Dare ragione della speranza che è in noi
La VI domenica di Pasqua precede le solennità dell’Ascensione e della Pentecoste: la Chiesa nascente, fortificata dalla presenza del Risorto e vivificata dalla Vita senza fine che Egli è e dà, si prepara a proseguire “nella gioia” per diffondere nel mondo la lieta notizia dell’Amore che salva, certa che Cristo, suo Sposo, è con lei fino alla fine del mondo (cfr. Matteo 28,20).
La I lettura (Atti 8) ci presenta la missione feconda degli apostoli in Samaria, i cui abitanti erano considerati eretici dal giudaismo ortodosso, e il gran numero di miracoli che avvengono, per mano di Filippo, proprio presso le città dei samaritani: secondo la promessa di Gesù nel discorso del commiato, che abbiamo meditato domenica scorsa, i Dodici, rivestiti dello Spirito del Signore, compiono le stesse opere di Gesù, e anzi vedono con i loro occhi che, attraverso loro, si verificano opere ancora “più grandi” e si realizza il “più giovanneo”, quel “più” che, secondo le narrazioni del quarto Vangelo, Gesù aveva assicurato ai suoi in forza della sua glorificazione, per il fatto che Lui, il Maestro e Signore, è presso il Padre, onnipotente (Giovanni 14). Molti samaritani, ordinariamente ostili e infedeli, accolgono la predicazione sul Cristo e chiedono il Battesimo: scende anche su di loro lo Spirito di Dio, che fa nuove tutte le cose, «e vi fu grande gioia in quella città».
Il Salmo 65 (Responsorio) invita a «vedere le opere di Dio»: «per questo esultiamo di gioia». «Sia benedetto Dio: non ha respinto la preghiera e non ha negato la sua misericordia». Il credente porta nel cuore la certezza di un Amore potente, che supera il tempo e vince il mondo: forte di questo Amore, che lo spinge a diffonderne l’annuncio, egli è «pronto sempre», in ogni circostanza, «a rispondere a chiunque gli domandi ragione della speranza che è in lui» (II lettura, 1Pietro 3). […]
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