interrogarlo nuovamente, ma trovò sempre in lui la più grande fermezza. Gli furono allora lacerate le carni con pettini di ferro e così lacero com’era fu sospeso ad un tronco d’albero. Sperimentati ancora contro l’invitto martire tutti i supplizi più inumani, fu condannato ad essere sommerso in un lago. I carnefici condottolo sulla sponda lo lanciarono nell’acqua, e mentre tutti si aspettavano di vederlo annegare. Biagio tranquillamente si pose a camminare sull’acqua finché raggiunse la sponda opposta. Il giudice. fuori di sé, vedendo di non poter spegnere altrimenti quella vita prodigiosa, lo fece decapitare.
3) I Santi del giorno : Santa Vereburga [2]
Nata nel 650 dal re Wulfhere di Mercia e da Santa Ermenilda, nel 675 alla morte del padre Vereburga rinunciò ai fasti della corte e si ritirò nell’abbazia di Ely. Il fratello del defunto, Etelredo, succedutogli al trono, fece tornare la nipote per affidarle un gruppo di case per religiose nelle contee dell’Inghilterra centrale, con lo specifico compito di introdurvi una più rigida osservanza. Tra questi monasteri figuravano quello di Weedon nel Nothamptonshire, già abitazione reale che la santa poi trasformò in monastero, Trentham nel Lincolnshire, ove ella morì, ed Hanbury nello Staffordshire, in cui desiderò essere sepolta. Le reliquie di Vereburga furono poi traslate a Chester, assai probabilmente per salvarle dalla profanazione durante le invasioni danesi. Qui il suo sacrario, posto nella cattedrale cittadina, divenne frequentatissima meta di pellegrinaggi.
Santa Vereburga deve gran parte della sua popolarità ad una romanzesca leggenda, secondo la quale la bella principessa respinse le avances di non pochi corteggiatori onde salvaguardare la sua consacrazione al Signore. A Werbod, suo principale ammiratore, il sovrano concesse la figlia in sposa, purché egli riuscisse ad ottenere il libero consenso da parte di Vereburga. Il pretendente era però pagano e quindi già la regina Ermenilda ed i suoi figli si opposero all’eventualità di questa unione, suscitando però in tal modo la sua ira. I principi erano stati educati da San Chad, vescovo di Lichfield, che viveva in una foresta e dava perciò loro la possibilità di mascherare le visite rivoltegli con delle spedizioni di caccia. Werbod denunciò questo fatto al re e questi non esitò a farli uccidere. Anche Werbod, però, ben presto andò incontro ad una miserabile morte ed il sovrano, roso dal rimorso, mutò in positivo i suoi rapporti con la sua santa consorte e con San Chad. Questi eventi incoraggiarono Vereburga nel suo proposito e chiese allora il permesso al padre di poter entrare ad Ely.
Un’altra antica leggenda spiega il perché l’oca sia divenuto l’emblema principale di questa santa: un gruppo di oche selvatiche devasto i raccolti di Weedon e Vereburga le fece catturare, ma dopo che nottetempo un servo ne uccise una e la cucinò, la santa la riportò in vita. Lo stormo di animali poi fuggì, senza più tornare a rovinare i raccolti. Le reliquie di Santa Vereburga vennero nuovamente traslate nella cattedrale di Chester nel 1095, cioè pressappoco quando Goscelino scrisse la sua Vita, ove questa leggenda è raffigurata su una mensola d’appoggio di un sedile del coro: al centro vi è la santa con un bastone pastorale in mano, mentre un servo le porge un’oca; sulla destra un uomo confessa di aver rubato l’animale, mentre a sinistra si scorgono le altre oche rinchiuse. Questa storiella in realtà era già stata utilizzata dallo stesso autore nella Vita di Santa Amalberga.
4) Lettura: Vangelo secondo Marco 6, 30 – 34
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
5) Riflessione [3] sul Vangelo secondo Marco 6, 30 – 34
- «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» – Mc 6,31 – Come vivere questa Parola?
La folla che seguiva il Signore affascinata dal suo “essere” e dal suo “dire” era come l’accavallarsi di onde che a un certo punto travolgevano la vita stessa. Basta dire che Marco annota: non riuscivano neppure a mangiare. Gesù però vigila sulla “vita”: la difende e promuove. In questo frangente invita i suoi a tirarsi fuori dalla ressa e a cercare due realtà: un luogo solitario e un tempo preciso per riposare.
È una pagina questa di una attualità insuperabile. Perché, anche oggi, la vita è un “affollarsi” di realtà che la sommergono.
Si affollano non tanto e non sempre le persone attorno a noi ma le “urgenze” di cose da fare: al lavoro, allo studio e perfino nel così detto “tempo libero“. Tutto è strangolato da imprescindibili scadenze e da un correre convulso che non è solo dei bus sulle strade ma delle persone e delle cose. Prima che diventi una malattia, bisogna verificare il ritmo convulso del nostro vivere. Meglio fare meno guadagnando meno, che fare molto perdendo forze salute e spiritualità.
Dio ci ha creato in uno splendido giardino: quello dell'”Eden”, perché avessimo un rapporto stretto e buono con le buone cose che Lui ha creato proprio per noi.
