LIBRO – Pastorale digitale 2.0

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Non è facile individuare in che genere testuale si possa catalogare questo piccolo ma prezioso libro. È un racconto, che a tratti prende le tinte coinvolgenti ed emozionanti del romanzo, ma romanzo non è. Un protagonista racconta di sé, del suo personale viaggio alla riscoperta della fede e pare che si avvicini al genere autobiografico, ma presto la sua storia si immerge e si intesse con quella di altri, pochi intimi amici dapprima, poi il cerchio presto si allarga e la sua voce solista di narratore, che fa da filo conduttore, si intreccia con altre voci che testimoniano di una storia comune, anzi una storia di comunione, che prende il via e va avanti, corre, vola sul web e ben presto, molto prima di quanto ognuno potesse immaginare, comincia a mostrare risultati copiosi se non strabilianti.

Quando Riccardo Petricca nella sua prima mail mi chiese se ero disposta a “dare un’occhiata e una correzione” al testo che mi inviava, fatto di vari interventi e contributi da lui raccolti, perché desiderava pubblicarlo, non sapevo bene che tipo di pubblicazione avesse in mente e intendesse realizzare. Da qualche mese, da quando cioè, il 23 ottobre 2014, un cambiamento epocale voluto da Papa Francesco aveva unificato la mia Diocesi di Montecassino e la sua, quella di Sora-Aquino-Pontecorvo, ero stata anch’io cooptata nel team di Pastorale Digitale e collaboravo ormai regolarmente inviando articoli e foto sulla vita diocesana nella mia zona. Ma ancora non conoscevo bene né le singole persone né questo gruppo giovane e intraprendente che aveva formato, appunto, la “Pastorale Digitale”…

Adriana Letta

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[box type=”note” align=”” class=”” width=””]Tutto il ricavato della vendita del libro sarà devoluto dall’autore per i progetti di aiuto ai migranti e per la missione in Burundi (La sorgente della solidarietà).[/box]

 

Postfazione di Mons. Gerardo Antonazzo

del cuore, superano le attese e le previsioni dello stesso lettore, dilatano i confini delle sue esplorazioni. La lettura, ininterrotta, si lascia sublimare in una forma di “compagnia” gradevole e confidenziale che facilmente si stabilisce con l’autore del testo. Parlo di Riccardo Petricca, che ringrazio con particolare debito di riconoscenza.

Il titolo dello scritto potrebbe far pensare ad una ripetuta e stucchevole presentazione delle tante piattaforme comunicative, i cosiddetti “social network”. Nulla di tutto ciò. Il contenuto non tratta neppure di un’indagine sul tema della comunicazione, con i suoi relativi processi pervasivi e dinamiche non di rado dirompenti. Tutt’altro.

[ads2]L’ignaro lettore si imbatte sin dai primi racconti in una storia di vita, quella dell’autore, tramite alcuni significativi quadri e scorci rappresentativi di luoghi, persone ed esperienze vissute in prima persona. L’autore sa coniugare abilmente, con un pizzico di saggia scaltrezza, l’autobiografia quale facile “esca” per attirare il lettore nella rete della comunicazione empatica. Riccardo parte dal “raccontarsi”, ripercorrendo tratti salienti delle sue esperienze di vita: da quelle più “profane” a quelle propriamente “spirituali”, tutte significative ed espressive di un processo di crescita continuo e progressivo, imprevedibile per lui stesso, ma non per questo casuale. Ci aiuta così a scoprire una forma di comunicazione quasi confidenziale, sentita e partecipata. Non solo: Riccardo ci aiuta a superare il livello banale di una narrazione fatta di informazione in cui si parla di altro o di altri, per farla diventare una forma di “consegna” di sé al lettore. Il primo beneficiario del racconto autobiografico è proprio colui che lo compone. In un colloquio personale, poco tempo fa Riccardo mi confidava: “Il racconto del mio vissuto ha aiutato proprio me a crescere e a rileggere la mia vita… dopo tanti anni scrivendo e rileggendo la mia storia mi accorgo che ogni esperienza fatta, compresa quella terribile del dolore e della sofferenza, era per me propedeutica ed aveva un fine ultimo… quand’anche ogni cosa sembrava ingiusta e senza senso, nulla, assolutamente nulla, accadeva a caso.

L’arte di educare, al di là del suo significato tradizionale di attività rivolta al “trarre fuori” e al “nutrire” una crescita e orientarla, si definisce oggi piuttosto come l’arte di formarsi a partire dalla propria storia, è partecipare attivamente ad un processo di autoformazione di cui è protagonista lo stesso soggetto in crescita nella direzione di una conquista piena di umanità. Fare autobiografia è formarsi; anzi, è formarsi due volte. È rileggere la propria formazione e mettere in moto un ulteriore processo di crescita. L’obiettivo di questo processo è dare forma alla soggettività del singolo, favorirne lo sviluppo personale, secondo un modello proprio e flessibile al tempo stesso. Poiché non si è mai completamente formati, ma ci si forma “per tutta la vita”.

L’intuizione molto originale che si sprigiona progressivamente in questo scritto è la traslazione del lettore da alcuni quadri autobiografici alla descrizione della “pastorale digitale”, rivisitata secondo il metodo e i processi formativi dell’autobiografia. Pertanto, alla domanda: “Cos’è la pastorale digitale?”, la risposta che da queste pagine apprendiamo potrebbe essere espressa così: la pastorale digitale della diocesi è l’autobiografia di una Chiesa particolare! La pastorale digitale delinea il volto di una Chiesa che si racconta, e perciò si forma due volte: perché comunicando rilegge il suo cammino formativo, e allo stesso tempo provoca un ulteriore processo educativo, proponendosi ulteriori traguardi. La vocazione della “pastorale digitale”: favorire una forma di autobiografia di una Chiesa particolare, quella di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, che si racconta e si lascia educare dalla sua storia raccontata, riflettuta e condivisa. Resta allora valido l’assioma che abbiamo assunto sin dall’inizio di questa stupenda avventura digitale: la pastorale digitale deve “integrare” e non “aggregare”, deve saper “mettere in comunione”, e non solo “in rete”. Come Chiesa non immettiamo informazioni in rete per dare semplice “notizia” delle attività della diocesi. Desideriamo, piuttosto tenacemente, “mettere in comunione” la vivacità poliedrica di una Chiesa che si riconosce nelle storie di vita di tutti i volti e i nomi di persone e di comunità che condividono la fede in Gesù Cristo, incarnata nel tessuto culturale e sociale del nostro territorio. Il cammino di ciascuno diventa la crescita di tutti! La Chiesa è comunione perché vive la storia di una grande famiglia. Con la pastorale digitale vogliamo che questa fraternità sia concretamente costruita e vissuta attraverso il “racconto”, diventi sinfonia di anime che si incontrano, volti che si incrociano nel segno della fraternità spirituale, membra attive che si abbracciano per la composizione di un corpo ben articolato, pietre vive cementate dall’amore per un grande e stupendo edificio spirituale.

+ Gerardo Antonazzo

Vescovo