I FONDAMENTI DELLA LECTIO DIVINA
La lectio divina รจ un atto di lettura della Bibbia chiamato a divenire ascolto della Parola di Dio, incontro e relazione con il Signore che parla attraverso la pagina biblica. Questo significa che occorre, prima di tutto, specificare il rapporto fra Bibbia e Parola di Dio.
La Scrittura contiene la Parola di Dio
Tra Scrittura e Parola di Dio non vi รจ coincidenza. La Bibbia stessa attesta che la Parola di Dio รจ una realtร che eccede la Scrittura e la trascende. La Parola รจ realtร vivente, operante, efficace (Is 55,10-11; Eb 4,12-13), onnipotente (Sap 18,15). Dio parla e la sua parola crea (cf. Gen 1) e instaura e guida la storia (il termine ebraico davar significa sia โparolaโ che โstoriaโ). La Parola di Dio, secondo il NT, รจ il Figlio stesso di Dio (โDio ha parlato nel Figlioโ: Eb 1,2), lui รจ la parola definitiva di Dio allโuomo, lui รจ la parola da ascoltare (cf. Mt 9,7). Dunque la Scrittura non รจ im-mediatamente Parola di Dio.
Quale rapporto, allora, fra Bibbia e Parola di Dio? Un testo della Dei Verbum lo indica: โLe sacre Scritture contengono la Parola di Dio e, poichรฉ ispirate, sono veramente Parola di Dioโ (DV 24). Eโ interessante notare che la formulazione contenuta nello schema iniziale della DV, il textus prior, recitava: โLe Sacre Scritture non solo contengono la Parola di Dio, ma sono veramente Parola di Dioโ. Il passaggio avvenuto fra le due redazioni mostra la preoccupazione dei padri conciliari di evitare lโidentificazione delle realtร della Bibbia e della Parola di Dio. La Parola di Dio รจ contenuta nelle Scritture e in esse deve essere rinvenuta attraverso unโoperazione di interpretazione nello Spirito (โLe Scritture sono Parola di Dio quia inspirataeโ).
Il Libro santo e la sua interpretazione nello Spirito
โLa fede cristiana non รจ una โreligione del Libroโ. Il cristianesimo รจ la religione della โParolaโ di Dio, non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e viventeโ (Catechismo della Chiesa Cattolica 108). Come aveva affermato Henry de Lubac, il cristianesimo โnon รจ una religione della Bibbia, ma di Gesรน Cristoโ. Le Scritture cristiane comprendono in sรฉ anche le Scritture dโIsraele, lโAntico Testamento, ma le inglobano rileggendole e interpretandole in riferimento al compimento messianico realizzato da Gesรน il Messia, sicchรฉ i libri veterotestamentari inseriti nel Canone cristiano vanno compresi alla luce interpretativa determinante dellโevento pasquale e della persona di Gesรน Cristo. Inoltre Gesรน non ha scritto nulla e anche i vangeli, che consentono di accedere alla sua conoscenza, sono โtestimonianze su Gesรนโ, scritti rivolti dagli evangelisti a determinate comunitร cristiane nella seconda metร del I secolo d. C., dunque testi che richiedono unโermeneutica per essere eloquenti oggi.
Nel cristianesimo il Libro santo, cioรจ la Bibbia, รจ in posizione ancillare nei confronti della persona vivente di Gesรน Cristo. Questa coscienza trova una singolare espressione, nella tradizione cristiana, nellโaffermazione che Cristo stesso รจ il libro santo. Scrive Ugo di San Vittore: โTutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e questโunico libro รจ Cristo, perchรฉ tutta la Scrittura parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimentoโ (De arca Noe morali II, 8). Certamente la fenomenologia della religione fa rientrare la Bibbia tra i โlibri sacriโ, caratterizzati cioรจ da definizione e strutturazione in un Canone, uso liturgico, ritualizzazione dellโatteggiamento cultuale nei confronti del Libro, interpretazioni e commenti continui nella storia. Alla Bibbia cristiana mancano perรฒ lโelemento dellโesclusivitร , in quanto ingloba anche le Scritture ebraiche, e quello della regolamentazione della vita sociale e politica del gruppo. Aspetto questo, piรน rilevante nelle โreligioni della leggeโ (Ebraismo, Islam).
