Lectio divina 20 aprile 2018 – Suore di Casa Raffael

Venerdì della Terza Settimana di Pasqua (Anno B)

Lectio:

  • Atti degli Apostoli 9, 1 – 20

  • Giovanni 6, 52 – 59

1) Preghiera

Dio onnipotente, che ci hai dato la grazia di conoscere il lieto annunzio della risurrezione, fa’ che rinasciamo a vita nuova per la forza del tuo Spirito di amore.

2) Lettura: Atti degli Apostoli 9, 1 – 20

In quei giorni, Sàulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damàsco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via.

E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damàsco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Sàulo, Sàulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».

Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda.

C’era a Damàsco un discepolo di nome Ananìa. Il Signore in una visione gli disse: «Ananìa!». Rispose: «Eccomi, Signore!». E il Signore a lui: «Su, va’ nella strada chiamata Diritta e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Sàulo, di Tarso; ecco, sta pregando, e ha visto in visione un uomo, di nome Ananìa, venire a imporgli le mani perché recuperasse la vista». Rispose Ananìa: «Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti quanto male ha fatto ai tuoi fedeli a Gerusalemme. Inoltre, qui egli ha l’autorizzazione dei capi dei sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome». Ma il Signore gli disse: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome».

Allora Ananìa andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Sàulo, fratello, mi ha mandato a te il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo». E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono.

Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damàsco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio.

3) Riflessione su Atti degli Apostoli 9, 1 – 20

Saulo allora si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda. –  At 9,8-9 – Come vivere questa Parola?

È stupendo come la liturgia di questa terza settimana di Pasqua ci stia facendo sperimentare la potenza della risurrezione!

Oggi è Gesù stesso che interviene con Saulo, il più temuto dai discepoli per le stragi che compiva verso i cristiani. Sulla via di Damasco lo travolge e lo butta giù da cavallo. Questa esperienza può essere letta in tanti modi: storico, psicologico, metaforico e simbolico, spirituale. Sta di fatto che Saulo è a terra, cieco e… avvolto da una luce dal cielo! Se poco prima era egli il conduttore degli uomini ingaggiati per distruggere, ora sono essi stessi a guidarlo per mano a Damasco, sulla via Diritta, a casa di un certo Giuda. Qui Saulo rimane senza prendere cibo né bevanda per tre giorni.

Tre giorni! A noi che veniamo dalla Pasqua, questi “tre giorni” dicono molto. Tre giorni nella tomba sono solo il preludio di una vita nuova, totalmente altra! Così è per Saulo che, battezzato, diventa Paolo: un’altra persona, un condottiero di Dio!

D’ora in poi si udrà un solo desiderio sulle sue labbra: annunciare il vangelo e vivere di Cristo. Dopo tre giorni senza prendere cibo né bevanda, sua acqua e suo nutrimento saranno d’ora in poi Cristo, che nel suo cuore, come nel cuore di ogni cristiano, continua a ripetere: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.”

Oggi, nel nostro rientro al cuore, lasceremo che la luce del Risorto illumini le nostre oscurità, ci ridoni vista chiara per vedere la Sua Presenza viva e reale nel Pane eucaristico. Troviamo, oggi, un tempo per una adorazione eucaristica umile e silenziosa.

Signore Gesù, ti adoriamo presente nell’Ostia. Ci affidiamo umili e fiduciosi al tuo mistero di amore che si fa prossimo a noi in un modo misterioso e semplice. Nutrici di te e facci forte nella fede.

Ecco la voce di una umile santa Maria Domenica Mazzarello: Mie buone figlie, pensate che dove regna la carità vi è il Paradiso, Gesù si compiace tanto di star in mezzo alle figlie che sono umili, obbedienti e caritatevoli. Fate in modo che Gesù possa star volentieri in mezzo a voi.

Saulo, fratello, mi ha mandato a te, quel Gesù che ti è apparso sulla strada che percorrevi, perché tu riacquisti la vista e sia colmato di Spirito Santo. –  Come vivere questa Parola?

Paolo, l’accanito persecutore dei cristiani, viene folgorato dalla grazia di Dio proprio mentre sta dando libero sfogo alla sua avversione verso quella che considera una perniciosa eresia da sradicare prima che prenda troppo piede. È Gesù stesso a bloccarlo sulla via di Damasco con una visione che gli fa prendere atto della terribile cecità in cui si dibatte il suo spirito.

