La Domenica delle Palme apre la Settimana Santa con la lettura drammatica della Passione di Gesù. Per molti di noi è una storia udita sin dall’infanzia, eppure possiamo comprenderla completamente solo quando entriamo completamente in essa. Ogni anno ci viene data una nuova possibilità di partecipare ad essa più profondamente così che possa più profondamente entrare in noi.
La meditazione di questi prossimi giorni è profondamente congiunta alla liturgia ed alla lettura di questo avvenimento. La meditazione ci fornisce il silenzio nel quale le parole dei vangeli ci giungono cariche del significato e della potenza necessaria per illuminarci.
La Settimana Santa, per ogni Cristiano, dovrebbe essere in un certo senso, una continua “lectio” su questo mistero centrale della nostra fede. Possiamo rendere liturgica l’intera Settimana Santa.
Il mistero della passione di Cristo è ancora vivo in noi oggi, perché ognuno di noi ha la propria dose di sofferenza da portare con sé.
Alcuni di noi possono trovarsi in un periodo di profonda sofferenza, altri potrebbero essere al momento relativamente felici. Ma nessuno di noi vive una vita totalmente priva di sofferenza.
Un buon modo per preparasi alla Settimana Santa potrebbe essere quello di entrare in contatto più sinceramente con la nostra sofferenza personale, passata o presente. Cosa causa (oppure ha causato) la nostra pena, il nostro dolore, la nostra perdita, la nostra solitudine, il nostro fallimento, la nostra frustrazione, il nostro tradimento? Tutte queste sono esperienze che fanno parte dell’esistenza e noi le vediamo tutte intensamente riflesse nella Passione e Morte di Gesù.
Come Gesù anche ognuno di noi deve portare la propria croce. Ma attraverso il mistero della Grazia qualcuno può apparire per aiutarci a portarla durante il cammino. E noi potremo accettare e riconoscere più facilmente questo dono se saremo stati amorevolmente attenti agli altri e alle loro necessità.
Settimana Santa
“L’ingresso di Gesù a Gerusalemme manifesta l’avvento del Regno che il Re-Messia si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e Risurrezione. Con la celebrazione dell’entrata di Gesù in Gerusalemme, la domenica delle Palme, la Liturgia della Chiesa dà inizio alla Settimana Santa” (CCC 560).
“La Settimana Santa, che per noi cristiani è la settimana più importante dell’anno, ci offre l ‘opportunità di immergerci negli eventi centrali della Redenzione, di rivivere il Mistero pasquale, il grande Mistero della fede. Con la Messa in Coena Domini, i solenni riti liturgici ci aiuteranno a meditare in maniera più viva la passione, la morte e la risurrezione del Signore nei giorni del Santo Triduo pasquale, fulcro dell’intero anno liturgico. Possa la grazia divina aprire i nostri cuori alla comprensione del dono inestimabile che è la salvezza ottenutaci dal sacrificio di Cristo.
Quanto meraviglioso, e insieme sorprendente, è questo mistero! Non possiamo mai sufficientemente meditare questa realtà. Gesù, pur essendo Dio, non volle fare delle sue prerogative divine un possesso esclusivo; non volle usare il suo essere Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza, come strumento di trionfo e segno di distanza da noi. Al contrario, “svuotò se stesso” assumendo la misera e debole condizione umana.
La condivisione radicale e vera della nostra natura, condivisione in tutto fuorché nel peccato, lo condusse fino a quella frontiera che è il segno della nostra finitezza, la morte. Ma tutto ciò non è stato frutto di un meccanismo oscuro o di una cieca fatalità: fu piuttosto una sua libera scelta, per generosa adesione al disegno salvifico del Padre. E la morte a cui andò incontro, dice san Paolo, fu quella di croce, la più umiliante e degradante che si potesse immaginare. Tutto questo il Signore dell’universo lo ha compiuto per amore nostro: per amore ha voluto “svuotare se stesso” e farsi nostro fratello; per amore ha condiviso la nostra condizione, quella di ogni uomo e di ogni donna.