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Nel cristianesimo il Libro รจ opera umana, storicamente datata e geograficamente collocata, gli autori biblici hanno agito โut veri auctoresโ (Dei Verbum 11), risentendo dei condizionamenti culturali del loro tempo, dunque la lettera del testo รจ sottratta, da tutte queste mediazioni umane, alla sacralitร , e deve essere sottoposta a necessaria interpretazione. โLa lettera uccide, lo Spirito dร vitaโ (2Cor 3,6): il principio paolino รจ fondamentale per lโinterpretazione biblica. Il cristianesimo รจ cosรฌ โreligione dellโinterpretazioneโ (Christoph Thรฉobald), religione dellโascolto, piรน che del Libro. Certo, si tratta di un ascolto e di unโermeneutica ecclesiale nello Spirito santo, perchรฉ solo lo Spirito che ha ispirato gli scritti puรฒ resuscitare la pagina scritta tanto tempo fa a Parola vivente oggi. Pertanto la Scrittura esige, per essere compresa, che si raggiunga il suo dinamismo, quello dello Spirito santo. โLa Scrittura deve essere letta e interpretata nello stesso Spirito nel quale fu scrittaโ (DV 12).
Cosรฌ la Bibbia รจ โsantaโ, cioรจ partecipe dellโalteritร e santitร di Dio stesso, ed รจ libro โdistintoโ, โseparatoโ per la comunitร che leggendolo vi riconosce la propria vocazione, il proprio fondamento di assemblea di Dio (ekklesรญa toรป theoรป), la propria ragion dโessere. Teologicamente, dunque, la Bibbia ha un carattere teandrico, divino-umano: in quanto biblioteca di libri, insieme di testi diversi per lingua, genere letterario, data di composizione e autori, appare come parola umana; come libro unico (libro plurale: tร biblรญa, i libri) essa ha โDio per autoreโ (DV 11). Ed รจ lo Spirito santo che articola lโunica volontร e parola di Dio nella molteplicitร dei libri e delle espressioni umane. La lectio divina vuole attuare questa ermeneutica spirituale della Scrittura, ma questo significa che solo attraverso unโintroduzione e unโiniziazione ad una prassi di lettura della Bibbia nello Spirito si puรฒ dare sostanza alla ritrovata centralitร della Parola di Dio allโinterno della chiesa, che altrimenti resta uno slogan vuoto.
La Scrittura e lโincarnazione
La tradizione cristiana ha spesso posto in parallelo lโevento per cui la Parola (il logos) si รจ fatta carne (Gv 1,14) e lโevento per cui la stessa Parola si รจ fatta libro. Questo parallelismo si trova in DV 13, dove รจ ripreso il tema biblico e patristico della condiscendenza divina, dellโabbassamento di Dio per venire incontro allโuomo che ha trovato una bella formulazione in un testo di Agostino: โRicordatevi che รจ la medesima parola di Dio che si diffonde in tutte le Scritture, un medesimo Verbo risuona sulla bocca di tutti gli scrittori sacri, lui, che essendo in principio presso Dio, non ha bisogno di sillabe perchรฉ non รจ sottomesso al tempo. E non dobbiamo meravigliarci se per condiscendenza alla nostra debolezza egli si abbassa fino alla dispersione dei nostri suoni umani, poichรฉ egli si abbassa fino a prendere lโinfermitร del nostro corpoโ (Enarr. in Ps. CIII,4,1).
