La festa della trasfigurazione che si celebra domenica prossima unisce oriente e occidente. Ecco una bellissima meditazione di un metropolita ortodosso…da leggere sotto l’ombrellone o nel luogo piรน fresco della casa.
La sfida di Ivan Karamazov
Iniziamo questo pomeriggio con la domanda che Ivan Karamazov pone a suo fratello Alรซลกa nel capolavoro di Fรซdor Dostoevskijย I fratelli Karamazov. โImmaginaโ, dice Ivan, โdi essere tu a edificare il destino umano con lo scopo di rendere felici gli uomini, di concedere loro, alla fine, pace e serenitร , e che per far questo sia necessario e inevitabile far soffrire anche una sola creaturinaโฆ e sulle sue lacrime erigere quellโedificio. Ebbene, acconsentiresti a esserne lโartefice a queste condizioni?โ. A ciรฒ Alรซลกa risponde: โNo, non acconsentireiโ. Dal momento che noi non acconsentiremmo a ciรฒ, allora perchรฉ Dio sembra averlo fatto? Come possiamo riconciliare il tragico mistero della sofferenza innocente, presente dappertutto nel nostro mondo, con la nostra fede in un Dio dโamore? Quale puรฒ essere, infine, la nostra risposta a Ivan Karamazov?
Avrete notato che, tenendo a mente la distinzione fatta da Gabriel Marcel, tra gli altri, ho parlato di โmisteroโ piuttosto che di โproblemaโ del male e della sofferenza innocente. Un problema รจ un rompicapo intellettuale, un enigma, che puรฒ essere decifrato attraverso un pensiero chiaro e un acume logico. Ma il male e la sofferenza innocente, in quanto mistero, non possono essere spiegati semplicemente attraverso lโargomentazione razionale. Un mistero รจ qualcosa che deve essere trasformato dallโazione, al fine di divenire trasparente al pensiero; รจ qualcosa che puรฒ essere risolto, per quanto possibile, soltanto attraverso lโesperienza personale, la partecipazione personale e la compassione. Non possiamo iniziare a capire la sofferenza a meno di esservi direttamente coinvolti.
Tale รจ precisamente il significato della crocifissione: Dio in Cristo รจ vittorioso sul male perchรฉ nella sua propria persona ne soffre fino in fondo tutte le conseguenze, senza riserve. Vincit qui patitur. Il nostro Dio รจ un Dio coinvolto: โAvendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino allโestremoโ (Gv 13,1).
Accostandoci a questo mistero della sofferenza e del male, cercando di aggiungere qualcosa alla breve ed enigmatica risposta di Alรซลกa, ricordiamo le parole che si trovano in un altro dei romanzi di Dostoevskij,ย Lโidiota: โLa bellezza salverร il mondoโ. Non possiamo iniziare a comprendere la sofferenza senza esservi coinvolti; ma non dobbiamo permettere che questo coinvolgimento ci faccia dimenticare la presenza, in questo mondo decaduto, della bellezza divina e salvifica. Ma che cosa ci dice la bellezza riguardo alla salvezza del mondo? Le parole di Dostoevskij sono soltanto parole evasive? Di fonte a un bambino che muore di fame in Africa, o di fronte a un ostaggio torturato e ucciso in Iraq, che senso ha parlare di โbellezzaโ? O piuttosto Dostoevskij ci ha fornito un suggerimento di vitale importanza?
Lโoccasione suprema in cui la divina bellezza รจ stata rivelata allโumanitร รจ la trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor, come la chiesa ortodossa afferma in uno degli inni per i vespri di questa festa:Trasfigurato oggi sul monte Tabor davanti ai discepoli,
nella sua persona egli ha mostrato loro la natura umana
rivestita dellโoriginale bellezza dellโimmagine. Quale luce dunque รจ gettata dalla bellezza divina del Cristo trasfigurato sul mistero della sofferenza? Quale relazione cโรจ tra la gloria del monte Tabor e lโangoscia e la disperazione del mondo?
โUna gloria piรน splendente della luceโ
Iniziamo con il considerare la natura di questa gloria dischiusa sul Tabor, per poi esplorare la relazione tra le due montagne, il Tabor e il Calvario. In primo luogo, quale รจ la natura della radiositร che risplendette come folgore dal volto e dalle vesti del Salvatore al momento della sua trasfigurazione? E, in secondo luogo, quale รจ la relazione (se ve nโรจ una) tra la gloria della trasfigurazione e la kenosis di Cristo al Getsemani e sul Golgota?
