Lectio divina 14 aprile 2018 – Suore di Casa Raffael

Sabato della Seconda Settimana di Pasqua (anno B)

Lectio:

  • Atti degli Apostoli 6, 1 – 7
  • Giovanni 6, 16 – 21

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna.

2) Lettura: Atti degli Apostoli 6, 1 – 7

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.

Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».

Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.

E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

 3) Commento su Atti degli Apostoli 6, 1 – 7

● In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove – At 6,1 – Come vivere questa Parola?

Anche nell’idilliaco mondo degli Atti si verificano delle crepe. In realtà gli Atti non vogliono offrire lo spaccato di una comunità ideale lontana dalla concretezza del vissuto, ma indicare una modalità ispirata dall’amore per affrontare e risolvere i problemi.

Nei capitoli precedenti si era sottolineata l’attenzione reciproca che tendeva a ridurre le disuguaglianze economiche in modo da garantire a tutti il necessario. Qui troviamo che alcuni lamentano una carenza proprio in questo ambito: una categoria di persone non godrebbe di questa equa distribuzione.

Il problema non viene né sminuito né accantonato.

Dal contesto si coglie che esso non è attribuibile a cattiva volontà o ad arbitrarie e riprovevoli parzialità, ma solo al limite connesso all’incremento dei fedeli che rende più difficile tener dietro a tutto e a tutti.

Lo stile più familiare deve necessariamente cedere il passo a un contesto più organizzato, dove si prevede una distribuzione di compiti e di ruoli diversificati, in modo che l’intera comunità possa essere seguita adeguatamente in tutti i suoi bisogni: materiali e spirituali.

La scelta, rispettosa della profonda unità dell’unico corpo ecclesiale, porta quindi ad evitare sia uno spiritualismo astratto, dove esiste solo la preoccupazione dell’annuncio, sia un materialismo soffocante che fa convergere tutto nell’esclusiva attenzione ai bisogni primari dell’uomo. Le esigenze dell’annuncio, riservato soprattutto ma non esclusivamente agli apostoli, si coniugano armoniosamente con una prassi caritativa che ne è la naturale conseguenza, e di cui si fanno maggiormente carico i diaconi.

L’unità della Chiesa e la sua fedeltà al mandato di Cristo non solo non sono minacciate, ma garantite da questa illuminata attenzione ai segni dei tempi.

Donaci, Signore, una fedeltà dinamica e creativa, capace di sintonizzarsi con l’oggi, così da incarnare in esso i perenni valori della fede.

Ecco la voce di un grande Papa Giovanni Paolo II: Una grande, impegnativa e magnifica impresa è affidata alla Chiesa: quella di una nuova evangelizzazione, di cui il mondo attuale ha immenso bisogno. I fedeli laici devono sentirsi parte viva e responsabile di quest’impresa, chiamati come sono ad annunciare e a vivere il Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona e della società

● I Dodici […] dissero: Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. – Come vivere questa Parola?

È la Chiesa delle origini che trova, a poco a poco, il suo modo di configurarsi avendo sempre come anima lo Spirito Santo e come legge il Vangelo di Gesù.

Si tratta qui di ascoltare anche gli insorgenti bisogni e dare a tutto un ordinamento vitale. Così “i dodici” (gli Apostoli) ora si rendono conto di non poter, da soli, sopperire a tutto. Cercano la collaborazione dei fedeli: quelli che godono la stima del popolo. A loro affidano l’impegno caritativo-sociale, mentre essi si radicano ancor meglio nella persuasione che il loro compito specifico è quello di ascoltare pregare celebrare e annunciare la Parola di Dio che non può mai e poi mai essere trascurata.

È molto importante che tutti – presbiteri consacrati e laici – abbiano ben chiara questa peculiarità. I primi per viverla senza sconti, gli altri per non diventare complici (fosse anche con buone intenzioni) di confusioni e annacquamenti della spiritualità.

