1IL GENERE LETTERARIO DEL โMIMOโ
Per capire i testi neotestamentari di istituzione dellโEucarestia e della lavanda dei piedi bisogna avere ben presente quel genere letterario, cosรฌ frequentemente adoperato nei libri profetici, che รจ il โmimoโ. Nel linguaggio dei profeti, infatti, un posto particolarissimo occupano le azioni simboliche: sono piรน di trenta, e precedono o accompagnano le esposizioni orali. Proprio per significare che la Parola di Dio non รจ puro โafflatus vocisโ, ma fatto che si compie, storia concreta, il profeta, su ordine divino, la incarna in gesti simbolici โ rivelativi. Talora sono vere pantomime, piccole โscenetteโ, brevi โspot pubblicitariโ che devono servire a imprimere bene, nella mente degli astanti, un determinato concetto o una particolare rivelazione.
2I MIMI PROFETICI
Mimi profetici nellโAntico Testamento
Giร i profeti piรน antichi accompagnavano spesso la loro parola con gesti espressivi: Samuele vede nella lacerazione del suo mantello il segno che il Regno di Israele sarร tolto a Saul (1 Sam 15,27-28); Achia di Silo divide il suo mantello in dodici pezzi e ne dร dieci a Geroboamo, per significare la divisione di Israele in due regni (1 Re 11,29-32); cosรฌ il falso profeta Sedecia si fa delle corna di ferro per simboleggiare la forza con cui, secondo lui, i re di Israele e di Giuda sconfiggeranno gli Aramei (1 Re 22,10-12).
Geremia รจ uno dei profeti che piรน usa il genere del mimo: il mandorlo, che attende la primavera, รจ segno di Dio che vigila sul suo popolo (ma cโรจ anche un gioco di parole tra โshaqedโ, mandorlo, e โshoqedโ, io vigilo: Ger 1,11-12); la caldaia inclinata verso il mezzogiorno descrive plasticamente lโimminente invasione dal nord (Ger 1,13-15); il profeta si compra una preziosa cintura e la pone a marcire nellโEufrate, per ammonire che anche Israele, prima โattaccatoโ al suo Dio, ora sarร da lui fatto โmarcireโ nellโesilio babilonese (Ger 13,1-11); ancora Geremia fracassa boccali pieni di vino (Ger 13,12-14) e spezza davanti agli astanti una pregiatissima brocca di terracotta (Ger 19), per indicare che presto la casa di Israele sarร allo stesso modo distrutta; paragona Dio, che regge la storia di Israele, al vasaio che modella lโargilla (Ger 18,1-12); con i due canestri di fichi, uno per i fichi buoni e uno per quelli cattivi, annuncia che lโAltissimo in mezzo agli esuli si formerร un nuovo popolo, mentre saranno rigettati gli ebrei rimasti in Giuda o in Egitto (Ger 24,1-10); va in giro per Gerusalemme con un pesante giogo sulle spalle, per significare lโimminente cattivitร babilonese (Ger 27); poi, mentre Nabucodonosor assedia la cittร santa e Geremia languisce nelle prigioni di Sedecia, il profeta dispone lโacquisto di un campo in Anatot, quale pegno di un avvenire invece felice (Ger 32); scrive gli oracoli contro Babilonia, e poi ne getta il rotolo, legato a una pietra, nellโEufrate, per annunciare la tragica fine della nazione dominante (Ger 51,60-64); la stessa vita da celibe del profeta diventa segno dellโimminente distruzione di Israele (Ger 16,1-4)โฆ
Anche altri profeti spesso si esprimono con queste gestualitร simboliche: Isaia cammina spoglio e scalzo per tre anni per indicare lโormai prossima deportazione assira (Is 20). Ezechiele annuncia la distruzione di Gerusalemme attraverso vari mimi: lโassedio alla tavoletta su cui รจ disegnata la cittร , lโimmobilitร del profeta, il cibo misero e razionato, i capelli bruciati e dispersi (Ez 3,24-5,17); prepara il bagaglio dellโemigrante e parte di notte per significare lโimminente deportazione (Ez 12,1-20)โฆ Come giร Osea aveva interpretato in senso simbolico il suo dramma personale di marito tradito che perรฒ non divorzia, cosรฌ come Dio mai si separa dal suo popolo infedele (Os 1-3), cosรฌ Ezechiele legge in senso simbolico le sue prove personali: la sua malattia (Ez 4,4-8) e la morte della moglie (Ez 24,15-24) come segno del castigo di Israele, la guarigione dal suo mutismo come conferma della sua autoritร profetica (Ez 3,26-27; 24,27; 33,22). Zaccaria spezza due bastoni per significare lโoppressione straniera e lo scisma interno a Israele (Zac 11,7-17)โฆ
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โI profetiโฆ accompagnavano la loro profezia con gesti simboliciโฆ per esigenze di un realismo religioso: uno stretto legame viene a stabilirsi tra il gesto significante e la realtร di cui esso รจ segno, di modo che la realtร annunciata diventa ormai irrevocabile alla pari del gesto compiutoโ (Bibbia di Gerusalemme).
Mimi profetici nel Nuovo Testamento
Anche nel Nuovo Testamento troviamo mimi. Eโ un mimo la maledizione del fico che non porta frutto (Mc 11,12-14), per indicare la condanna di Israele che di fronte a Dio รจ improduttivo (Nm 20,5; Sl 105,33; Is 34,4; Ger 8,13; 24; Mi 7,1; Os 9,16; Ez 17,24), anche se quella di Gesรน piรน che una sanzione รจ una constatazione (cfr Lc 13,6-9).
Altro mimo รจ la cacciata dei venditori dal tempio (Mc 11,15-19), che realizza lโattesa escatologica della purificazione della casa di Dio (Ml 3,1-3; Zc 14,21): Gesรน la restaura come luogo di preghiera (Ne 13,4-13) e la apre ai pagani (il luogo di mercato era lโโAtrio dei paganiโ; cfr Mc 15,38; Ef 2,14), manifestandosi Signore del Tempio e Sacerdote; nella versione di Giovanni caccia dal luogo santo anche le pecore (Gv 2,15), perchรฉ รจ lui ormai lโAgnello che pone fine ai sacrifici antichi.
Gesรน si presenta come Messia, e lo fa attraverso unโaltra azione simbolica: egli entra in Gerusalemme cavalcando un asino (Mc 11,1-11) per realizzare la profezia di Zaccaria (Zc 9,9-10): egli รจ il โsalvatoโ (Zc 9,9: โEgli รจ giusto e salvatoโ) che diventa Salvatore come il Servo di IHWH (Is 49,7), umile, perchรฉ cavalca un somaro e per di piรน preso a ore (Dt 17,16; 1 Re 10,26-29; 2 Cr 1,14-17), Santo (monta un asino mai prima usato), Re (il brano descrive una vera intronizzazione: 2 Re 9,13; 2 Mac 10,17); inoltre monta sullโasino messianico che la tradizione rabbinica aveva visto preannunciato nella Genesi (Gen 49,11: โEgli lega alla vite (ndr: Israele) il suo asinelloโ, lโanimale si cui Abramo aveva fatto montare Isacco per il sacrificio (Gen 22). Anche negli Atti degli Apostoli troviamo mimi esplicativi, come quando il profeta Agabo si lega mani e piedi con la cintura di Paolo per indicare lโimminente cattura dellโApostolo (At 21,10-11).