Riguardo alla luce della trasfigurazione, nel racconto evangelico รจ detto che il volto di Cristo risplendette โcome il soleโ (Mt 17,2). Qui il padri greci e i libri liturgici ortodossi sono piรน espliciti ed enfatici. Il volto del Signore, dice san Giovanni Crisostomo, risplendette non soltantoย comeย maย piรนย del sole. La gloria del Tabor, cosรฌ insegnano i padri con sorprendente unanimitร , non รจ soltanto una luce naturale, bensรฌ soprannaturale; non soltanto una luminositร materiale, creata, bensรฌ lo splendore spirituale e increato della divinitร . ร una luce divina. Giร nel tardo secondo secolo Clemente di Alessandria spiega che gli apostoli non videro la luce grazie alla normale capacitร della percezione sensoriale, dal momento che gli occhi fisici non possono vedere la luce della divinitร senza essere trasformati dalla grazia divina; la luce รจ โspiritualeโ ed รจ rivelata ai discepoli non nella sua interezza, ma soltanto nella misura in cui essi erano in grado di percepirla. Esattamente lo stesso รจ detto nel tropario (apolytikion) della festa:
Tu sei stato trasfigurato sulla montagna,
mostrando la gloria ai tuoi discepoli nella misura in cui essi erano in grado di sopportarlaโฆ
Si tratta di una luce, dice san Gregorio il Teologo, โtroppo forte per gli occhi umaniโ, una luce, secondo san Massimo il Confessore, che โtrascende il funzionamento dei sensiโ.
Affermazioni simili ricorrono nei testi liturgici della festa. La luce del Tabor, viene detto, รจ โimmaterialeโ, โeternaโ, โinfinitaโ, โinavvicinabileโ, โuna gloria piรน splendente della luceโ. In breve, non รจ nientโaltro che โla gloria della divinitร โ; โรจ uno splendore radioso e divinoโ. Come afferma san Dionigi lโAreopagita, la luce รจ โsovraessenzialeโ o โal di lร dellโessereโ (hyperousios). Quando nel quattordicesimo secolo san Gregorio Palamas insisteva dicendo che la luce del Tabor รจ identica alle energie increate di Dio, non stava facendo nientโaltro che riassumere la tradizione patristica esistente, che si estendeva fino a piรน di mille anni prima di lui.
Riguardo a questa luce increata e immateriale che risplende dal Salvatore trasfigurato, si possono affermare almeno quattro cose:
Essa ci rivela la gloria dellaย Trinitร ;
Essa ci rivela la gloria diย Cristo come Dio incarnato;
Essa ci rivela la gloria dellaย persona umana;
Essa ci rivela la gloria dellโintero cosmo creato.
Innanzi tutto, la luce del Tabor รจ una luce della santa Trinitร , come la chiesa canta ai vespri della festa:
Cristo, la luce che risplendette davanti al sole,
in questo giorno ha misticamente fatto conoscere sul monte Tabor
lโimmagine della Trinitร .
Vista come celebrazione trinitaria, la festa della trasfigurazione รจ molto simile alla festa che ricorre esattamente otto mesi prima, la teofania o epifania (6 gennaio), la celebrazione del battesimo di Cristo. Entrambe sono feste della luce: infatti la teofania รจ comunemente chiamataย Ta phota, โLe luciโ. Ma il parallelo si estende piรน in lร di questo: entrambe sono occasioni in cui รจ chiaramente manifestata lโazione congiunta delle tre persone della divinitร . Al battesimo di Gesรน la voce del Padre parla dal cielo, rendendo testimonianza al Figlio, mentre lo Spirito in forma di colomba discende dal Padre e riposa sul Cristo (Mc 1,9-11). Esattamente la stessa configurazione triadica รจ evidente sul monte Tabor: il Padre parla dal cielo, testimoniando del Figlio, mentre lo Spirito รจ presente in questโoccasione non in forma di colomba bensรฌ come nube luminosa.