Il suo animo è ormai orientato verso la verità: non oppone resistenza a chi prima perseguitava spietatamente. Solo una domanda: chi sei? Poi la resa incondizionata. Eppure per riacquistare la vista ha bisogno di incontrarsi con Anania. È la tattica di Dio: egli si serve delle mediazioni, coinvolge l’uomo per soccorrere chi cerca la luce.

Dal nostro sì, dalla nostra disponibilità dipende in parte la salvezza di chi stenta a credere. Uomini e donne i cui occhi sono spenti, accecati da tante luci illusorie che poi lasciano delusi e amareggiati. Uomini e donne che forse come Paolo si scagliano contro la Chiesa, contro Colui che in fondo non conoscono. La nostra reazione può ricalcare quella iniziale di Anania: “Ho udito tutto il male che ha fatto”. Una reazione più che giustificata che spinge a mettersi al sicuro. Ma non la pensa così il Signore. Egli è venuto perché tutti, proprio tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. E in questo vuole essere affiancato da noi che per primi siamo stati raggiunti dalla sua grazia. Un dono, sicuramente, ma non un privilegio da gestire arbitrariamente. Se siamo stati chiamati alla sua sequela è per diventare luce e sale della terra. E dove si accende una luce se non là dove le tenebre incombono?

Oggi, nella nostra pausa contemplativa, ci lasceremo provocare dal Signore che ci chiede di non mimetizzare la nostra fede, ma di andare verso il fratello che fatica a credere nel segno del rispetto e della carità.

Donaci, Signore, il coraggio di testimoniare il tuo amore a chi fatica a credere.

Ecco la voce di un santo S. Luigi Orione: C’è una corruzione, nella società, spaventosa; c’è una ignoranza di Dio spaventosa; c’è un materialismo, un odio spaventoso: solo la Carità potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni e salvarle.

4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 6, 52 – 59 

In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

5) Riflessione sul Vangelo secondo Giovanni 6, 52 – 59 

Come può?

Per chi non comprende, alla luce della fede, i significati reconditi dell’invito di Cristo a mangiare la sua carne e bere il suo sangue, gli interrogativi diventano pressanti ed ogni spiegazione risulterebbe inutile, paradossale e scandalosa. Gesù però, dinanzi alle discussioni dei soliti giudei nella sinagoga di Cafàrnao, non intende minimizzare affatto il suo messaggio, anzi lo rende ancora più incalzante: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». Non c’è più scampo ad equivoci: è questione di vita o di morte; la vita del mondo, la vita di ogni uomo è ormai indissolubilmente legata a quel cibo divino. E non solo la vita presente, ma anche la nostra eternità e la nostra risurrezione dipendono ancora da quell’intima comunione che Cristo vuole stabilire con ognuno di noi. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”. Dimorare in Dio, essere certi che Cristo vive in noi, deve dunque diventare la suprema aspirazione dell’uomo; il Signore Gesù paragona la comunione che intende stabilire con noi con quella di cui egli stesso gode con il Padre celeste. Si tratta quindi di una comunione piena, di vita, di amore, di condivisione intima e totale. Anche il nostro linguaggio ci tradisce: noi siamo soliti dire che facciamo la comunione e raramente osiamo esprimere l’impegno cristiano di stare in piena comunione con Cristo in modo stabile, continuo, crescente. Dobbiamo ammettere che siamo ben lungi da quanto Cristo ci propone in campo eucaristico: la dottrina che l’evangelista Giovanni ci va offrendo in questi giorni ci rende sempre più consapevoli di come e quanto sia stata svilita nei suoi valori essenziale e vitali. Forse proprio in questa mutilazione dottrinale e pratica troviamo la spiegazione delle numerose e prolungate assenze di tanti cristiani dalle nostre Messe. Non siamo ancora riusciti a far comprendere l’intimo legame che Gesù voleva stabilire con la vita di ciascuno di noi. È ancora, per nostra colpa, assente dal mondo, dalle nostre vicende, dalle nostre storie… è ancora chiuso nei tabernacoli o relegato nei cieli!

«Come può costui darci la sua carne da mangiare? Gesù disse loro: “In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”». – Gv 6, 52-54 –  Come vivere questa Parola?

Ciò che ci colpisce nel vangelo odierno di Giovanni è il realismo, o meglio ancora, il ‘verismo’ crudo delle affermazioni di Gesù. Ai Giudei sembrava una cosa inverosimile, se non addirittura scandalosa, sentir dire dal Maestro di Nazaret che avrebbero dovuto mangiare la carne di un uomo e bere il suo sangue! E anche noi avremmo avuto lo stesso atteggiamento di rifiuto. Gesù avrebbe potuto rispondere cercando di attenuare la crudezza delle sue parole, tentando di spiegarle in qualche modo, nel senso che non si trattava di mangiare la sua carne, ma di aderire totalmente nella fede alla realtà della sua persona.

