La partecipazione alla Sacra Liturgia

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Lโ€™idea di partecipazione alla liturgia poggia su principi dottrinali che hanno come fondamento lโ€™ecclesiologia cattolica. Ora, se le attivitร  ecclesiali, secondo il Concilio Vaticano II,1 ruotano attorno allโ€™annuncio della Parola di Dio, alla celebrazione liturgica e alle azioni derivanti dal governo pastorale del Popolo di Dio, sarebbe un errore pensare che lโ€™aspetto attivo di queste dipenda unicamente dai ministri ordinati e che la partecipazione dei fedeli rimanga esclusivamente passiva. Lo schema ยซ dare-ricevere ยป non corrisponde esattamente alla natura profonda dellโ€™ecclesiologia cattolica, ma costituisce una semplificazione eccessiva di una realtร  che รจ molto piรน ricca. Naturalmente, non si tratta di negare il ruolo necessario e insostituibile del ministero dei Vescovi e dei sacerdoti, ma di rendere conto della sana teologia cattolica, cosรฌ come รจ stata proposta dal Concilio Vaticano II.

Ecco, dunque, alcuni testi destinati ad illustrare tale proposito:

Le azioni liturgiche non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa, che รจ ยซ sacramento dellโ€™unitร  ยป, cioรจ popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi. Perciรฒ tali azioni appartengono allโ€™intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; ma i singoli membri vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversitร  degli stati, degli uffici e della partecipazione effettiva.2

La logica conclusione delle precedenti affermazioni รจ che:

Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa รจ da preferirsi, per quanto รจ possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata.3

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E, piรน concretamente,

Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio si limiti a compiere tutto e soltanto ciรฒ che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, รจ di sua competenza.4

รˆ importante osservare che il vocabolario utilizzato dal Concilio indica una preferenza per lโ€™uso del termine ยซ celebrazione ยป, espressione che sottolinea la dimensione ecclesiale e comunitaria delle azioni liturgiche. Anche nel nuovo Codice di Diritto Canonico, si usa con grande frequenza il termine ยซ celebrazione ยป, senza per questo escludere il termine ยซ amministrazione ยป dei sacramenti, espressione che veicola, anchโ€™essa, dei concetti importanti sul piano teologico in vista di una corretta comprensione della natura e dellโ€™efficacia dei sacramenti. Perciรฒ nessuno puรฒ stupirsi del fatto che il termine ยซ celebrazione ยป abbia acquisito unโ€™importanza del tutto particolare nella catechesi liturgica e nel vocabolario corrente, sia dei sacerdoti che dei fedeli.

Proseguiamo la nostra riflessione citando altri testi del Concilio Vaticano II:

Giustamente perciรฒ la liturgia รจ considerata come lโ€™esercizio della funzione sacerdotale di Gesรน Cristo. In essa, la santificazione dellโ€™uomo รจ significata per mezzo di segni sensibili e realizzata in modo proprio a ciascuno di essi; in essa il culto pubblico integrale รจ esercitato dal corpo mistico di Gesรน Cristo, cioรจ dal capo e dalle sue membra.5 Effettivamente per il compimento di questโ€™opera cosรฌ grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sรฉ la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale lโ€™invoca come suo Signore e per mezzo di lui rende il culto allโ€™eterno Padre.6 Perciรฒ ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che รจ la Chiesa, รจ azione sacra per eccellenza, e nessunโ€™altra azione della Chiesa ne uguaglia lโ€™efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado.7

Dopo aver fatto riferimento a vari aspetti complementari dellโ€™insegnamento della Costituzione Sacrosanctum Concilium, รจ necessario evocare la dottrina del Concilio Vaticano II sul sacerdozio comune  dei fedeli che, riprendendo un tema molto antico, esplicita in maniera eccellente il fondamento della partecipazione dei fedeli alla celebrazione liturgica. Ecco la citazione di questo testo di importanza capitale della Costituzione dogmatica Lumen Gentium:

Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cf. Eb 5, 1-5), fece del nuovo popolo ยซ un regno e sacerdoti per il Dio e il Padre suo ยป (Ap 1, 6; cf. 5, 9-10). Infatti per la rigenerazione e lโ€™unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati per formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le attivitร  del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamรฒ allโ€™ammirabile sua luce (cf. 1 Pt 2, 4-10). Tutti  quindi i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera  e lodando insieme Dio (cf. At 2, 42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cf. Rm 12, 1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che รจ in essi di una vita eterna (cf. 1 Pt 3, 15) Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati lโ€™uno allโ€™altro, poichรฉ lโ€™uno e lโ€™altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dellโ€™unico sacerdozio di Cristo. Il sacerdote ministeriale, con la potestร  sacra di cui รจ investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtรน del loro regale sacerdozio, concorrono allโ€™offerta dellโ€™eucaristia, ed esercitano il loro sacerdozio col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con lโ€™abnegazione e la caritร  operosa.8

