«Non c’è amore senza promessa, non c’è promessa senza “per sempre”, e non c’è “per sempre” se non sino alla fine, sino e oltre la morte. In tre figlioletti pieni di gioia attorno al letto del loro papà malato di Sla, in una casa piena di letizia, nell’innocenza di quei bambini ho visto cos’è l’amore».
Così termina la lunga conversazione tra il Patriarca di Venezia, Angelo Scola, e l’inviato del «Corriere della Sera», Aldo Cazzullo. Ogni anno, alla vigilia del Redentore, la ricorrenza religiosa più importante di Venezia, che celebra la fine della peste del 1576, il cardinale anticipa al giornalista il tema del suo discorso, che affronta sempre temi cruciali per la società italiana: come intendere oggi la laicità; i giovani e la rivoluzione di Dio; cosa significa educare nella società in transizione; rapporto scienza-fede; la famiglia italiana: aspetti economici, politici e religiosi; la sofferenza umana e il fine vita.
Rispondendo alle domande del giornalista, il Patriarca disegna il proprio sistema di pensiero, saldamente ancorato alla Chiesa di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che è anche una risposta alla sete spirituale dell’uomo contemporaneo. Una proposta costruita sul concetto di «vita buona».
Prefazione
Il cardinale e il giornalista
Ugo Sartorio
«Voglio una vita felice». Ben detto, non fa una grinza: chi non vorrebbe la felicità a portata di mano, magari da accendere pigiando il pulsante giusto? Eppure «voglio una vita buona» dice qualcosa di più, di straordinaria importanza. Nella vita felice, comunque del tutto desiderabile e rispettabile, ne va di me, del mio io in cerca di realizzazione. Nella vita buona – quella di cui si parla in questo libro – i soggetti sono provocati a venire allo scoperto, non solo a non trascurare ma a implementare la dimensione comunitaria dell’esistere. Nello stile della comunione e non dell’isolamento o della separatezza, nello stile del dono e dell’esodo da sé e non dell’accentramento.
«Nello stile di Gesù», direbbe un cristiano, il quale legge nella vita dell’uomo di Nazaret, del figlio del falegname, la pienezza della vita buona per sé e per gli altri, perché in essa la relazione con il Padre e con gli uomini raggiunge vertici inarrivabili. Spesso facciamo dipendere la qualità del nostro vivere da criteri adottati dal senso comune, giustificati in seconda battuta attraverso un buonismo generico che sta altrettanto genericamente in relazione con il Vangelo; mentre ci manca il coraggio di partire dal cuore stesso del messaggio evangelico, dal paradigma cristologico, espressione sostenuta che altro non significa se non la terrena, umile e gloriosa vicenda di Gesù il Cristo.
L’idea di mettere insieme le sei interviste (realizzate annualmente in occasione della Festa del Redentore, tranne la seconda) che costituiscono la trama movimentata eppur lineare di questo testo, è stata propiziata dall’amicizia dei frati del «Messaggero di sant’Antonio» con Aldo Cazzullo, tra l’altro anche collaboratore della nostra rivista.
Che abbia intervistato a più riprese il Patriarca di Venezia ci è parsa ben più di una coincidenza, quasi una «specializzazione» nel mediare per i lettori del principale quotidiano italiano un magistero particolarmente illuminato.
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Il cardinale Angelo Scola, oltre a essere Patriarca di Venezia, è presidente della Conferenza episcopale del Triveneto, una regione ecclesiastica che comprende Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige e che si confronta in modo del tutto particolare con il travaglio culturale e socio-politico di questi nostri anni. L’Italia che si vede dentro e da questa particolare visuale, riassunta nell’espressione Nord-Est, è l’orizzonte d’interesse di un magistero che colloca al centro l’uomo, la persona, il farsi della società e le sue necessarie articolazioni, anche portando in casa nostra, reinterpretandole, esperienze e dibattiti di risonanza internazionale.
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