3LโEUCARESTIA โMIMOโ PROFETICO
Farsi mangiare dagli uomini
Quando Gesรน istituisce lโEucarestia, opera anzitutto un mimo profetico. Quanto compie nellโultima cena รจ โlโultima parabola di Gesรนโ (J. Jeremias, citato in X. Lรฉon-Dufour). Porgendo il pane, dice: โQuesto รจ il mio corpo dato per voiโ; offrendo il calice: โQuesto รจ il mio sangue, versato per voiโ (Lc 22,19-20): il primo significato di questa azione รจ che egli si รจ donato totalmente agli uomini, che la sua vita รจ stata oblazione piena per la vita dei fratelli, che si รจ interamente consumato per essi, e che egli รจ diventato, offrendosi per loro come il pane e il vino, il loro sostegno e la loro sopravvivenza. โDistribuendo il pane, Gesรน manifesta con le parole che <<si dร per>>. Facendo circolare il calice, dichiara che <<versa il suo sangue>>. I due gesti di Gesรน ne ricevono un valore simbolico: il dono della propria persona a vantaggio dei discepoli, che giunge fino allo spargimento del sangueโ (X. Lรฉon-Dufour). โDavanti ai suoi discepoli Gesรน fa un mimo della sua morte, rappresentandola davanti a loro; รจ lโatteggiamento di un profeta e di un martire che porta la missione fino al suo compimento, dando alla sua propria morte un significato di amore e di servizioโ (A. Marchadour).
La volontarietร del dono
Due sono le sottolineature che Gesรน vuole dare al suo gesto. La prima รจ lโassoluta volontarietร del suo donarsi: il suo farsi uomo fino alla morte non รจ dato dallโineluttabilitร del caso, ma รจ sua libera scelta dโamore: โLa mia vita, nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, perchรฉ ho il potere di offrirlaโ (Gv 10,18); โOra lโanima mia รจ turbata; e che devo dire? Padre, salvami da questโora? Ma per questo sono giunto a questโora!โ (Gv 12,27). Gli evangelisti sapevano che โil Padre gli aveva dato tutto nelle maniโ (Gv 13,3), e apposta rimarcano che Gesรน prevede il tradimento di Giuda. Tutti i racconti di istituzione eucaristica sono sotto il segno di questa consapevolezza di Gesรน: โIn veritร vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirร โ (Mc 14,18); โLa mano di chi mi tradisce รจ con me, sulla tavolaโ (Lc 22,21); โColui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirร โ (Mt 26,23; cfr Gv 13,26). Gesรน accetta quindi volontariamente fino in fondo la sua condivisione con lโuomo: non si tira indietro, non fugge. Deliberatamente si offre. โPer questo nellโUltima Cena <<se dat suis manibus>>: la sua Passione sarร il Corpo dato e il Sangue versato da luiโ (A. Bozzolo).
La totalitร del dono
Il secondo aspetto del mimo profetico รจ lโassoluta totalitร del suo donarsi: Cristo, โavendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino alla fineโ (Gv 13,1), fino al supremo compimento dellโamore, che รจ dare la vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13): il pane mangiato e il vino bevuto sono il segno di questo โconsumarsiโ per i suoi, farsi tutto per essi.
โFarsi mangiareโ come Gesรน
Nella lettura biblica del mimo il primo significato รจ quindi lโinvito al dono totale agli altri, sullโesempio del Maestro. Gli altri significati (la presenza reale di Cristo, il sacrificio della Nuova Alleanza, un segno escatologicoโฆ), ci sono certamente, ma sono a questo secondari e da questo traggono luce e comprensione.
Quando Gesรน comanda ai suoi: โFate questo in memoria di meโ (Lc 22,19; 1 Cor 11,24-25), vuole innanzitutto dire che anche i suoi dovranno farsi dono totale agli altri, sacrificarsi โfino alla fineโ (Gv 13,1), svuotarsi totalmente per gli altri, diventare come lui solo amore, agape, caritร , comunione, condivisione, servizio. โ<<Fate questo in memoria di me>>โฆ: questo รจ il cuore dellโEucarestia. Ma, fare qualcosa in memoria di Gesรน significa sentire, agire, pensare e amare in modo che Gesรน sia riconoscibile in noi. La commemorazione ha luogo grazie alla testimonianza offerta dallโassemblea, per se stessa e per il mondoโ (P. Bernier). โGesรน non ha dato un pezzo di pane agli uomini ma tutto se stesso, la sua vita (corpo e sangue), e chiede ai discepoli di fare altrettanto. Il pane (spezzato), e il vino (versato) simboleggiano quanto egli ha compiuto; ma per essere in linea con lui, per rispettare il suo volere non basta rinnovare i simboli senza ripetere sul piano storico ciรฒ che essi significanoโ (O. da Spinetoli).
Questo รจ โlโaspetto fondamentale e proprio della logica cristiana: io devo essere paneโฆ Eโ forse la conseguenza piรน armonica con la pratica eucaristica, certamente la piรน difficileโฆ Amore sino alla fine: non dare del pane, ma essere io pane che nutre, questa รจ lโestrema e semplice istanza del mistero del pane. Non aver soltanto del frumento, ma essere pane che si spezza per la manducazione, questa รจ lโestrema conseguenza del <<fare questo in memoria di me>>โ (S. Maggioni). โPertanto non si puรฒ separare la celebrazione del sacramento dallโatteggiamento verso i fratelli, dallโedificazione della comunitร โ (H.D. Wendland).
Celebrare lโEucarestia allora non deve essere una pia abitudine, ma un gesto che mi coinvolge a fondo, che cambia la mia vita sul modello di quella del Cristo: รจ lโatto del mio proposito di diventare, come Gesรน, dono totale, servizio disinteressato, comunione vivente con i fratelli. โEโ troppo comodo ridurre il proprio impegno allo spezzamento del pane (invece che del proprio corpo) e al versamento del vino, o assistere a tale rito senza fare nulla di quello che Cristo ha fatto prima di ritualizzare il suo operato. Appellarsi alla sua <<presenza>> e alla sua azione (magica) attraverso i simboli รจ dimenticare volutamente le sue precise intenzioni. Gesรน ha parlato di donazione, di spargimento, di spezzamento, non di presenzaโฆ La partecipazione eucaristica non รจ un atto devozionale, ma una prova di coraggio, una decisione presa davanti a tutti di <<darsi>> e <<spargersi>> per la moltitudine, come Cristoโ (O. da Spinetoli).
4LA LAVANDA DEI PIEDI (Gv 13,1-20)
Forse proprio giร in risposta a stravolgimenti della comprensione eucaristica nella prima Chiesa, Giovanni, lโapostolo che Gesรน amava (Gv 21,20) e che nellโultima Cena aveva posato il capo sul petto del Maestro (Gv 13,25), non menziona nel suo Vangelo, a differenza dei sinottici, lโistituzione dellโEucarestia โprima della festa di Pasquaโ (Gv 13,1), ma, al suo posto, pone la descrizione della lavanda dei piedi. Unโinteressante spiegazione la riporta Carlo Maria Martini, in โLa pratica del testo biblicoโ: egli si rifร a un libretto del grande biblista americano Raymond Brown, che spiega la scelta dellโautore nel modo seguente. Al tempo di Giovanni cโerano delle divisioni nelle comunitร cristiane attorno alla celebrazione, proprio come giร Paolo aveva denunciato in 1 Cor 11,17-18: โMentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi, perchรฉ vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credoโ. Forse, stanco appunto di queste divisioni, lโevangelista ha ritenuto fosse meglio sottolineare il significato profondo dellโEucarestia; questo significato profondo รจ lโamore; infatti lโEucarestia, istituzione per la vita terrena, passerร , mentre lโamore รจ eterno.
