Il sacramento della cresima: significato e ruolo nella iniziazione cristiana

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Tra i sacramenti dell’iniziazione cristiana, la Cresima è quello che possiede i tratti meno definiti. Già il modo di indicare questo sacramento non è univoco, perché due sono i termini usati normalmente:

«Confermazione» e «Cresima».

Il primo è il nome «ufficiale», usato dal Rituale: traduce il latino «confirmatio» e lo ritroviamo nelle varie lingue europee. È il nome più antico, utilizzato in epoca patristica per indicare i gesti rituali che seguivano il Battesimo. Un nome che faceva intuire il significato di tali gesti: essi confermavano il Battesimo, lo completavano, lo portavano a compimento.

Il termine «cresima», invece, richiama sia il gesto dell’unzione (crismazione) sia il crisma (olio mescolato a profumi) con cui questa unzione viene impartita. Questo termine ci avvicina alle Chiese dell’Oriente, che hanno sempre dato molta importanza al gesto dell’unzione e lo chiamano col nome dell’olio con cui viene compiuto: il myron, molto simile al nostro crisma, ma più ricco di profumi.

Oltre al nome, le questioni suscitate dalla Cresima sono di tipo liturgico, pastorale e teologico. A quest’ultimo livello, la riflessione è spesso incerta nell’individuare il significato specifico di questo sacramento.

Cosciente di tali difficoltà, non ho la pretesa di risolvere tutte le questioni aperte, né tantomeno di dare le risposte definitive. Cerco invece di trovare qualche punto di riferimento che ci permetta di orientarci un po’ nella comprensione del senso di questo sacramento. A questo scopo, mi sembra saggio valorizzare il più possibile ciò che propone il Rito della Confermazione, promulgato in latino nel 1971 e tradotto in italiano l’anno seguente. A partire da qui, due sono i punti da mettere a fuoco: il legame esistente tra la Confermazione e gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana (1.) e, in questo quadro, il senso specifico della Confermazione (2.).

«L’intima connessione» della Confermazione con tutta l’iniziazione cristiana

La proposta rituale

L’indicazione più significativa del Vaticano II sul tema della Confermazione viene dal n. 71 della Sacrosanctum Concilium, la Costituzione sulla liturgia. Questo paragrafo chiede che il rito della Confermazione sia riveduto «perché appaia più chiaramente l’intima connessione di questo sacramento con tutta l’iniziazione cristiana». Per la precisione: appaia la connessione di questo sacramento con gli altri due sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo ed Eucaristia.

Tale connessione emerge nel modo più chiaro quando viene celebrato il Battesimo di un adulto: in questo caso, infatti, il Rituale prevede che la Confermazione segua immediatamente il Battesimo e immediatamente preceda l’Eucaristia. In linea di principio, questo vale anche per il Battesimo di un fanciullo in età scolare. Quando invece viene cresimato un ragazzo che ha ricevuto il Battesimo da neonato, il legame della Confermazione con l’Eucaristia viene messo in luce dal fatto che normalmente la Cresima è celebrata nel corso della Messa.

Il legame col Battesimo, da parte sua, viene espresso dal fatto che il rito della Confermazione è introdotto dalla rinnovazione delle promesse battesimali. Questa denominazione è un po’ infelice: ciò che ha luogo nel Battesimo e viene rinnovato nella Confermazione non è tanto una promessa, quanto piuttosto una professione di fede, qualcosa dunque di ben più radicale.

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Quando il candidato al Battesimo è un adulto, tocca a lui personalmente professare la propria fede. Quando invece il battezzando è un neonato, la professione di fede è richiesta ai genitori e ai padrini, nonché alla comunità cristiana. La professione di fede di costoro non sostituisce quella personale del bambino: la supplisce fino al momento in cui egli stesso non sia in grado di esprimere personalmente la propria fede. Nel frattempo, genitori, padrini e comunità cristiana sono chiamati a creare le condizioni perché questo sia possibile: in concreto sono chiamati a farsi carico dell’educazione cristiana del bambino. Come primo gesto, la confermazione di colui che è stato battezzato da neonato offre al candidato l’opportunità di essere lui personalmente a professare quella fede che il giorno del suo Battesimo altri hanno professato anche a nome suo.

Si tratta certamente di un momento significativo che va valorizzato, ma non sopravvalutato quasi che il senso della Cresima stesse tutto qui. La Confermazione contiene una professione di fede, ma non si identifica con essa. La professione di fede – è bene ricordarlo – ha fondamentalmente lo scopo di richiamare il legame della Confermazione con il Battesimo.

