La chiesa apostolica romana – appunti

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CREDO LA CHIESA UNA , SANTA , CATTOLICA E APOSTOLICA

La Chiesa è ambito di professione di fede. Infatti, diciamo”Credo la Chiesa una, santa, cattolica  e apostolica”; attributi questi che qualificano la Chiesa nel suo essere e nel suo esprimersi.”Unità, santità, cattolicità e apostolicità”sono dimensioni strutturanti l’essere della Chiesa e fondamentali poiché se ne togliamo una viene a mancare un elemento costitutivo del suo”essere Chiesa”. Tali dimensioni, pertanto, sono i quattro pilastri fondamentali su cui si regge l’intera piattaforma ecclesiale.

Si noti come non si dice”credo nella Chiesa”in quanto essa non è l’oggetto della fede in cui credere, ma si dice”credo la Chiesa”come”una, santa, cattolica e apostolica”. La fede, cioè l’adesione esistenziale, viene data non alla Chiesa, bensì a Cristo. La Chiesa è solo un oggetto di riflessione che ci impegna, poi, nella fede credendo che essa è”una, santa, cattolica e apostolica”

CHIESA “UNA”

 L’unico fondamento della Chiesa è Cristo il quale esprime la sua intenzione che nella Chiesa si realizzi l’unità:”che tutti siano uno come tu, Padre, in me ed io in te”(Gv 17,20). L’unità, pertanto, dice riferimento al mistero di Dio: egli pur nella diversità delle tre persone è uno. Unità dice, innanzitutto, relazione tra diversità che non si contrappongono, ma che si arricchiscono intrecciandosi.

L’unità, tuttavia, non va intesa come somma di individui, ma come intreccio di relazioni partecipate. In essa ritroviamo l’unica fede, l’unico Dio, l’unico Cristo. In tale ambito la diversità non è mai contraria all’unità, ma essa trova la sua piena maturità proprio nell’unità che la trasforma in ricchezza. L’unità, pertanto, è valorizzazione delle singole diversità.

L’unità della Chiesa è data dall’unicità di Dio che, pur diversificato in tre persone, è uno.

La Chiesa, pertanto, è ontologicamente”unità”e non è costituita o basata sulla volontà umana che, invece, è chiamata a realizzare anche sacramentalmente quella unità già presente ontologicamente. In altri termini, la Chiesa è comunque unita anche nelle divisioni dei suoi membri che, proprio perché divisi, tradiscono la loro vocazione all’unità che è germinalmente in loro in virtù del battesimo. Infatti, Paolo nella sua lettera ai Galati afferma:”Poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”(Gal 4,27-28). Se da una lato, l’espressione di Paolo porta a pensare come le divisioni deturpino il volto della Chiesa, dall’altro evidenzia come principio e sorgente di unità, attorno a cui ruotano tutte le chiese, è Cristo.

La Chiesa, pertanto, rimane”una”anche in mezzo alle divisioni poiché essa è per sua natura”una”e l’unità è un suo elemento costitutivo che è presente in essa come dono che aspetta di essere colto e testimoniato nella sacramentalità della storia. L’unità, quindi, non manca nella Chiese e tra le chiese, ma, piuttosto, la capacità di convertirsi al dono, sempre disponibile, dell’unità di Dio; uno dono che ci sta davanti e che aspetta di essere colto e accolto. Ciò che a Dio va pertanto chiesto è di darci la forza e la luce necessarie per testimoniare e realizzare anche sacramentalmente quell’unità che è già presente in virtù del nostro essere in Cristo e con Cristo inseriti nel ciclo vitale della Trinità: tre persone nell’unico Dio; pluralità e diversità nell’unità.

CHIESA”SANTA”

Quando parliamo di santità della Chiesa questa non va intesa in termini di distinzione e/o contrapposizione al mondo, quasi che la Chiesa sia santa e il mondo, invece, peccatore, anche se il concetto di santità contiene in sè un’idea di separazione, di alterità. Il termine, infatti, deriva dal latino”sancire”che significa anche”dedicare, consacrare”e, quindi, riservare, separare dal resto.

Comunque, quando si parla di santità nella Chiesa non va intesa in termini di privilegio.

Anche per questa qualità propria della Chiesa va fatto riferimento a Dio: la Chiesa è santa perché santa è la sorgente da cui essa sgorga. La santità della Chiesa, pertanto, si recepisce nell’ambito della sua relazione con Dio:”Siate santi perché io il Signore vostro Dio sono santo”(Lv 19,2)

Poiché la santità della Chiesa va considerata in rapporto a Dio cerchiamo di comprendere bene il significato biblico di tale termine.