Come ci ricorda Giovanni Paolo II: โSignificativamente, il Vangelo di Giovanni, laddove i Sinottici narrano lโistituzione dellโEucaristia, propone, illustrandone cosรฌ il significato profondo, il racconto della <<lavanda dei piedi>>, in cui Gesรน si fa maestro di comunione e di servizio (cfr Gv 13,1-20)โ (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 2003, n. 20). Tale sostituzione non รจ casuale: Giovanni non trascura certamente lโimportanza dellโEucarestia, cui ampio spazio dedica in altra parte del suo Vangelo: egli vuole insegnare che la migliore comprensione dellโEucarestia รจ il racconto di Gesรน che si mette a lavare i piedi ai discepoli! Bisogna quindi avere il coraggio di leggere il gesto della lavanda dei piedi in sinossi con i racconti dellโEucaristia, perchรฉ proprio volutamente Giovanni lo pone al posto dellโistituzione eucaristica. โLโEucarestia รจ il sacramento della caritร e del servizio, รจ il sacramento di Cristo-servoโ (J. Dupont).
Con la lavanda dei piedi Gesรน compie un altro mimo profetico, per prefigurare la sua Passione (Gv 13,1-11) e dare esempio di umile abnegazione (Gv 13,12-20).
5Esegesi
v. 1: Prima della festa di Pasqua Gesรน, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino alla fine.
Siamo di fronte a unโintroduzione solennissima, quasi un secondo Prologo del 4ยฐ vangelo, perchรฉ richiama le grandi coordinate della salvezza: il Figlio che viene dal Padre, ritorna al Padre, vive la sua Ora nella Pasqua con assoluta consapevolezza, lotta contro Satana. Eโ questa la terza Pasqua della vita pubblica di Gesรน (la 1ยฐ รจ citata al cap.2, dopo il miracolo di Cana e la 2ยฐ al cap.6, prima della moltiplicazione dei pani). La Pasqua nel mondo ebraico รจ una festa di grande significato: ricorda la liberazione dallโEgitto, la nascita della comunitร e riassume tutta la storia del popolo di Israele. Lโevangelista pone in questo momento fondamentale la conclusione della vita terrena di Gesรน ed inserisce in questa storia lโevento centrale della redenzione. โPrima della festa di Pasquaโ non รจ semplicemente unโindicazione cronologica, ma รจ unโindicazione teologica: quanto Gesรน sta per fare รจ la vera Pasqua. Del resto รจ significativo che, a partire da Gv 12,1, la Pasqua non viene piรน denominata โPasqua dei Giudeiโ, ma โPasqua di Gesรนโ. Eโ Lui, dโora innanzi, lโagnello di Dio che libererร lโuomo dal suo peccato. (cfr. il parallelo tra feste giudaiche e loro superamento in Gesรน).
v. 1b: Sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre
Giovanni usa due verbi greci diversi per parlare della conoscenza di Gesรน: uno indica in genere il conoscere comune (โginoskeinโ), per esperienza umana; lโaltro (โeidรจnaiโ) designa una conoscenza particolare che deriva al Cristo dallโintimitร unica che vive con il Padre: รจ il conoscere per intimitร filiale, un conoscere superiore cui Egli accede come Figlio, un โconoscereโ che si radica nella relazione senza pari che unisce Gesรน al Padre. Gesรน sa (โeidรฒsโ); dunque quanto sta succedendo non coglie Gesรน impreparato. Il Gesรน giovanneo รจ sommamente padrone degli eventi. Egli sa โche รจ giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padreโ, cioรจ il momento del dono della sua vita. Egli รจ pienamente consapevole della imminenza della Passione e del fatto che la Croce รจ il โpassaggioโ al Padre: non morte ma ascensione. Passare: allusione al significato di โPasquaโ.
v. 1 c: โDopo aver amato i suoi che erano nel mondoโฆ
Questo versetto ha una funzione retrospettiva: ci fornisce la chiave in base alla quale capire che quanto Gesรน ha operato in precedenza รจ stato una manifestazione di amore nei confronti dei suoi, mai prima menzionato, se non in riferimento a Marta, Maria e Lazzaro. Esso ricorda e ricapitola tutti gli infiniti atti dโamore che hanno costellato la vita di Gesรน, perchรฉ Egli non รจ venuto e non ha agito che per amore, verso il Padre e verso tutti gli uomini.
Se lโamore per โi suoiโ, coloro che formano la nuova comunitร , รจ stato evidente mentre era con loro, esso splenderร in modo eminente nella sua morte. Infatti la conclusione della vita di Gesรน รจ ancora un amore senza confini, il piรน alto che si possa immaginare.
Il verbo che Giovanni predilige per indicare lโamore รจ โagapร nโ, e non โfilรฉinโ (lโamore umano), e con questo Giovanni sottolinea gli aspetti religiosi dellโamore. โAgapร nโ infatti vuole significare un amore religioso, nel senso di un amore che viene da Dio e si modella su quello di Dio, amore gratuito, totale, immutabile e definitivo. โAgร peโ indica lโamore di Dio per gli uomini, quale si realizza in Cristo, e lโamore degli uomini per Dio e per il prossimo, come frutto della presenza dello Spirito in essi. Il luogo per comprendere il significato dellโagape non รจ perciรฒ lโesperienza umana, ma lโalleanza di Dio, in concreto lโintera esistenza del Cristo con particolare riferimento alla Croce.
v. 1 c: โi suoi che erano nel mondoโ.
โI suoiโ รจ espressione intenzionalmente generica, perchรฉ indica i discepoli, anzitutto, ma anche i credenti di ogni tempo (quindi ciascuno di noi!), e anche semplici uomini in ricerca, perchรฉ non cโรจ spirito umano nel quale Gesรน non crei uno spiraglio di desiderio di accoglienza e di luce. A tutti coloro che sperimentano la sofferenza e la fatica di un mondo ostile alla veritร , Gesรน esprime predilezione, amicizia e amore.
v. 1 d: โโฆli amรฒ sino alla fineโ,
โSino alla fineโ, cioรจ fino a dare tutto di sรฉ, fino allโautoannientamento, alla morte, alla โkenosisโ, parola greca che significa โsvuotamentoโ; nel linguaggio biblico-teologico indica la rinuncia di Cristo alla sua originaria uguaglianza con Dio, per presentarsi nella forma di โservoโ, fino alla morte (Fil 2, 5-8). Gesรน amรฒ non solo fino allโultimo respiro, fino allโultimo istante di vita, ma fino alla perfezione, al massimo di profonditร , definitivamente, nel piรน alto grado, oltre ogni misura. Come osserva S. Giovanni Crisostomo, โeis telosโ (= sino alla fine) significa contemporaneamente nozione di tempo e nozione di misura nel piรน alto grado. In questa frase (13,1) Giovanni ha riassunto tutta la vita di Gesรน: lโamore per i discepoli fino a quel momento e poi, da lรฌ in avanti, per il tratto di strada che rimane fino alla croce. In questo sta la massima rivelazione: Gesรน รจ la trasparenza del Padre; Gesรน dimostra in concreto quello che รจ il Padre, di cui Egli รจ la trasparenza: DIO Eโ AMORE. E qui siamo davvero al vertice non solo della teologia giovannea e del Nuovo Testamento, ma direi di tutte le religioni. Puรฒ essere interessante ricordare che nel Corano ci sono i 99 bei nomi di Dio (ad es. il Fedele, il Custode, lโImmenso, il Perdonatore, etc.), che in pratica corrispondono, almeno in parte, a denominazioni del Primo Testamento. I mussulmani sostengono che il 100ยฐ nome non รจ reso pubblico, ma รจ noto solo agli โelettiโ. Potrebbe essere quello che manca anche nel Primo Testamento, ma รจ presente nel Nuovo, qui in Giovanni: Dio รจ amore (in allegato vedi lโelenco dei 99 bei nomi di Dio). Dio รจ amore. Osserva Frรจre Roger di Taizรฉ: โSe solo cogliessimo queste tre parole, andremmo lontano, molto lontano. Che cosa ci attrae in queste parole? In esse troviamo questa certezza: Dio non ha mandato Cristo sulla terra per condannare, ma perchรฉ ogni essere umano sappia di essere amato e possa trovare un cammino di comunione con Dioโ.
