Laura Paladino – Commento al Vangelo del 6 Agosto 2023

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Trasfigurati per essere santi

Nel cuore della pausa estiva, poco prima dell’Assunzione al Cielo di Maria, festeggiamo la Trasfigurazione di Gesù: il Figlio e la Madre, uomo e donna nuovi non toccati dal peccato, nei quali si manifesta nella sua perfezione il progetto originario di Dio sull’umanità fatta a sua immagine e somiglianza (Genesi 1,26), ci indicano la strada del Cielo, la gloria luminosa che attende ciascuno di noi, giustificati e salvati dal sacrificio del Figlio e dalla sua Risurrezione. Egli è Alfa e Omega, principio e fine: «I Cieli annunciano la sua giustizia, tutti i popoli vedono la sua gloria» (Salmo 96, Responsorio).

La festa del 6 agosto, che anche quando cade di domenica sostituisce la liturgia ordinaria, è preludio della solennità di Cristo Re dell’Universo (cfr. I Lettura, Daniele 7), che chiude l’anno liturgico, ed è prefigurazione della Pasqua eterna, inaugurata nella storia dell’uomo dal sangue del nostro Salvatore: la sua divinità gloriosa, la potenza del nostro Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, già mostratasi a tutti nell’umiltà del battesimo di Giovanni (Matteo 3), si manifesta nuovamente in tutta la sua bellezza a tre membri del Collegio Apostolico, espressione e figura della Chiesa, in ogni luogo e in ogni tempo riunita intorno a Pietro e convocata «su un alto monte», «nell’intimità», perché lì il Signore vuole svelarsi ad ogni anima, amata come una sposa, per mostrarle che solo in Lui è la vera gioia.

In Matteo, particolarmente attento alla dimensione ecclesiale, l’episodio (Matteo 17) avviene subito dopo l’attribuzione del primato petrino (Matteo 16), e coinvolge anche Giovanni, «il discepolo che Gesù amava», e Giacomo, il primo apostolo martire (cfr. Atti 12,1- 2), laddove il primo martire della Chiesa tutta è il diacono Stefano (Atti 7); insieme a Pietro, principio di unità, sono dunque presenti nella Trasfigurazione la dimensione del martirio, che sempre vivifica la Chiesa, e quella dell’essere amati senza riserve, che caratterizza ogni discepolo e motiva la nostra sequela: nessuno segue Gesù fino all’effusione del sangue, nessuno si professa suo discepolo ed è disposto a dare la sua esistenza per fiorire là dove il Signore lo ha collocato (nella quotidianità pertanto, non sul monte ma nella vita di ogni giorno, tra le fatiche, le lotte, le delusioni), se non ha incontrato veramente il Maestro «nell’intimità» […]

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