Martedì della Terza Settimana di Pasqua (Anno B)
Lectio:
- Atti degli Apostoli 7,51-8,1a
- Giovanni 6, 30 – 35
1) Preghiera
O Dio, che apri la porta del tuo regno agli uomini rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo, accresci in noi la grazia del Battesimo, perché liberi da ogni colpa possiamo ereditare i beni da te promessi.
2) Lettura: Atti degli Apostoli 7,51-8,1a
In quei giorni, Stefano [diceva al popolo, agli anziani e agli scribi:] «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata».
All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.
Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio».
Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Sàulo.
E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
Sàulo approvava la sua uccisione.
3) Commento su Atti degli Apostoli 7,51-8,1a
Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. – At 7,51 – Come vivere questa Parola?
Le parole di Stefano sono dure, ma non meno di quelle che già Dio aveva usato con Mosè e poi con i profeti: “Questo è un popolo dalla dura cervice” (Es,33,5), e ancora: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me” (Is 29,13).
Gesù è risorto, l’annuncio di questa travolgente storia di gioia e pace si diffonde, ma i ‘grandi’ del popolo, anziani e scribi, coloro che pretendono di avere la verità in tasca, si oppongono, anzi, “resistono allo Spirito Santo” che, proprio Lui, è all’opera dentro questa primavera della storia. Ormai il Consolatore promesso da Gesù sta rivelando a tutti la verità dell’Uomo di Nazareth, non ascoltarlo è davvero segno di chiusura e di rifiuto.
E chi resiste allo Spirito Santo, chi non riconosce in Gesù il Figlio di Dio che per amore ha preso la nostra carne, chi non accoglie il suo messaggio vitale di amore e di pace, implode nel cuore e nella mente: produce in sé e attorno a sé pensieri e sentimenti necrofili, di putridume e di morte. Infatti uccideranno Stefano, come gli altri prima di loro hanno ucciso Gesù.
Il coraggio dell’annuncio, e la fedeltà di Stefano chiediamo oggi, nel rientro al cuore. Anche a noi sarà dato di contemplare i cieli aperti e l’abbraccio accogliente e benedicente di Gesù risorto.
Ecco la voce di un martire di oggi Shahbaz Batti: Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora, in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del mio paese, Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”.
«Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui. – Atti 7,56-57 – Come vivere questa Parola?
Stefano vive l’ora del suo martirio, in una tale certezza di fede-speranza che è come se già il cielo si schiudesse sopra il suo capo, così come luminosamente splende nel suo cuore. Stefano, completando la sua fede chiara in Dio Padre con quella cristiana che è fede nel Figlio di Dio, vede la gloria di Dio e Gesù che sta alla sua destra, e lo proclama con gioia estatica. Ma la sua luce, anzi il suo essere figlio della luce scatena le tenebre dell’odio e della violenza: la rabbia di quelli che non vogliono saperne di Gesù e dei suoi testimoni. Ecco: il testo dice la loro rabbia malevola con quelle parole: “si turarono gli orecchi e poi si scagliarono tutti insieme contro di lui”.
Sì, anche nel male, nell’anti-amore c’è coalizione. L’accecamento che nasce dalla rivolta di chi non accetta la verità circa il proprio cattivo operare suscita il gesto che è tra il ridicolo e il tragico: quello di tapparsi gli orecchi alzando grida altissime di ingiusta condanna. Quel che poi avviene è il frutto maturo di un rancore odio invidia e ingiusta condanna che non possono più contenere. Non a uno a uno ma tutti insieme si scagliano contro Stefano uccidendolo con la lapidazione.
Contemplare oggi questa scena dura drammatica e tuttavia folgorante significa persuadersi che ciò che conta, anche oggi, in un mondo paganeggiante, è scegliere di vivere da testimoni di Cristo, costi quel che costi. Non saremo lapidati ma irrisi e non gratificati da leggi civili o di favoreggiamenti vari.
Splenderà però il sole di Cristo nel nostro cuore e la sua gioia sarà anche la nostra.
Ecco la voce di un teologo Maurice Zundel: I libri, i documenti, i ragionamenti non ci potranno mai convincere e convertire. Ciò di cui c’è bisogno è la luce di una vita, l’irradiamento di un volto, il battito di un cuore: è il dono di tutta una vita.