vv. 4-17: la lavanda dei piedi
Al tempo di Gesรน la lavanda dei piedi era un gesto che esprimeva ospitalitร e accoglienza nei confronti degli ospiti. Poichรฉ i piedi, calzati solo di sandali, tendevano a impolverarsi sulle strade non lastricate, era usanza degli Ebrei fornire acqua a un ospite perchรฉ si lavasse i piedi. Ma:
โ come ci dice il midrash Mekilta su Es 21,2, non si poteva esigere da uno schiavo ebreo che lavasse i piedi al padrone. In via ordinaria questo gesto era svolto da uno schiavo pagano (cfr 1 Sam 25,41), โ tale gesto poteva essere fatto dalla moglie nei confronti del marito o anche dalle figlie verso il loro padre. In unโopera giudaica alessandrina si racconta che quando Asenath, promessa sposa di Giuseppe, si offre di lavargli i piedi, Giuseppe protesta che potrebbe farlo una serva; ma Asenath esclama devotamente: โI tuoi piedi sono i miei piediโฆnessun altro laverร i tuoi piediโ
โ in segno di devozione, tuttavia, i discepoli occasionalmente rendevano questo servizio al loro maestro o rabbi; e Gesรน sembra alludere a questa usanza quando parla coi suoi discepoli. Cosรฌ, nella lavanda dei piedi Gesรน umilia se stesso e assume la forma del servo. ร quasi come se egli mettesse in atto le parole di Lc 12,37: โBeati quei servi che il padrone al suo ritorno troverร ancora svegliโฆ egli si cingerร le vesti, li farร mettere a tavola e passerร a servirliโ. ร possibile che oltre ad essere considerata un atto di umile devozione, la lavanda dei piedi fosse intesa come un tradizionale atto di amore.
Nel rituale del pranzo di Pasqua non cโera niente che si possa paragonare alla lavanda dei piedi. La lavanda dei piedi avveniva quando uno entrava in casa, non durante il corso di un pasto. Il rituale di Pasqua prescriveva una lavanda delle mani dopo la seconda coppa, ma non ci sono prove che lโazione di Gesรน fosse una variante di quella usanza.
Gesรน perรฒ non compie il gesto prima della cena, ma durante e cosรฌ esso diventa โfuori luogoโ e inconsueto. Perchรฉ? Che significato ha?
Gesรน compie un gesto assolutamente inaspettato e incompreso, un gesto di grande umiltร , di abbassamento da parte di Gesรน, visto che neppure gli schiavi ebrei erano tenuti a farlo! Quello di Gesรน non รจ solo un gesto di umiltร , ma di rivelazione, cioรจ fa scorgere il volto del Dio che Gesรน manifesta, del Dio cristiano. Anzitutto รจ la visibilizzazione di quello che Paolo dice nellโinno di Filippesi 2, giร ricordato: โCristo Gesรน, pur essendo di natura divina, non considerรฒ un tesoro geloso (letteralmente dovremmo dire: una preda) la sua uguaglianza con Dio, ma spogliรฒ se stessoโฆ.โ: รจ il famoso โeskenosenโ (cfr. kenosis prima spiegato) che dice lo spogliamento totale. Quello che Paolo dichiara in quellโinno, dal punto di vista teologico, Gesรน lo mostra attraverso un gesto sommamente strano. Eโ quello che anche Luca dice con le parole: โIo sto in mezzo a voi come colui che serveโ (Lc 22,27), ma espresso con questa forza che Giovanni ha in modo unico. Per questo รจ molto piรน che un gesto di umiltร . Guardando Gesรน che lava i piedi, non hai semplicemente lโicona del servizio, ma unโicona che Maggioni chiama โdel Dio capovoltoโ. Con il suo gesto Gesรน rende visibile la logica โ di amore, di servizio, di dono โ che ha guidato tutta la sua esistenza, che esprime la sua dignitร e la sua filiazione: รจ servendo e donandosi che il Cristo si rende disponibile nelle mani del Padre, divenendone lโimmagine e la trasparenza.
v. 4: si alzรฒ da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.
Finchรฉ lโamore rimane โsedutoโ, chiuso in noi, prigioniero della nostra pigrizia e della nostra paura, rimane un bel sentimento che tuttโal piรน ci tormenta il cuore. Lโamore ha bisogno di libertร , ha bisogno di esprimersi, deve uscire dal nostro cuore per comunicarsi con chi ci รจ prossimo, deve trasformarsi in azione, in cure amorevoli per chi ci รจ vicino, in caritร .
Nella Bibbia esiste una โteologia del vestitoโ: la veste designa il ruolo, ha sempre valenze simboliche importanti, dalla nuditร in cui scoprono Adamo ed Eva peccatori e dalla spogliazione di Gesรน della sua tunica prima di crocifiggerlo, fino alle vesti sacerdotali o a quelle bianche tipiche della sfera del divino.
vv. 6-11
Struttura tripartita rabbinica: compiere un gesto misterioso, per suscitare una domanda, da cui scaturisce una risposta Pietro reagisce vivacemente a quanto sta per fargli Gesรน; rifiuta tale umiliazione del Maestro. Non รจ accettabile, per Pietro, che Gesรน abbandoni la sua posizione di superioritร per rendersi uguale ai suoi discepoli. Tale idea del Maestro disorienta Pietro e lo porta a protestare. Perรฒ, non accettando il servizio dโamore del suo Maestro, Pietro non accetta neanche che Egli muoia in croce per lui, cfr Gv 12,32: โE io, quando sarรฒ innalzato da terra, attirerรฒ tutti a meโ. Eโ come dire che Pietro รจ lontano dalla comprensione di che cosa sia il vero amore, e tale ostacolo รจ di impedimento perchรฉ Gesรน glielo mostri con lโazione.
Il Maestro gli oppone: โlo capirai dopoโ, espressione che in Giovanni si riferisce sempre al periodo postpasquale; e poi โse non ti laverรฒ, non avrai parte con meโ. โAver parteโ รจ unโespressione semitica: la parte รจ lโereditร che Dio accorda al suo popolo (cfr. Gen 31,14; 2 Sam 20,1; 1 Re 12,16). Nella riflessione giudaica il tema dellโereditร si รจ approfondito in tre direzioni: individuale, spirituale ed escatologico. Lโereditร non รจ piรน semplicemente la terra di Palestina, ma la comunione con Dio, e non รจ piรน un presente, ma un futuro. Cosรฌ nelle parole di Gesรน lโespressione propone unโappartenenza definitiva a Lui, una comunitร di vita con Lui.
Pietro pensa di comprendere che si tratti di un nuovo rito di purificazione: infatti si offre di farsi lavare non solo i piedi, ma anche le mani e la testa. Sembra che a Pietro sia piรน facile accettare il gesto di Gesรน come unโazione di purificazione o abluzione piuttosto che come servizio. Ma si sbaglia; Gesรน scarta questa interpretazione facendo appello ad una specie di proverbio: quando si รจ fatto il bagno, non si ha bisogno di lavarsi. Gesรน dunque respinge lโinterpretazione rituale di Pietro: nonostante lโimpiego dellโacqua, il suo gesto non mira a una purificazione.
