Il testo ed il commento al Vangelo
del 31 dicembre 2017 su Lc 2, 22-40
Domenica della Santa Famiglia, Gesù, Maria e Giuseppe – Anno B
- Colore liturgico: Bianco
- Periodo: Sabato
- Il Santo di oggi: Ottava di Natale; S. Felice I; S. Giocondo
- Ritornello al Salmo Responsoriale: Gloria nei cieli e gioia sulla terra.
- Letture del giorno: Gn 15, 1-6; 21, 1-3; Sal 104; Eb 11, 8.11-12.17-19; Lc 2, 22-40
- Calendario Liturgico di Dicembre
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Lc 2, 22-40
Dal Vangelo secondo Luca
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
Commento al Vangelo del giorno a cura dei Monaci Benedettini
Dio nella storia umana.
Il vecchio prende il bambino sulle sue braccia e, convinto di avere ottenuto la realizzazione di tutte le sue speranze, “benedice” Dio, cioè gli esprime tutta la sua riconoscenza e la sua lode (v. 28). Questo è il vangelo di oggi. Simeone recita poi un cantico, composto nello stile dei salmi biblici, nel quale afferma di poter ormai morire in pace perché ha visto con i suoi occhi l’avvento della salvezza, questo termine richiama il cantico di Zaccaria, nel quale si parla appunto di una salvezza, a lungo preannunziata e promessa dai profeti al popolo di Israele, di cui Giovanni Battista avrebbe portato la conoscenza.
Il vecchio Simeone qualifica poi questa salvezza dicendo che è stata preparata da Dio “davanti a tutti i popoli, luce per la rivelazione delle genti e gloria del tuo popolo Israel”; essa rappresenta dunque la gloria del popolo eletto ma in primo luogo è una luce che illumina tutte le genti. Con queste parole egli dichiara che ormai si è realizzato quanto aveva predetto il Deutero Isaia a proposito del ritorno dall’esilio. Nella prima lettura la risposta di Dio si concentra sulla paura e delusione di Abramo. Se il patriarca aveva in animo di adottare un suo servitore, la parola di Dio lo smentisce: “Non sarà costui”, perché tale ruolo sarà assunto dalle viscere: “Colui che uscirà dalle tue viscere: questi sarà il tuo erede”.
Ancora una volta Dio parla al patriarca in modo profetico, promettendogli nel futuro un figlio. L’atto di fede di Abramo descritto dal narratore non è, quindi, un’azione puntuale, una volta per sempre, ma è un’azione ripetuta e continuata: Abramo non credette e basta, continuò a credere. Nella seconda lettura vediamo che l’obbedienza a Dio va compresa anzitutto all’interno della concezione biblica, per cui Dio si rivela, dunque precede e fonda l’esperienza che l’uomo può fare di lui. E Dio si è rivelato e si rivela ogni giorno tramite una parola che richiede ascolto obbediente, fattivo, e che invita ad una relazione da viversi in uno spazio comunitario, famigliare, nella storia, accettando tutti i limiti insiti in ogni relazione e nella vita stessa.
Dio comunica il suo sentimento, la sua volontà, il suo pathos. La risposta dell’uomo a questo Dio non sarà mai espressa in termini di “unione”, o in forme di assorbimento o annichilimento dell’umano nel divino; essa consisterà, invece, in un atto di obbedienza. L’obbedienza dell’uomo sarà sempre storica e implicherà il discernimento dell’intervento di Dio nella storia. Il salmo 104 proclama la storia dei 40 anni nel deserto, come la fase più drammatica e più intensa dei rapporti tra Dio e il suo popolo, ancora tutto unito, benché recalcitrante, sotto la guida di Mosè.
Anche noi, sotto la guida del pontefice, sentiamoci bisognosi di venire guidati e così accettare il “tuffo” nella fede insito in ogni mediazione umana.