Sul vastissimo e interessante fenomeno delle sequenze sono possibili vari piani di approfondimento che possiamo appena accennare. Cerchiamo di raccogliere e sintetizzare alcuni dati che possono emergere dalle diverse angolazioni con cui ci si avvicina al fenomeno.
La nascita delle sequenze ne giustifica il nome: al verso alleluiatico seguivano melismi la cui complessitร costituiva un ostacolo alla memorizzazione. Cosรฌ, come narrato alla fine del IX secolo da Notker Balbulus, monaco di San Gallo nel suo Liber Hymnorum, si cominciรฒ ad aggiungere un testo che, sottoposto alle note dei melismi, ne facilitasse la corretta esecuzione. La riuscita musicale di questa aggiunta, naturalmente, stravolgeva la flessibilitร del vocalizzo giubilante, il quale era giร il frutto di una codificazione avvenuta su fenomeni di improvvisazione vocale, ma soprattutto costituiva un inserto concettuale che veniva a occupare un posto di grande e delicatissimo rilievo proprio al centro della liturgia della Parola. Cosรฌ pote va accadere di ascoltare un dialogo drammatizzato a proposito dellโevento evangelico poi narrato, di introdurre qualche sorta di inno in varia misura legato alla circostanza ma, anche, di ritrovare divagazioni non sempre pertinenti e di eccellente contenuto letterario e teologico.
Dalle circostanze iniziali si passรฒ gradualmente alla produzione mirata e il repertorio venne a contare alcune migliaia di brani, spesso di utilizzo locale, il cui catalogo รจ tuttora in continuo aggiornamento, anche perchรฉ il profilo musicale di tali invenzioni, ormai autonomo rispetto allโeventuale acclamazione a cui si posponeva, diveniva quello dellโinno, del tratto, del responsorio in senso piรน lato. La popolaritร di alcuni di questi brani รจ testimoniata dal loro impiego in elaborazioni polifoniche di notevole valore, con la melodia originale trattata in sorta di cantus firmus.
Comโรจ noto, dal Concilio di Trento se ne ebbe una drastica riduzione, dato che il conseguente Messale Romano di S. Pio V (1570), operando una unificazione piรน di modi che normativa, conservava soli quattro brani: Victimae Paschali laudes, Veni Sancte Spiritus, Lauda Sion, Dies irae. Evidentemente tra i testi non piรน inclu si vi erano luminose testimonianze di sensibilitร spirituale del popolo di Dio, ottimi esempi di elaborazione e celebrazione dei contenuti della fede. Va detto che, a livello locale, alcune altre sequenze rimasero in uso. Il contenuto, la popolaritร e lโutilizzo di queste quattro sequenze, a cui si aggiunse la Stabat Mater, sono differenti. Ne tracciamo un sintetico profilo.
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Victimae Paschali laudes รจ la sequenza obbligatoria per il Giorno di Pasqua, facoltativa nellโOttava. Ha una struttura formale assai interessante e una mirabile sintesi tra la tradizione del dialogo tra le Marie al sepolcro, gli angeli e i discepoli (come nel precedente Quem queritis) e alcune espressioni di straordinaria sintesi e forza kerigmatica (Agnus redemit ovesโฆ Mors et vita duello conflixere mirandoโฆ Scimus Christus surrexisse a mortuis vere).
Se pure lโuso liturgico della Victimae รจ limitato a una o due celebrazioni allโanno, la popolaritร del brano รจ veramente grande: amato per la sobria eleganza del suo percorso melodico e narrativo, รจ praticato frequentemente in concerti spirituali. Il profilo di questo canto ha generato nel tempo altre melodie divenute poi a loro volta fonte di numerosissime elaborazioni (su tutte il corale Christ is erstanden), ha conosciuto ulteriori interpolazioni e parziali elaborazioni polifoniche e, ancor oggi, รจ intensamente utilizzato per le piรน recenti sperimentazioni compositive.