La vita cristiana deve dunque essere guardata come un inno di ยซ lode a gloria della grazia di Dio ยป (Ef 1, 6.12.14), come unโ€™offerta di noi stessi a Dio, come vittime vive e sante, sapendo ciรฒ che a Lui piace, ciรฒ che รจ perfetto (cf. Rm 12, 1). Ora, questa lode trae il suo valore dal fatto che siamo incorporati a Cristo dal momento del nostro battesimo e che la lode perfetta che compie sulla Croce trascina la nostra o meglio, in altri termini, che la nostra lode si incorpora a quella di Cristo proprio per mezzo della presenza rinnovata del suo Sacrificio, compiuto una volta per tutte (Eb 7, 27; 9, 12.28; 10, 12.14) sul Calvario. Possiamo dunque affermare che, in questo senso, la vita cristiana รจ una vita sacerdotale, cioรจ una vita consacrata alla gloria di Dio o, ancora, una ยซ vita liturgica ยป, e questo non solo durante la celebrazione del culto liturgico propriamente detto, ma anche, e a partire da questo culto, e vivendolo come suo culmine (Sacrosanctum Concilium, 10), una vita che traspare in tutte le nostre azioni, comprese quelle che derivano direttamente dalle responsabilitร  temporali o che recano lโ€™impronta di ciรฒ che รจ provvisorio o incompiuto.

LA PARTECIPAZIONE

รˆ certamente molto importante tenere conto delle riflessioni precedenti per continuare ad approfondire questo tema della partecipazione nel quadro della Liturgia.

Il testo piรน esplicito del Concilio Vaticano II sulla partecipazione dei fedeli alla Liturgia afferma quanto segue:

Ad ottenere perรฒ questa piena efficacia, รจ necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione dโ€™animo, armonizzino la loro mente con le parole che pronunziano e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano. Perciรฒ i pastori di anime devono vigilare attenta mente che nellโ€™azione liturgica non solo siano osservate le leggi che rendono possibile una celebrazione valida e lecita, ma che i fedeli vi prendano parte in modo consapevole, attivo e fruttuoso.9

I tre aggettivi con i quali il testo conciliare qualifica la partecipazione sono dunque: ยซ consapevole ยป, ยซ attiva ยป e ยซ fruttuosa ยป, ma il testo afferma che queste tre caratteristiche vanno al di lร  della semplice osservanza di una celebrazione valida e lecita, visto che devono essere le conseguenze delle ยซ disposizioni di un animo retto ยป e della ยซ cooperazione con la grazia divina ยป. Per cui ยซ prendere parte ยป, ยซ far parte di un tutto ยป, ยซ agire ยป, ยซ incorporarsi ยป e ยซ mettersi in comune ยป sono espressioni che non riguardano solo aspetti esteriori ma soprattutto e innanzitutto atteggiamenti interiori e spirituali. Se questo non avviene, รจ inevitabile che la celebrazione liturgica diventi una sorta di spettacolo o, se vogliamo, unโ€™espressione di tipo folcloristico oppure un vuoto rituale e persino un esercizio ginnico o coreografico!

Le disposizioni interiori richieste per una partecipazione fruttuosa alla celebrazione della Liturgia corrispondono fondamentalmente alle virtรน teologali: la fede, la speranza e la caritร .

Se รจ vero, come afferma San Paolo per tre volte, che: ยซ il giusto vive della fede ยป (Rm 1, 17; Eb 10, 28; Gal 3, 11), รจ chiaro che il culmine della vita cristiana, che รจ la Liturgia, non puรฒ esistere al di fuori della luce della fede e senza uno spirito di fede.

รˆ vero anche che la fede cristiana, che รจ la virtรน propria della nostra condizione di pellegrini, si accompagna necessariamente alla speranza. La fede ci mostra il senso della nostra esistenza quaggiรน e i mezzi che dobbiamo adottare in questo mondo per raggiungere lo scopo definitivo della nostra vita. La speranza, da parte sua, ben consapevole delle nostre debolezze e ferite che il peccato ha lasciato nella nostra anima, guarda con fiducia allo scopo ultimo del nostro pellegrinaggio con la certezza di potervi giungere grazie allโ€™aiuto di Dio che รจ lโ€™unica cosa che puรฒ introdurci in un rapporto di ยซ connaturalitร  ยป con Dio, sorgente dellโ€™essere, della salvezza e della vita beata.

La fede e la speranza devono naturalmente giungere alla caritร  che ha per oggetto, in modo inseparabile, da una parte Dio in se stesso e, dallโ€™altra, il prossimo per lโ€™amore di Dio. รˆ chiaro che si tratta, allo stesso tempo, dellโ€™amore di Dio con tutto il nostro cuore, con tutte le nostre forze e con tutto il nostro essere, e dellโ€™amore dei nostri fratelli, secondo le commoventi caratteristiche descritte da  San  Paolo  (1 Cor 13, 1-13).

Alle tre virtรน teologali, si puรฒ aggiungere unโ€™altra disposizione interiore indispensabile per una partecipazione fruttuosa alla Liturgia:   la virtรน di religione. Questa espressione ยซ virtรน di religione ยป indica il rispetto profondo, lโ€™umile adorazione di Colui che รจ tre volte Santo e al quale non siamo degni di avvicinarci (Es 3, 1-6; 1 Re 19, 9-13). Possiamo affermare che la virtรน di religione รจ come ยซ lโ€™anima ยป della Liturgia; di fatto, anche se non possiamo mai dimenticare che Dio รจ nostro Padre, รจ comunque un Padre di immensa maestร , รจ il Signore onnipotente, รจ il Re di eterna gloria.