Leggendo la trasfigurazione in questa prospettiva trinitaria, dunque, noi proclamiamo nellโexaposteilarionย al mattutino:
Oggi sul Tabor alla manifestazione della tua luce, o Logos, โฆ
abbiamo visto il Padre come luce
e lo Spirito come luce,
che guida con la luce lโintera creazione.
Oltre a essere trinitaria, la gloria della trasfigurazione รจ, in secondo luogo, piรน specificamente una gloria cristologica. La luce increata che risplende dal Signore Gesรน lo rivela come โvero Dio da vero Dio โฆ consustanziale al Padreโ, secondo le parole del Credo. Ma allo stesso tempo sul Tabor il corpo umano del Signore, sebbene radioso di gloria immateriale, resta ancora pienamente materiale e umano; la sua carne creata รจ resa traslucida, cosรฌ che la gloria divina risplende attraverso di essa, ma non รจ abolita nรฉ ingoiata. Come si esprime lโinnografia di questa festa, utilizzando il linguaggio della definizione calcedonese e di quello del quinto concilio ecumenico, Cristo รจ rivelato sulla montagna come โuna persona in due nature, completa in entrambeโ.
Interpretando le implicazioni cristologiche della trasfigurazione, noi possiamo dire: nulla รจ tolto e nulla รจ aggiunto. Nulla รจ tolto: trasfigurato sul Tabor, Cristo resta pienamente umano. Allo stesso modo, nulla รจ aggiunto: la gloria eterna rivelata sul Tabor รจ qualcosa che il Cristo incarnato possiede da sempre, fin dal suo concepimento nel grembo della santa Vergine. Questa gloria รจ con lui lungo tutta la sua vita terrena: perfino durante i momenti della sua piรน profonda umiliazione, come quello dellโagonia nel giardino del Getsemani o in quello del suo urlo di abbandono sulla croce, resta vero che โin lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinitร โ (Col 2,9). La differenza sta semplicemente in questo: in altri momenti della sua vita sulla terra la gloria, sebbene realmente presente, รจ nascosta sotto il velo della carne; sulla cima della montagna, per un breve istante, il velo diviene trasparente e la gloria รจ resa parzialmente manifesta.
Alla trasfigurazione, comunque, nessun cambiamento avvenne in Cristo stesso; il cambiamento avvenne piuttosto negli apostoli. Secondo san Giovanni Damasceno, โegli fu trasfigurato non assumendo ciรฒ che non era, ma manifestando ai suoi discepoli ciรฒ che egli era, aprendo cosรฌ i loro occhiโ. โEgli non divenne in quel momento piรน radioso o piรน esaltatoโ, dice santโAndrea di Creta, โlungi da ciรฒ: egli rimase come era primaโ. Come afferma Paul Evdokimov, โla storia evangelica non parla della trasfigurazione del Signore, ma di quella degli apostoliโ.
La festa della trasfigurazione, cosรฌ, ci pone di fronte il paradosso salvifico della nostra fede cristiana: Gesรน รจ interamente Dio e allo stesso tempo interamente uomo, essendo tuttavia una sola persona e non due. Ogni anno, il 6 agosto, facciamo bene a riflettere con la massima chiarezza e umiltร su questa doppia pienezza presente nel Salvatore incarnato: la perfezione della sua divinitร e lโintegritร intatta della sua umanitร .
In terzo luogo, la trasfigurazione ci rivela non soltanto la gloria della Trinitร , non soltanto la gloria di Cristo, una persona in due nature, ma anche la gloria della nostra persona umana. La trasfigurazione รจ una rivelazione non soltanto di ciรฒ che Dio รจ, ma parimenti di ciรฒ che noi siamo. Guardando a Cristo trasfigurato sul monte, noi vediamo la natura umana โ la nostra persona creata โ assunta in Dio, riempita interamente della vita e della gloria increate, permeata dalle energie divine, pur continuando a essere totalmente umana. Noi vediamo la natura umana come era al principio, in paradiso, prima della caduta; vediamo la natura umana come sarร alla fine, nel tempo che verrร dopo la risurrezione finale โ e questo ultimo stato della natura umana รจ incomparabilmente piรน elevato del primo. In questo senso la trasfigurazione ha un carattere escatologico; รจ, per utilizzare le parole di san Basilio il Grande, โlโinaugurazione della parousia gloriosa di Cristoโ.