Non deve dunque stupire che la Scrittura sia chiamata, nella tradizione cristiana, Corpus Christi: โCorpo del Figlio รจ la Scrittura a noi trasmessaโ (Ambrogio, In Lucam VI, 33), e ancora: โCorpus Christi intellegitur etiam Scriptura Deiโ (โPer corpo di Cristo si intende anche la Scrittura di Dioโ). Scrive ottimamente un patrologo contemporaneo: โOpera dello Spirito, come lโumanitร del Cristo, lโEucaristia e la Chiesa, questi altri segni sensibili tramite i quali il Verbo si comunica agli uomini, anche la Scrittura esige, per essere compresa, che si raggiunga il suo dinamismo, quello dello Spirito. Solo una lettura spirituale della Scrittura permette di percepire nelle parole la Parola a cui queste rinviano, come solo una comprensione spirituale dellโumanitร di Gesรน, dellโEucaristia e della Chiesa permette di percepire nel rabbi giudeo, nel pane e nel vino, nel gruppo sociologico, la realtร di cui sono il segno. Ciรฒ che fa difficoltร non sono questi segni, che sono veramente segni di ciรฒ che significano perchรฉ lo Spirito รจ in essi, ma la cecitร naturale che รจ tolta solo dallโadesione allo Spirito che li animaโ. E come lโincarnazione รจ finalizzata allโincontro e alla comunione con lโuomo, cosรฌ anche la Scrittura, la quale รจ capace di comunicare il Signore a chi si accosta ad essa nella fede e sotto la guida dello Spirito santo.
Parola e Eucaristia
Il rapporto con lโincarnazione ci porta a valutare lโaltrettanto stretto rapporto fra Parola e Eucaristia. Questo rapporto รจ espresso a piรน riprese dai testi del Concilio (SC 48; 51; 56; DV 21; 26; AG 6; 15; PO 18; PC 6). โLa liturgia della parola e la liturgia eucaristica sono congiunte tra loro cosรฌ strettamente da formare un solo atto di cultoโ (SC 56). Il fondamento biblico piรน chiaro di questo intrinseco rapporto รจ il testo di Gv 6, in cui il Cristo si proclama โpane di vitaโ nel duplice senso di Logos, Parola di Dio, rivelatore del Padre, e di cibo e bevanda eucaristici. Da questo fondamento (unitamente ai passaggi che parlano della Parola come cibo e bevanda, della fame e della sete della Parola di Dio, del profeta o dellโuomo di Dio che โmangiaโ il rotolo della Scrittura: cf. Dt 8,2-3; Am 8,11; Ger 15,16; Sal 119,103; Sap 16,26; Sir 24,18-22; Pr 9,1-5; Ez 3,3; Mt 4,4; Ap 10,9) รจ scaturita la tradizione patristica che ha parlato delle due mense: la tavola della Parola e la tavola del pane e del vino eucaristici.
La celebrazione della Parola nellโEucaristia รจ dunque essenziale al movimento globale dellโazione liturgica nel quale il credente puรฒ incontrare il Cristo che ha dato da mangiare al popolo sia annunciando la parola che condividendo il pane (cf. Mc 6,30-44). Anche la Parola contenuta nella Scrittura รจ dunque capace di far entrare nella relazione con Dio, รจ munita della capacitร efficace dellโalleanza, e finchรฉ non sarร colta in questa sua dimensione essa resterร una parola su Dio e non sarร colta come Parola di Dio. Questo significa affermare la qualitร sacramentale della Scrittura. Al cuore della Chiesa, la Scrittura va compresa come sacramento della Parola di Dio. Insomma, unica รจ la presenza di Cristo nella Parola di Dio come nellโEucaristia. Una presenza che il credente coglie grazie alla fede e allโazione dello Spirito santo.
LA LECTIO DIVINA:
METODO TRADIZIONALE DI LETTURA CREDENTE DELLE SCRITTURE
Dopo aver appena rapidamente accennato a questioni basilari, che fondano la possibilitร stessa della lectio, possiamo mostrare il carattere tradizionale, e al tempo stesso attualissimo, della lectio divina come metodo ecclesiale ed orante di lettura delle Scritture.