Di quanto avvenne nel Cenacolo, la vigilia della passione del Signore, san Paolo offre una delle più antiche testimonianze. «Il Signore Gesù, egli scrive, all’inizio degli anni cinquanta, basandosi su un testo che ha ricevuto dall’ambiente del Signore stesso, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me» (1Cor 11,23-25). Parole cariche di mistero, che manifestano con chiarezza il volere di Cristo: sotto le specie del pane e del vino egli si rende presente col suo corpo dato e col suo sangue versato. È il sacrificio della nuova e definitiva alleanza offerta a tutti, senza distinzione di razza e di cultura. E di questo rito sacramentale, che consegna alla Chiesa come prova suprema del suo amore, Gesù costituisce ministri i suoi discepoli e quanti ne proseguiranno il ministero nel corso dei secoli. Il Giovedì Santo costituisce pertanto un rinnovato invito a rendere grazie a Dio per il sommo dono dell’Eucaristia, da accogliere con devozione e da adorare con viva fede. Per questo, la Chiesa incoraggia, dopo la celebrazione della Santa Messa, a vegliare in presenza del Santissimo Sacramento, ricordando l’ora triste che Gesù passò in solitudine e preghiera nel Getsemani, prima di essere arrestato per poi venire condannato a morte.
Se il Venerdì Santo è giorno pieno di tristezza, è dunque al tempo stesso, giorno quanto mai propizio per ridestare la nostra fede, per rinsaldare la nostra speranza e il coraggio di portare ciascuno la nostra croce con umiltà, fiducia ed abbandono in Dio, certi del suo sostegno e della sua vittoria.
La morte di Cristo richiama il cumulo di dolore e di mali che grava sull’umanità di ogni tempo: il peso schiacciante del nostro morire, l’odio e la violenza che ancora oggi insanguinano la terra.
Questa speranza si alimenta nel grande silenzio del Sabato Santo, in attesa della risurrezione di Gesù.
Il raccoglimento e il silenzio del Sabato Santo ci condurranno nella notte alla solenne Veglia Pasquale, “madre di tutte le veglie”, quando proromperà in tutte le chiese e comunità il canto della gioia per la risurrezione di Cristo. Ancora una volta, verrà proclamata la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, e la Chiesa gioirà nell ‘incontro con il suo Signore. Entreremo così nel clima della Pasqua di Risurrezione” (da un’omelia di Benedetto XVI).
“La Chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla Messa vespertina del Giovedì nella Cena del Signore, fino ai Vespri della domenica di Risurrezione. Questo spazio di tempo è ben chiamato il “triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto” ed anche Triduo pasquale, perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della Pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la celebrazione di questo mistero la Chiesa, attraverso i segni liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo Sposo” (Paschalis Solemnitatis n. 38).
Giovedì Santo
SANTA MESSA “ NELLA CENA DEL SIGNORE”
In questa celebrazione la Chiesa fa memoria dell’Ultima Cena del Signore Gesù e dei tre gesti che Egli compì in quell’occasione: l’istituzione dell’Eucaristia, dell’ordine sacerdotale e del comandamento dell’amore. Inoltre vengono accolti gli oli benedetti e consacrati dal Vescovo durante la Santa Messa Crismale: l’olio dei catecumeni, l’olio degli infermi e il Santo Crisma.
VENERDÌ SANTO (astinenza e digiuno)
Azione liturgica nella PASSIONE DEL SIGNORE
Per antichissima tradizione in questo giorno la comunità cristiana commemora la passione e morte del suo Signore e pertanto non celebra l’Eucaristia, ma compie solamente una semplice azione liturgica con il pane consacrato il Giovedì Santo. L’intera giornata è caratterizzata dal silenzio e dalla sobrietà, in segno di lutto per la morte del Signore Gesù.
SABATO SANTO
SOLENNE VEGLIA PASQUALE
NELLA NOTTE SANTA
Per antichissima tradizione questa è «la notte di veglia in onore dei Signore» (Es 12,42), giustamente definita «la veglia madre di tutte le veglie» (s. Agostino). In questa notte il Signore «è passato» per salvare e liberare il suo popolo oppresso dalla schiavitù; in questa notte Cristo «è passato» alla vita vincendo la grande nemica dell’uomo, la morte.
“Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di «domenica», fa la memoria della Risurrezione del Signore, che una volta all’anno, unitamente alla sua beata Passione, celebra la Pasqua, la più grande delle solennità” (CCC 1163)