La fede

Ritorniamo adesso alla virtรน teologale della fede per approfondirne i vari aspetti. รˆ vero che, poichรฉ le realtร  divine appartengono al mistero della fede, non possiamo avere accesso alle realtร  invisibili ai nostri occhi carnali se non attraverso la fede (Eb 11, 1) nรฉ possiamo, senza la fede, giungere alla convinzione che tutto ciรฒ che vediamo proviene da ciรฒ che non vediamo (cf. Eb 11, 3). In effetti, la fede svela ciรฒ che รจ invisibile attraverso ciรฒ che รจ visibile, la fede trascende le esperienze sensibili e ci permette di accedere al mistero; infine, รจ proprio la fede che ci consente di percepire lโ€™efficace significato dei gesti liturgici lungo la storia della salvezza, dato che la Liturgia non รจ una costruzione astratta e fuori del tempo, ma รจ una celebrazione ben radicata negli eventi che costituiscono il tessuto della realizzazione del disegno eterno della salvezza, cosรฌ come รจ stato voluto dal Padre, cosรฌ come si รจ manifestato nel Verbo incarnato e cosรฌ come continua a realizzarsi per lโ€™azione dello Spirito Santo nella Chiesa.

I segni

Affrontiamo ora la questione specifica dei segni liturgici. Si puรฒ affermare che, senza alcun dubbio, la ragion dโ€™essere dei segni propri della Liturgia deriva dalla natura umana, considerata nella sua realtร  corporale e, insieme, spirituale; essa deriva anche dal mistero dellโ€™Incarnazione, grazie al quale lโ€™accesso al Dio invisibile diventa possibile attraverso lโ€™umanitร  reale di Gesรน Cristo. In effetti, come lโ€™umanitร  di Cristo รจ lo strumento dellโ€™azione salvifica del Verbo, cosรฌ i segni liturgici contengono e trasmettono la potenza salvifica di Dio; attraverso di essi, la grazia di Dio รจ comunicata o intensificata in tutti coloro che hanno giร  ricevuto la giustificazione, lโ€™adozione divina e lโ€™incorporazione nella Chiesa.

Naturalmente, la comprensione dei segni liturgici รจ inserita nella partecipazione consapevole e fruttuosa alla Liturgia; comunque, anche se questi segni esercitano, con la loro semplice presenza, un ruolo pedagogico nei confronti di quanti, tuttavia, li percepiscono con una consapevolezza limitata dal punto di vista del loro contenuto, non di meno esigono la presenza di una mistagogia costante e di una formazione basata sulla catechesi liturgica, in grado di consentire sia ai fedeli che ai ministri di progredire nella conoscenza del mistero che si celebra. Questa osservazione รจ particolarmente importante quando si  รจ in presenza di un rito che non รจ celebrato abitualmente, come ad esempio le ordinazioni o la dedicazione di una nuova chiesa. Niente nuoce maggiormente alla partecipazione spirituale dei fedeli ad una celebrazione liturgica dellโ€™atteggiamento troppo frettoloso o distratto del celebrante, o il compiere, da parte sua, i gesti liturgici in maniera meccanica.

Vi sono tre termini, tratti da una preghiera tradizionale, che ben riassumono lโ€™atteggiamento che ogni celebrante dovrebbe avere:

ยซ degno ยป, ยซ attento ยป, ยซ devoto ยป, tanto รจ vero che il celebrante stesso รจ un segno. In quanto persona consacrata e strumento dellโ€™azione di Cristo glorioso, che รจ il protagonista principale delle azioni sacramentali, il ministro ordinato, come anche il fedele laico deputato secondo le norme del diritto, deve lasciar trasparire il mistero che รจ celebrato, in modo tale che la comunitร  possa essere in grado di percepire che il suddetto ministro non รจ nรฉ un attore di teatro, nรฉ un funzionario, ma un credente afferrato dalla presenza ineffabile di Colui che non puรฒ essere visto con occhi carnali ma che รจ piรน reale di tutto ciรฒ che appartiene al mondo dellโ€™esperienza sensoriale.

Una celebrazione liturgica ยซ degna ยป deve essere prima di tutto permeata della bellezza del luogo in cui essa si svolge, e degli oggetti di culto usati, anche se si tratta di una bellezza semplice ed essenziale. Questa comporta anche la pulizia dei paramenti liturgici e la qualitร  dei vasi sacri. Dโ€™altra parte, se la celebrazione assume un aspetto teatrale, non puรฒ essere considerata veramente ยซ degna ยป; infatti, ben lungi dallโ€™essere uno spettacolo, una celebrazione liturgica ha una dimensione innanzitutto religiosa e spirituale. Infine, questa nozione di dignitร  implica la necessitร  di accompagnare le celebrazioni con movimenti appropriati alla Liturgia, cioรจ compiuti senza fretta, con una certa lentezza ed eleganza, ma senza affettazione.