La trasfigurazione di Cristo ci mostra dunque, secondo santโAndrea di Creta, โla deificazione della natura umanaโ. Se vogliamo comprendere il vero significato della dottrina dellaย theosis, dobbiamo partecipare a una liturgia vigiliare della festa della trasfigurazione e ascoltare attentamente ciรฒ che รจ detto e cantato. Cristo, trasfigurato sul monte, ci rivela la pienezza delle nostre potenzialitร umane, la capacitร ultima della nostra natura umana in ciรฒ che essa ha di piรน vero ed elevato. Secondo ilย kontakionย della vigilia:
Oggi, nella divina trasfigurazione,
tutta la natura umana risplende in modo divino
e grida di gioia.
Ma non รจ tutto. In quarto luogo โ e ciรฒ ha un particolare significato per il mondo contemporaneo โ, il Cristo trasfigurato ci rivela la gloria non soltanto della persona umana ma ugualmente dellโintera creazione materiale. โTu hai santificato con la tua luce tutta la terraโ, cantiamo ai vespri della festa (Lity, sticheron 1). La trasfigurazione ha una portata cosmica, poichรฉ lโumanitร deve essere salvata nonย dalย mondo maย conย il mondo. Il monte Tabor anticipa lo stato finale predetto da san Paolo, quando la creazione nella sua interezza โsarร liberata dalla schiavitรน della corruzioneโ, ed entrerร nella โlibertร della gloria dei figli di Dioโ (Rm 8,21). ร lโinaugurazione della โnuova terraโ, di cui parla lโApocalisse (Ap 21,1).
Sulla montagna, cioรจ, vediamo non soltanto unย voltoย umano trasfigurato nella gloria; la radiositร risplende allo stesso modo anche dalleย vestiย di Cristo (Mt 17,2). La luce del Tabor trasforma non soltanto il corpo del Salvatore in modo isolato, ma anche gli altri oggetti materiali associati a lui, le vesti fatte da mano dโuomo che indossa; e cosรฌ, per estensione, essa abbraccia potenzialmenteย tutteย le cose materiali. Non soltanto ciascun volto umano, ma anche ciascun oggetto fisico รจ capace di trasfigurazione. Alla luce di quellโunico volto che fu mutato, di quelle particolari vesti che furono rese bianche e rilucenti, tutti i volti umani hanno acquisito una nuova radiositร , a tutti gli oggetti comuni รจ stata data una nuova profonditร . Agli occhi di coloro che credono veramente nel Cristo trasfigurato nulla รจ misero o disprezzabile; tutte le cose create possono diventare un veicolo delle energie increate di Dio. La gloria del roveto ardente รจ tuttโintorno a noi, desiderosa di essere disvelata. La festa della trasfigurazione รจย par excellenceย una celebrazione ecologica.
I due monti: il Tabor e il Calvario
ร ora di ritornare alla nostra domanda iniziale. In che modo la gloria di Cristo trasfigurato sulla montagna โ gloria della Trinitร , gloria del Logos incarnato, gloria della persona umana, gloria dellโintera creazione โ ci rende in grado di comprendere il mistero della sofferenza? Come ci aiuta a rispondere allโangoscia, alla rabbia e alla disperazione che provano le nostre sorelle e i nostri fratelli in Iraq o nel Darfur, o qui a Milano e Torino, oppure nella mia cittร di Oxford? ร cosa buona, potreste dire, parlare della gloria del roveto ardente che รจ tuttโintorno a noi; ma come possiamo far diventare queste parole una realtร viva?
Una risposta, o per lo meno lโinizio di una risposta, emerge se consideriamo ilย contestoย in cui avviene la trasfigurazione di Cristo. Questa ha luogo appena prima che Gesรน lasci la Galilea (Mt 19,1) per salire per lโultima volta a Gerusalemme. Quindi i principali eventi che seguono la trasfigurazione sono lโincontro con Zaccheo a Gerico (Lc 19,1-10), la resurrezione di Lazzaro a Betania (Gv 11,1-44), e lโentrata nella cittร santa, seguita quasi immediatamente dalla crocifissione. Cronologicamente, dunque, vi รจ una stretta prossimitร fra la trasfigurazione e la passione. Ciรฒ viene facilmente trascurato, perchรฉ nel calendario ecclesiastico la settimana santa e la festa della trasfigurazione (6 agosto) sono celebrate in momenti dellโanno completamente distinti. Ma se la nostra prassi liturgica volesse aderire piรน strettamente alla reale sequenza degli eventi, allora dovremmo fare memoria della trasfigurazione in un qualche momento della Quaresima; e di fatto secondo il rito latino il vangelo della seconda domenica di Quaresima รจ esattamente il racconto matteano della trasfigurazione (Mt 17,1-9).
