Iniziazione cristiana con il cinema: Il topo brigante

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Il topo brigante di Jeroen Jaspaert 25’ | film d’animazione | Gran Bretagna | 2019 dal libro di Julia Donaldson e Axel Scheffler (disponibile gratuitamente sul sito raiplay.it)

Tenerezza – pentimento – perdono

Brigante è il nome giusto per questo  topo  molto  ingordo  e  per  niente  gentile. Un vero furfante raccontato in un libro per bambini, del quale qui          vi proponiamo la breve trasposizione cinematografica realizzata con gusto per la gestualità dei personaggi e con dialoghi caratterizzati da spassosissime rime. Il topo brigante può essere un’occasione simpatica e raffinata per riflettere in famiglia con i bambini sui loro atteggiamenti, sulle loro esondazioni comportamentali e sui modi per affrontarle e attraversarle da una prospettiva cristiana. Nella insperata tenerezza di una  nuova possibilità è possibile sia il pentimento  sia  il  perdono.  Vi  proponiamo  quindi dopo la visione, anche nei giorni a seguire come sempre senza fretta,     di affrontare in modo lieve alcune suggestioni facilmente esplorabili…

Per divertimento…

Il topo brigante è un malandrino che ruba per divertimento. Lui è pur sempre il topo brigante d’altronde e non può certo dismettere il suo personaggio per un po’ di pena per gli animali che di volta in volta si trova a derubare. E non importa che sia un trifoglio o un dolce: lui è il topo brigante. “O la borsa o la vita!”. Perché ruba non lo sa nemmeno lui. Ormai è diventato il suo personaggio, come capita a tanti bambini che un po’ alla volta diventano ciò per cui si sentono rimproverati, incamerando appieno gli atteggiamenti per cui vengono richiamati dagli adulti.

Lo voglio…

Il topo  brigante  è schiavo del suo desiderio.  Anche  se è un trifoglio  insipido,  lui lo vuole comunque perché  il suo desiderio ormai  è slegato  dall’oggetto.  È  un istinto irrefrenabile che non sa comandare. Soltanto  l’anatra  capisce  quanto lui sia schiavo di questa situazione e su questo suo punto debole costruisce la liberazione per lei e gli altri animali.  Lo  convince  ad  entrare  in  una  grotta dove potrà sfamare ancor di più il suo desiderio che, in definitiva, diviene anche la sua condanna. Quante volte cerchiamo di spiegare ai bambini che i primi a non stare bene per gli atteggiamenti per cui vengono richiamati sono proprio loro.

Buio/luce…

Per affrontare la sua “schiavitù” il topo brigante deve rimanere nel buio della caverna che da sogno si trasforma in incubo, da eccitazione in paura. Lì dentro, affrontando le insidie di un luogo inospitale, fa memoria di tutti gli atteggiamenti violenti e i gesti brutti che lui ha avuto nei confronti degli altri animali. Bisogna stare anche   nel buio per capire il nostro limite e lì si scopre la luce che ci prende per mano e ci riporta fuori all’aria pura  per provare a fare meglio di quanto fatto finora. Le lucciole sono un simbolo molto forte e delicato della forza che bisogna avere quando si colgono i propri errori. Quella stessa forza che lo aiuta a dire un “no” secco  di fronte ai bonbon nella pasticceria. Posso farcela a dire no a me stesso! Un no di bene.

Gentile e mansueto…

Il suo cavallo, ora dell’anatra (ironia della sorte!), ci rende partecipi della nuova vita dell’ex brigante. È un topo più magro, gentile e mansueto che non deruba più gli altri per strada e che ha trovato lavoro in una pasticceria. È tra i dolci ma spazzando i pavimenti. Di chi è il merito? Di tutti! Di lui che ha desiderato una possibilità, del pasticcere che gliel’ha offerta, dell’anatra che non l’ha umiliato. Tutti partecipano al suo nuovo personaggio perché nessuno si salva da solo!

Non possiamo non sentire le meravigliose consonanze di questa storia di animali con la parabola del “padre misericordioso” (Luca 15, 11- 24) raccontata da Gesù, che qui di seguito mettiamo a disposizione solo per la parte dedicata al figlio minore per rimanere aderenti al film d’animazione analizzato. Sappiamo di renderla parziale, ma ci sarà tempo e modo per affrontare anche la seconda parte della parabola con il figlio maggiore che pure lui si scopre a suo modo brigante. Possiamo scegliere di raccontarla noi genitori ai bambini, facendogli cogliere le preziose corrispondenze tra il figlio minore e il topo brigante e come viene riammesso in società dal padre/pasticcere.  È importante sottolineare come questo cambio di rotta     sia possibile solo in nella triplice armonia di modi e intenti di tenerezza, pentimento e perdono.

«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: «Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta». Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati». Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.

Parlare con i bambini di queste vicende è importante perché nell’ascolto e nel confronto per loro nasce l’occasione per raccontare anche di sé, delle proprie razzie. Ogni bambino è ingordo dei suoi punti deboli. La spiritualità cristiana ci accompagna come genitori ad avere pazienza e coraggio in questo cammino di tenerezza per aiutarli a crescere in una costante altalena inevitabile in famiglia di pentimenti e perdoni.

Proposta di attività: scherzosamente proviamo ad inventare, e a scrivere (meglio lasciarne traccia!) una rima per il “difettuccio” di ogni membro della famiglia. Ridiamoci su e affrontiamo il nostro limite con tenerezza e spazio per tutti di migliorare. Gesù ci invita a questo modo di vivere la vita!

Scheda (qui in PDF) a cura di Arianna Prevedello Responsabile area pastorale ACEC (Associazione Cattolica Esercenti Cinema) www.saledellacomunita.it