Bisogna usare delle cose degli ambienti e del tempo, ma non abusarne, diventando schiavi. Un uomo è libero nella misura che sa ritmare la vita tra preghiera lavoro e riposo; sa respirare la vivace aria cittadina e quella pulita salubre di campagna ai mari e ai monti.
Signore, in un mondo arricchito da tanta realtà utile fa’ che ce ne serviamo restando però liberi nella nostra umanità che decide spazi e tempi non solo lavorativi ma di riposo a contatto con il tuo bel creato.
Ecco la voce di un santo S. Agostino: “Ci hai fatti per Te, Signore, e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in Te”.
- Il Signore è mio Pastore, non manco di nulla.
E oggi, nel Vangelo, è proprio bello vedere gli Apostoli che si riuniscono tutti attorno a Gesù e, gioiosi, gli raccontano tutto, come dei bravi figlioli al loro Papà amato. Ma sono un po’ stanchi perché l’apostolato, a volte, stanca anche un po’… E Gesù se ne accorge. E li invita dolcemente: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un poco!”. Infatti la gente era proprio tanta, ed essi non avevano neanche il tempo di mangiare… Ma Gesù ha il cuore compassionevole e li invita a riposare: andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Ma il riposo durò poco perché molti “accorsero là a piedi e li precedettero“… erano già là ad aspettare Gesù! Egli allora scese dalla barca, e vedendo “una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno Pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose“. Gesù ha un Cuore compassionevole verso tutti: verso la gente, verso ognuno di noi. E capita che oggi, a volte, anche noi ci sentiamo un po’ come pecore senza Pastore… e ne soffriamo dentro l’anima nostra. Ma Gesù è un Dio d’Amore, è un Dio misericordioso, e mai ci abbandona… Il Signore è il mio Pastore, non manco di nulla, su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce...”. E anche sua Madre Maria, come Lui, ha il Cuore pieno di amore di compassione verso tutti i suoi figli tribolati… E proprio oggi ricordiamo il primo sabato del mese, dedicato al Cuore Immacolato di Maria: a Fatima infatti la Madonna ha chiesto la Comunione riparatrice al suo Cuore Immacolato e il Rosario meditato. E chi lo fa per cinque mesi consecutivi ottiene molte grazie, compresa quella della perseveranza finale.
- «Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose». – Mc 6, 34 – Come vivere questa Parola?
Quanto è forte la tristezza di Gesù, lui si commuove per noi ogni volta che ci vede come pecore che non sanno dove andare, senza pastore, senza nessuno che ci guidi, senza una luce che ci permetta di ritrovare il cammino.
Ma forse Lui non c’è? Come mai a volte siamo proprio persi e invece di cercare in Lui camminiamo verso la strada opposta?
E noi crediamo, e noi speriamo, e noi amiamo.
“Il Signore è il mio pastore! Non manco di nulla! Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici” (Sal23,1.3-5).
Allora Gesù comincia a insegnare loro molte cose. Il vangelo di Marco ci dice molte volte che Gesù insegnava. La gente rimane impressionata: “Un nuovo insegnamento! Dato con autorità! Diverso dagli scribi!”
Insegnare non è solo questione di verità nuove da dire. Il contenuto che Gesù dava non appariva solamente nelle parole, ma anche nei gesti e nel suo modo di rapportarsi con le persone. Il contenuto non è mai separato dalla persona che lo comunica. Gesù era una persona accogliente (Mc 6,34). Voleva il bene della gente. La bontà e l’amore che emergevano dalle sue parole facevano parte del contenuto. Erano il suo temperamento. Un contenuto buono, senza bontà, è come latte caduto a terra.
L’insegnamento di Gesù era una comunicazione che scaturiva dall’abbondanza del cuore.
Signore, aiutaci a unificare in Te la nostra mente, i nostri affetti e le nostre azioni, così l’armonia della propria vita sarà segno della tua presenza e del tuo Amore.
Ecco la voce di Papa Francesco (Angelus 19 luglio 2015): “Vedere e avere compassione, sono sempre associati nell’atteggiamento di Gesù, infatti il suo sguardo non è lo sguardo di un sociologo o di un fotoreporter, perché egli guarda sempre con gli occhi del cuore.”
6) Per un confronto personale
- Gesù si preoccupa del uomo intero, anche del suo riposo. E noi come ci comportiamo con il nostro prossimo?
- Come fai tu quando vuoi insegnare agli altri qualcosa della tua fede e della tua religione? Imiti Gesù?
7) Preghiera finale: Salmo 118
Insegnami, Signore, i tuoi decreti.
Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola.
Con tutto il mio cuore ti cerco:
non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.
Ripongo nel cuore la tua promessa
per non peccare contro di te.
Benedetto sei tu, Signore:
insegnami i tuoi decreti.
Con le mie labbra ho raccontato
tutti i giudizi della tua bocca.
Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia,
più che in tutte le ricchezze.
- [1] www.santodelgiorno.it
- [2] www.santiebeati.it
- [3] www.lachiesa.it – www.qumran2.net – Monaci Benedettini Silvestrini – Casa di Preghiera San Biagio
c/o Monastero Adoratrici del SS. Sacramento
Via G. Byron 15 – 16145 Genova
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