Papa Francesco è un comunicatore straordinario. I suoi discorsi, le omelie e i documenti affrontano i temi forti del nostro tempo. Questo vocabolario aiuta a entrare in profondità nelle parole che declinano la sua opera di guida e pastore della Chiesa di Roma e del mondo. I cinquanta termini che compongono il vocabolario sono curati da giornalisti e scrittori che ogni giorno sono alle prese con le parole, quindi con la comunicazione di papa Francesco. Con le presentazioni del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, del cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, di mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della CEI, e di padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica.
Questa, l’intervista di Radio Vaticana all’autore
Le parole di Papa Francesco “aprono, abbracciano, facilitano. Aiutano a sollevare lo sguardo da se stessi”. E’ quanto scrive il card. Pietro Parolin nella prefazione del volume “Il Vocabolario di Papa Francesco”, curato dal salesiano Antonio Carriero e pubblicato da “Elledici”, nelle librerie da questa settimana. “L’unica vera strategia di comunicazione di Francesco – prosegue il porporato – è l’adesione fiduciosa e serena al Vangelo”. Per il card. Parolin, “il parlare di Bergoglio” è un sermo humilis capace di parlare a tutti. Nel suo linguaggio, soggiunge, c’è “la sapienza del porgere contenuti alti”, “facendo uso di un lessico e di immagini che traggono la loro forza dalla vicinanza con la vita quotidiana”. E annota che Francesco “mette l’interlocutore, chiunque sia, in una condizione di parità e non di distanza”. Il volume che, oltre alla prefazione del card. Parolin, propone anche due introduzioni, del card. Gianfranco Ravasi e di padre Antonio Spadaro e la postfazione di mons. Nunzio Galantino, raccoglie i contributi di 50 giornalisti e scrittori che hanno, ciascuno, esplorato e approfondito uno dei “vocaboli viventi” di Papa Francesco. Su come sia nata l’idea di realizzare questo volume, Alessandro Gisotti ha intervistato il curatore Antonio Carriero:
[powerpress]
R. – Nasce per aiutare il lettore a comprendere meglio il pensiero di Francesco, facilitandogli il compito di tradurlo nella vita di tutti i giorni. Non c’è stato un momento preciso in cui abbia deciso di curare “Il Vocabolario”, ma ho sentito – in diverse occasioni – l’urgenza di uno strumento che aiutasse credenti e non credenti a confrontarsi con più calma con le parole del suo Pontificato. Per questo lavoro non potevo assolutamente contare sulle mie sole forze: ho convocato perciò 50 figure diverse, tra giornalisti e scrittori, perché ognuno di essi approfondisse una parola a scelta del vasto lessico di Bergoglio. Questo “vocabolario” è stato pubblicato dall’Editrice Elledici volutamente alla vigilia del Giubileo, proprio perché accompagni i lettori durante l’Anno Santo. Naturalmente questo libro è un “cantiere aperto”: finché Papa Francesco sarà Vescovo di Roma dovremo aspettarci che tutte le 50 parole raccolte ritorneranno numerosissime altre volte nei suoi interventi, conferendogli nuove sfumature, cambiando location e destinatari.
D. – 50 parole che sono esplorate e indagate da 50 diversi giornalisti, scrittori, personalità che quotidianamente incontrano la parola di Papa Francesco. C’è, però, un filo comune, un tema che si può ritrovare attraverso le pagine del “Vocabolario”?
R. – Il Papa usa un linguaggio feriale, come “Buongiorno”, “Buonasera” o “Per favore, pregate per me”, che può essere la preghiera che esprime un ammalato quando lo si visita; oppure Francesco che va in città a comprarsi un nuovo paio di occhiali, senza avvisare nessuno… Questo è il linguaggio feriale, quotidiano; un lessico della persona, come può essere quello di una casalinga o di un impiegato. Ciò che lega tutte le 50 parole del Vocabolario è proprio questo stile di chi la Chiesa l’ha vista dal punto di vista della ‘periferia’. Ecco allora che “misericordia”, “mondanità”, “scarto”, “uscita”, “ultimi” – insieme a tutte le altre – evidenziano l’esperienza di Bergoglio a Buenos Aires, come ha vissuto là il Vangelo. Questo stile ci fa del bene e fa bene a chi ci ascolta, perché ci rende comprensibili a tutti.
D. – La parola e le parole di Papa Francesco hanno una particolare attrazione sui giovani e vengono veicolate anche nei social network: una cosa che colpisce pensando che Jorge Mario Bergoglio ha sempre confidato di non essere avvezzo alle nuove tecnologie e ad Internet in particolare. Come è possibile questo successo?
R. – Partiamo da ciò che i giovani apprezzano: la semplicità, la schiettezza, più i fatti che le parole. Tutti aspetti che si possono riscontrare in Papa Francesco. Questo suo modo diretto e la semplicità del linguaggio rendono Bergoglio familiare non solo agli adulti, ma soprattutto alle nuove generazioni. I giovani cercano dei buoni testimoni, persone coerenti, che sappiano tradurre quello che predicano con i fatti. Su Facebook – come in altri social – Francesco è una presenza molto sentita e direi condivisa secondo la modalità propria del network: quindi le sue foto, persone che abbraccia, che carezza; sorride, pensa, bacia un bambino; come anche le sue parole appunto! Francesco, attraverso degli esempi concreti, richiama alla memoria situazioni già vissute. I ragazzi su Facebook raramente condividono frasi, immagini o video che non c’entrino con la loro esperienza, con quello che hanno già vissuto o sperimentato. E’ questo che piace ai giovani. Francesco più che rendere contemporaneo il Vangelo, riesce a tradurlo nella vita di oggi ricorrendo ad esempi concreti. E ai ragazzi questo piace molto.