La liturgia di questa domenica, che segna per i più il ritorno alle occupazioni ordinarie, ci invita a essere docili, perché operi in noi, e intorno a noi, la grazia santificante del Signore. Risuona il monito a «non conformarci alla mentalità di questo mondo e a lasciarci trasformare, rinnovando il modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio: ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto» (II lettura, Romani 12).
Il discernimento è un’espressione della Sapienza, dono prezioso dello Spirito Santo; è una disposizione del cuore che sempre deve accompagnare il credente per fargli comprendere di volta in volta come agire secondo la volontà di Dio; è una condizione della fede, necessaria e a tratti complessa, perché chiede di abbandonare ogni preconcetto su ciò che sia gradito al Signore per prestare ascolto al soffio dello Spirito.
Questi, che è Dio, si manifesta quotidianamente nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa, nel Magistero e nei Sacramenti, nel Popolo di Dio, guidato da Pietro, che cammina in unità verso la Pasqua eterna, in ogni cristiano, ove per grazia abita la Trinità dal giorno del Battesimo: alla luce del Depositum Fidei, costituito da tutti questi tesori, affidati alla Chiesa, Madre e Maestra, che li custodisce e li dona al mondo, il credente, conservando il cuore aperto e una dimensione di discernimento, ha la possibilità di guardare alla propria vita, alle sfide del suo tempo e alla storia con gli stessi occhi del Signore.
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Così non resterà ingannato da quello che pensa il mondo o dalle false immagini di verità e di Dio che circolano in esso, ma rimarrà aggrappato all’unica Speranza che non delude, al Dio di Gesù Cristo, il Solo ed eterno, cercato fin dalla giovinezza, «dall’aurora» della vita, l’unico che disseta il nostro cuore (cfr. Salmo 62, Responsorio), inquieto «finché non riposa in Lui» (Agostino, Confessiones). […]
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