Un metodo tradizionale di leggere la Scrittura
La lectio divina ripropone i principi basilari di lettura della Scrittura elaborati giร allโinterno del giudaismo e poi passati nella tradizione cristiana. La lectio divina รจ una lettura della Scrittura che, avvenendo nella fede, nella preghiera, nellโapertura allo Spirito, diviene un ascolto della Parola di Dio che tramite la pagina biblica si rivolge โa noi oggiโ. Questa lettura/ascolto opera un approfondimento dei livelli semantici del testo biblico analogo allo schema dei quattro sensi della Scrittura presente tanto nel giudaismo quanto nel cristianesimo. La dottrina ebraica del PaRDeS (acrostico delle parole che indicano i quattro strati di senso) intravede quattro momenti: peshat (semplice), che รจ il senso ovvio, immediato, letterale; remez (allusione), che รจ il senso allegorico, lโapprofondimento del senso primo attraverso il ricorso ad altri testi biblici che โapronoโ quello stesso senso; derashah (ricerca), che indica il livello in cui il lettore si sente spinto a unโassunzione di responsabilitร nei confronti del messaggio ascoltato; sod (segreto), che รจ il senso mistico, che partecipa dello sguardo di Dio sulle realtร .
Pur con tutte le ovvie modificazioni, questo schema si ripresenta nella dottrina cristiana dei quattro sensi della Scrittura diffuso nellโesegesi medievale. Dottrina che parla di senso letterale (che concerne il significato storico del testo), allegorico o spirituale (che indaga la portata kerygmatica del testo stesso), tropologico o morale (che coinvolge lโesistenza del credente), anagogico (che riguarda il piano contemplativo ed escatologico). Questi quattro livelli di senso corrispondono sostanzialmente agli approfondimenti che la lectio divina fa compiere al lettore della Scrittura guidandolo dal livello storico-letterale (lectio) al suo approfondimento rivelativo e teologico che fa emergere un messaggio centrale (meditatio) a cui si risponde con la preghiera e con lโimpegno dellโesistenza (oratio) fino a rendere partecipe lโesistenza intera dello sguardo di Dio sulle realtร umane (contemplatio).
La formulazione di Guigo il Certosino
Lo schema di lectio divina appena proposto, in quattro tappe (lectio, meditatio, oratio, contemplatio) non รจ certo lโunico elaborato nel medioevo cristiano. Altri schemi comprendono altri momenti: discretio, deliberatio, collatio, actioโฆ ma di fatto piรน che di vere e proprie aggiunte si tratta di esplicitazioni di elementi che stanno giร allโinterno di quello schema basilare e fondamentale in quattro momenti, che si raccomanda, pertanto, come il piรน lucido ed essenziale.
Esso รจ stato formulato da Guigo II Certosino (XII sec.), ne La scala di Giacobbe, in questi termini: โUn giorno, mentre ero occupato nel lavoro manuale, presi a riflettere sullโattivitร spirituale dellโuomo. Allora improvvisamente quattro gradini spirituali si offersero alla mia riflessione, e cioรจ la lettura, la meditazione, lโorazione e la contemplazione. (โฆ) La lettura รจ un accurato esame delle Scritture che muove da un impegno dello spirito. La meditazione รจ unโopera della mente che si applica a scavare nella veritร piรน nascosta sotto la guida della propria ragione. Lโorazione รจ un impegno amante del cuore in Dio allo scopo di estirpare il male e conseguire il bene. La contemplazione รจ come un innalzamento al di sopra di sรฉ da parte dellโanima che gusta le gioie della dolcezza eternaโ.
Questo schema non fornisce una ricetta, ma lโindicazione di un cammino, abbozza un itinerario pedagogico che non va assunto con meccanicismo e pedanteria. Piรน ancora che di una โtecnicaโ si tratta di unโโarteโ. Eโ normale che nelle diverse etร della vita (anagrafica e spirituale) si accordi maggior peso allโuno o allโaltro dei momenti della lectio divina. Avviene spesso che agli inizi, quando occorre ancora impratichirsi con la Bibbia, i momenti della lectio e della meditatio, dello sforzo โ anche di studio โ per la comprensione del testo, siano prevalenti. Piรน avanti nella vita spirituale risulterร preponderante e anche piรน immediato il passaggio allโoratio, alla risposta di fede e di preghiera al messaggio del testo.