Veni Sancte Spiritus รจ sequenza obbligatoria per la Solennitร di Pentecoste. La melodia originale รจ poco conosciuta: la si canta di meno nella sua versione originale, sia perchรฉ spesso si teme di non ricordare lโevolversi della melodia sulle strofe finali, sia perchรฉ la sua versione in italiano (come nelle altre lingue volgari) ne ha consentito una diffusione recitata nella pietร privata e in varie celebrazioni comunitarie come invocazione allo Spirito Santo. Mentre il testo e la musica dellโinno Veni Creator sono stati conservati con maggiore fedeltร , il Vieni, Santo Spirito ha suggerito nel tempo (e ancora suscita) la produzione di parafrasi libere nei piรน diversi stili musicali.
Lauda Sion Salvatorem รจ sequenza facoltativa per il Corpus Domini. Il testo completo รจ assai lungo e, purtroppo, raramente viene eseguito integralmente nellโoriginale latino o anche solo proclamato nel testo italiano. La forma รจ interessante per il suo densificarsi finale:
18 strofe in terzine โ 2 ottonari e 1 settenario โ seguite da 4 in quartine โ 3 ottonari e 1 settenario โ e due da 5 versi โ 4 ottonari e 1 settenario. Il Lezionario ne propone una versione breve con le ultime quattro strofe ed รจ questa la piรน frequente modalitร in cui viene proposta. Il testo di San Tommaso costituisce unโampia escursione poetica sul dono del Corpo di Cristo: se ne sentono gli echi in molti inni eucaristici. Negli ultimi tre secoli e specialmente negli ultimi cinquantโanni, segmenti anche parziali di questa sequenza hanno suggerito unโampia produzione di mottetti polifonici.
Dies irae, nata in ambito francescano, era la sequenza della Missa pro defunctis. La riforma liturgica lโha accantonata, probabilmente perchรฉ, oltre alla lunghezza oggettiva del testo, vi sono espressioni che potrebbero esser equivocate. A tale rischio non รจ sicuramente estranea lโinterpretazione popolare e lโutilizzo che ne รจ stato fatto da importantissimi compositori che ne hanno, appunto, valorizzato gli aspetti naturalistici, le descrizioni scenicamente affascinanti e le forti tinte: dopo la stagione della polifonia, grazie allo stile concertato e al belcanto, da B. Marcello a W. Mozart, da G. Verdi a K. Penderecki, mirabili soluzioni compositive hanno valorizzato la compresenza di sentimenti e rivelazioni profondamente coinvolgenti. La melodia originale ha invece subito in tanta musica strumentale dellโ800 un trattamento elaborativo, spesso caricaturale e grottesco. Fortunatamente la meravigliosa Messa da Requiem di I. Pizzetti ha riportato nella giusta luce la forza elegante ed espressiva di questo canto. Se alle grandi espressioni compositive รจ consegnato il ruolo evangelizzatore dellโarte, molti efficaci passasaggi di quel testo meriterebbero ancora di entrare nella pietร delle nostre comunitร , magari attraverso canti esequiali di carattere popolare.
Stabat Mater, sequenza di Jacopone da Todi, che si inserisce nel fecondo filone dei Planctus Mariae, fu reintrodotta nel 1727, รจ facoltativa per la B.V. Maria Addolorata (15 settembre), ma รจ popolarmente utilizzata, anche in versioni ridotte e con il testo italiano, nei pii esercizi della Quaresima. Se ne cantano pure alcune semplici versioni polifoniche dโautore. In elaborazioni musicali sobrie o sontuose รจ spesso utilizzata in concerti spirituali. Il testo traccia un percorso di grande, emozionante, eloquenza: contemplazione della Madre in pianto davanti al corpo del Figlio crocifisso e trafitto, implorazione perchรฉ il suo stesso dolore sia sinceramente vissuto dal credente, invocazione finale perchรฉ quando anche il corpo del fedele morrร , allโanima sia donata la gloria del Paradiso.
Fonte: Elledici