Pastori alla sequela del Pastore
Nella IV Domenica di Pasqua, detta “del Pastore buono”, dopo aver gioito per la Risurrezione (I di Pasqua), aver reso grazie per la misericordia di Dio, manifestatasi in Gesù (II di Pasqua), aver professato che Cristo è il Dio potente, crocifisso e risorto, atteso da tutte le Scritture (III di Pasqua), ci riconosciamo come “suo popolo, gregge del suo pascolo” (Salmo 99).
L’Agnello, che è stato immolato ed è risuscitato dai morti, è il nostro Pastore: Lui noi seguiamo, e siamo parte già di quella “moltitudine immensa, che nessuno può contare”, che Giovanni, nell’Apocalisse (II lettura), vede stare in piedi davanti al trono di Dio. La visione dell’apostolo è grandiosa: chi ha creduto in Cristo è “passato per la grande tribolazione” ed è “avvolto in vesti candide”, perché le ha “lavate” nel “sangue dell’Agnello”. Quelli che seguono Gesù vivono in eterno con Lui: Egli “stende la sua tenda sopra di loro”, essi “non avranno fame né sete”, non saranno colpiti dal male, perché “l’Agnello li guiderà alle sorgenti della Vita” e “Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”.
Ci crediamo veramente? La profezia della vita eterna è contenuta nel dono del nostro Battesimo, di cui la liturgia di oggi fa memoria: in quel giorno, morti con Cristo all’uomo vecchio, abbiamo lavato il nostro peccato nel suo sangue, ci siamo rivestiti di una veste candida, segno del sacramento, e abbiamo ricevuto l’adozione a figli per risorgere con Lui. La vita eterna è dono che custodiamo dal primo istante: non c’è nemico che possa togliercelo.[…]
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