Per poter sapere che computer arriva dal latino computare, che la squadra di Torino si pronuncia ‘iuventus’ e non ‘giuventus’ così come quando ci riferiamo a qualcosa di strafigo dobbiamo dire che è il ‘non plus ultra’ e non il ‘non plas ultra’. Il latino è bello, ci aiuta ad utilizzare la memoria che, nell’era delle rubriche telefoniche dei cellulari, sta scomparendo dalle nostre potenzialità, dà rigore mentale e metodo nello studio.
Una ventina d’anni fa l’insegnamento del latino alle scuole medie inferiori – dove già da tempo era diventato una disciplina facoltativa dopo essere stato curricolare per tanti anni – smise di essere considerato vincente, in quanto un gruppo di persone aveva deciso di considerarlo lingua morta.
Ma chi ci ha mai creduto? Lo dimostrano non uno ma tanti fatti.
Innanzi tutto nelle scuole dello stesso ordine in cui era stato un tempo abolito, venne poi reintrodotto come materia facoltativa (ed i genitori più lungimiranti e combattivi fanno la scelta coraggiosa e saggia di imporlo ai propri figli), e poi, quasi in un’ottica di rivalsa proibizionista, si è sviluppato – attorno all’idioma di Cesare e Cicerone – un interesse molto fervido e tutt’altro che meramente accademico.
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