In secondo luogo, una celebrazione liturgica deve essere ยซ attenta ยป, e questo richiede uno sforzo particolare da parte del celebrante affinchรฉ, per quanto possibile, eviti le distrazioni, soprattutto quelle volontarie. Questo aggettivo ยซ attenta ยป consente di insistere sulla volontร  di concentrare il proprio spirito, cosa che esige una disciplina dei sensi al fine di evitare di lasciarsi trascinare dai molteplici oggetti che attirano lo sguardo e distolgono lโ€™attenzione. La musica, naturalmente, non rappresenta, di per sรฉ, un ostacolo a questa attenzione poichรฉ รจ parte integrante della partecipazione del coro e dei fedeli; eppure, รจ deplorevole il fatto che alcuni brani musicali che accompagnano certe celebrazioni liturgiche, non favoriscono lโ€™attenzione del celebrante e dei partecipanti. Infatti, esistono generi musicali troppo improntati ad uno stile teatrale che mettono in evidenza, in maniera eccessiva, le qualitร  artistiche degli interpreti e questo provoca dannose distrazioni in quelli che partecipano alla celebrazione liturgica. รˆ dunque veramente disdicevole che, in certi casi, la celebrazione della santissima Eucaristia sia percepita come un elemento in qualche modo secondario rispetto allโ€™esecuzione di un brano musicale celebre, che sottolinea la qualitร  del compositore e il virtuosismo degli interpreti. รˆ certo che pratiche di questo genere non contribuiscono a rafforzare nรฉ il senso religioso nรฉ il raccoglimento, mentre รจ opportuno notare che lโ€™uso del canto gregoriano e della polifonia di qualitร  elevata, che sono al servizio della Liturgia, non comportano questo genere di conseguenze particolarmente nefaste.

Lโ€™ยซ attenzione ยป richiede anche il silenzio, naturalmente e prima di tutto il ยซ silenzio interiore ยป o, se si vuole, un cuore pacificato e calmo, cosa che evidentemente implica il silenzio esterno. I mormorii e i commenti dei concelebranti fra di loro, o con gli altri ministri seduti vicino  a loro, sono indice di uno spirito indisciplinato e sono di cattivo esempio per i fedeli. Lโ€™attenzione richiesta durante una celebrazione liturgica ha, invece, come condizione preliminare una preparazione accurata della celebrazione, affinchรฉ essa si svolga ordinatamente, senza dare lโ€™impressione che i diversi elementi sono lasciati allโ€™improvvisazione.

Infine, la celebrazione deve essere ยซ devota ยป, il che corrisponde ad un atteggiamento pieno di rispetto, amore di Dio, senso religioso e attenzione verso ciรฒ che รจ la ยซ sola cosa di cui cโ€™รจ bisogno ยป (Lc 10, 42). Nella lingua francese, lโ€™aggettivo ยซ devoto ยป puรฒ essere spiegato con il termine ยซ pio ยป. Si puรฒ definire il termine ยซ devoto ยป in questo modo: ยซ una persona devota รจ colui che รจ consapevole che la sua vita non ha alcun senso se non รจ legata intimamente a Dio ยป o, in altri termini, รจ lโ€™atteggiamento di chi vuole vivere in modo totalmente coerente con la propria consacrazione battesimale e seguendo il programma che San Paolo ha riassunto in poche parole: ยซ perchรฉ se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore ยป (Rm 14, 8). Questo significa, quindi, che una persona devota รจ ยซ completamente dedita al Signore ยป. Colui che partecipa ad unโ€™azione liturgica non dovrebbe entrare nella celebrazione sacra passando, senza interruzioni, dalle sue occupazioni profane, pur rispettabili e oneste, alla preghiera comunitaria. รˆ necessario rispettare un lasso di tempo, anche se breve, che deve essere caratterizzato dal silenzio, dal raccoglimento e dalla preghiera. Riguardo a questo, un esempio che colpisce รจ quello dei monaci che, prima di entrare nella chiesa del monastero per celebrare lโ€™Ufficio Divino โ€“ che si chiama ancora Liturgia delle Ore โ€“ rimangono in piedi e in silenzio nel chiostro, per raccogliere il proprio spirito prima di dedicarsi alla salmodia. รˆ lo stesso scopo che hanno le preghiere che il celebrante recita mentre veste i paramenti liturgici, proprio prima dellโ€™inizio della celebrazione.

Per concludere, possiamo affermare che le riflessioni appena formulate derivano dalla prima delle disposizioni richieste per una partecipazione autentica alla celebrazione liturgica: si tratta della fede che svela i diversi significati, molto ricchi, dei segni liturgici; la fede, lโ€™unica che permette al ministro ordinato di svolgere il suo ruolo sacro  di strumento di Cristo e di servo del suo Corpo che รจ la Santa Chiesa.

La grazia di Dio

รˆ indispensabile, ora, studiare un altro elemento essenziale della partecipazione piena alla celebrazione liturgica: si tratta della grazia di Dio o, piรน esattamente, dello stato di grazia.

La partecipazione alle azioni liturgiche ha lo scopo sia di ottenere la grazia che ancora non si possiede (come nel caso del battesimo ai bambini e dellโ€™accesso al sacramento della penitenza da parte di coloro che sono in stato di peccato), sia lโ€™accrescimento della grazia in quanti sono giร  giustificati. La grazia รจ lโ€™espressione concreta della salvezza, il frutto della redenzione e il pegno della gloria che ci attende nel Regno dei cieli.

