Josep Boira – Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2021

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Il felice annuncio ai pastori risuona ancora oggi nei nostri orecchi, anno dopo anno, senza che riusciamo ad abituarci. Il nostro cuore si riempie nuovamente di gioia ascoltando il racconto della nascita del Figlio di Dio, come se fosse la prima volta. Il viaggio da Nazaret a Betlemme, Maria sul punto di partorire, Giuseppe in cerca di un posto adatto per il parto, il Bambino che nasce, le fasce e la mangiatoia, l’annuncio ai pastori e la loro visita immediata: tutto sembra nuovo in questo nuovo Natale.

San Luca inserisce la nascita di Gesù nella storia del mondo. L’imperatore Augusto era riuscito a stabilire nei suoi vastissimi territori un lungo periodo di pace, noto come Pax Augusta, ma questo avveniva dopo molte guerre, molte sottomissioni, molta schiavitù. Perciò quel “primo censimento” poteva sembrare un gesto di orgoglio da parte dell’autorità, ma di questo si servì Dio perché si adempissero le Scritture; infatti era scritto per mezzo del Profeta che a Betlemme di Giuda sarebbe nato il Messia (cfr. Mt 2, 5).

Il viaggio di Giuseppe con la sua sposa incinta, non esente da rischi, era un atto di obbedienza umana, ma servì a Maria e a Giuseppe per poter obbedire a Dio, pienamente fiduciosi che tutto si sarebbe concluso bene. Probabilmente Giuseppe fu angosciato per la difficoltà di trovare un posto più adatto a quel parto verginale; però la sua forza d’animo, la serenità e la fiducia in Dio ebbero il sopravvento e Maria poté dare alla luce “il suo figlio primogenito”, “il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8, 29), in un luogo apparentemente poco appropriato a Dio, una mangiatoia, in un angolo sconosciuto di una delle province di quel grande impero. Comunque, la diligenza di Giuseppe e la presenza di Maria trasformarono quel povero luogo nel più degno non solo dell’impero ma di tutta la terra. Persino gli animali di quella stalla partecipavano a quel prodigio: “Il bue riconosce il suo signore, e l’asino la mangiatoia del suo padrone”, dice il profeta Isaia.

Ma all’improvviso il cielo si apre, la gloria di Dio è incontenibile e si manifesta non ai grandi della terra ma ad alcuni pastori. Erano uomini magari rudi, poco stimati in quella società, ma furono gli eletti da Dio ad essere testimoni diretti del grandioso avvenimento. Rimasero stupiti e spaventati dall’annuncio dell’angelo e dalla moltitudine della corte celeste che lodava Dio. Magari conoscevano le profezie che parlavano del Messia che doveva nascere nella città di Davide: “E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele” (Mi 5, 1).

Tuttavia non potevano immaginare che quella notte, in quelle contrade che conoscevano tanto bene per il loro lavoro, si sarebbe adempiuta quella promessa divina. Dio li guardò con compiacimento per la loro buona volontà, per la loro umile condizione. Superato il timore iniziale per la visita così inaspettata, si riempirono di una gioia e una pace mai prima di allora provata. Si compivano in essi le parole del profeta che ascoltiamo nella prima lettura della messa di questa notte: “Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia” (Is 9, 2).

Per poter partecipare alla gioia per la nascita del Salvatore, abbiamo bisogno di rivolgere lo sguardo a Maria e a Giuseppe, ai pastori, e meravigliarci come farebbe un bambino, pieno di stupore. Andremo anche noi ad adorare il Bambino e impareremo le lezioni della “cattedra di Betlemme”, come piaceva dire a san Josemaría quando si riferiva a questo mistero. Forse la lezione che più dobbiamo imparare oggi è quella dell’umiltà: essere consapevoli che siamo piccoli davanti a Dio, e così avranno compimento in noi le parole di Gesù dirette ai suoi discepoli: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato” (Mc 9, 37). Oggi il bambino è Gesù, l’inviato dal Padre. Accogliamolo.

Josep Boira


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