Isacco di Ninive (VII secolo), uno dei massimi autori spirituali di tutti i tempi, è un autentico caso di santo ecumenico, amato e letto ben oltre i confini della sua chiesa di appartenenza, l’antica chiesa siro-orientale. Monaco originario del Qatar, quindi vescovo di Ninive presso l’attuale Mosul, e poi ancora monaco, è autore di alcune collezioni di Discorsi, tre delle quali sono giunte sino a noi.
La Prima collezione, qui tradotta per la prima volta integralmente in italiano dall’originale siriaco, ha conosciuto una fama eccezionale fin dall’antichità, come attestano le antiche versioni in tutte le lingue parlate dai cristiani, d’oriente e d’occidente. Il suo insegnamento semplice e profondo ha affascinato monaci e laici, lettori di ogni tempo e di ogni condizione, tra cui intellettuali della levatura di Dostoevskij.
Dall’introduzione
Non era la prima volta che visitava l’Etiopia. Una terra antica e ricca di tradizioni. Complessa più della maggior parte dei paesi che la circondano, con le sue tante popolazioni, lingue, religioni e… colori. E poi il suo monachesimo: popoloso, vivace e così simile, anche nelle forme, a quello delle origini che aveva imparato a conoscere dagli antichi scritti cui si dedicava con passione. Ogni volta gli sembrava di ritornare indietro nel tempo e di ritrovarsi nell’atmosfera in cui erano nati gli apoftegmi. Un giorno, alcuni suoi amici che ne conoscevano gli interessi, lo accompagnarono a visitare un antico monastero che – così dissero i monaci che li accolsero – contava circa 1500 abitanti, tra monaci e monache, dispersi sulle pendici di un vulcano spento: un’estesissima lavra tutt’intorno a un cratere ormai trasformatosi in lago.
Giunti in cima, dopo una lunga e faticosa salita in jeep per una strada a gradoni, stavano per entrare in una delle chiese, ma un monaco li fermò: “È appena finita la celebrazione eucaristica – disse –, i monaci sono usciti, ma gli angeli sono ancora lì… e non bisogna disturbarli”. La scena non sfuggì a un monaco più giovane che, forse rattristato da quel rifiuto, si avvicinò e li accompagnò nel loro periplo tra casupole immerse in una foresta lussureggiante, fino a che non li invitò nella sua cella. Ancora una volta sembrò loro di essere nel mondo dei padri del deserto: un recinto, e al suo interno un’ampia stanza che comunicava – lo si intravvedeva dalla porta socchiusa – con l’oratorio. Il monaco occidentale fremeva dal desiderio di visitare anche l’oratorio, ma sapeva che quel luogo è la parte più intima e riservata dell’eremo […] Qui puoi continuare a leggere l’introduzione.
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