Indicazioni del Ministero dell’Interno per la preghiera in Chiesa e le celebrazioni – 27 Marzo 2020

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OGGETTO: Quesiti in ordine alle misure  di  contenimento  e  gestione  dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Esigenze determinate dall’esercizio del  diritto  alla  libertà di culto.

Con riferimento ai quesiti indicati in oggetto , si forniscono i chiarimenti richiesti.

Le misure disposte per il contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da  Covid-  19  comportano la limitazione di  diversi diritti costituzionali, primo fra tutti la libertà di  movimento, e vanno a determinare importanti ricadute in una molteplicità di  settori,  dalla  mobilità, al  lavoro,  alle attività produttive, interessando anche l’esercizio delle attività di culto.

Innanzitutto, appare opportuno sottolineare che, salvo eventuale autonoma diversa decisione dell’autorità ecclesiastica, non è prevista la chiusura delle chiese .

È evidente quindi che l’apertura delle chiese non può precludere alla preghiera dei fedeli, purché evidentemente con modalità tali da assicurare adeguate forme di prevenzione da eventuali contagi: l’accesso , conformemente alla normativa vigente , deve essere consentito  solo  ad  un  numero limitato di fedeli, garantendo le distanze minime tra loro ed evitando qualsiasi forma di assembramento o raggruppamento di persone.

Al riguardo, sulla base del parere appositamente richiesto al Dipartimento della pubblica

sicurezza, al fine di limitare  gli  spostamenti  dalla  propria  abitazione, è  necessario  che l’accesso alla chiesa avvenga solo in occasione di spostamenti determinati da  “comprovate  esigenze lavorative”, ovvero per “situazioni di necessità” e che la chiesa sia  situata  lungo  il  percorso ,  di modo che, in caso di controllo da parte delle Forze di polizia , possa esibirsi la prescritta autocertificazione o rendere dichiarazione in ordine alla sussistenza di tali specifici motivi.

Quanto alle celebrazioni liturgiche, le norme stesse – alla luce della esclusiva ratio di tutela della salute pubblica per cui sono emanate – sono da intendersi nel senso che le  celebrazioni  medesime non sono in sé vietate, ma possono continuare a svolgersi senza la partecipazione del popolo, proprio per evitare raggruppamenti che potrebbero diventare potenziali  occasioni  di  contagio.

Le celebrazioni liturgiche senza il concorso dei fedeli e limitate ai soli celebranti ed agli accoliti necessari per l’ officiatura del rito non rientrano nel divieto normativo, in quanto si tratta di attività che coinvolgono un numero ristretto di persone e, attraverso il rispetto delle opportune distanze e cautele, non rappresentano assembramenti o fattispecie di potenziale contagio  che possano giustificare un intervento normativo di natura limitativa.

Le considerazioni fin qui esposte inducono a ritenere che il numero dei partecipanti ai riti della Settimana Santa ed alle celebrazioni similari non potrà che essere limitato ai celebranti , al diacono, al lettore, all’ organista, al cantore ed agli operatori per la trasmissione.

Anche in questa fattispecie evidentemente i ministri celebranti ed i partecipanti che intervengono in forma privata, in linea con il parere del Dipartimento della pubblica sicurezza, avranno un giustificato motivo per recarsi dalla propria abitazione alla sede ove si svolge la celebrazione medesima e, ove coinvolti in controlli o verifiche da parte delle Forze di polizia, attraverso l’esibizione dell’autocertificazione o con dichiarazione rilasciata in questo senso agli organi accertatori, non incorreranno nella contestazione e nelle relative sanzioni correlate al mancato rispetto delle disposizioni in materia di contenimento dell’ epidemia da Covid-19. Sebbene il servizio liturgico non sia direttamente assimilabile ad un rapporto di impiego , e peraltro non comporti né un contratto né una retribuzione, ai fini delle causali da indicare nella autocertificazione, esso è da ritenersi ascrivibile a “comprovate esigenze lavorative”: la stessa autocertificazione dovrà inoltre contenere il giorno e l’ora della celebrazione, oltre che l’indirizzo della chiesa ove la medesima celebrazione si svolge.

Analoghe considerazioni possono essere estese ai matrimoni che non sono vietati in sé, in quanto la norma inibisce le cerimonie pubbliche, civili e religiose, al fine di evitare assembramenti che siano occasione di contagio virale.

Ove dunque il rito si svolga alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni – e siano rispettate le prescrizioni sulle distanze tra i partecipanti – esso non è da ritenersi tra le fattispecie inibite dall’emanazione delle norme in materia di contenimento dell’attuale diffusione epidemica di Covid-19.

IL CAPO DIPARTIMENTO

(Michele di Bari)

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