Uno sguardo puro, una vita buona
Prosegue l’insegnamento di Gesù nel capitolo 6 di Luca: dopo le beatitudini e l’invito alla benevolenza ci viene chiesto di purificare il nostro sguardo per essere sempre più simili al Maestro.
Il percorso di queste domeniche insiste sull’autentica essenza del cristiano: benedetto e ricolmo di vita piena, beato di una beatitudine autentica che le contingenze terrene non possono scalfire, rivestito della misericordia del suo Signore, chi è amico di Dio riceve da questa amicizia ogni Bene e fa intravedere Cristo nella sua vita e nei suoi comportamenti. Il salmo insegna che il giusto fiorisce come palma e dà frutti anche in tarda età, per annunciare la bontà di Dio; sulla parola buona e sui frutti dell’intimità con il Signore insiste tutta la liturgia: «Il frutto dimostra come è coltivato l’albero, e la parola rivela i pensieri del cuore», ammonisce il Siracide, e Gesù, nel Vangelo, afferma che «ogni albero si riconosce dal suo frutto» e «l’uomo buono trae il bene dal buon tesoro del suo cuore», perché «la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Il cristiano non è una persona finta: la sua benevolenza verso tutti è autentica, viene dall’amore che egli ha ricevuto da Dio per primo e dalla consapevolezza della propria condizione di peccatore amato.
Egli, come Paolo, può vivere la sua vita, pur nella condizione più dolorosa, come un continuo rendimento di grazie, nella certezza della vittoria di Cristo, sapendo che «la propria fatica non è vana», ma può anzi diventare, per gli altri, porta dell’incontro con Colui che salva. Questo atteggiamento guida tutte le relazioni, a cominciare da quelle familiari: ci fa avere lo stesso sguardo di Cristo e un amore che non condanna ma sorregge, offrendo la possibilità di rialzarsi e cambiare vita. Gesù ama in modo speciale i peccatori: Egli sa che il peccato rende infelici.Noi tendiamo a non amare i nostri simili che giudichiamo peccatori perché non siamo distaccati dal peccato e ne subiamo tutta la seduzione.[…]
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