Giovanni certo parla di โlavareโ, ma non confonde tale gesto con quello di un โbagnoโ che ha giร avuto luogo ed รจ sufficiente. A quale purificazione precedente si riferisce? Lo si capisce dal contesto giovanneo. Qui รจ detto: โvoi siete puriโ e nel discorso di addio: โvoi siete giร puri, a causa della Parola che vi ho annunciatoโ (15,3). I discepoli sono del tutto puri grazie al loro ascolto della Parola; se basta la fede, il gesto di Gesรน non puรฒ significare una purificazione. Qual รจ allora il suo senso? Gesรน non lo precisa. Tuttavia lโevangelista, che scrive dopo la Pasqua, lo suggerisce con chiarezza attraverso la convergenza dei tratti narrativi. Mediante i versetti di introduzione, la scena della lavanda dei piedi รจ posta sotto il segno del passaggio di Gesรน al Padre e sotto il segno del tradimento, perciรฒ รจ situata nella prospettiva dellโimminente Passione. Il gesto di Gesรน traduce visivamente un atteggiamento di servizio senza riserve, un servizio di cui Gesรน dice a Pietro che potrร essere compreso solo piรน tardi, grazie alla venuta dello Spirito: รจ il dono di sรฉ che Gesรน farร consegnandosi alla morte, come visto sopra. A questo livello di profonditร , la descrizione giovannea della veste deposta (v. 4) e ripresa (v. 12) puรฒ essere intenzionale, poichรฉ i verbi โtรฌthemiโ(deporre) e โlambร noโ (riprendere) sono quelli utilizzati nel cap.10, v. 17 per dire che Gesรน si spoglia della sua vita e la riprende.
v. 15: Vi ho dato un esempio, infatti, perchรฉ anche voi facciate come io ho fatto a voi.
Il termine โhypรฒdeigmaโ (esempio) ha una connotazione nettamente visiva, di figura, immagine, โtipoโ, modello, e non solo lโaccezione di โesempioโ in campo morale. Infatti deriva dal verbo โdeรฌknumiโ, che significa โfar vedere, mostrareโ e che ordinariamente ha in Giovanni valore teologico. Cosรฌ โIl Padreโฆ manifesta (=mostra) al Figlio tutto quello che faโ (Gv 5,20). A sua volta, Gesรน mostra ai discepoli quello che fa, e, come il figlio opera ciรฒ che vede che il Padre sta operando, lo scopo di Gesรน รจ che i discepoli agiscano come lo hanno visto agire. Lo sguardo ha in Giovanni una funzione considerevole: vedere significa esser sorpresi da una presenza, contemplare in profonditร .
Inoltre Gesรน non presenta semplicemente questo โesempioโ (o dimostrazione) come un modello esteriore da imitare, ma come un dono che genera il comportamento futuro dei discepoli. Eโ quanto lascia intendere, nella frase del v. 15, la congiunzione โkathรฒsโ che non significa semplicemente โcomeโ nel senso di confronto, ma pone un legame intrinseco, una relazione genetica. Si potrebbe parafrasare: โAgendo cosรฌ, io vi dono di agire allo stesso modo.โ In che cosa consiste lโazione che Gesรน attende dai discepoli? Evidentemente, non si tratta di riprodurre lโazione materiale di lavare i piedi, ma della disponibilitร di fondo ed effettiva ad essere a servizio reciproco, un servizio senza riserva, esente da volontร di potenza.
v. 19: Ve lo dico fin dโora, prima che accada, perchรฉ, quando sarร avvenuto, crediate che Io Sono.
โIo Sonoโ: affermazione del Nome divino.
6Significato cristologico
Gesรน รจ veramente il servo, che scende allโultimo posto, morendo per amore nostro (Ef 5,25; Gal 2,20; Rm 5,8; 8,21.35; Ef 3,18-19). โGesรน apre gli apostoli a riconoscere che la suprema dedizione di Dio agli uomini non deve essere cercata in una vittoria conseguita nella soppressione dei nemici e nellโaffermazione di sรฉ, come essi continuano ad aspettarsi fino allโultimo momento, ma in quella vittoria della caritร che consiste nel portare fino alle estreme conseguenze il dono di sรฉ anche di fronte al rifiuto dellโaltroโฆ Qualsiasi altra rappresentazione non testimonierebbe il Padre, perchรฉ ciรฒ che definisce nel piรน profondo la sua identitร di <<fons et origo totius divinitatis>> รจ lโessere pura, gratuita, incondizionata oblazione di sรฉโ (A. Bozzolo). โDio si rivela in quello che costituisce lโaspetto piรน profondo della sua divinitร e manifesta la sua gloria, proprio facendosi nostro servitore, lavando i piedi alle sue creatureโ (H. U. Von Balthasar). โDio non รจ il sommo padrone che possiede tutto. Dio รจ il piรน grande povero che non possiede nullaโฆ Ha donato tutto eternamente e non puรฒ donare di piรน, perchรฉ questo dono lo costituisce nel suo essere persona fondato unicamente sulla caritร โ (M. Zundel).
7Significato sacramentale
Taluni vi vedono unโallusione a vari sacramenti.
Eucarestia
Nellโepisodio della lavanda dei piedi cโรจ il senso piรน profondo dellโEucarestia. Eโ significativo in tal senso che nonostante lโesplicito comando del Signore: โSe dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti lโesempio, perchรฉ come ho fatto io, facciate anche voiโฆ Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in praticaโ (Gv 13,14-17), la Chiesa non abbia stabilito un apposito โsacramento della lavanda dei piediโ, cosรฌ come dopo il โFate questo in memoria di meโ ha invece istituito lโEucarestia. Questo racconto giovanneo non รจ stato colto come lโโistituzione della lavanda dei piediโ. La lavanda dei piedi non รจ qualcosa di altro rispetto allโEucarestia: ne รจ lโunica esegesi.
Battesimo
Il simbolismo della lavanda dei piedi non si limita solamente a vivere la stessa umiltร del maestro perchรฉ, come Gesรน stesso sottolinea, essa รจ importante perchรฉ i discepoli possano aver parte con lui ed evidentemente questa azione li libera dal peccato. Lโuso del verbo โfare il bagnoโ per la lavanda dei piedi รจ la principale prova a favore di una interpretazione battesimale della lavanda dei piedi. Il verbo โfare il bagnoโ e i suoi affini, sono vocaboli normali nel Nuovo Testamento per indicare il battesimo. In Atti 22,16 Anania dice a Saulo: โAlzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nomeโ. E nella lettera a Tito Paolo proclama: โEgli ci ha salvatiโฆ mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santoโ (Tt 3,5).
Nei Padri troviamo questa interpretazione del passo della lavanda dei piedi in senso battesimale. La santa lavanda non รจ intesa a โlavare le macchie del corpo, ma a santificare misticamente lโanimaโ. Nei testi dei Padri si pone in parallelo la lavanda con il battesimo, considerandola la โilluminazioneโ degli apostoli, il battesimo degli apostoli prima della Santa Cena.
Il battesimo, come morte dellโuomo vecchio e resurrezione dellโuomo nuovo, รจ la condizione essenziale per poter partecipare allโEucaristia. Cosรฌ Gesรน lava i piedi ai discepoli โper avere parte con Luiโ. Sono pronti, cioรจ, a mangiare la Pasqua nuova. โSe non ti laverรฒโ dice Gesรน a Pietro che si rifiutava di farsi lavare i piedi, โnon avrai parte con meโ.
I discepoli sono illuminati, si rivestono della luce e della gloria battesimale, ma non tutti. โSapeva, infatti, chi lo tradiva; per questo disse: โNon tutti siete mondiโ.