Il fatto di essere presenti ad un atto liturgico in stato di peccato mortale e senza avere almeno un desiderio di conversione, non costituisce una vera partecipazione, anche se, durante la celebrazione, la persona in oggetto partecipa ai movimenti, ai canti, alle acclamazioni o ad altri gesti, poichรฉ, in questo caso, manca a questa persona lโ€™orientamento fondamentale verso Dio e verso la sua gloria che costituisce lโ€™anima della Liturgia. Ciรฒ non vuol dire che per questo bisogna escludere dalla celebrazione quelli che non hanno la disposizione interiore richiesta, perchรฉ รจ possibile che una presenza, pur non avendo tutte le condizioni per essere definita come vera partecipazione, costituisce tuttavia uno strumento della grazia attuale, che condurrร    la persona in questione alla conversione. Rimane il fatto che bisogna escludere dai ministeri che intervengono durante la celebrazione, le persone di cui รจ noto lo stato pubblico di peccato, poichรฉ, sarebbero dei contro-esempi e causerebbero scandalo e confusione nei fedeli. Di certo, la valutazione dei vari casi concreti richiede grande prudenza pastorale, e un modo di agire pieno di delicatezza, ma รจ opportuno non ridurre mai le esigenze contemplate nei principi stabiliti dalla morale e dal diritto della Chiesa.

Gli atti esteriori della partecipazione

Oggigiorno, in alcuni ambienti poco illuminati e che, per di piรน, non sono stati formati alla scuola della buona teologia, si ritiene che  la ยซ partecipazione ยป equivale soltanto allโ€™espressione di certi atteggiamenti del corpo. รˆ vero che questi costituiscono effettivamente delle espressioni di partecipazione, ma non bisogna mai dimenticare che sono espressioni esteriori della partecipazione interiore. In altri termini, si puรฒ dire che questi elementi sono la parte โ€œ materiale โ€ e visibile della partecipazione, mentre lโ€™elemento โ€œ formale โ€ nel senso forte del termine, ovvero essenziale, e invisibile, รจ costituito dalle virtรน teologali โ€” la fede, la speranza e la caritร  โ€”, dalla virtรน di religione e dallo stato di grazia; solo questโ€™ultimo pone la creatura umana in uno stato di consacrazione alla gloria di Dio, sulla base della coerenza tra la fede, che รจ professata, e lโ€™amore di Dio e del prossimo, che รจ vissuto in modo concreto in tutte le scelte della vita.

Il Concilio Vaticano II indica un certo numero di elementi destinati a promuovere la partecipazione attiva; eccone la lista. Tuttavia, prima di citarli, รจ opportuno fare unโ€™osservazione molto importante: questi elementi non costituiscono, da soli e in sรฉ, la partecipazione liturgica; non fanno altro che esprimerla e la favoriscono. Infatti, bisogna sempre ricordare che la partecipazione che possiamo definire    โ€œ sostanziale โ€ deriva da quegli elementi che sono stati presentati, in quanto detto precedentemente, come ยซ elementi formali ยป.

Ecco il testo del Concilio Vaticano II:

Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonchรฉ le azioni e i gesti e lโ€™atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio.

Nella revisione dei libri liturgici si abbia cura che le rubriche tengano conto anche delle parti dei fedeli.10

Certo, gli elementi esteriori della partecipazione, citati nel testo conciliare, non dovrebbero essere trascurati, poichรฉ la persona umana, la cui natura รจ spirituale e insieme corporale, ha bisogno di espressioni sensibili. Inoltre, gli elementi esteriori contribuiscono a rafforzare gli atteggiamenti interiori. Infine, dato che lโ€™uomo ha una natura che lo porta a vivere in societร , ha bisogno di espressioni sensibili che lo aiutino a vivere questa esperienza di vita comunitaria e a manifestare il culto come una realtร  sociale e non solo individuale.  Per questo รจ assolutamente impossibile immaginare un culto cattolico sprovvisto di elementi sensibili. Oltretutto, se si tentasse di eliminare da questo culto delle espressioni cosรฌ connaturali alla natura umana,   si avrebbe come effetto quello di privarlo di una parte essenziale di  ciรฒ che esso รจ per natura. Non รจ neanche giusto imporre in maniera eccessiva e sproporzionata alcune espressioni esteriori, col rischio di fare della celebrazione liturgica una successione di gesti compiuti in maniera meccanica e, quindi, in qualche modo, senza anima. Bisogna capire, riguardo a questo, che situazioni soggettive diverse possono portare qualcuno a non assumere un atteggiamento rigorosamente consono ad un momento ben preciso, non per questo si puรฒ parlare    di un allontanamento rispetto a ciรฒ che sopra abbiamo definito una ยซ partecipazione formale ยป. Sarebbe un errore, dunque, pensare che, siccome non si rispetta rigorosamente tale atto esteriore, la persona in questione non ha le disposizioni richieste per una partecipazione reale e genuina. Puรฒ succedere, infatti, che alcuni di coloro che celebrano  la Liturgia compiendo con grande minuzia e rigorosa disciplina gli atti esteriori, richiesti dalle rubriche, rimangono in realtร  molto lontani dallโ€™autentica partecipazione interiore.