Eโ importante sottolineare che preghiera e azione, nel dinamismo della lectio divina, sono strettamente connessi. Il testo di Guigo dice che lโoratio consiste in โun impegno amante del cuore in Dioโ, un volgere con fervore il cuore verso Dio, โper evitare il male e compiere il beneโ. Preghiera e dimensione etica sono inscindibilmente intrecciate nella risposta che il cristiano dร alla Parola ascoltata. Questa deve essere anche assunzione di responsabilitร nel quotidiano della vita. Insomma, รจ bene prendere sul serio il principio formulato da Gregorio Magno, Scriptura crescit cum legente (la Scrittura cresce con chi la legge), che riposa sul fatto che lo stesso Spirito presente nelle Scritture รจ anche presente in noi. Il lettore impegnato in una relazione con il Signore attraverso lโassiduitร con le Scritture, vede mutare la propria esperienza di vita, la vede crescere e divenire un elemento decisivo per la comprensione della Parola di Dio.
Scrive Giovanni Cassiano: โLe Scritture si rivelano a noi piรน chiaramente e ci aprono il loro cuore e quasi il loro midollo, quando la nostra esperienza non solo ci permette di conoscerle, ma fa sรฌ che ne preveniamo la stessa conoscenza, e il senso delle parole non ci รจ rivelato da qualche spiegazione, ma dallโesperienza viva che ne abbiamo fattoโ (Cassiano, Collationes X,11).
Avviene pertanto che, con lโaccrescersi dellโesperienza spirituale ed esistenziale, lo stesso testo della Scrittura consegni significati insospettati. Non รจ del resto forse vero che, secondo la comprensione giudaica e cristiana, ogni parola e versetto della Scrittura contengono innumerevoli sfaccettature di significato? โUn solo passo scritturistico dร luogo a molteplici sensiโ (Sanhedrin 34a); โIn ogni parola della Scrittura brillano molte luciโ (Zohar III,202a); โLa Bibbia ha settanta voltiโ (Bemidbar Rabbร XIII,15); โDalle medesime parole della Scrittura scaturiscono molteplici sensiโฆ, le medesime parole si comprendono in molteplici modiโ (Agostino, De doctrina christiana III,27,38).
Lโunificazione del credente
Alla luce di quanto detto, dovrebbe risultare chiaro che la lectio divina tende a fare lโunitร tra vita e fede, tra esistenza e preghiera, tra umano e spirituale, tra interioritร ed esterioritร . Nellโaccostamento alla Scrittura essa cerca di integrare lo studio, lโanalisi critica del testo allโinterno di un approccio sapienziale e orante, dunque un approccio di fede. Sostanzialmente, poi, i quattro momenti della lectio divina che abbiamo intravisto possono essere sintetizzati in due movimenti fondamentali: il primo (lectio e meditatio) piรน oggettivo, tutto teso a far emergere ciรฒ che il testo dice; il secondo (oratio e contemplatio) piรน soggettivo, in cui cioรจ, rispondendo alla parola ascoltata, emerge maggiormente il lettore con la propria vita ed esperienza di fede. La lectio divina รจ dunque un movimento respiratorio, in cui ciรฒ che viene โrespiratoโ รจ la parola di Dio, la sua volontร .
LA PRASSI DELLA LECTIO DIVINA
Non mi soffermo su forme possibili di lectio divina comunitaria, ma solamente sulla lectio divina personale.
Un tempo e uno spazio
Alla lectio divina occorre anzitutto un luogo di solitudine e di silenzio. Si tratta di cercare e ascoltare Dio โche รจ nel segretoโ (Mt 6,6). Per disporsi ad ascoltare la Parola occorre far tacere le molte parole e i rumori che assordano il cuore, occorre entrare nellโessenzialitร del silenzio e della solitudine, operando una presa di distanza dalle molte presenze che giornalmente ci assediano. Una parola autorevole puรฒ nascere solo dal silenzio, da un lungo ascolto, dalla capacitร di meditare e pensare, di riflettere e ponderare. Per aiutarsi alla lectio divina si puรฒ ricorrere a unโicona, a un cero acceso; certamente รจ essenziale coinvolgere il corpo nellโincontro con il Signore a cui ci si sta disponendo: la lectio divina non รจ meramente intellettuale, ma vuole riguardare tutta la persona, tutto il corpo.