Un altro aspetto di questo mistero viene finemente illustrato da Romano il Melode con queste parole: โPietro trattenne lโUnigenito quando questi si presentava per la lavanda dei piedi e disse: โSignore! Signore!, No, non mi laverai i piediโ. Il catino era a terra giร riempito: il Salvatore stava in piedi, il Redentore portava intorno ai fianchi il telo, come uno schiavo. Le schiere degli angeli guardavano dallโalto del cielo e gettarono grida di stupore, invece lo spudorato (Giuda) non ne fu commosso, al contrario si voltรฒ contro di lui! Inibiti da timore, gli spiriti di fuoco stupivano quando i loro cori invisibili vedevano lโincomprensibile che si piegava spontaneamente a servire il fango (cioรจ lโuomo plasmato dalla polvere del suolo). Gabriele diceva in apprensione: โAngeli santi, compagni miei, guardate, stupitevi! Pietro tende il piede e Colui che รจ nato da un seno verginale lo prende e lo lava. E non lava soltanto Pietro, ma con lui anche Giuda. Guardate la grande benevolenza del Creatore ed il contegno del Plasmatore nei confronti delle proprie creature. Essi siedono a tavola ed egli sta in piedi; essi si lasciano nutrire ed egli li serve; si lasciano lavare ed egli li asciuga. Ed i piedi fatti di polvere non restano dissolti tra le mani di fuoco!โ.
Penitenza
โChi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed รจ tutto mondoโ (Gv 13,10): molti Padri della Chiesa distinguono il bagno, che viene visto come simbolo del Battesimo, dalla lavanda dei piedi, letta come simbolo della Penitenza. Ma alla luce dellโaltra frase di Gesรน: โSe non ti laverรฒ, non avrai parte con meโ (Gv 13,8), che sembra parlare di una purificazione che sola dร salvezza, il senso sembrerebbe riferito alla morte salvifica di Gesรน.
Ordinazione apostolica
Diceva Monsignore Tonino Bello, lโindimenticabile Vescovo di Molfetta e Presidente di Pax Christi, che โordinandoโ i primi presbiteri, Gesรน non dร loro nessuna stola, ma solo un grembiule perchรฉ si facciano servi. โA me โ scriveva don Tonino Bello โ piace moltissimo lโespressione Chiesa del grembiule, cioรจ Chiesa del servizio. Sembra unโimmagine un tantino audace, discinta, provocante, ma รจ al centro del Vangeloโฆ (Gv 13, 3-12). Per lโordinazione, le suore del paese o gli amici ci hanno regalato una cotta, una stola ricamata in oro, ma nessuno ci ha regalato un grembiule, un asciugatoio. Eppure, รจ questo lโunico paramento sacerdotale ricordato nel Vangelo. Le nostre Chiese, purtroppo, celebrano liturgie splendide, anche vere, ma โ quando si tratta di rimboccarsi le maniche โ cโรจ sempre un asciugatoio che manca, una brocca che รจ vuota dโacqua, un catino che non si trovaโฆ Quando sono stato nominato vescovo, mi hanno messo lโanello al dito, mi hanno dato il pastorale tra le mani, la Bibbia: sono i simboli del vescovo. Sarebbe bello che nel cerimoniale nuovo si donassero al vescovo una brocca, un catino e un asciugatoio. Per lavare i piedi al mondo senza chiedere come contropartita che creda in Dio. Tu, Chiesa, lava i piedi al mondo e poi lascia fare: lo Spirito di Dio condurrร i viandanti dove vuole luiโ.
8Significato etico
Farsi servi come il Servo
Luca fa subito seguire il racconto dellโistituzione dellโEucarestia con una chiara chiamata al servizio, con un brano che invece Marco e Matteo pongono dopo la richiesta di Giacomo e Giovanni di essere i primi nel Regno di Cristo (Mc 10,42-45; Mt 20,25-27): โSorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il piรน grande. Egli disse: <<I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi perรฒ non sia cosรฌ; ma chi รจ il piรน grande tra voi diventi come il piรน piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi รจ piรน grande, chi sta a tavola o chi serve? Non รจ forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve>>โ (Lc 22,24-27).
Eโ analogo il discorso che Gesรน fa nel Vangelo di Giovanni, dopo quella che abbiamo definito lโesegesi giovannea dellโEucarestia, cioรจ la lavanda dei piedi: โQuando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: <<Sapete ciรฒ che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perchรฉ lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti lโesempio, perchรฉ come ho fatto io, facciate anche voi. In veritร , in veritร vi dico: un servo non รจ piรน grande del suo padrone, nรฉ un apostolo รจ piรน grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica>>โ (Gv 13,12-17). Diceva il grande teologo Yves Congar che โse la Chiesa vive dellโEucarestia non puรฒ essere che serva e poveraโ.
Una vita dโamore
Il battesimo รจ il โsacramentoโ, cioรจ il โsegnoโ, che siamo morti e sepolti con Cristo perchรฉ possiamo condurre una vita nuova โbellaโ e conforme alla sua risurrezione. Per il credente il problema morale non si fonda sul โtu deviโ, ma sul โtu seiโ. Nel battesimo, per la potenza dello Spirito, siamo in Cristo e quindi siamo nuova creatura (2 Cor 5,17; Gal 6,15): il battesimo รจ il segno che siamo โcristificatiโ, che siamo degli altri Gesรน, come lui capaci di dono, di agape: โSono stato crocifisso con Cristo e non sono piรน io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per meโ (Gal 2,20).
Ormai i cristiani hanno un โcomandamento nuovoโ che li deve far riconoscere tra tutti gli uomini, amarsi scambievolmente (Gv 13,34): questo รจ lโunico criterio di ecclesialitร propostoci da Cristo: โDa questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altriโ (Gv 13,35).
Lโamore fraterno traduce il comando di amare Dio, anzi ne รจ lโunica espressione: โSe uno dicesse: <<Io amo Dio>>, e odiasse il suo fratello, รจ un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede non puรฒ amare Dio che non vedeโ (1 Gv 4,20). โSe uno possiede le ricchezze in questo mondo, e vedendo il proprio fratello nel bisogno gli chiude il cuore (letter.: le viscere), come lโamore di Dio puรฒ dimorare in lui?โ (1 Gv 3,17).
Lโamore fraterno inoltre ci apre al mistero di Dio: โChiunque ama รจ generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perchรฉ Dio รจ amoreโ (1 Gv 4,7-8): tante volte la nostra fede รจ debole proprio perchรฉ non amiamo; amando, possiamo ottenere la โconoscenzaโ di Dio, cioรจ entrare nella sua intimitร : ricordiamocelo, quando siamo in โcrisi di fedeโโฆ
Lโamore รจ quindi il cuore della nostra fede: โTutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stessoโ (Gal 5,14); โpieno compimento della Legge รจ lโamoreโ (Rm 13,10).
La vita รจ vocazione
โLโaccoglienza del dono dello Spirito porta ad abbracciare tutta la vita come vocazione. Nel nostro tempo, รจ facile allโuomo ritenersi lโunico artefice del proprio destino e pertanto concepirsi <<senza vocazione>>. Per questo รจ importante che nelle nostre comunitร ciascuno impari a riconoscere la vita come dono di Dio e ad accoglierla secondo il suo disegno dโamore. (Educare alla vita buona del Vangelo, 4-10-10, n. 23).
Se sono diventato Cristo, la mia vita come la sua diventerร dono. Compito del giovane รจ capire come fare della sua vita un dono alla sequela del Signore, o nel celibato o nella vita matrimoniale.