Oggi, nel nostro rientro al cuore, senza pensieri di cattiva critica a specifiche persone, ma con chiara visione dei fatti, riflettiamo sulla necessità che preti, consacrati e laici impegnati siano nutriti giornalmente della Parola di Dio meditata e pregata. Dopo, questa Parola stessa diventa necessariamente vita e annuncio.

Signore, donaci sacerdoti santi perché cultori della Parola che annunciano. E fa dei laici gente affamata di una Parola che non va mai disattesa, pena la malattia dello spirito, la morte del cuore.

Ecco le parole di un grande ecumenista contemporaneo Jean Corion: Noi siamo smarriti come orfani finché non accogliamo lo Spirito filiale come nostra origine verginale. Viviamo tutto come un’imposizione e siamo schiavi finché non ci consegniamo a Lui, che è la libertà e la grazia. E dato che Egli è il soffio del Verbo, è Lui che ci può insegnare ad ascoltare – si è muti soltanto perché si è sordi – e più sapremo ascoltare il Verbo.

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4) Lettura: Vangelo secondo Giovanni 6, 16 – 21 

Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao.

Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!».

Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

5) Commento sul Vangelo secondo Giovanni 6, 16 – 21

● Dal racconto degli altri Vangeli sappiamo il carattere drammatico della traversata del lago agitato: come le onde facessero dondolare la barca da una parte all’altra, e i discepoli, che Gesù aveva esortato a precederlo dall’altra parte del lago, temessero per la loro vita. Il Vangelo di san Giovanni non racconta niente di tutto questo. Certamente si può immaginare il comportamento dei discepoli, ma non viene menzionato. Chiaramente, l’evangelista non vuole che ci soffermiamo sull’atteggiamento dei discepoli; perché, in fondo, ciò non ha importanza per il racconto. Solo Gesù è importante. I discepoli se ne sono resi conto: bisogna che Gesù salga sulla loro barca, altrimenti questa non raggiungerà la riva. Ma i discepoli hanno sottovalutato Gesù: la barca raggiunge sempre il suo scopo, se Gesù lo vuole; questo non dipende assolutamente dalla sua presenza fisica sulla barca. Gesù rimane sempre il padrone della sua Chiesa. Senza restrizioni. Ed è per questo che egli può dire di se stesso: sono io. Nell’Antico Testamento, è in questo modo che Dio parlava al suo popolo.

● Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato perché soffiava un forte vento. –  Gv 6, 17-18 –  Come vivere questa parola?

Venuta la sera, di discepoli di Gesù, decidono di tornare alla normalità di Cafarnao: può darsi che si sentivano un po’ confusi, delusi: la folla voleva proclamare Gesù re, ed egli fugge e si nasconde da essa!

L’evangelista con il suo linguaggio simbolico esprime questa confusione con il buio, il mare agitato, il vento forte; la natura riflette lo stato d’animo dei discepoli, soli, senza la presenza di Gesù. Gesù arriva camminando sulle acque agitate e subito c’è calma e si giunge alla sponda. I discepoli hanno paura e Gesù li rassicura: “Sono io, non abbiate paura!”. Così egli si rivela loro come Colui che opera prodigi: sfama la folla miracolosamente, cammina sulle acque, comanda ai venti… in una parola, Gesù, loro amico e Maestro è qualcosa di più: è il Signore in cui risiede la presenza e la potenza di Dio. I discepoli incominciano a leggere e comprendere la loro esperienza di Gesù in chiave di risurrezione.

Questa è una scoperta fondamentale anche per noi oggi: Gesù opera ancora nell’esperienza umana di ogni giorno; tocca ad ognuno, illuminato dalla parola e dell’Eucaristia. imparare a riconoscere la sua presenza dinamica.

Nella nostra pausa contemplativa, oggi, ci lasciamo meravigliare da Gesù che se le inventa tutte per avere una relazione intima con noi: Egli è davvero il Signore che ci ama e ci salva e che resta con noi fino alla fine dei tempi.

Gesù, Pane di Vita, facci più consapevole della tua presenza nascosta nella nostra quotidianità; che noi possiamo udire: “Sono io, non temere!”