Tentiamo ora di esplorare ulteriormente la possibile relazione tra i due monti: il Tabor e il Calvario. Questo puรฒ essere fatto al meglio chiedendoci: nel racconto evangelico che cosa viene immediatamenteย primaย della descrizione della trasfigurazione di Cristo e che cosa viene immediatamenteย dopo?
In tutti e tre i vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) cโรจ unโidentica sequenza di eventi. Dapprima, sulla strada per Cesarea di Filippi, Pietro fa la sua risoluta confessione di fede: โTu sei il Cristo, il figlio del Dio viventeโ (Mt 16,16). Gesรน prosegue predicendo la sua passione ormai prossima, la sua morte e la sua resurrezione (Mt 16,21). Pietro รจ scandalizzato, ma Cristo lo rimprovera e insiste nel ricordare che non solo lui stesso, ma tutti coloro che desiderano essere suoi discepoli sono chiamati a seguirlo sul sentiero della sofferenza volontaria: โSe qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi seguaโ (Mt 16,24). Essere discepoli significa portare la croce. Cristo poi predice la sua futura venuta nella gloria (Mt 16,28), e dopo di ciรฒ segue immediatamente il racconto della trasfigurazione: โDopo sei giorni Gesรน prese con sรฉ Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse su un alta montagna, loro soliโ (Mt 17,1).
Questa sequenza nella narrazione evangelica non รจ semplicemente una giustapposizione casuale, ma esprime unโinterdipendenza spirituale vitale e assolutamente importante. Innanzitutto e ovviamente, la trasfigurazione avalla la confessione di fede di Pietro: Gesรน รจ infatti non soltanto figlio dellโuomo, ma anche โfiglio del Dio viventeโ. Il Tabor conferma la proclamazione della divinitร di Cristo da parte di Pietro. Ma la trasfigurazione deve anche essere compresa nella luce del resto del dialogo sulla strada per Cesarea di Filippi. Non รจ una coincidenza che nostro Signore parli della sua passione e dellโuniversale vocazione a portare la croce immediatamente prima della rivelazione della sua gloria divina sul Tabor. Al contrario, รจ preoccupato di enfatizzare la relazione essenziale nella sua economia di salvezza tra gloria e sofferenza.
In questo modo il contesto della trasfigurazione ci suggerisce un possibile modo di avvicinarci al mistero della sofferenza innocente. Gloria e sofferenza vanno insieme nellโopera salvifica di Cristo. I due monti, il Tabor e il Calvario, sono cosรฌ di fatto significativamente legati. La trasfigurazione non puรฒ essere compresa se non alla luce della croce, nรฉ la croce puรฒ essere compresa se non alla luce della trasfigurazione e, ugualmente, della resurrezione.
Ciรฒ diventa piรน chiaro se guardiamo piรน da vicino alla narrazione evangelica. Chi, possiamo chiederci, sono i tre discepoli che accompagnano Gesรน sulla cima della montagna? Sono Pietro, Giacomo e Giovanni. E chi sono i tre discepoli presenti con Gesรน al Getsemani? Proprio i medesimi tre: Pietro, Giacomo e Giovanni (Mt 26,37). Si puรฒ naturalmente avanzare che questi tre erano presenti in entrambe le occasioni perchรฉ erano i discepoli piรน intimamente associati a Gesรน, un circolo piรน ristretto allโinterno dei dodici. Ma certamente deve essere trovato un significato piรน profondo di questo.
Proprio come non รจ una coincidenza che Cristo parli del portare la croce immediatamente prima della sua trasfigurazione, cosรฌ non รจ una coincidenza che gli stessi tre discepoli siano presenti sia sulla cima della montagna sia allโagonia nel giardino del Getsemani. Testimoni della sua gloria incretata, essi sono testimoni anche di ciรฒ che padre Enzo ha chiamato, nella sua introduzione, lo โsfiguramentoโ.