La Scrittura ci richiama al primato dellโunione sponsale con Cristo anche nel matrimonio. Il matrimonio รจ al contempo anticipazione e prefigurazione dellโunico Amore in cui tutti i nostri amori si radicano e a cui tutti tendono. E questo non solo perchรฉ nel Regno non vi sarร piรน nรฉ maschio ne femmina, ma saremo come angeli di Dio (Mt 22,23-32), ma perchรฉ lโunico fine per il credente รจ la sequela del Signore, lo Sposo per eccellenza (Mt 9,15; 25,1-12; 2 Cor 11,2โฆ). E Luca specifica che โchi non ama menoโฆ la moglie e perfino la propria vita non puรฒ essere discepoloโ di Gesรน (Lc 14,25-27); โHo preso moglieโ non รจ una scusa valida di fronte alla chiamata del Signore (Lc 14,20).
Il primo imperativo per i coniugi credenti dovrร essere lโobbedienza al โSeguitemi!โ (Mt 4,19), invito rivolto a tutti, sposati e celibi. A tutti, sposati e celibi, Gesรน comanda: โAmerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stessoโ (Lc 10,27), con buona pace di Paolo che nella Prima Lettera ai Corinti (1 Cor 7,33) afferma che gli sposati amano Dio con cuore โdivisoโโฆ A tutti, sposati e celibi, Gesรน rivolge lโinvito: โSiate perfetti come รจ perfetto il Padre vostro celesteโ (Mt 5,48). Per tutti, sposati e celibi, vale il discorso della montagna, con la sua rivoluzione etica (Mt 5,3-11; Lc 6,20-23). Per tutti, ovviamente in forme diverse, vale lโappello di Gesรน: โVaโ, vendi quello che hai e dallo ai poveriโ (Mt 19,21). A tutti Gesรน ricorda โla necessitร di pregare sempre, senza stancarsiโ (Lc 21,36). A tutti Gesรน dร la missione: โAndate e ammaestrate tutte le nazioniโ (Mt 28,19-20).
Occorre oggi piรน che mai che i fidanzati si riapproprino di queste pagine evangeliche che li chiamano alla radicalitร della sequela del Signore, stimolati dal Concilio Vaticano II che ricorda che anche i coniugi cristiani sono chiamati alla santitร (Lumen gentium n. 40; n.11; Gaudium et spes n. 48). Finora il vivere lโEvangelo โsine glossaโ, senza interpretazioni, senza mezzi termini, era spesso una proposta solo per i monaci: ma dobbiamo ricordarci che nel cristianesimo esistono solo coloro che seguono in totalitร il Signore da soli, i โmonaciโ, e coloro che lo seguono in totalitร con la propria moglie o il proprio marito, i โbinaciโ: talora esprimo pedagogicamente proprio nel neologismo โbinachesimoโ la sottolineatura della comune chiamata alla santitร , che deve essere riproposta con forza agli sposati.
I giovani devono perciรฒ mettersi in ascolto disponibile della Parola di Dio che li chiama alla sequela radicale del Signore nella peculiaritร della loro situazione celibataria o sponsale, certi che lo Spirito Santo insegnerร loro come fare della propria vita un dono dโamore nella concretezza della vita quotidiana.
Servire i poveri
Il Signore si identifica con i poveri, con lโaffamato, lโassetato, il forestiero, lโignudo, il malato, il carcerato: โOgni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piรน piccoli, lโavete fatto a meโฆ; ogni volta che non avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piรน piccoli, non lโavete fatto a meโ (Mt 25,31-46). โChi infatti non ama il proprio fratello che vede, non puรฒ amare Dio che non vede. Questo รจ il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratelloโ (1 Gv 4,20-21).
Non si puรฒ comprendere lโEucarestia se non se ne vede la dimensione di chiamata alla condivisione totale con i fratelli. Condividere lโEucarestia significa essere disposti a condividere la vita.
Paolo affronta questo aspetto con molta chiarezza nella prima lettera ai Corinti (1 Cor 11,17-34). La cena del Signore era un vero pasto in comune, sul modello dei pasti pasquali: โSpezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letiziaโ (At 2,46). A Corinto, Paolo trova una comunitร che celebra lโEucarestia propriamente detta alla fine del banchetto, โdopo aver cenatoโ (1 Cor 11,25). Ma questo pasto era una sorta di โpranzo al saccoโ, dove ciascuno consumava quello che aveva portato, cosicchรฉ i ricchi gozzovigliavano e i poveri pativano la fame. La comunitร che celebrava lโEucarestia, cioรจ, non era capace di mettere in comune i beni.
Paolo รจ durissimo: se ciascuno โprende prima il proprio pastoโ (1 Cor 11,21), cioรจ non condivide con i fratelli, โil vostro non รจ piรน un mangiare la cena del Signoreโ (1 Cor 11,20). LโApostolo enfatizza il contrasto tra il โpasto individualeโ (โรฌdion deรฌpnonโ) e la โcena del Signoreโ (โkyriakรฒn deรฌpnonโ): se nella vita privata (โle vostre caseโ: 1 Cor 11,22; โ a casaโ: 1 Cor 11,34) ci sono differenze di stile di vita, queste devono cessare nel momento in cui si partecipa allโassemblea convocata dal Signore. Paolo conclude che โchi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condannaโ (1 Cor 11,29). Scrive Giovanni Paolo II: โPaolo qualifica <<indegno>> di una comunitร cristiana il partecipare alla Cena del Signore, quando ciรฒ avvenga in un contesto di divisione e di indifferenza verso i poveri (cfr 1 Cor 11,17-22.27-34)โ (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 2003, n. 20).
Essere con i poveri
Occorre condividere le sofferenze degli ultimi. Un amico missionario, in Brasile, parlandoci della sua destinazione pastorale che lo avrebbe visto impegnato in un โbairoโ di San Paolo, ci diceva che aveva scelto di andare a vivere non nella casa dei Religiosi della sua Congregazione, ma in una baracca della favela, perchรจ โil pavimento di mattonelle non รจ una cosa essenziale, e neanche le piastrelle ai muri della toiletteโ; ma soprattutto perchรฉ โil cuore batte dove il piede pigiaโ, cioรจ soltanto condividendo la vita dei poveri si puรฒ vibrare dโamore per essi, sullโesempio โdel Signore nostro Gesรน Cristo, che da ricco che era si fece povero per voiโ (2 Cor 8,9). Questo non vuol dire che รจ necessario partire tutti per le favelas o le bidonvilles del mondo: dobbiamo indubbiamente, come insegna chi fa direzione spirituale, โfiorire dove Dio ci ha piantatoโ, e ricordare che non cโรจ solo una povertร materiale. Ma certamente siamo chiamati a profonda e radicale conversione in campo economico e nello stile di vita, e a chiederci come possiamo concretamente condividere davvero personalmente le sofferenze dei poveriโฆ.
โIl piรน grande peccato contro i poveri รจ forse lโindifferenza, il <<passar oltre, dallโaltra parte della strada>> (cfr Lc 10,31)โฆ Noi tendiamo a mettere, tra i poveri e noi, dei doppi vetriโฆ E infatti vediamo i poveri muoversi, agitarsi, urlare dietro lo schermo televisivo, sulle pagine dei giornali e delle riviste missionarie, ma il loro grido ci giunge come da molto lontano. Non ci penetra fino al cuore. Ci mettiamo al riparo da essi. La Scrittura chiama tutto questo un <<vedere senza fare attenzione, un aprire gli orecchi, ma senza sentireโ (cfr Is 42,20)โฆ La prima cosa da fare dunque, nei confronti dei poveri, รจ rompere i doppi vetri, superare lโindifferenza, lโinsensibilitร . Gettare via le difese e farci invadere da una sana inquietudine a causa della miseria spaventosa che cโรจ nel mondoโ (R. Cantalamessa).