Dio è santo perché egli è totalmente altro rispetto al mondo e all’uomo e non è riconducibile nell’ambito dell’esperienza umana. Egli è santo anche perché il suo agire avviene in modi completamente diversi da quelli dell’uomo, anzi esattamente contrapposti:”Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri”(Is. 55,8-9 ).

Nell’ambito di Israele la santità di Dio è sperimentata come fedeltà di Dio alla sua promessa e come liberazione che si riassumono nell’unico termine di”elezione”. Israele verrà qualificato con una sua nuova identità a cui è legata una missione:”Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli … Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”(Es.19,5-6). Israele, pertanto, viene qui definito proprietà di Dio tra tutti i popoli e, in quanto tale, egli viene riservato a Dio, separato dal resto e, in quanto”di Dio”, egli ha legato i propri destini a quelli di Dio; per questo Israele è una nazione santa da cui sgorga, ora, la sua naturale missione di sacerdote , cioè di colui che fa da ponte, da tramite tra Dio e gli uomini, datore del sacro perché lui, per primo, è santo, una santità in funzione di un ministero.

Così è anche per la Chiesa; anche per essa la santità non è un privilegio, ma la dimensione entro cui si muove e vive, la dimensione stessa di Dio. Essa è chiamata ad essere santa, cioè a riflettere nella propria vita quella santità divina che la permea nella sua più profonda intimità; una santità che non è fine a se stessa, ma è chiamata ad estrinsecarsi. La Chiesa è santa perché chiamata a santificare, cioè a recuperare l’uomo e il suo habitat nell’ambito di Dio. In tal senso essa espleta anche la sua funzione sacerdotale.

Santità, tuttavia, non significa esenzione dal peccato. Il peccato, infatti, appartiene alla dimensione storia ed è sinonimo di fragilità e, in quanto tale, appartiene anche alla Chiesa. Essa è una Chiesa santa formata da peccatori, quella che i Padri della Chiesa chiamavano con un’espressione dura, in terminis contraddittoria, ma molto appropriata”casta meretrix”, indicando con ciò questa convivenza di colpa e santità.

Essa è santa perché tende, sia pur nella sua fragilità, a lasciar trasparire storicamente la realtà santificatrice che porta dentro e di cui è impastata. Essa è santa benché sia peccatrice e la sua fragilità nulla toglie allo splendore della sua santità.

Quando il celebrante nella prece eucaristica prega”Padre veramente santo e fonte di ogni santità, santifica…”non dobbiamo mai dimenticare che la sorgente di ogni santità e santificazione è sempre e unicamente Dio.

CHIESA “CATTOLICA ”

Il termine”cattolica”deriva dal greco κατολικη e significa”universale”. L’espressione, benché contenga in sè anche un’accezione quantitativa ed estensiva, tuttavia non va intesa in senso di estensione confessionale poiché ciò sarebbe riduttivo della vera universalità che la Chiesa porta in sè.

La cattolicità della Chiesa si aggancia sempre alla sua fonte primaria che l’ha generata: il Cristo morto- risorto che proprio in questa esperienza salvifica abbraccia, misteriosamente e realmente, l’intera umanità:”Quando sarò innalzato attirerò tutti a me”(Gv ). L’universalità, pertanto, si esprime nell’abbraccio del Cristo morente che diventa comunione di salvezza tra Dio e gli uomini. Unica condizione per parteciparvi è  il credere , un credere che è aperto a tutti, indipendentemente dalla propria collocazione storica e culturale:”Io sono la risurrezione e la vita ; chi crede in me anche se muore vivrà”(Gv 11,25); e ancora Paolo nella sua lettera ai Romani:”Io non mi vergogno, infatti, del Vangelo poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”(Rm 1,16) e infine Luca nei suoi Atti sottolinea questa universalità ancora in termini più accentuati:”In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga , è a lui accetto”(At.10,34-35).

Queste espressioni così indefinite”chi crede”,”chiunque crede”,”a qualunque popolo appartenga”esprimono proprio l’universalità.

La Chiesa si colloca proprio in tale ambito e fa parte della sua identità. Essa, pertanto, è universale perché strumento universale di salvezza, così come pensato da DIo, e, in quanto tale, universalmente aperta a  tutti, a”qualunque popolo si appartenga”.

La cattolicità della Chiesa, pertanto, rimanda all’evento di salvezza, Cristo morto-risorto, che si è offerto gratuitamente in favore di tutti, indipendentemente dal proprio collocarsi storico; in tal senso esprime il prolungarsi della missione di Cristo.

