Collaborare al disegno di Dio
Mentre ci avviamo alla conclusione dell’anno liturgico, nel contesto del “discorso escatologico” che Gesù pronuncia fuori dal Tempio di Gerusalemme alla vigilia della sua Passione, ci è offerta la “parabola dei talenti”: il Signore paragona il Regno dei Cieli a «un uomo in procinto di partire», che «affida» ciò che è suo ai servi, «a ciascuno secondo la propria capacità»; la maggior parte di essi va e mette a frutto quanto ricevuto, «guadagnando» altrettanto, ma uno preferisce sotterrare il proprio talento e ignorarne l’esistenza fino al giorno del ritorno del «padrone», quando tutti sono chiamati al rendiconto.
È evidente l’evocazione dei tempi della fine, che anche san Paolo richiama ai Tessalonicesi (II lettura): sono otto i talenti di proprietà del padrone, un numero che dice la perfezione e il compimento oltre la dimensione di ciò che è terreno, oltre il sette che è nell’orizzonte umano, nell’escaton dell’ottavo giorno; gli uomini, i servi, incrementano la proprietà del padrone di sette complessivi talenti, quanto si può fare sulla terra; qualcuno di essi non collabora e lascia improduttivo il bene che ha ricevuto, sicché questo resta nascosto sottoterra.
Nessuno può realizzare al nostro posto il compito che è stato «affidato» a noi: la questione seria della nostra vita è individuare la nostra vocazione, comprendere, scoprire e assumere con consapevolezza e responsabilità i talenti ricevuti e lasciare che fioriscano in pienezza, siano essi pochi o tanti, apparentemente nobili o umili; tutti concorrono ugualmente a costruire il Regno dei Cieli; […]
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