Lo spirito di Assisi dilaga nel mondo. Con le forme d’oggi – telematiche – che Francesco avrebbe praticato. Una webcam ha spalancato il cuore della basilica di Assisi al pianeta, permettendo di visualizzare la tomba del santo e producendo un risultato tanto silenzioso quanto strepitoso: milioni di contatti da ogni parte del mondo, preghiere, suppliche, pensieri, evocazioni, invocazioni dagli angoli della Terra più remoti, anche culturalmente, come dal mondo musulmano talvolta. È Assisi stessa ad avvicinarsi in un nanosecondo all’universo mondo; scende dalle balze del Subasio verso l’umanità; quanti sanno che, patria milleduecento anni prima di Francesco, del poeta latino Sesto Properzio, era da lui già definita così, «Assisi la discendente », a balze, verso il mondo? Oggi le balze sono informatiche, virtuali: la cingalese dal Libano si collega con la basilica; la filippina dal Sudafrica.
Siamo in tempi di neofrancescanesimo. Un papa che, primo nella storia, sceglie di chiamarsi Francesco, senza l’ordo successionis d’essere primo, secondo, terzo, no, così: nudamente Francesco e basta. Un papa che sta stordendo il mondo, con frasi di santi che non avevano il conto in banca, di globalizzazione dell’indifferenza e altro, e che come primo viaggio opta per una terra d’Italia che meno italiana e più internazionale non potrebbe essere, Lampedusa; l’ultimo gradino dal mondo del disagio, quello che interessa a lui; la prima soglia della speranza di rivivere. E getta la corona di fiori in mare, ai morti finiti laggiù, per le esequie ch’essi non vedranno mai ma che saranno le più sontuose del mondo, officiate dal papa in persona recatosi sulla loro liquida tomba; a veicolare, dalla barca, un’altra fortissima metafora, approdare come un migrante anche lui a Lampedusa.
È chiamato comunemente il poverello d’Assisi, Francesco, ma non vi era nulla di eremitico in lui. Era povero come regola di vita – anzi era qualcosa in più: era ‘spogliato’, s’era messo nudo nato cioè davanti alla sua gente, strappandosi di dosso ogni abito, fisico e mentale, che si frapponesse tra lui e il Cristo; ogni infrastruttura che non lo restituisse alla primigenia creaturalità con cui l’aveva fatto venire al mondo l’ altissimu onnipotente bon Signore. Che c’entra la web con questo? C’entra perché Francesco, fatta la sua scelta di nudità, girò il mondo: con contatti al limite della temerarietà come quello col sultano, per parlare di pace, ma anche con gli arroccati e arcigni e nobili potenti del tempo, col papa che lo sognava pilastro della Chiesa e al quale umilmente chiedeva di approvare la sua regola. E chissà cosa penserebbe, oggi, di un papa che ha voluto il suo nome per sé.
La web di Assisi ha dislocato un sito per l’anima nell’umanità. Lo ha fatto visivamente via internet. È un momento importante nella cristianità e la capillarità dei milioni di contatti lo dimostra. C’è da chiudere gli occhi e soppesarne gli sviluppi. Perché? Perché vuol dire che forse c’è fame di un ritorno. C’è fame di Cristo. C’è fame di vangelo, di re-cristianizzazione di una società che s’era scristianizzata. I milioni di contatti, i milioni di click sembrano dire questo, che nessun messaggio è più evangelico di quello francescano, nel senso etimologico di eu-anghelion o annuncio di positività, di grazia, di amore del Creatore, di salvezza. Nel suo duro medioevo Francesco fu capace di gridare la gioia della semplicità di vita e della vicinanza al prossimo, come via primaria per praticare l’amore di Dio. La corrente telematicofrancescana che s’irradia da Assisi e riconverge su Assisi, a noi deve ispirare una domanda prima d’ogni altra: saremo in grado di fare altrettanto? Di spogliarci anche noi – così informati e ignoranti, così colti e aridi – di ogni schermo che si frappone a Cristo? Molti anni fa un poeta scrisse per sé un epitaffio bellissimo che sintetizzava in tre parole la francescanità; scrisse per la sua tomba, parafrasando Ovidio: quia pauper amavi, perché da povero amai. E fui ricco d’amore. Sapremo essere ricchi noi come Francesco? Cioè tornare poveri e attraversati dall’amore?
Giovanni D’Alessandro (L’Avvenire) | Fonte: Chiesa Cattolica
Ascolta l’intervista a p.Enzo Fortunato | Radio Vaticana
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