Il senso della Confermazione tra Battesimo ed Eucaristia

Il legame della Confermazione col Battesimo apre la pista che meglio aiuta a capire il senso della Confermazione: per questo va preso sul serio. Non si può continuare a parlare della Cresima, considerandola come qualcosa di nettamente separato dal Battesimo. Insieme al Battesimo, la Cresima introduce il credente nella Chiesa, fino all’Eucaristia, da cui la Chiesa viene edificata.

L’Eucaristia rappresenta quindi il termine, il punto d’arrivo dell’iniziazione cristiana. I sacramenti dell’iniziazione cristiana raggiungono il loro scopo, quando introducono all’Eucaristia, il sacramento che fa la Chiesa. L’Eucaristia «è il Signore Gesù che si offre per noi»: nell’Eucaristia, in modo misterioso ma reale, si rende presente il gesto di Gesù che sulla croce dona se stesso al Padre e agli uomini. Il dono che Gesù fa di sé sulla croce si rende presente nell’Eucaristia, perché ciascuno di noi possa essere «raggiunto» da questo dono e coinvolto dalla stessa carità di Cristo. Così, raggiunti dal dono della vita di Cristo e coinvolti nella sua carità grazie all’Eucaristia, noi veniamo costituiti come Chiesa; cioè come il popolo di coloro che, con Cristo e come Cristo, diventano capaci di donare la vita come Lui per risorgere un giorno con Lui.

Il credente sa che ha bisogno dell’Eucaristia per realizzare il senso della sua vita: vivere col Signore e come Lui. Ma il credente sa pure che da sé non può accedere all’Eucaristia: si riconosce infatti legato ad un mondo dominato dal male, un mondo che in tutti i modi lo spinge a ripiegarsi su se stesso, invece che ad aprirsi al Signore. Per questo il credente sa che, per accedere all’Eucaristia, ha bisogno di rinascere dall’acqua e dallo Spirito. I sacramenti del Battesimo e della Confermazione – considerati anzitutto nella loro reciproca connessione – realizzano questa rinascita, della quale ciascuno dei due esplicita un aspetto.

Il Battesimo mette in primo piano il rinascere alla vita nuova, il passaggio radicale dalla morte alla vita, dalla sottomissione al peccato alla capacità di «camminare in una vita nuova» (Rm 6); tutto ciò implica già l’azione dello Spirito, senza il quale non c’è vita nuova.

La Cresima, da parte sua, mette in primo piano precisamente il dono dello Spirito: è la specifica celebrazione del dono dello Spirito, che rende attuale l’esperienza della Pentecoste. In effetti, la Pentecoste non è un nuovo avvenimento della vita di Cristo; è il compimento, la pienezza del mistero pasquale, che rivela il Signore risorto come Colui che fa dono del suo Spirito.

In questa linea, si può proporre una specie di uguaglianza: la Cresima sta al Battesimo, come la Pentecoste sta alla Pasqua. Come infatti la Pentecoste non si aggiunge alla Pasqua, ma rivela il Risorto come Colui che dona lo Spirito, così la Confermazione non aggiunge un «di più» al Battesimo, ma dice che la rinascita battesimale non è completa, senza un rito che esplicitamente significa e realizza l’effusione dello Spirito, dando specifico rilievo a questo aspetto dell’unico mistero pasquale.

Per spiegare il legame tra Battesimo e Cresima, c’è anche chi ha utilizzato un paragone di tipo musicale: ciò che già risuona nella liturgia battesimale in senso stretto (cioè il riferimento allo Spirito) viene ripreso e svolto come “tema” nel rito della Confermazione.

Il senso specifico della  Confermazione:

«sigillo del dono che è lo Spirito Santo»

La proposta rituale

Dopo la rinnovazione delle promesse battesimali (o professione di fede), il rito della Cresima comprende due gesti, che hanno entrambi un chiaro riferimento all’effusione/dono dello Spirito Santo.

Il primo è l’imposizione delle mani da parte del vescovo. Nella Bibbia l’imposizione delle mani è un gesto che ritorna spesso con significati diversi. Nel nostro caso, il suo senso è chiarito dall’orazione che l’accompagna. Dopo aver ricordato l’azione rigeneratrice dello Spirito nel Battesimo, la preghiera invoca l’effusione dello Spirito Santo, con la pienezza dei suoi doni. Più che soffermarci sull’analisi di ciascun dono (che però potrebbe opportunamente essere svolta nell’ambito della catechesi), ci interessa qui sottolineare il riferimento allo Spirito donato in pienezza, nella totalità dei suoi doni, cioè in tutta la sua forza e ricchezza.

