Il mondo capovolto dalla Trasfigurazione
Immaginiamo, come scrisse Chesterton, di vedere il mondo capovolto: “Se uno ha visto il mondo capovolto, con tutti gli alberi e le torri appesi all’in giù come quando si specchiano in uno stagno, un possibile risultato sarebbe di mettere l’accento sul concetto di dipendenza. La correlazione è latina e letteraria; infatti il termine dipendente propriament
[ads2]Per un ebreo, quel cammino di libertà abbracciato alla Torah era la “bellezza”. Per questo Pietro dice a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Non era semplicemente un voler catturare quel momento estatico. Pietro intuiva che ciò che stava accadendo aveva relazione con l’esperienza del suo popolo, per questo vorrebbe costruire tre “capanne”, come ogni ebreo fa durante la festa di Succot. Le tende, o capanne, infatti sono il segno della permanenza del popolo nel deserto. E proprio in quel momento, quando cioè Pietro ha intuito cosa stava accadendo, mentre “stava ancora parlando, una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo»”. Dalla stessa “nube” che aveva guidato gli israeliti durante i quarant’anni dell’Esodo, la voce del Padre ripete agli Apostoli quello che aveva annunciato nel deserto: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”. Tra una mormorazione e l’altra, tra le maglie di una debolezza infinita, ogni ebreo aveva fatto l’incomparabile esperienza di poter (e dover) vivere del solo cibo della Parola di Dio, capace di trasformare la roccia in acqua. Pietro, attento ai segni come ogni buon ebreo, aveva saputo riconoscere in quell’evento il compimento dell’Esodo del suo Popolo; su quel Monte Dio aveva di nuovo parlato, ed era di una “bellezza” mai contemplata. Era “bello” quel momento, era “bello” starci dentro, ma che schianto… L’urto di quell’epifania non poteva non stordire le povere carni degli apostoli. In un momento era apparsa dinanzi a loro la visione della Verità, di ciò che di autentico,glorioso, ovvero di peso, consistente, si cela nella realtà. Ma ciò significava anche “precarietà”, la stessa vissuta dal popolo nel deserto, identica a quella di Assisi rovesciata, “in costante pericolo e dipendenza”. Vivere una vita trasfigurata contempla anche accettare la propria debolezza, e la “dipendenza” da Dio. Essere cristiani significa essere istante dopo istante “appesi” al Cielo, perché i “pericoli” sono “costanti”. E il filo che ci lega al Padre, quello al quale siamo “appesi” per vivere in pienezza ogni frammento della nostra vita, è l”ascolto” del Figlio amato di Dio. Non c’è altro cammino sul quale trasfigurare la nostra realtà in un0identità celeste, in un amore oltre la morte, che “ascoltare” Cristo. Sul Tabor iniziava per gli apostoli, come per ciascuno di noi, un cammino nuovo, che li avrebbe condotti con Gesù al Calvario. Un altro Monte, dove si sarebbe compiuto il rovesciamento di ogni realtà, la trasfigurazione della morte in un’esplosione di luce. E’ il cammino che Dio ha preparato anche per noi nella Chiesa. Essa è la Madre di ogni trasfigurazione, perché nel suo seno si compie il mistero accaduto sul Tabor. In essa possiamo “ascoltare” le Parole del Figlio che “cambiano forma” al nostro essere, sino a farci “brillare come il sole”, rivestiti delle vesti battesimali “candide” di misericordia. Coraggio, il Signore si “avvicina” a noi anche oggi, e ci “tocca”, attraverso i sacramenti. E ci dice di “alzarci, di risuscitare e di non temere”. E’ questa la “trasfigurazione” che ci attende: risorgere dalla morte dei nostri peccati, dalla schiavitù alla menzogna, alla concupiscenza, all’egoismo, per essere trasformati in puro amore. Siamo chiamati a vivere come uomini trasformati dalla Grazia, che camminano nel mondo a testa in giù, indicando a tutti dove guardare: al Cielo, dove ogni uomo è appeso pur non sapendolo. Basta mostrarglielo, come ha fatto Gesù ai suoi apostoli.
Don Antonello Iapicca
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Vangelo
Mc 9,2-10 (Anno B)
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
αποφθεγμα ApoftegmaProprio nello spaventoso incontro con la gloria di Dio in Gesùi tre apostoli devono imparareciò che Paolo dice ai discepoli di tutti i tempinella Prima Lettera ai Corinzi:«Noi predichiamo Cristo crocifisso,scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani;ma per coloro che sono chiamati,sia Giudei che Greci,predichiamo Cristo potenza di Dio [dinamis] e sapienza di Dio».Questa «potenza» del regno futuroappare loro nel Gesù trasfiguratoche parla con i testimoni dell’ Antica Alleanzadella «necessità» della sua passione come via verso la gloria.Joseph Ratzinger – Benedetto XVI