Diceva il cardinal Duval, per molti anni vescovo di Algeri: โCโรจ un abisso tra la conoscenza della miseria che si puรฒ avere nei libri o nei giornali e lโincontro con la realtร della miseria nella vita degli uomini. Sono persuaso che se tanto uomini in Occidente esitano a mobilitarsi per difendere i diritti dei poveri, รจ perchรฉ essi non sono a contatto con la miseria, comโรจ vissuta concretamenteโ Uno stile di vita sobrio
Scriveva il cardinal Pellegrino: โLa povertร deve essere praticata anzitutto a livello individuale. Eโ necessaria una revisione della mentalitร ancora largamente dominante, secondo cui ognuno รจ padrone dei propri averi e ne fa quello che vuole. Lโinsegnamento della Chiesa, interprete della legge naturale e della parola di Dio, รจ chiaroโฆ Possiamo dire che questa dottrina sia conosciuta e accettata da quelli che si professano cristiani? Possiamo dire che quanti lโaccettano in linea di principio cerchino sinceramente di attuarla nella pratica? Eโ pertanto doveroso che ognuno di noi sโinterroghi sul suo comportamento nellโuso dei beni economici, tenendo presente le necessitร proprie e della famiglia nella vita di tutti i giorni, e nello stesso tempo rendendosi conto delle necessitร degli altriโ (M. Pellegrino, Camminare insieme, n. 8).
Che cosa significa per noi laici la comune chiamata alla povertร di tutti i Cristiani? Che cosa significa essere povero per un padre di famiglia, che deve pensare a moglie e figli?
Fare nostre le sofferenze dei poveri coinvolge concretamente il nostro stile di vita. Significa condurre una vita piรน povera. Significa fare uno o piรน passi indietro nel nostro ceto sociale. Significa fare delle rinunce. Significa avere di meno, permettersi meno cose. Significa vivere concretamente secondo canoni diversi dai correnti, che vedono la felicitร nel possesso di tanti beni.
Scriveva Padre Arrupe: โUnโenorme percentuale di uomini e donne nei Paesi provvisti di beni in abbondanza sembrano aver cambiato la specie dell'<<homo sapiens>> in quella dell'<<homo consumens>>. Fin dallโinfanzia siamo modellati come consumatori, in balia di una pubblicitร che รจ ormai come lโaria che respiriamo. Una volta formato, quest'<<homo consumens>>e la pubblicitร influiscono a loro volta sullโeconomia, creando e giustificando bisogni sempre maggiori: il superfluo diventa conveniente, il conveniente diventa necessario, il necessario si trasforma in indispensabileโ. Le nostre famiglie cristiane dovranno essere scuola di sobrietร , non lasciandosi contagiare dalla pubblicitร , consumando di meno, facendo scelte di โausteritร โ, anche se certamente anticonformiste; dovranno fare scelte ecologiche, rispettose dellโambiente, attenta alle proposte di riuso e di riciclaggio.
Il loro sarร un โconsumo criticoโ, attento ai prodotti delle Ditte che non sfruttano i lavoratori, non sono implicate nei traffici dโarmi o nel sostegno a regimi dittatoriali, non sono inquinanti. E lโarma del โboicottaggioโ sarร un mezzo semplice e potente per modificare le strategie di mercato delle grandi Aziende. Le nostre famiglie dovranno sostenere i Centri di โCommercio equo e solidaleโ, e ripensare lโinvestimento dei propri beni almeno secondo la logica delle โBanche eticheโ. Un momento concreto di verifica e di progettazione รจ la stesura del โbilancio di giustiziaโ, che ha per fine di modificare la struttura di consumi della famiglia verso una maggiore giustizia nei confronti dei Paesi poveri, migliorare la qualitร di vita, riducendo i consumi non rispettosi dellโambiente, orientare verso un minor dispendio di energie e verso la scelta di energie rinnovabili, promuovere meccanismi economici alternativi e forme di โrisparmio eticoโ per sostenere iniziative socialiโฆ
Come riuscire concretamente a operare queste scelte? Qualunque Organizzazione che si occupi di โTerzo Mondoโ, qualunque Ordine o Congregazione Missionaria รจ in grado di fornire indicazioni, bibliografia, materialiโฆ
Sarร un processo di maturazione caratterizzato da incertezze, pause, errori: non siamo stati educati, come cristiani, a questa sensibilitร , a questa attenzione. Quando ci parlavano di โvigilanzaโ dalle tentazioni non ci accennavano mai a temere lโidolatria economica. Per questo facciamo fatica ad entrare in questโottica. Ma non dobbiamo scoraggiarci se la strada รจ lunga, mettendoci fiduciosi alla scuola di Cristo, illuminati dal suo Spirito.
Contro unโeconomia di sfruttamento
Ma non basta commuoversi per i poveri. Bisogna sviluppare anche la capacitร di cogliere le cause profonde della povertร , di riconoscere le radici strutturali dellโingiustizia.
Dobbiamo riconoscere che lโinsostenibile โordineโ economico attuale non รจ un meccanismo inevitabile, ma dipende da noi. โNon possiamo adattarci ad una visione antropologica che riduce la persona a semplice consumatore e che si rivela ateistica e materialistica, consumistica e utilitaristica e che considera dannose le espressioni spirituali, religiose e culturali che contestano il materialismo e lโedonismoโฆ Eโ urgente recuperare nel patrimonio di fede che ci appartiene quei contenuti che possono aiutarci a giudicare, nellโottica della Rivelazione, le storture immani dellโeconomia di oggiโ (A. Agnelli).
Non possiamo non contestare un sistema che si basa solo sullโegoismo individuale, dove lโuomo non รจ piรน il fine ma รจ una โrisorsaโ, un sistema che riduce tutto a merce, anche il corpo umano, il lavoro, la terra, dove conta solo il possesso, dove la felicitร si identifica con acquisti di prodotti, dove ignoti sono valori primari e fondamentali come la comunione, la gratuitร , il servizio, la convivialitร , dove al povero non resta che attendere di potere essere chiamato anche lui al servizio del grande Idolo, senza nessuna possibilitร di autonomo riscatto. Un sistema predicato come unica religione dal bombardamento costante e unisono dei โmediaโ, dove la comunicazione virtuale sembra diventata lโunico scopo della vita, e Internet la soluzione di tutti i problemiโฆ
Eโ quindi essenziale la presa di coscienza, rifiutando il continuo lavaggio del cervello della maggioranza dei mass media, riuscendo a cogliere, anche con lโaiuto di tante Associazioni che di ciรฒ si occupano, i meccanismi perversi dello sfruttamento economico: โEโ giunto il tempo di un lavoro capillare di contro-informazione, di riflessione critica e auto-critica, di lettura della realtร con occhi nuoviโ (A. Zanotelli). La comunitร cristiana dovrร allora diventare โcentro di resistenzaโ contro la cultura imperante consumistica. Gesรน aveva detto che i suoi discepoli dovevano essere โnelโ mondo ma non โdel mondoโ (Gv 17,11.16): allo stesso modo oggi i cristiani, pur vivendo โnelโ mercato, non devono essere โdelโ mercatoโฆ
La beatitudine del servizio
v. 17: Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.
Giovanni ha solo due beatitudini: in 20,29 quella della fede senza vedere, qui la beatitudine della Croce, che รจ Amore e Servizio. Dio รจ la nostra gioia. โNessuno ci fa felici piรน che Dioโ (Agostino). La via del servizio รจ la via della felicitร , della pienezza, della realizzazione.
A cura di Carlo Miglietta.