I ministeri

Il n. 30 della Costituzione Sacrosanctum Concilium, citato nel paragrafo precedente, concerne le forme di partecipazione โ€œ comuni โ€ a tutto il popolo di Dio. Tuttavia, vi sono anche forme speciali di partecipazione, nel senso che non costituiscono un bisogno per tutti i fedeli nรฉ comportano lโ€™esercizio di un ยซ diritto ยป propriamente detto; dโ€™altra parte, presuppongono alcune qualitร  e persino un richiamo esplicito da parte di chi esercita la responsabilitร  del buon andamento della celebrazione liturgica. Il principio generale stabilito dalla Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium รจ che:

Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio si limiti a compiere tutto e soltanto ciรฒ  che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, รจ di sua competenza.11

Fra i vari ministeri liturgici, รจ opportuno citare innanzitutto le funzioni che dipendono da coloro i quali, per lโ€™ordinazione sacramentale, appartengono al clero: i Vescovi, i sacerdoti e i diaconi. รˆ proprio di questi ministeri ordinati โ€œ strutturare โ€ la Chiesa, Corpo visibile di Cristo, nella quale la gerarchia sacra รจ allo stesso tempo il segno della salvezza che proviene dallโ€™Alto, come un dono gratuito e anche lo strumento dellโ€™azione salvifica, la cui fonte primaria รจ il Signore Gesรน, Pontefice unico della Nuova Alleanza, che esercita il suo ruolo mediatore per il tramite dei ministri ordinati. Questi ministeri sono talmente necessari che Santโ€™Ignazio di Antiochia dichiara che senza Vescovo, nรฉ sacerdoti, nรฉ diaconi non si puรฒ parlare di Chiesa (cf. ad Trall ).

Esistono, comunque, altri ministeri non ordinati che contribuiscono alla dignitร  della celebrazione liturgica.

Possiamo citare i lettori, incaricati di leggere le letture della Sacra Scrittura, tranne il Vangelo. Il lettore puรฒ essere ยซ istituito ยป (in questo caso deve essere necessariamente un uomo (vir): can. 230 ยง 1), o solo ยซ benedetto ยป, oppure semplicemente chiamato per una determinata celebrazione. Lโ€™incarico di lettore non รจ un segno dโ€™onore, cosรฌ come non costituisce una sorta di riconoscimento ufficiale dei meriti presunti di una persona, ma รจ prima di tutto e unicamente un servizio che prende in considerazione il bene del popolo di Dio che partecipa alle celebrazioni. รˆ importante che il lettore sia una persona rispettabile, che dia prova di uno status ecclesiale irreprensibile, dotato di una buona reputazione e che, inoltre, sappia leggere bene, cioรจ in modo chiaro e con un eloquio chiaro che permetta al popolo di capire lโ€™articolazione delle frasi del testo sacro. Per cui, una persona molto devota e rispettabile che non รจ in grado di leggere, cioรจ di farsi capire dal popolo che partecipa alla celebrazione, non deve essere chiamato al ministero del lettore.

I ยซ ministranti ยป (o ยซ chierichetti ยป), chiamati anche ยซ accoliti ยป possono essere anche ยซ istituiti ยป (si tratta allora, in questo caso, di adulti e uomini (viri ): can. 230 ยง 1), ยซ benedetti ยป o semplicemente chiamati a dare questo servizio occasionalmente o in maniera piรน o meno costante. Devono ricevere una formazione adeguata per poter adempiere le loro funzioni con dignitร , cioรจ senza commettere quegli errori che porterebbero necessariamente pregiudizio alla qualitร  e allโ€™armonia della celebrazione. Spetta al Vescovo diocesano autorizzare, per motivi particolari, persone di sesso femminile ad esercitare eccezionalmente questo ministero, sempre tenendo conto della preferenza  data tradizionalmente dalla Chiesa agli uomini e ai ragazzi.12

La Lettera circolare della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, del 15 marzo 1994 (Notitiae 39, 1994, 333335), in applicazione della Risposta del Pontificio Consiglio per lโ€™Interpretazione dei Testi Legislativi, a proposito dellโ€™interpretazione autentica del can. 230 ยง 2 (le funzioni liturgiche che i laici, uomini e donne, possono svolgere secondo il can. 230 ยง 2, comprendono anche il servizio sullโ€™altare? Affirmative et iuxta instructiones a Sede Apostolica dandas. Cf. AAS 86, 1994, 541), stabilisce che spetta a ciascun Vescovo nella propria diocesi, dopo aver ascoltato il parere della Conferenza Episcopale, emettere un giudizio prudenziale su ciรฒ che รจ conveniente fare per uno sviluppo armonioso della vita liturgica nella sua diocesi. Inoltre, lโ€™obbligo di continuare a favorire il servizio sullโ€™altare affidato a ragazzi, che ha consentito uno sviluppo incoraggiante delle vocazioni sacerdotali, rimarrร  sempre. In una Lettera del 27 luglio 2001

La musica รจ parte integrante delle celebrazioni liturgiche; per questo, da secoli, la Chiesa riconosce il ruolo della ยซ schola cantorum ยป; essa ha il compito di interpretare brani di musica liturgica. Tuttavia,   in proposito, bisogna osservare, che sarebbe un abuso concedere alla schola cantorum un posto tale da sopprimere la partecipazione del popolo al canto durante la celebrazione liturgica. Peggio ancora sarebbe se i membri della schola agissero in modo da attirare lโ€™attenzione su di sรฉ a scapito dellโ€™azione liturgica, invece che attenersi al proprio ruolo che consiste nellโ€™essere un aiuto destinato a rafforzare lo spirito religioso dei partecipanti alle celebrazioni liturgiche. Rimane il fatto che il ruolo della schola cantorum รจ stato riconosciuto dalla Costituzione sulla Liturgia come un vero e proprio ministero liturgico.13

