Il Vangelo del giorno, 6 Luglio 2019 – Mt 9, 14-17

Il commento al Vengelo del giorno
6 Luglio 2019
su Mt 9, 14-17

XIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

Colore liturgico: VERDE

  • Periodo: Sabato
  • Il Santo di oggi: S. Maria Goretti – memoria facoltativa
  • Ritornello al Salmo Responsoriale: Lodate il Signore, perché il Signore è buono
  • Letture del giorno: Gn 27, 1-5. 15-29; Sal.134; Mt 9, 14-17
  • Calendario Liturgico di Luglio

Mt 9, 14-17
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Le letture del giorno (prima e Vangelo) e le parole di Papa Francesco da VaticanNews.

Commento al Vangelo a cura dei
Monaci Benedettini

Il digiuno e le nozze.

La privazione temporanea e volontaria del cibo e delle bevande faceva parte dei sacrifici antichi e, con accezioni diverse, mirava alla purificazione dell’uomo per avere poi un approccio più facile ed intimo con i diversi riti in onore della divinità.

L’ha praticato lo stesso Gesù per quaranta giorni, lontano dalla gente, nel deserto, prima di intraprendere la sua missione pubblica e chiamare a sé i suoi discepoli. Nella concezione cristiana tale significato ha assunto un valore più teologico e profondo: è principalmente la volontaria partecipazione al sacrificio di Cristo, è praticata come pena, come penitenza, come preparazione ai grandi eventi della salvezza, come la quaresima.

I discepoli di Giovanni entrano in conflitto con quelli del Signore e gli domandano: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?». L’appunto è rivolto direttamente ai discepoli, ma va a colpire lo stesso Cristo, che è il loro maestro e responsabile dei loro comportamenti. Gesù non esita a dare la spiegazione: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?

Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno». Il Signore vuole sublimare il significato e il valore del digiuno e nel contempo indicarne i momenti più opportuni. Gesù si autodefinisce “sposo” e annuncia che l’avvento del Regno che egli annuncia ed incarna con la sua presenza è motivo di gioia e di festa. Si sta quindi celebrando un banchetto nuovo e gli uomini, tutti gli uomini, i discepoli in prima persona sono gli invitati alle nozze.

Non è pensabile pensare e proporre il digiuno mentre si celebrano le nozze e si è nel pieno della festa. Solo quando lo sposo non sarà più presente, perché violentemente tolto e condannato alla crudele passione, anche gli apostoli digiuneranno. Allora ecco la nuova concezione del digiuno, è determinato da un’assenza, da un lutto, da un distacco, da una forzata privazione e dall’attesa di un ritorno dello sposo.

La gioia cristiana muore con Cristo e risorge con Lui. Ora fin quando non entreremo alle nozze finali nel banchetto celeste, viviamo nell’attesa della beata speranza e il digiuno diventa l’alimento necessario della fede e la testimonianza doverosa della nostra gratitudine verso colui che l’ha praticato ininterrottamente per trentatré anni, restando tra noi nell’umiliazione della carne.

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