Invece egli ha scelto di insistere sul crudo realismo delle sue parole. E questo per sottolineare fortemente l’importanza e la centralità dell’Eucaristia. Gesù non ci lascia soli nella solitudine di una fede puramente interiore, ma ha voluto essere con noi nel realismo del suo corpo e del suo sangue, che ci vengono da qualcuno che è esterno a noi e non soltanto da uno che è presente solo nella nostra interiorità. Noi, imbevuti come siamo del nostro io soggettivo, corriamo il rischio di racchiudere tutto nel nostro intimo, prescindendo dal valore obiettivo delle cose esterne. Gesù, col suo linguaggio crudo, ci invita a una profonda adesione a lui anche esterna. È, infatti, evidente che non possiamo darci da soli il corpo e il sangue di Gesù per avere la vita eterna: dobbiamo riceverli dall’esterno. La fede nell’Eucaristia ha una sua dimensione importante anche esterna, che poi diviene anche nostro nutrimento interiore.

Oggi, in un momento di preghiera personale, chiederemo al Signore Gesù la grazia di comprendere, in virtù anche di queste sue parole, la grandezza e centralità del mistero del suo Corpo e del suo sangue nella nostra vita. Ci chiederemo: «Come partecipiamo all’Eucaristia domenicale o anche infrasettimanale?».

Ecco la voce di due Papi Papa Francesco e Benedetto XVI (Enciclica Lumen Fidei, num. 44): «Nell’Eucaristia impariamo a vedere la profondità del reale. Il pane e il vino si trasformano nel corpo e sangue di Cristo, che si fa presente nel suo cammino pasquale verso il Padre; questo movimento ci introduce, corpo e anima, nel movimento di tutto il creato verso la sua pienezza in Dio»

Chi sei o Signore?

Siamo sempre liberi di scegliere, ma anche il Signore è libero di proporsi in modo forte e decisivo quando il cuore si indurisce. Non possiamo riconoscerlo subito se non comprendiamo più la Misericordia, se il linguaggio dell’amore diventa per noi indecifrabile, ma… ardiamo dal desiderio di sapere chi è che ci avvolge di calda luce e ci attrae così fortemente. Per soddisfare questa conoscenza dobbiamo accettare di essere presi per mano perché è davvero difficile vedere nella sofferenza in cui vive un cuore irrigidito. Ci viene chiesto di attendere nella fede pregando incessantemente in un dialogo intimo e vivo con il Risorto che ci è vicino come ha promesso. Così vicino che, accostandoci alla mensa possiamo vederlo e mangiarlo, assimilarlo ed essere assimilati da lui per un meraviglioso mistero di fusione tra finito e infinito. Sant’Efrem dice: Ha trasferito “il genere umano nella casa della vita” perché “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui”. Allora sei la nostra casa, o Signore, in Te amiamo rientrare quando l’affanno consuma la pace, quando la stanchezza affievolisce il passo, ma anche quando le tue creature ci danno gioia e il nostro cuore si dilata in un mondo nel quale è stata vinta la morte. Per la tua Risurrezione, o Cristo, gioiscono i cieli e la terra; è l’inevitabile canto di lode della natura redenta dal tuo sangue che è donata e si dona in un circolo infinito di amore… “Venite, offriamo il nostro amore come sacrificio grande e universale, eleviamo cantici solenni e rivolgiamo preghiere a colui che offrì la sua croce in sacrificio a Dio per rendere ricchi tutti noi del suo inestimabile tesoro”.

6) Per un confronto personale

A partire dal Discorso del Pane di Vita, la celebrazione dell’Eucaristia riceve una luce molto forte ed un enorme approfondimento. Qual è la luce che sto vedendo e che mi aiuta a fare un passo?

Mangiare la carne e il sangue di Gesù, è il comandamento che lui ci lascia. Come vivo l’eucaristia nella mia vita? Anche se non posso andare a messa tutti i giorni o tutte le domeniche, la mia vita deve essere eucaristia. Come cerco di raggiungere questo obiettivo?

7) Preghiera finale: Salmo 116

Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo.

Genti tutte, lodate il Signore,
popoli tutti, cantate la sua lode.
Perché forte è il suo amore per noi
e la fedeltà del Signore dura per sempre.

Suore di Casa Raffael

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