Qual รจ, possiamo ulteriormente chiederci, lโargomento di cui Mosรฉ ed Elia parlano con Cristo mentre stavano con lui nella luce radiosa del Tabor? ร, secondo san Luca, nientโaltro che il suo prossimoย exodusย a Gerusalemme, la sua imminente morte in croce (Lc 9,31). Non รจ sorprendente? Avvolti nella luce dellโeternitร , essi parlano non delle gioie trascendenti del cielo, ma dellaย kenosisย sacrificale della crocifissione. Questo indica esattamente come la trasfigurazione debba essere compresa alla luce della crocifissione, e la crocifissione alla luce della trasfigurazione. Alla sommitร del Tabor รจ piantata la croce; e, in parallelo, dietro al velo della carne crocifissa e sanguinante di Cristo sul Golgota dobbiamo discernere la presenza della luce increata della trasfigurazione. Gloria e sofferenza sono due aspetti di un unico, indiviso mistero. โHanno crocifisso il Signore della gloriaโ, afferma san Paolo (1Cor 2,8): Cristo รจ tanto il Signore della gloria quando muore sulla croce quanto lo รจ quando รจ trasfigurato sul Tabor.
Questa โsindrome Tabor-Calvarioโ, come potrebbe essere appropriatamente definita, รจ ripetutamente sottolineata nei testi liturgici del 6 agosto. Prima di tutto, รจ notevole che la festa della trasfigurazione ricorra quaranta giorni prima dellโesaltazione della croce, il 14 settembre. Il numero quaranta ha ovviamente un significato speciale nella storia sacra: Israele stette quarantโanni nel deserto (Nm 14,33), Davide e Salomone regnarono entrambi per quarantโanni (1Re 2,11ย e 11,42), Elia camminรฒ per quaranta giorni verso il monte Horeb prima di fare esperienza della teofania nella grotta (1Re 19,8), Gesรน fu tentato per quaranta giorni nel deserto (Mc 1,13), e ascese al cielo quaranta giorni dopo la sua resurrezione (At 1,3). Il fatto che la festa della trasfigurazione sia esattamente quaranta giorni prima dellโesaltazione della croce รจ enfatizzato dal canto delleย katavasiaiย della croce nel canone del mattutino del 6 agosto. Gli eventi futuri allungano le loro ombre dietro di sรฉ.
Questo non รจ affatto lโunico luogo nella prassi liturgica della trasfigurazione dove il Tabor e il Calvario sono giustapposti. I primi dueย sticheraย ai grandi vespri, che descrivono entrambi il momento della trasfigurazione, iniziano sorprendentemente con le parole โprima della tua crocifissione, o Signoreโ. Sulla stessa linea il primoย sticheronย delle lodi allโOrthrosย comincia con le parole โprima della tua preziosa croce e passioneโ. Il legame tra la trasfigurazione e la crocifissione รจ sottolineato allo stesso modo nelย kontakionย della festa:
Tu fosti trasfigurato sulla montagna,
e i tuoi discepoli videro la tua gloria, o Cristo nostro Dio,
affinchรฉ essi fossero in grado di fare ciรฒ:
che cioรจ, quando ti avrebbero visto crocifisso,
potessero sapere che la tua sofferenza era volontariaโฆ Al momento della crocifissione, poi, i discepoli devono ricordare la teofania sul Tabor, e devono comprendere che anche il Golgota รจ una teofania. La trasfigurazione e la passione sono ciascuna da comprendere in relazione reciproca, e ugualmente in termini di resurrezione.
Il legame tra il Tabor e il Calvario รจ evidente non soltanto nella Scrittura e nei testi liturgici ma anche nellโiconografia. Come padre Enzo ci ha ricordato, in quella che รจ la piรน antica rappresentazione della trasfigurazione giunta fino a noi (insieme al mosaico nellโabside della chiesa di santa Caterina del Sinai) โ vale a dire il mosaico nellโabside di santโApollinare in Classe a Ravenna โ il Cristo trasfigurato รจ mostrato proprio nella forma di unaย crux gemmata, una grande croce decorata con gemme preziose, che stende le sue braccia nel firmamento del cielo. Lโinterconnessione fra la trasfigurazione e la passione รจ qui proclamata in una maniera particolarmente singolare e memorabile.