4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 6, 30 – 35
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
5) Commento sul Vangelo secondo Giovanni 6, 30 – 35
Il pane di Dio è colui che discende dal cielo, e dà la vita al mondo.
Era convinzione comune che il dono della manna, ottenuta da Mosè, fosse il più grande segno compiuto da Dio, e che il promesso Messia ne avrebbe compiuto uno simile. Ecco allora logica e pertinente la richiesta, che la folla pretende da Gesù: “Quale segno dunque fai tu, perché vediamo e possiamo crederti?” Con inizio solenne, tipico delle grandi proclamazioni, Gesù ricorda che la benefica e nutriente manna era dono del Padre suo, aggiungendo: “non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo“. Su questa sua solenne affermazione, ricca di significati da intendersi al di là della materialità dell’espressione, avviene di nuovo il fraintendimento degli ascoltatori, nella loro mente c’è sempre un alimento terreno. Allora gli dissero: “Signore, dacci sempre di questo pane“. Siamo di terra; facciamo fatica ad elevarci, ci è difficile capire la sua rivelazione senza equivocarla. La richiesta dei giudei di avere da Gesù il pane del quale si parla, va in direzione opposta a quella che il Signore intende donare. Essi chiedono una cosa, un alimento, mentre egli vuole donare se stesso. Gesù tronca tale argomentazione, invischiata ormai su un pane materiale alla maniera della manna, mangiata nel deserto, e proclama: “Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo“. Come è grande questa frase! Gesù non fa un discorso religioso, per intimi, nella sfera della coscienza, ma un discorso di vita; è importante capire questo! Egli medesimo, nella sua persona umano-divina, si offre ai suoi come nutrimento e sostentamento della vita a loro comunicata. Fuori di Gesù non c’è vita, ma c’è solo lo sforzo; sforzo che è puntualmente frustrato dalle circostanze dell’esistenza. Dio non ci da tutto, come bisogno materiale. Nello stesso tempo colma in noi il desiderio di lui, pienezza di quanto possiamo volere, non necessariamente gli altri appetiti terreni. Tutto questo suscita una profonda riflessione su quale sia la nostra reale relazione con lui. Quanto egli conti per noi, quanto in sostanza sia veramente il nostro pane.
“Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?” – Come vivere questa Parola?
Nel Vangelo di oggi Gesù cerca di far comprendere alla folla che ha mangiato il pane da lui benedetto e moltiplicato che cosa significhi credere. Non è una risposta ovvia e consequenziale ad un ‘segno’ evidente e pragmatico, è l’accettazione di un Amore che si fa Pane di Vita per sfamare l’eterno desiderio dell’uomo di ‘un di più’, di ‘un oltre’ che per amore rimane nel tempo per sempre. Il ‘segno’ del Pane disceso dal cielo capace di dare la vita, nel linguaggio di Giovanni, svela l’identità di Gesù: Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Egli stesso, dunque, è il ‘segno’! La fede, allora, è adesione a Lui, alla sua persona: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame…”, non è osservanza di una dottrina. Il vero pane è Gesù, non le altre offerte di salvezza che potrebbero solo preparare e avviare ma mai essere meta e conclusione.
La fede è dunque adesione alla modalità di essere di Gesù: una esistenza in dono. Il ‘Pane del cielo che dà la vita al mondo‘ è la rivelazione del significato profondo del Cristo e del suo mistero pasquale e dunque dell’uomo stesso, di ciascuno di noi.
E noi abbiamo bisogno proprio di questo: abbiamo ‘fame’ ‘desiderio’ di un Dio che non stia per i fatti suoi, beato nella sua onnipotenza e perfezione, ma che si doni a noi, che ci riveli le nostre origini, che ci sia ‘terrà dove stendere le nostre radici nella serenità e nella fiducia, che ci ‘nutrà quando la fame di senso attanaglia il nostro essere temporale e fragile.
Ma abbiamo anche bisogno di Qualcuno che ci faccia diventare ciò che profondamente sperimentiamo di essere e che fatichiamo a tradurre nei mille gesti di ogni giorno: dono.
