La seconda predica di Quaresima di padre Cantalamessa

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L’Eucaristia, seme della vita e della morte di Gesù, accompagni sacerdoti e laici durante tutta la vita.

Nella seconda predica di Quaresima padre Raniero Cantalamessa ha dedicato la propria meditazione, alla presenza del Papa e della Curia Romana, alla figura del sacerdote e al dono dell’Eucaristia. Il mistero sacerdotale – ha detto il predicatore della Casa Pontificia nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico – si fonda sull’annuncio del Vangelo e trae la propria forza ed efficacia dal sacrificio di Cristo. Per essere sacerdote il presbitero deve offrire se stesso come Gesù. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

(musica)

Il sacerdozio cristiano non si spiega “se non in dipendenza e come partecipazione sacramentale al sacerdozio di Cristo”. Il presbitero sull’altare non rappresenta soltanto il Gesù “sommo sacerdote”, ma anche il Gesù “somma vittima”:

“L’offerta del sacerdote e di tutta la Chiesa, senza quella di Gesù, non sarebbe né santa, né gradita a Dio, perché siamo creature peccatrici. Ma anche l’offerta di Gesù, senza quella del suo corpo che è la Chiesa, sarebbe anch’essa incompleta e insufficiente, non per procurare la salvezza, ma per riceverla”.

Padre Cantalamessa si è poi soffermato sul sacramento per eccellenza, l’Eucaristia, segno concreto della grazia:

“Gesù quando dice ‘Prendete il mio corpo’ ci dà la sua vita concreta, il suo vissuto nel tempo, le fatiche, le gioie, tutto quello che ha riempito la sua vita. Dicendo ‘Prendete questo è il mio sangue’ ci dona la sua morte. L’Eucaristia è il seme della vita e della morte di Gesù”.

Applicare queste parole nella vita quotidiana significa per un sacerdote offrire tempo, risorse fisiche, e tutto ciò che anticipa la morte come le mortificazioni e le malattie. Tutta la giornata e non solo il momento della celebrazione è un’Eucaristia. L’Eucaristia – ha spiegato padre Cantalamessa – è profondamente legata a tutti gli aspetti della vita e in particolare al lavoro:

“L’Eucaristia è il frutto del lavoro dell’uomo ma non solo del lavoro agricolo, perché dal grano al pane sull’altare c’è di mezzo il trasporto, la trasformazione. Allora, il lavoratore sa che sull’altare arriva il frutto del suo lavoro, il suo sudore va nel prodotto che finisce offerta a Dio: l’Eucaristia”.

L’Eucaristia – ha concluso il predicatore della Casa Pontificia – è nutrimento anche per i giovani, soprattutto in un mondo dominato dalla strumentalizzazione del corpo, visto “come strumento di piacere e di sfruttamento”. Il sacerdote può insegnare ai giovani a non “dare più in pasto” il corpo alla concupiscenza:

“Aiutandoli a vivere l’Eucaristia così, a offrire il loro corpo insieme con Gesù nella messa. Allora capiranno cosa vuole dire Paolo quando diceva: glorificate Dio con il vostro corpo. Il corpo diventa non più strumento di piacere da vendere ma è dono, offerta, nel matrimonio come mezzo di dialogo, di trasmissione della vita; nella vita consacrata come sacrificio, offerta, ai fratelli. Ecco, allora, tutta la vita veramente cambia”.

(Musica)

Fonte: Radio Vaticana