Il testo ed il commento al Vangelo del 6 aprile 2016 – Gv 3, 16-21 – II Settimana del Tempo di Pasqua.
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- Colore liturgico: bianco
Le letture del giorno: At 5, 17-26; Sal.33; Gv 3, 16-21
Gv 3, 16-21
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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Misericordia per tutti. Il sacramento della riconciliazione come cammino
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Commento al Vangelo di Gv 3, 16-21
Commento a cura dei Monaci Silvestrini
[ads2]La luce è venuta nel mondo
Gesù prosegue il lungo dialogo con Nicodemo. Gli ha parlato di rinascita e di vita nuova, gli ha parlato dell’acqua e dello spirito, gli ha preannunciato che sarà innalzato sulla croce per diventare fonte di vita. Oggi, in modo ancora più esplicito, vuole rivelargli il meraviglioso progetto divino che egli sta attuando nel mondo. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». La fede in Cristo diventa dunque il motivo determinate della salvezza. Poi vuole sciogliere un altro dubbio che forse in Nicodemo e non solo in lui, potrebbe affiorare circa la missione dell’Inviato del Padre: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui». Dal giudizio, già scandito sùbito dopo il primo peccato e dato dallo stesso Dio, è sgorgata la misericordia divina e la grande promessa di una vittoria finale sul male e sul peccato. Gesù viene per dare compimento a quella promessa, viene quindi come salvatore e redentore del genere umano. L’unica condizione inderogabile è che egli sia accolto nella fede; soltanto chi lo rifiuta colpevolmente si auto-condanna, perché si priva di amore e di perdono. Rifiutare la luce vuol dire preferire le tenebre, restare nella notte. Significa ancora non consentire a Dio di illuminare di grazia e di misericordia il nostro peccato. Senza quei doni il peccato resta dentro di noi a marcire nella morte. Gesù ci offre anche la motivazione di tale rifiuto: «Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere». Quando però conosciamo che al velo della nostra omertà Dio sostituisce il velo pietoso del suo paterno perdono, non dovremmo nutrire timore alcuno, anzi dovremmo godere che le nostre opere tornano ad essere fatte in Dio e nella verità che ci rende finalmente liberi.