Ecco la fede: non adesione intellettualistica ad un sistema di sapere, ma l’incontro con Una Persona, Cristo, che rivelandosi nella Parola e nel Pane, rivela noi a noi stessi e ci rende capaci di essere ciò che siamo secondo il progetto creatore: esistenza in dono.
Oggi, nella nostra pausa contemplativa, ci tufferemo con gioia nel mistero pasquale che, in questo periodo, la liturgia offre alla nostra meditazione e alla nostra vita. Sì, lo meditiamo, contemplando la persona di Gesù risorto, mentre gli diciamo: Dacci il tuo Pane, dacci Te! Perché noi ci percepiamo amati da te e percependoci sfamati nell’amore, impariamo ogni giorno da te ad amare gli altri in sincerità e purezza di cuore.
Ecco la voce di un Santo Vescovo San Francesco di Sales: Il Pane che da la Vita. Fa’ sovente la Comunione, o Filotea, e credi a me: come le lepri diventano bianche d’inverno perché non mangiano altro che neve, così a forza di adorare e mangiare la bellezza, la bontà, la purezza medesima in questo divin Sacramento, diventerai tu pure tutta bella, tutta buona, tutta pura!
«Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». – Gv 6, 35 – Come vivere questa Parola?
I Giudei chiedevano a Gesù – come al solito – un segno per credere. Gesù offriva molti segni, ma essi non li vedevano, non riuscivano a vedere l’azione di Dio nelle opere di Gesù e continuavano a chiedere un segno. Nella storia del popolo ebraico c’era stato un segno dal cielo: la manna. I Giudei reclamavano anche loro da Gesù «il pane dal cielo», come lo ebbero i loro padri nel deserto. Gesù risponde loro che quel ‘pane’ in realtà non era «dal cielo», ma anch’esso era un cibo materiale: «Non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero» (v. 32). Il Signore Gesù offriva loro il vero pane dal cielo: «colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (v. 33). Ma essi continuavano pervicacemente a non credere, a non accogliere quel pane vero che era Gesù stesso. Essi, in realtà, volevano un segno secondo i loro propri gusti personali. Il Signore li chiamava alla fede, a riconoscere i prodigi operati da Dio nella realtà della sua persona, andando al di là delle apparenze, a scoprire che nelle sue parole, nella sua testimonianza, nel dono che egli faceva della sua vita, c’era il vero pane dal cielo.
Anche per noi oggi si verifica la stessa cosa e questa è, purtroppo, anche la nostra storia. Corriamo sovente il rischio di non valutare le tante grazie che il Signore ci dà continuamente e fissiamo invece il nostro sguardo solo sugli aspetti negativi e le difficoltà della nostra vita. E così siamo sempre un po’ inclini al pessimismo e insoddisfatti, continuando ad avere sempre fame e sete. Invece, se avessimo un po’ di fede vera, ci accorgeremmo che il Signore Gesù è costantemente in mezzo a noi con la sua Parola, con i sacramenti, in particolare con l’Eucaristia, il vero ‘pane della vita’.
In un momento di preghiera intensa e di raccoglimento, in questo tempo di Pasqua, chiederemo ardentemente al Risorto la grazia di tenere costantemente gli occhi aperti sulla bontà e misericordia di Dio verso di noi e su tutti i suoi innumerevoli doni con cui ci circonda. E saremo nella gioia, e non avremo più fame, né avremo più sete!
Ecco la voce del grande S. Agostino (Le Confessioni 1,1): «Ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te»
6) Per un confronto personale
Fame di pane, fame di Dio. Quale delle due predomina in me?
Gesù disse: “Io sono il pane di vita”. Lui toglie la fame e la sete. Quale esperienza ho di questo nella mia vita?
7) Preghiera finale: Salmo 30
Alle tue mani, Signore, affido il mio spirito.
Sii per me, Signore, una roccia di rifugio,
un luogo fortificato che mi salva.
Perché mia rupe e mia fortezza tu sei,
per il tuo nome guidami e conducimi.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
Io confido nel Signore.
Esulterò e gioirò per la tua grazia.
Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Benedetto il Signore,
che per me ha fatto meraviglie di grazia.
Suore di Casa Raffael
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