La mancanza di ministri ordinati per la distribuzione della santa Comunione giustifica il servizio di ministri straordinari della distribuzione della santa Eucaristia. Questi ministri possono essere costituiti in maniera stabile, oppure essere chiamati in un caso imprevisto. Si tratta di un ministero di supplenza e in nessun caso di una sorta di ยซ promozione ยป del laicato. Il numero insufficiente di sacerdoti o diaconi per la celebrazione del sacramento del battesimo puรฒ portare il Vescovo ad autorizzare dei laici ad essere ministri straordinari di tale sacramento.14

(Notitiae 421-422, 2001, 397-399), la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti precisa, da una parte, che la libertร  del Vescovo diocesano non puรฒ essere condizionata dalle eventuali decisioni dei Vescovi limitrofi a favore del servizio sullโ€™altare da parte delle donne, e, dallโ€™altra, che lโ€™eventuale autorizzazione del Vescovo deve sempre lasciare la possibilitร  ai sacerdoti della diocesi di non far ricorso se non a gruppi di chierichetti formati esclusivamente da maschi, dato lโ€™obbligo contenuto nella Lettera sopracitata del 1994, riguardo allo sviluppo delle vocazioni sacerdotali.

Per questo stesso motivo, il Vescovo puรฒ designare dei laici come testimoni qualificati per la celebrazione canonica del matrimonio (can. 1112);15 puรฒ dare anche lโ€™autorizzazione ai laici a presiedere al culto domenicale in assenza del sacerdote 16 o presiedere alle esequie.17

Fra i ministeri che aiutano i ministri ordinati durante la celebrazione liturgica, soprattutto quella della santissima Eucaristia, รจ opportuno citare il ยซ maestro delle cerimonie ยป, incaricato di vegliare affinchรฉ la celebrazione si svolga in modo ordinato e ciascuno dei ministri svolga esattamente il proprio ruolo. Questo incarico non รจ strettamente riservato ad un ministro ordinato, sacerdote o diacono, anche  se รจ opportuno scegliere fra questi il maestro delle cerimonie.

Infine, non bisogna dimenticare il ยซ commentatore ยป che, con indicazioni molto brevi e discrete, aiuta la comunitร  a capire le diverse parti della celebrazione liturgica. Va da sรฉ che il commentatore deve conoscere bene il significato dei testi liturgici, cosa che presuppone che egli abbia ricevuto una formazione di alta qualitร , dato che non deve dare interpretazioni arbitrarie o immaginarie dei riti che vengono celebrati, ma fare riferimento esclusivamente ai testi e ai gesti liturgici approvati dalla Chiesa. Il luogo in cui il commentatore esercita il suo ministero non รจ lโ€™ambone, o luogo dellโ€™annuncio della Parola, ma un altro luogo discreto e appropriato.

รˆ evidente che tutte le persone che partecipano alla celebrazione liturgica esercitando un ยซ ministero ยป di questo genere, devono prepararsi con cura, sia dal punto di vista spirituale che liturgico, sia a livello di conoscenze propriamente dette delle norme che regolano le cerimonie, sia di quelle che permettono di attuare una celebrazione ordinata e permeata di spirito religioso.

รˆ opportuno insistere ancora una volta sul fatto che i ministeri di supplenza possono essere esercitati solo in assenza dei ministri ordinati, o quando questi ultimi non sono in numero sufficiente a realizzare una celebrazione in un lasso di tempo ragionevole. รˆ indispensabile, dunque, avere ben presente lโ€™Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de mysterio sulla collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti, del 15 agosto 1997.18

CONCLUSIONE

La liturgia ha una dimensione ยซ ascendente ยป, poichรฉ fa veramente salire verso la Maestร  di Dio la lode che gli รจ dovuta in quanto Creatore e Redentore. Questa lode di tutta la Chiesa, Capo e Corpo, รจ, allo stesso tempo, personale e comunitaria: certo, essa impegna ogni fedele ma, contemporaneamente, ogni fedele fa parte del Corpo mistico di Cristo e poichรฉ il Corpo di Cristo, che รจ la Chiesa, ha una struttura stabilita da Cristo stesso, suo divino Fondatore, la lode liturgica รจ presieduta da coloro che, essendo inseriti nella successione apostolica dallโ€™ordinazione sacramentale, possono agire in persona Christi. Ora, il culmine di questa dimensione ascendente si colloca nella celebrazione del Sacrificio eucaristico. รˆ vero, comunque, che la Liturgia ha anche una dimensione ยซ discendente ยป, poichรฉ รจ attraverso le celebrazioni, in modo particolare, attraverso quella dei sacramenti, che la salvezza raggiunge gli uomini con la grazia santificante e tutti i doni che lโ€™accompagnano. Dio, nel suo disegno eterno di salvezza per lโ€™umanitร , ha voluto che degli atti visibili fossero portatori della grazia invisibile. Questi atti, anche se sono destinati alla santificazione della persona, assumono la forma delle celebrazioni liturgiche allโ€™interno della comunitร  dei credenti, che esprime la realtร  ecclesiale concreta. Giunto al termine di questa riflessione, mi sembra particolarmente opportuno ritornare al testo iniziale della Costituzione del Concilio Vaticano II sulla santa Liturgia.