Abbiamo fin qui considerato cosa accadde immediatamente prima della trasfigurazione. Guardiamo ora a ciรฒ che viene direttamente dopo. In tutti e tre i vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) cโรจ ancora una volta unโidentica sequenza di eventi. I tre discepoli, scendendo con Cristo dalla montagna, sono messi di fronte a una scena di confusione e tristezza allo stesso tempo: un bambino malato, afflitto da crisi epilettiche; un padre che grida nellโangoscia: โIo credo: tu aiuta la mia incredulitร !โ; gli altri discepoli sono perplessi e incapaci di assisterlo (Mt 17,14-18;ย Mc 9,14-27). Ancora una volta non si tratta di una giustapposizione casuale. Pietro voleva rimanere sulla cima della montagna, costruire tre tabernacoli, e cosรฌ prolungare la visione (Mt 17,4). Ma Gesรน non lo permette: insiste che essi scendano nuovamente nella pianura. Noi partecipiamo alla grazia della trasfigurazione non isolandoci dalla sofferenza del mondo ma coinvolgendo noi stessi in essa. La nostra esistenza quotidiana รจ trasfigurata esattamente nella misura in cui noi, ciascuno nella propria situazione, condividiamo la sofferenza, la solitudine e lo scoraggiamento di coloro che sono attorno a noi.
Tale รจ dunque la relazione portatrice di vita tra la gloria del monte Tabor e lโangoscia e la disperazione del mondo; tale รจ il messaggio del Salvatore trasfigurato alla razza umana sofferente; tale รจ il significato della trasfigurazione per il mondo contemporaneo. Tutte le cose sono capaci di trasfigurazione, ma tale trasfigurazione รจ possibile soltanto attraverso il portare la croce, come la chiesa ortodossa afferma ogni domenica al mattutino: โContempla come, attraverso la croce, la gioia รจ giunta a tutto il mondoโ.
Attraverso la croce: non cโรจ altra via. Per Cristo stesso e per tutti noi che cerchiamo di essere membra del suo corpo, gloria e sofferenza vanno insieme. Nella nostra vita come nella sua i due monti, Tabor e Calvario, formano un unico mistero. Essere cristiani significa condividere allo stesso tempo lโautosvuotamento e il sacrificio di sรฉ sulla croce, e la grande gioia della trasfigurazione e della resurrezione. Presenti con Cristo nella gloria sulla cima della montagna, siamo anche presenti con lui al Getsemani e sul Golgota.
โIl paradosso della sofferenza e del maleโ, dice Nikolaj Berdjaev, โรจ risolto nellโesperienza della compassione e dellโamoreโ. Ciรฒ รจ vero non soltanto per noi stessi ma anche per il Dio incarnato. Il nostro Dio รจ un Dio coinvolto. Alla domanda di Ivan Karamazov egli non offre una risposta a parole; la sua risposta รจ una risposta espressa con la vita, attraverso la sua compassione, la sua partecipazione al nostro dolore, attraverso il suo amore che soffre con noi. La sua trasfigurazione ci dona la guarigione proprio perchรฉ significa non una fuga dal male e unโalienazione dalla creazione decaduta, ma un coinvolgimento incondizionato e senza limiti in essa. La trasfigurazione conduce alla croce e la croce alla resurrezione: qui sta la nostra speranza certa.
Il titolo della mia presentazione era โLa trasfigurazione di Cristo e la sofferenza del mondoโ, ma avrei potuto ugualmente scegliere come titolo โLa sofferenza di Cristo e la trasfigurazione del mondoโ. โLa bellezza salverร il mondoโ: sรฌ, certamente Dostoevskij aveva ragione. Ma anche Isaia aveva ragione nel dire che โegli ha portato le nostre sofferenze e si รจ caricato dei nostri doloriโ (Is 53,4). La bellezza che รจ la salvezza del mondo รจ infatti sรฌ la bellezza increata che risplende sul Tabor, ma questa stessa bellezza increata รจ manifestata nondimeno nel sacrificio della croce. La trasfigurazione di Cristo non ci permette di evadere da alcuna sofferenza, ma rende la nostra sofferenza creatrice e portatrice di vita: secondo le parole di san Paolo, โmorenti, eppure viviamo โฆ afflitti, ma sempre lietiโ (2Cor 6,9-10).
Kallistos Ware,ย metropolita di Diokleia