In un incontro con papa Francesco, una vittima di abusi sessuali ebbe a dire con profonda tristezza e disperazione: «Gesù aveva vicino sua madre, quando ha affrontato la sofferenza ed è morto. Mia madre, la Chiesa, invece mi ha lasciato da solo nel momento del mio dolore». Oltre alle ferite profonde inferte nel corpo e nella psiche delle vittime di abusi sessuali, esiste infatti per queste persone anche un trauma spirituale. Un abuso compiuto da chi, sacerdote o religioso, «rappresenta Dio» oscura l’immagine stessa di Dio nella vittima. È un’implicazione possibile più o meno nella stessa forma per tutte le confessioni religiose, ma che nella Chiesa cattolica assume connotazioni particolari.
La Chiesa è stata fondata e incaricata dal suo Signore Gesù Cristo di annunciare questa buona notizia: Dio ama gli uomini, è misericordioso e fa di tutto per salvarli, e nel suo Figlio dà persino la sua vita per loro. Una quantità immensa di persone negli ultimi 2000 anni ha assolto a questo compito e ha contribuito a far sì che la Chiesa sia stata un meraviglioso sacramento di salvezza per i poveri, i malati e coloro che sono particolarmente vulnerabili. Ma nello stesso tempo bisogna anche dire che vi sono sempre state nella Chiesa persone che hanno fatto esattamente il contrario di ciò che loro stessi, la Chiesa e Gesù hanno annunciato.
Vi sono chiaramente nella vita della Chiesa fattori che favoriscono l’abuso, oppure nascondono e impediscono la sua scoperta e la sua punizione. Fattori che richiedono interventi sul piano formativo e organizzativo. Sul primo versante troviamo senz’altro la gestione della propria sessualità dentro la condizione del celibato; e poi la concezione del ministero e del ruolo del sacerdote nella Chiesa e nella specifica società in cui egli vive e opera. Sul lato «organizzativo», un fattore di rischio è la «mentalità da trincea», quella per cui si vogliono risolvere le cose all’interno, escludendo la dimensione pubblica. Anche la presenza di strutture di governo poco chiare e confini gerarchici ambigui favoriscono le condizioni che rendono possibile un abuso.
In una società in cui uno dei valori più alti è la credibilità, la crisi provocata dagli abusi ci pone di fronte a domande decisive. Una di queste è: siamo disposti a rivedere il nostro modo di essere Chiesa?
La lotta contro gli abusi sessuali durerà ancora a lungo. Nessuno è in grado di sconfiggere definitivamente il male – sarebbe una presunzione fatale – ma si può fare molto per ridurne il più possibile il rischio e aumentare la prevenzione. Oggi nella Chiesa universale l’ago della bilancia tende a volgersi, lentamente ma con decisione, nella direzione giusta.
Questo è un abstract dell’articolo di Hans Zollner S.I. presente nel Quaderno 4017 de La Civiltà Cattolica