Alla lectio divina รจ bene dedicare un tempo fissato nella giornata, un tempo cui restare fedeli, non i ritagli lasciati dai molti impegni. Un tempo adeguato alla serietร che deve contraddistinguere la lectio divina รจ unโora, ma certamente รจ la perseveranza, la quotidianitร che porta frutto, al di lร della misura di tempo che dipende anche dallo status e dagli impegni di colui che vi si consacra.
La lectio divina edifica il sensus fidei, รจ alla base della capacitร di discernimento, ed รจ anche sforzo ascetico: essa necessita di interiorizzazione perchรฉ il seme della Parola possa attecchire e mettere radici; di perseveranza perchรฉ un ascolto entusiasta ma incapace di durare nel tempo resta sterile, di lotta spirituale per trattenere la Parola e non lasciarla soffocare dai rovi dei desideri mondani (cf. Mc 4,13-20).
Cosรฌ, molto concretamente, la lectio divina consente alla Parola di Dio di esercitare una reale signoria sulla vita del credente. Anche queste ultime considerazioni mostrano che la lectio divina non รจ unโattivitร che coincida con lo studio di un testo e in tale studio si esaurisca, ma certamente le persone โintellettualiโ corrono sempre il rischio di ridurre la lectio divina a unโesperienza di fruizione intellettuale o estetica: il testo fa sorgere idee brillanti nelle quali ci si compiace, oppure viene colto nella sua โbellezzaโ e di questa intuizione ci si gratifica, precludendosi perรฒ il frutto spirituale vero e profondo della lectio divina
La preghiera
Alla lectio divina ci si prepara con il silenzio, con lโesodo da se stessi, ma poi con la preghiera. E anzitutto con lโepiclesi, con lโinvocazione allo Spirito santo il quale puรฒ aprire gli orecchi del nostro cuore per darci lโintelligenza della Parola. Dopo la preghiera allo Spirito, puรฒ aiutare ad entrare nel clima di ascolto e dialogo amoroso con il Signore che parla tramite la pagina biblica, la lettura di una strofa del salmo dellโascolto (Sal 119), vero e proprio duetto di amore assimilabile al Cantico dei Cantici. Si entra cosรฌ sempre piรน nella lectio divina come luogo sacramentale di esperienza dellโamore di Dio. Puรฒ allora iniziare lโitinerario della lectio divina attraverso il testo biblico.
Lectio
Lโatto iniziale della lectio divina รจ un atto di lettura. Credo che oggi, in un tempo in cui si legge poco, soprattutto si legge in fretta, per immagazzinare il massimo nel minor tempo possibile, occorra imparare e insegnare a leggere, a rapportarsi dialetticamente a un libro, e in particolare a quel libro cosรฌ esigente che รจ la Bibbia. Eโ sulla Bibbia, infatti, e solo su di essa, che si esercita la lectio divina. Certamente la tradizione cristiana ci fornisce esempi di unโaccezione piรน larga della lectio divina nel senso che essa รจ stata consigliata ed esercitata anche in rapporto a testi autorevoli di padri della chiesa, ecc. Tuttavia solo la Bibbia gode di quello statuto particolarissimo nella chiesa che la rende sacramento della Parola di Dio. Inoltre, se questa lettura รจ โdivinaโ รจ appunto perchรฉ si esercita sulle Scritture ispirate. Gli altri libri (testi dei Padri, testi eucologici, ecc.) possono intervenire in sede di allargamento e commento del testo biblico, oppure possono essere oggetto di una lettura spirituale, ma la lectio divina รจ lettura della Scrittura.
Inoltre, come scegliere i testi da leggere? O si sceglie un libro e se ne fa una lettura continua, (leggendolo pericope per pericope, giorno dopo giorno), oppure si fa la lectio divina sui testi (o su un solo testo) della liturgia del giorno. Nel primo caso lโarricchimento รจ costituito dal poter entrare in profonditร in un libro biblico cogliendolo nel suo comlplesso, mentre nel secondo รจ dato dalla compenetrazione fra preghiera personale e preghiera liturgica. Dice un bel testo di Gregorio Magno: โMolte cose nella S. Scrittura che da solo non sono riuscito a capire, le ho capite mettendomi di fronte ai miei fratelli (coram fratribus meis positus intellexi)โฆ Mi son reso conto che lโintelligenza mi era concessa per merito loroโ (In Hiezechielem II,1). Il testo indica, da un lato, che la vita comune รจ luogo e criterio ermeneutico della Scrittura, dallโaltro lato, โ poichรฉ lโespressione di Gregorio sembra far riferimento preciso alla celebrazione eucaristica โ che la liturgia รจ spazio privilegiato di esegesi e di comprensione della Scrittura.
