Custodire l’olio, rimanere nella Vita
I capitoli 24 e 25 di Matteo conservano il cosiddetto “discorso escatologico”, l’ultimo dei cinque che strutturano il primo Vangelo: uscito dal tempio, subito prima della Passione, il Maestro espone ai suoi discepoli, con profezie, ammonizioni e parabole, ciò che avverrà nei tempi ultimi.
Sono dieci le fanciulle che, «prese le loro lampade, escono incontro allo sposo»: un numero simbolico che indica completezza, totalità; anche se non sempre ne siamo consapevoli, tutti, dall’inizio della nostra vita fisica, siamo in cammino per tornare nella Casa del Padre: «Dall’aurora lo cerchiamo come terra deserta» (Salmo 62, Responsorio) e possiamo, nel corso del nostro pellegrinaggio terreno, essere “saggi”, “avveduti”, “previdenti” (lo stesso aggettivo greco, molto raro nel Nuovo Testamento, definisce l’uomo che costruisce sopra la roccia e i servi amministratori che Gesù loda: cfr. Matteo 7,24; 24,45).
Possiamo però essere anche «stolti», come l’uomo che costruisce sulla sabbia, simile alle altre cinque fanciulle: costoro non hanno curato di «cercare e desiderare la sapienza», che pure «si lascia vedere facilmente da coloro che la amano» (I lettura, Sapienza 6), e per questo sono “insipidi”.
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Tornano qui riferimenti e termini che altrove il Signore ha usato per definire la chiamata di ogni credente: «Essere luce del mondo, essere sale della terra» (Matteo 5,13-16) […]
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