La comunione dei santi

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Giuliva di Berardino in questo video ci offre un approfondimento sulla “comunione dei santi”.

Dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica

194. Che cosa significa l’espressione comunione dei santi? (946-953; 960)
Tale espressione indica anzitutto la comune partecipazione di tutti i membri della Chiesa allecose sante (sancta): la fede, i Sacramenti, in particolare l’Eucaristia, i carismi e gli altri doni spirituali. Alla radice della comunione c’è la carità che «non cerca il proprio interesse» (1 Cor 13,5), ma spinge il fedele «a mettere tutto in comune» (At 4,32), anche i propri beni materiali a servizio dei più poveri. 

Questa espressione designa anche la comunione tra le persone sante (sancti), e cioè tra quanti per la grazia sono uniti a Cristo morto e risorto.“Fino a che dunque il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli (cfr. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose (cfr. 1 Cor 15,26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria contemplando « chiaramente Dio uno e trino, qual è » [147]. Tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Tutti infatti quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui (cfr. Ef 4,16). L’unione quindi di quelli che sono ancora in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è minimamente spezzata; anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dallo scambio dei beni spirituali [148]. A causa infatti della loro più intima unione con Cristo, gli abitanti del cielo rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono ad una più ampia edificazione (cfr. 1 Cor 12,12-27) [149].” (Lumen Gentium, 49)

Puoi appronfondire anche col libro di Claudio Dalla Costa

Il mistero della comunione dei santi

Leggi la Prefazione di Padre Serafino Tognetti

Durante la lettura di questo testo mi sono commosso più di una volta, ho sorriso e a volte riso apertamente, mi sono emozionato su alcune pagine, turbato su altre, tanto che qualcuno dei miei confratelli si sarà chiesto che cosa mai stessi leggendo. Al termine di ogni capitolo mi dovevo fermare, nonostante avessi il desiderio di proseguire, per meditare e fare mio ciò che avevo letto. Tutto mi entrava dentro direttamente con una forza grandiosa, creando zone e anfratti luminosi che dissipavano con bagliori i grigiori della mia anima piena di ragnatele.

Più volte mi sono chiesto: ma dove li pesca, Claudio Dalla Costa, tutti questi santi? Qui si entra in una miniera, con piccone e carriola, ma si trovano pepite e gemme preziose ad ogni angolo, che si raccolgono con le mani senza alcuna difficoltà. Santi conosciuti e soprattutto sconosciuti, bambini e giovanotti che vivono per Dio e per il prossimo, mezzi ebeti che diventano religiosi e santi, ragazzi che parlano con le anime del Cielo, suore sconosciute che vanno in bilocazione come se niente fosse, santi che appaiono dal Cielo ad esortare e incoraggiare, donne musulmane che corrono in chiese cattoliche… C’è da chiedersi se tutto questo sia possibile, se siano cose realmente accadute, se, in sostanza, il cristianesimo sia veramente questo.

Viene voglia, a libro finito, di morire in fretta e di unirci a quella schiera di santi che vivono in Cielo, perché questa vita terrena ci pare fin troppo stretta. Ma poi ci ritroviamo a dover continuare a vivere qui, sapendo però che qualcosa di nuovo

ci è giunto. «Nuovo, anzi di antico», dice il verso di un poeta. Che la comunione dei santi esista, infatti, non è una novità. Ma non se ne parla più! Se i santi sono quelli delle nicchie, che non mangiano, non dormono, che girano con una pietra al collo – dice uno dei protagonisti di questo libro, Marcel Van – allora la santità non è per me. Ed ecco che, sulla scia di santa Teresa di Gesù, proprio questo vietnamita si fa santo, semplicemente accogliendo il Cristo nel proprio cuore e morendo ragazzo in un campo di concentramento, col sorriso sulle labbra.

Il merito di questo singolarissimo autore torinese è quello di studiare le figure dei santi e di metterceli davanti non solo come fratelli da imitare, ma come compagni di viaggio, come esempi vivi di vero cristianesimo. È un «difetto» di Dalla Costa, questo. Volendo scrivere un libro sulle prediche domenicali, egli andò a suo tempo ad ascoltare sermoni e omelie in diverse chiese della sua regione – ogni domenica una chiesa diversa – e dopo mesi e mesi di questo paziente pellegrinaggio ne trasse un libretto ricchissimo di aneddoti, citazioni, spassose riflessioni, seri ammonimenti, dalla lettura dei quali un prete, se vuole, impara finalmente a fare una predica come si deve.

Poi si mise in testa, leggendo il Vangelo, di descrivere quanto accadeva al Signore Gesù nei suoi pasti, dal momento che molti passi evangelici ci mostrano il Signore a tavola con amici e nemici. Ne venne fuori un altro libretto assolutamente avvincente, originale, gradevolissimo, che illustra il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo attraverso i gesti umani che furono propri del Signore Gesù, il quale santificò ed elevò tutto quello che è buono e giusto nella creazione. Anche in questo testo, citazioni di padri, santi e autori spirituali a bizzeffe.

Quando scrive queste cose, Dalla Costa non ci propone mai modelli irraggiungibili, ma riesce a cogliere perfettamente la grandezza della vita spirituale totalmente incarnata nell’umanità di ogni uomo, in modo da farci leggere queste pagine d’un fiato, per rimanerne folgorati.

