Davvero significativo avvedersi dei limiti culturali, di mentalità, che possiamo porre, spesso inconsapevolmente, allo Spirito. Si può ritenere per esempio che lo Spirito venga quasi solo attraverso i doni “diretti” di Gesù, come la Parola, i sacramenti, lo Spirito, la preghiera. Magari pure attraverso alcune persone in particolare, come il padre spirituale.
Epperò già questi scegliendolo talora casualmente, meno nella preghiera, nella conversione, cercando un inviato di Dio per me. Si vive insomma talora tale rapporto con poca attenzione alla fede. E così su questa scia persino il gruppo di crescita più che essere, almeno da un certo punto del cammino, una comunità in cammino di fede con gli inviati di Dio per me può restare anche stabilmente una riunione, un corso, insomma alla fine più un imparare concettuale, un fare, che un lasciarsi portare da Dio.
Ecco il pericolo dei moralismi, delle astrazioni, del fare senza crescita serena e profonda. Imparando nozioni, facendo cose, non vivendo ancora ogni cosa nella fede, si può porre poca attenzione alla grazia che viene attraverso ogni persona, ogni situazione. Si può restare meno pronti a riconoscere il nuovo venire di Dio, con tanti suoi doni, pur in mezzo ad eventuali limiti, problematiche. Senza crescere nella fede si può dunque vivisezionare lo Spirito di Gesù, Dio e uomo.
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Significativo osservare la ricchezza di termini con cui nel vangelo si fa riferimento alla Parola: logos spesso in relazione al mettere in pratica; seme e non concetto; rema, fatti-parole; testimonianza; segno; luce… Gesù stesso viene e cresce in una storia e il vangelo è vita anche di tanta gente, situazioni, eventi… Fede, speranza, amore, vita che viene, si scambia, in mille modi con delicatezza e non astrazioni: “E il Verbo carne si fece, e venne ad attendarsi in (mezzo a) noi” (Gv 1,14).
Ecco persino il contrasto tra un ideologico identitarismo e un idelogogico incontrismo, svuotati di vita vera e dunque integrale. Ecco anche talora un mescolamento fasullo di questi aspetti, senza dare, nei modi e nei tempi adeguati, a ciascuno il suo specifico spazio: appunto un mero ragionare, un mero fare, non un gradualmente sempre più profondo lasciarsi portare nella fede.
I codici meccanici favoriscono la già terrena tendenza al formarsi di apparati meno inclini ad una profonda, partecipata, ricerca del vero. Gesù lo ha detto chiaramente:
“Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!” (Lc 17, 21).
“Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 7-8).
Don Paolo Centofanti