Ecco la voce di un guida spirituale Thomas Keating: La risurrezione viene in un secondo tempo. Viene dopo che abbiamo condiviso la sua passione, troppo tardi per fare del cammino spirituale un viaggio facile, ma proprio al momento giusto perché sia umiliato l’incredibile orgoglio della specie umana

● Videro Gesù camminare sul mare ed ebbero paura.

È una pagina di Vangelo che fa sempre bene leggere, perché anima profondamente la nostra speranza. La descrizione della situazione iniziale ci pone in un contesto ecclesiale: i discepoli, lasciati soli, sono nelle tenebre, sono esposti all’assalto di forze avverse. Anche loro, come ogni uomo, troveranno sicurezza e protezione solo in Gesù. “Il mare era agitato perché soffiava un forte vento”. I fatti ci insegnano che molto spesso veramente il mare è agitato. L’esistenza è quella che è; abbiamo problemi, difficoltà, sofferenze di ogni genere e continuiamo a sentirci soli. A questo punto la nostra fede può porsi delle domande a cui non sa dare una adeguata risposta. Dov’è Gesù? Perché Dio non interviene nelle nostre cose o nelle situazioni difficili di tanti poveracci? “Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e che si avvicinava alla barca, ed ebbero paura”. Ai discepoli affaticati e spaventati che lo vedono giungere, il Signore dice: “Io sono”. È una frase tipica con la quale Gesù rivela il suo vero essere, qualificandosi come presente e operante per il bene dei suoi, come già nell’Antico Testamento Dio si era rivelato a Mosè, accingendosi a compiere la grande opera di liberazione. Gli apostoli avevano bisogno di un segno per riconoscere la divinità e non restare invischiati in concezioni messianiche terrestri. D’altra parte dovevano perdonargli di non voler essere re, secondo le loro aspirazioni; dovevano prepararsi all’estremo insuccesso della croce. Il miracolo dei pani rievoca e compie quello della manna. Il camminare sulle acque, richiama il passaggio del Mar Rosso. E Gesù stesso ne fornisce l’interpretazione, dicendo: “Io sono”. Nelle vicende umane la fede deve sempre far risuonare: “Io sono”.

● «Sono io, non temete»

Cogliamo i particolari di una scena che l’evangelista Giovanni ci descrive: i discepoli di Gesù sono su una barca e stanno facendo la traversata del lago di Tiberìade, diretti a Cafàrnao. «Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento». Il dato più importante è che Gesù non era con loro. Avventurarsi nella difficile traversata della vita senza di Lui è rischioso e temerario. Tanto più se siamo privi di luce interiore e il buio si è calato nel nostro spirito; soli al buio e senza il conforto della presenza di Cristo, è una situazione davvero difficile, tanto più se soffia il vento delle passioni, premono su di noi le preoccupazioni della vita, sopraggiungono le prove difficili da superare. Senza di Lui, al buio, mentre soffia un forte vento: capita di frequente, il risultato più evidente è la paura di non farcela, di restare sommersi dalle onde di doversi dichiarare sconfitti dagli eventi. Di gente che affoga, di vite sommerse dalle onde, di uomini spauriti ne sentiamo parlare ogni giorno. L’abbandono, l’emarginazione, la solitudine sono i mali del nostro tempo: troppo spesso dobbiamo costatare che non solo non c’è Gesù tra loro, ma sono assenti anche coloro che dovrebbero far sentire con la loro presenza amorosa quella del Signore. È sempre confortante però costatare che allora come oggi, egli viene e cammina sulle acque per poi sentirsi accolto nella nostra barca traballante. Allora, una volta presente e accolto può davvero dirci parole di consolazione e far si che la nostra barca, la mostra vita raggiunga felicemente la meta.

6) Per un confronto personale

Sulla montagna: Perché Gesù cerca di stare da solo per pregare dopo la moltiplicazione dei pani? Qual è il risultato della sua preghiera?

È possibile oggi camminare sulle acque del mare della vita? Come?

7) Preghiera finale: Salmo 32 

Su di noi sia il tuo amore, Signore.

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.

Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

Suore di Casa Raffael

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