Sicuramente il Lezionario festivo della chiesa cattolica รจ molto ricco e offre la possibilitร di lectio divina che colgano lโunitร che traversa tutte le tre letture, o almeno il brano di AT e il Vangelo; il Lezionario feriale, invece, non consente questo. In ogni caso รจ spiritualmente utile fare la lectio divina su un testo biblico che si adatti al tempo liturgico che si sta vivendo. Inoltre, se qualcuno ha poca o nessuna conoscenza biblica, รจ bene per lui avere una certa gradualitร di introduzione alla Scrittura, iniziandola da un testo semplice e fondamentale al tempo stesso (p. es. il vangelo di Marco, cui puรฒ seguire Es 1-24, poi Atti degli Apostoli, quindi un profeta, ecc.), e lasciando a piรน tardi, quando si avrร maggiore competenza e scioltezza nel maneggiare la Scrittura, libri come Daniele, Lettera ai Romani, Lettera ai Galati, Lettera agli Ebrei, Apocalisse โฆ
Di fronte al testo occorre finalmente iniziare a leggere. Si legga il testo piรน volte: anche quattro, cinque volte. Se si tratta di testi giร noti, il rischio รจ quello di leggere superficialmente, di non soffermarsi sul testo, cosรฌ da perderne la ricchezza. Puรฒ allora essere utile scrivere il testo ricopiandolo. Questo obbliga ad uno sforzo di concentrazione notevole e spesso capace di far cogliere dimensioni e aspetti del testo di cui non ci si era mai accorti.
Se poi si conoscono le lingue ebraica e greca, allora si puรฒ leggere la Bibbia nellโoriginale, attingendo a quella grande ricchezza che inevitabilmente viene offuscata o nascosta del tutto in una traduzione. In ogni caso una buona traduzione, o una traduzione confrontata con altre, puรฒ soddisfare alla necessitร di avere una seria base di partenza. Puรฒ essere utile spiritualmente utilizzare certi strumenti, tra cui basilari sono le Concordanze, e se si legge un vangelo, la Sinossi.
Anche se si sta facendo la lectio divina nel chiuso della propria stanza, in perfetta solitudine, si legga ad alta voce, in modo da ascoltare fisicamente ciรฒ che viene letto. I padri medievali insistevano sullโimportanza dellโascoltare le voces paginarum: lโascolto รจ giร preghiera, รจ giร accoglienza in sรฉ della parola e dunque della presenza di Colui che parla.
Meditatio
La meditazione non deve essere intesa nel senso di una meditazione introspettiva di stampo loyoliano o in una autoanalisi psicologizzante. Essa รจ invece un approfondimento del senso del testo letto, e in questa operazione di approfondimento possono intervenire degli strumenti di studio, di consultazione, dunque dizionari biblici, commentari, ecc. La lectio divina non va confusa con lo studio di un testo biblico, perรฒ lo studio puรฒ e deve essere integrato nella lectio divina Si tratta infatti di superare lโalteritร del testo, la distanza che ci separa da testi scritti molto tempo fa e in lingue e contesti culturali molto diversi dai nostri. Occorre prendere sul serio questa alteritร del testo per non rischiare di cadere nel soggettivismo e per non far dire al testo ciรฒ che il testo non ha proprio mai detto. Eโ questione di obbedienza alla Parola, di non manipolazione della Parola. Pertanto รจ bene deporre anche quegli slogan a volte ripetuti che tacciano di intellettualismo, di operazione โmeramente culturaleโ un approccio alla Bibbia che semplicemente voglia essere rispettoso dellโalteritร del testo scritturistico.