Eccone il testo:

La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dellโ€™eucaristia, ยซ si attua lโ€™opera della nostra redenzione ยป, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtร  invisibili, fervente nellโ€™azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; tutto questo in modo tale, perรฒ, che ciรฒ che in essa รจ umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile allโ€™invisibile, lโ€™azione alla contemplazione, la realtร  presente alla cittร  futura, verso la quale siamo incamminati.19

Il tema della partecipazione alla celebrazione liturgica ci fa veramente toccare con mano il mistero della salvezza, lโ€™economia mirabile con la quale il Padre misericordioso, attraverso il suo Verbo incarnato, ci rivela il suo disegno e lo compie per la forza dello Spirito Santo che rinnova tutte le cose.

Jorge A. Card. MEDINA ESTร‰VEZ

NOTE

  • 1 Cf. Lumen Gentium, 25; Christus Dominus, 12-16; Presbyterorum ordinis, 4-6.
  • 2 Sacrosanctum Concilium, 26.
  • 3 Sacrosanctum Concilium, 27.
  • 4 Sacrosanctum Concilium, 28.
  • 5 Sacrosanctum Concilium, 7, 2.
  • 6 Sacrosanctum Concilium, 7, 1.
  • 7 Sacrosanctum Concilium, 7, 3.
  • 8 Lumen Gentium, 10.
  • 9 Sacrosanctum Concilium, 11.
  • 10 Sacrosanctum Concilium, 30 e 31.
  • 11 Sacrosanctum Concilium, 28.
  • 13 Cf. Sacrosanctum Concilium, 29.
  • 14 Cf. Codice Diritto Canonico, can. 230 ยง 3. Lโ€™istruzione interdicasteriale Ecclesiae de mysterio, del 15 agosto 1997 (Disposizioni pratiche, art. 11) precisa che bisogna stare attenti alle interpretazioni troppo estensive ed evitare di concedere tale facoltร  in forma abituale. Ad esempio, non possono essere assimilati allโ€™assenza o allโ€™impedimento, che rendono lecito deputare dei fedeli non ordinati ad amministrare il battesimo, nรฉ il lavoro eccessivo da parte del ministro ordinario nรฉ il fatto che egli non risieda nel territorio della parrocchia, nรฉ la sua non disponibilitร  nel giorno previsto dalla famiglia per la cerimonia. Nessuna di queste ragioni costituisce motivo sufficiente (AAS 89, 1997, 874).
  • 15 Il can. 1112 esige parere favorevole della Conferenza Episcopale e lโ€™autorizzazione della Santa Sede. In Francia, questa possibilitร  di delegare laici non esiste.
  • 16 Can. 1248 ยง 2; SACRA  CONGREGAZIONE  PER  IL  CULTO  DIVINO,  Direttorio  per  le celebrazioni domenicali in assenza di sacerdoti Christi Ecclesia, 10 giugno 1988, Preliminari, cfr. Notitiae 263, 1988, 366-378. Lโ€™Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de mysterio, del 15 agosto 1997 (Disposizioni pratiche, art. 7) precisa che il fedele non ordinato che guida questo genere di celebrazioni deve avere un mandato speciale da parte del Vescovo, che avrร  cura di dare delle indicazioni opportune concernenti la loro durata, il luogo, le condizioni e il sacerdote che ne รจ responsabile. Inoltre, queste celebrazioni, i cui testi devono sempre essere quelli approvati dallโ€™autoritร  ecclesiastica, costituiscono sempre soluzioni temporanee. รˆ vietato inserire elementi propri alla liturgia del sacrificio, soprattutto la ยซ Preghiera eucaristica ยป, anche sotto forma narrativa. Bisogna anche ripetere sempre ai partecipanti che queste celebrazioni non sostituiscono il Sacrificio eucaristico e che non si adempie il precetto di santificare le feste se non partecipando alla Messa, anche a costo di prendere parte ad una celebrazione domenicale in assenza del sacerdote, quando la partecipazione al Santo Sacrificio non รจ possibile. Nel caso in cui le distanze e le condizioni fisiche lo permettono, i fedeli devono essere incoraggiati ed aiutati a fare tutto il possibile per adempiere il precetto (AAS 89, 1997, 869-870).
  • 17 Cf. Ordo Exsequiarum, praenotanda, n. 19. Lโ€™Istruzione interdicasteriale Ecclesiae de mysterio, del 15 agosto 1997 (Disposizioni pratiche, art. 12) ricorda che questa possibilitร  esiste solo nel caso di una vera mancanza di ministri ordinati. Inoltre, poichรฉ, a causa delle circostanze attuali di crescente scristianizzazione e allontanamento dalle pratiche religiose, le esequie possono diventare occasioni pastorali particolarmente opportune per consentire ai ministri ordinati di incontrare direttamente dei fedeli che non praticano abitualmente, รจ auspicabile che, anche a costo di qualche sacrificio (cum magna deditione), i sacerdoti e i diaconi presiedano personalmente i riti funebri (AAS 89, 1997, 874).
  • 18  AAS 89, 1997, 852-877; traduzione francese: cf. La Documentation Catholique 2171, 1997, 1009-1020.
  • 19 Sacrosanctum Concilium, 2.

FONTE

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