Il Vangelo del giorno con commento – 22 Ottobre 2018 – Dehoniane

Il commento alle letture del 22 Ottobre 2018 a cura del sito Dehoniane.

S. Giovanni Paolo II, papa (memoria facoltativa)
 XXIX settimana del tempo ordinario II settimana del salterio

Essere (stati) morti

Il vangelo di oggi trae spunto da una situazione, purtroppo, assai frequente in molte vicende familiari, quando bisogna fare i conti non solo con la morte, ma anche con la necessità di amministrare l’eredità temporale lasciata da un defunto. Anche laddove le relazioni di affetto e di amicizia sembrano più consolidate, ci si trova improvvisamente a contendere, discutere e litigare pesantemente proprio con le stesse persone che fino a un momento prima erano così familiari e care. Ci si scopre terribilmente attaccati al denaro e ai beni di questo mondo, al punto da invocare l’aiuto di una persona capace di tutelare i nostri diritti e impedire ai sentimenti di divampare pericolosamente: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13).

È indubbiamente curiosa la nostra abitudine di convocare Dio quando vogliamo dirimere situazioni ingarbugliate, nelle quali appare evidente sia il nostro sentirci dalla parte del giusto sia la nostra volontà di ottenere giustizia contro il nostro avversario.    Il Signore Gesù, nel vangelo, non perde l’occasione di strappare dai nostri occhi, e soprattutto dal nostro cuore, il seducente idolo della ricchezza e del potere che ne può derivare: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che possiede» (12,15). Più che una parola di rimprovero o di esortazione, siamo davanti a un insegnamento molto preciso da parte del Maestro: la sostanza della nostra vita non può in alcun modo dipendere  da quello che abbiamo o da quello che avremo. Ma se la categoria del possesso è insufficiente a garantire la nostra stabilità, dovremmo imparare a usare la libertà di non controllare continuamente il bilancio della nostra vita, per verificare se siamo in crescita o in diminuzione. Inoltre potremmo imparare a non essere sempre in stato di approvvigionamento e di controllo, per non incorrere nella ridicola situazione di chi, dopo aver compiuto tanti sforzi e svolto infinite pianificazioni, arriva a scoprire di essersi affannato invano: «“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta  la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio» (12,20-21). Gesù, come al solito, punta dritto al cuore delle cose, cercando di mettere i discepoli di ogni tempo al riparo da quelle delusioni che si nascondono sempre dietro l’angolo, ogni volta che ricominciamo a vivere per cose piccole e di breve durata, per gioie e beni che non possono saziare tutta la sete dell’anima. L’apostolo Paolo, con un linguaggio differente ma con la medesima intensità, prova a richiamare alla memoria dei cristiani di Efeso l’esperienza di quella mancanza di pienezza con cui bisogna riconciliarsi, se si vuole accogliere il frutto maturo della Pasqua: «Fratelli, voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo» (Ef 2,1-2).

Le contese tristi e gli inutili affanni trovano terreno facile in noi, proprio quando perdiamo il ricordo e la consapevolezza che la morte non è solo quel temibile avversario che domani busserà alla nostra porta – e che muove ogni nostro istinto di posses   so (cf. Eb 2,15) – ma è soprattutto quel vuoto radicale di cui ciascuno  fa  esperienza  nel  corso  della  vita.  Senza  la memoria e l’esperienza di questa solitudine profonda, non possono nemmeno brillare – come luce in mezzo alle tenebre – le parole che  ci ricordano quanto Dio ha compiuto per noi, quando, con il suo infinito amore, ci ha raggiunto nell’abisso della nostra distanza:

«Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati» (Ef 2,4-5).

Signore Gesù, forse abbiamo rinunciato al possesso di qualcosa, ma desideriamo ancora possedere. I conti non tornano, perché non siamo felici. E scopriamo di essere morti per aver tentato di sfuggire a quel vuoto che solo tu puoi abitare, pur senza riempirlo. Donaci di saper acconsentire a questa mancanza in cui dall’essere stati morti abbiamo ritrovato la vita.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Lc 12, 13-21
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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