Ora se ne esce con questo libretto sulla comunione dei santi, che è una vera apoteosi, un canto di amore e, lasciatemelo dire, una vera consolazione spirituale. Siamo troppo abituati alle cattive notizie, per il continuo riferimento dei mass media alle disgrazie dell’umanità. Non che non vi siano i mali del mondo, per carità, ma restare immersi volontariamente nelle oscurità senza mai cercare una via d’uscita, è una sorta di suicidio. E se alla fine del TG ci danno qualche buona notizia è di un gol in più della Juve fatto a chissà chi o di un premio canoro vinto da mister nessuno.

E chi ci può parlare di liberazione, di vita eterna, di gioia, di amore vero, se non Dio? Egli ha creato l’uomo per la felicità, e continuamente ci indica la via, il modo, per vincere ogni forma di iniquità e vivere da uomini liberi e giusti. La via è Lui stesso, ma i segnalatori e gli indicatori sono i santi! Senza la dimostrazione pratica, visibile, indubitabile, della vita di questi testimoni, sarebbe davvero difficile avere la prova e dimostrazione della vera esperienza cristiana.

Mi diceva il cardinale Angelo Comastri che ogni tanto qualcuno si rivolge a lui criticando i preti per i loro comportamenti sbagliati e scorretti, in alcuni casi addirittura scandalosi, quasi come scusante per non credere in Dio e nella Chiesa. Egli usa rispondere loro più o meno con queste parole: «Pensate ai dodici apostoli. Ce ne fu uno che visse il suo apostolato assai male, tanto che finì suicida, dopo avere commesso un peccato orrendo, aver consegnato il Signore nelle mani dei nemici. Ma gli altri undici, pur semplici uomini anch’essi, e fallibili e limitati, diedero tutti la vita per Gesù! Se la proporzione è uno a undici, perché guardare sempre quell’uno, e mai agli altri undici? È vero, nessuno nega che quell’uno faccia o abbia fatto cose nefaste, purtroppo, ma dobbiamo volgerci anche agli altri undici, e fare come loro!».

Questi altri undici, moltiplicati per mille e diecimila, sono i santi che costituiscono, con la loro vita e il loro amore per Cristo, la «comunione». Com-unione, ossia unione insieme,

e qui si parla dell’unione vera, quella che ci fa un solo cuore, un solo corpo, una sola famiglia, nell’amore di Dio. Conoscere questi fratelli ci dà una forza incredibile per aumentare nella fede, incoraggiarci nelle asperità, desiderare di vivere qui e in eterno la medesima unione. Non possiamo in alcun modo farne a meno, perché non vogliamo essere soli in questo mondo!

Ma parlare dei santi, come detto, non è facile: si finisce per farne delle figure irraggiungibili che vivono fuori dalla realtà… li si ammira ma non si desidera vivere come loro. Nessuno probabilmente vuole andare a vivere in cima ad una colonna per quarant’anni come san Simeone lo stilita o dentro il tronco di un tiglio, della foresta siberiana, per trent’anni come san Pavel di Obnora, ma tutti possono trarre immenso sollievo leggendo questi brevi e fulminanti profili di santi sconosciuti che lo scrittore-minatore Dalla Costa tira fuori dai suoi studi per farcene prezioso dono. Tali fratelli e sorelle ci aiutano a vivere meglio la messa, ad affrontare le avversità e le malattie, a trovare in Cristo ogni gioia e consolazione. Essi sono eleganti e sportive fanciulle che si fanno suore e muoiono dopo un anno con la gioia nel cuore, ragazzini che in nome di Cristo Re affrontano battaglie a cavallo, monaci trappisti ex-atei che indagano sui misteri spirituali dell’Eucaristia, professori universitari che danno la vita per le anime del Purgatorio, malati che offrono le loro sofferenze per seminaristi sconosciuti, i quali poi diventeranno santi a loro volta… Ed ogni volta che si legge qualcosa di queste figure, si avverte che esse ci invitano ad entrare nella loro comunione. Ecco perché tale lettura non ci può lasciare indifferenti! Non stiamo leggendo «degli esempi» come se considerassimo le gesta di qualche eroe della mitologia greca: qui stiamo partecipando ad un invito.

Per questo motivo, il libro può essere «pericoloso», dal momento che è un continuo appello ad entrare nel fuoco. Ma beato, beatissimo chi si lascerà convincere anche da una sola di queste figure, le quali non parlano per sé, per averne gloria,

ma per fare partecipi anche noi della loro esperienza. Chi ama, infatti, non può tollerare che la persona amata rimanga distante. E questi santi ci amano, di sicuro. Sono con noi perché essi non vivono la comunione: essi sono com-unione. Restarne fuori significa rimanere presuntuosamente chiusi nel proprio io solitario, come se noi non avessimo bisogno di amore e di solidarietà. Poveri stolti che siamo, se pensassimo che tutta la benevolenza e l’amore di cui abbiamo bisogno per vivere lo dobbiamo avere solo dagli uomini, che sono fallibili come noi, fragili e incostanti nei loro sentimenti.

Non possiamo allora fare altro che ringraziare Claudio Dalla Costa, che immaginiamo costantemente immerso nella lettura delle biografie di questi testimoni, intento a coglierne le preziosità e a farne tesoro. Chissà quanti amici egli avrà! Sì, perché i santi sanno essere riconoscenti. Se si parla di loro con tenerezza e affetto, essi sapranno ricambiare, perché parlare di loro è semplicemente dare gloria a Dio. Immaginiamo allora che al suo ingresso in Cielo questo infaticabile ricercatore sarà accolto dalla mamma e da tutti i santi dei quali egli ha scritto per noi.

Dal Cristo no? Certo, ovviamente. Ma non a quel punto non ci sarà più differenza tra il Signore e i santi, perché Dio vive perfettamente in loro e loro in Dio.

Non è questa la comunione?

Padre Serafino Tognetti

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