Rifiutare lo studio, lo sforzo di approfondimento รจ un atteggiamento che prepara la via allโabbrutimento e alla decadenza di una persona o di una comunitร . Comunque, quali che siano gli strumenti messi in atto per meglio comprendere il testo biblico in questione, saranno sempre gli sforzi personali che si riveleranno i piรน fecondi. Nella meditatio si deve tendere a far emergere la punta teologica del testo, il suo messaggio centrale, o comunque un suo aspetto rilevante. Allora puรฒ avvenire quellโincontro dialogico espresso cosรฌ felicemente da un riformatore, Bengel: Te totum applica ad textum, rem totam applica ad te. Inizia cioรจ il dialogo fra la persona e il testo, lโinterazione tra la vita del lettore e il messaggio del testo. Eโ a questo punto che, naturalmente, sorge la preghiera.
Oratio
Il movimento dialogico che si instaura fra il lettore e il testo diviene il dialogo orante in cui il credente si rivolge a Dio con il โtuโ. Qui ovviamente non ci sono indicazioni precise da dare, se non lโesortazione alla docilitร allo Spirito e alla Parola ascoltata. Questa Parola infatti plasma la preghiera orientandola nel senso dellโintercessione o del ringraziamento o della supplica o dellโinvocazioneโฆ Puรฒ avvenire che la preghiera si manifesti semplicemente con un silenzio di adorazione, o addirittura con il gioioso dono delle lacrime di compunzione. Occorre anche ricordare che a volte la lectio divina resta nellโariditร del deserto: il testo resiste ai nostri sforzi di comprensione, la Parola resta muta, e anche la nostra preghiera non sgorga โฆ
Allโinterno di una relazione autentica avviene anche questo, ci sono anche questi momenti, e la relazione con il Signore non ne รจ esente. Il Signore chiama a uscire nel deserto per incontrarlo, ma a volte il deserto non diviene luogo di incontro bensรฌ solamente di ariditร e di fatica. Eppure, anche allora occorre perseverare, rimanere, offrire il corpo atono in preghiera muta. Il Signore sa discernere anche il desiderio di preghiera. E comunque lโefficacia dellโassiduitร con la Parola di Dio nella lectio divina si misura sul lungo periodo. Lโesercizio allโascolto crea nel credente uno spazio di accoglienza per il Signore, e la Parola accolta rigenera il credente a figlio di Dio (cf. Gv 1,12), lo rende capace di contemplazione.
Contemplatio
La contemplazione รจ appunto lโultimo โgradinoโ di questa scala ideale. Il credente si sente visitato dalla Presenza di Dio e conosce la โgioia indicibileโ (1Pt 1,8) di tale inabitazione. S. Bernardo ha parlato di tale esperienza: โConfesso che il Verbo mi ha visitato, e parecchie volte. Sebbene spesso sia entrato in me, io non me ne sono neppure accorto. Sentivo che era presente, ricordo che era venuto; a volte ho potuto presentire la sua visita, ma non sentirla; e neppure sentivo il suo andarsene, poichรฉ di dove sia entrato in me, o dove se ne sia andato lasciandomi di nuovo, e per dove sia entrato o uscito, anche ora confesso di ignorarlo, secondo quanto รจ detto: โNon sai di dove venga e dove vadaโโ (Bernardo, Sermoni sul Cantico dei Cantici LXXIV,5).
La contemplazione non designa uno stato estatico e neppure allude a โvisioniโ, ma indica la progressiva conformazione dello sguardo dellโuomo a quello divino; indica cosรฌ lโacquisizione di uno spirito di ringraziamento e di compassione, di discernimento e di makrothymรญa, di pazienza e di pace. Come la Parola tende allโEucaristia, cosรฌ la lectio divina plasma progressivamente un uomo eucaristico, capace di gratitudine e di gratuitร , di discernimento della presenza del Signore nellโaltro e nelle diverse situazioni dellโesistenza.
Questโuomo sarร anche un uomo di caritร , capace di agape. La lectio divina sfocia nella vita, manifesta la sua feconditร nella vita di un uomo. La lectio divina disegna cosรฌ una parabola dalla preghiera alla preghiera: iniziata con lโinvocazione dello Spirito, essa sfocia nella contemplazione, nel ringraziamento, nella lode. La lectio divina tende allโeucaristia.