Contemporaneamente, da un punto di vista storico, questa universalità si esprime nella missionarietà della Chiesa, intesa non come azione di conquista e affermazione di potere, ma come annuncio dell’offerta di salvezza operata da Dio nel suo Cristo per chiunque crede.

Cattolicità, dunque, non come confessionalità, che è l’opposto di universalità, ma come espressione e specchio della volontà salvifica di Dio che si è fatto carne non per il papa, i vescovi, i preti o i cristiani in genere, ma”per noi uomini e per la nostra salvezza”. Una Cattolicità, quindi, che supera le stesse dimensioni della Chiesa e che si esprime soltanto in Dio sacramentato nel suo Cristo.

CHIESA “A POSTOLICA ”

 Il termine”apostolica”deriva dal greco αποστολικη che significa”inviata”.

Sta proprio qui il germe dell’apostolicità della Chiesa: l’essere inviata. Bene si può applicare alla Chiesa quanto Paolo in Galati afferma con forza e perentorietà di se stesso:”Paolo, apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomini, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre”(Gal 1,1).

Come per Paolo, anche la Chiesa è chiamata e inviata da Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo. Una apostolicità, pertanto, che non si è data, ma un mandato che gli è stato lasciato in eredità da Cristo:”Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”(Gv ).

Un mandato che si concretizza in un annuncio, un annuncio che si fa sacramento. E’ l’evento Cristo che nell’annuncio e nel sacramento si genera continuamente nella storia a tutti gli uomini per mezzo della Chiesa e che nella Chiesa, proprio per mezzo dell’annuncio e del sacramento, convoca tutti gli uomini in un grande e universalistico movimento escatologico che tende a ricondurre l’intera umanità e l’intero cosmo in Dio, da cui l’umanità proviene e da cui si è allontanata a causa della colpa originale.

L’apostolicità, pertanto, non è soltanto un fatto statico, cioè un semplice e continuo riferirsi alla tradizione  e alla fede dei Padri, ma radicata in esse, si attua nel presente attraverso l’annuncio e il sacramento generandosi continuamente e continuamente generando un’umanità nuova e protesa verso Dio. L’apostolicità, pertanto, esprime il farsi della Chiesa nel tempo che convoca e orienta, con la Parola e il sacramento, l’intera umanità verso quei cieli nuovi e terra nuova vaticinati da Isaia, contemplati da Giovanni nell’Apocalisse e anticipati nella risurrezione di Cristo.

L’apostolicità per sua natura è profetica, cioè attua, genera continuamente la Parola di Dio in mezzo all’umanità e la dona nella sacramentalità del suo sacerdozio, creando e conservando per Dio una nuova umanità in cui si rispecchi nuovamente, come nei primordi, la sua immagine e somiglianza con Dio.

Essa, propria di ogni battezzato, trova la sua espressione e unità nella figura del Vescovo che la rende visibile e storicamente riferibile. Infatti, non ci può essere chiesa senza vescovo.

IL TRIPLICE MODO DI PORSI E DI ESPRIMERSI DELLA CHIESA

Nell’ambito dell’orizzonte storico la Chiesa si propone come il suo essere da Dio , la cui efficace rappresentanza è sacramentalizzata nel Clero ; come il suo essere nella storia e per la storia , che viene espresso attraverso la laicità , chiamata a sacralizzare la realtà storica attraverso i suoi attributi di profetismo, sacerdotalità e regalità, intesa quale servizio; ed infine come sua testimonianza e suo tendere verso le realtà future che già sono presenti nella Chiesa, rivestita del Cristo risorto; egli nella sua risurrezione ha anticipato i tempi escatologici che non devono essere dimenticati e, pertanto, vengono affidati a quei cristiani che ne hanno colto l’importanza e si sono decisi per questi fino a consacrarsi esistenzialmente ad essi: i religiosi .

Triplice, quindi, il modo di porsi della Chiesa nell’ambito della storia: essere nella comunità come guida (Vescovi, sacerdoti, diaconi); essere nel mondo (laici); testimonianza e tensione escatologiche (religiosi).

Nell’ambito di questo suo triplice”essere”ci deve essere un adeguato equilibrio affinché la Chiesa possa portare avanti efficacemente la sua missione.

Infatti, la predominanza del clero porterebbe ad una clericalizzazione della Chiesa, mutilandola nei suoi due altri aspetti, diventando così una Chiesa monca e impoverita; se la predominanza fosse lasciata al laico si sfocerebbe in una laicizzazione della Chiesa che verrebbe, così, sfalsata nella sua autentica natura; se lo spazio ecclesiale fosse dato ai religiosi, porterebbe ad una eccessiva spiritualizzazione che la estranierebbe dalla storia portandola al fallimento del suo mandato.

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