Con il secondo gesto – la crismazione – siamo al cuore della celebrazione. Il vescovo intinge il pollice nel crisma e traccia un segno di croce sulla fronte del candidato, dicendo: «N., ricevi il sigillo dello Spirito Santo, che ti è dato in dono». Per la precisione, la formula originale latina (che riprende la formula in uso nel rito bizantino già dal V sec.), tradotta alla lettera, suonerebbe così: «Ricevi il sigillo del dono del[= che è] lo Spirito Santo».

Nella Confermazione si riceve il dono che è lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo, quindi, è dato come dono. Quando parliamo di «dono», istintivamente pensiamo a qualcosa che non richiede niente a colui che lo riceve. Certo il dono è qualcosa che non possiamo procurarci da noi stessi, ma ci viene gratuitamente da un altro; e tuttavia un dono, per essere veramente tale, ci impegna almeno a riconoscerlo come dono. Se qualcuno mi fa un regalo e io non rispondo neppure con un «grazie», io non ricevo un dono come dono; piuttosto «arraffo» qualcosa come se fosse mio, come se già mi appartenesse. Qualcosa del genere possiamo dire del dono dello Spirito: non possiamo «procurarci» lo Spirito Santo. Nessuna preparazione, per quanto accurata e coscienziosa, può farci «meritare» lo Spirito Santo: esso è dono gratuito, che viene a noi mediato dall’azione sacramentale della Chiesa. A noi tocca però riconoscerlo come dono e come tale desiderarlo.

Il termine «sigillo», da parte sua, richiama l’idea di un’impronta, di un marchio impresso una volta per sempre. Il dono dello Spirito è dato come un sigillo, un marchio che segna in profondità colui che lo riceve. Il cresimato appartiene in modo definitivo a Cristo, «unto» di Spirito Santo, e alla Chiesa, vivificata da quel medesimo Spirito. Questa idea è ben espressa anche dal gesto dell’unzione: il crisma che unge e penetra nella pelle fa pensare all’azione dello Spirito che penetra ed impregna di sé la persona, lasciando una traccia incancellabile. Il profumo del crisma richiama inoltre il fatto che il confermato è reso capace di irradiare attorno a sé il buon profumo di Cristo.

La crismazione si conclude col saluto che il vescovo rivolge al cresimato: «La pace sia con te». È il saluto del Signore risorto, accompagnato da un segno di pace. Nessun cenno viene fatto al celebre «schiaffetto», introdotto nel Medioevo e completamente lasciato cadere nel rito attuale. Il saluto del vescovo ad ogni cresimato esprime bene quel «respiro» ecclesiale che attraversa tutto il rito ed emerge anche nella scelta della Chiesa occidentale, che considera il vescovo ministro «ordinario» della Cresima.

Sia la riflessione sul legame della Confermazione col Battesimo e l’Eucaristia, sia l’analisi del rito specifico della Confermazione indicano il riferimento al dono dello Spirito come la pista che, pur lasciando aperta una serie di domande, meglio aiuta a comprendere il senso di questo sacramento. A partire da qui, consideriamo e discutiamo alcuni modi correnti, ma inadeguati di definire questo sacramento.

Definizioni inadeguate della Confermazione

Definizioni «inadeguate» non vuol dire, in tutti i casi, definizioni sbagliate; alcune, infatti, hanno qualche aspetto pertinente. Prese da sole, però, sono unilaterali ed insufficienti, incapaci di suggerire una comprensione adeguata. Tutte poi hanno un difetto di fondo comune: considerano la Confermazione a prescindere dal suo rapporto con gli altri due sacramenti dell’iniziazione cristiana.

La Confermazione ci fa perfetti cristiani e soldati di Cristo – Questa è la definizione che troviamo nel catechismo di Pio X. Come si può notare, contiene due elementi. C’è anzitutto l’idea di una perfezione collegata alla Confermazione. Questa idea trova un certo riscontro nell’affermazione dei Padri, secondo i quali «attraverso la Confermazione il Battesimo è portato a perfezione»: nei Padri ciò significava semplicemente che la Confermazione è un complemento, un completamento del Battesimo. Il catechismo di Pio X, invece, sposta l’accento sul soggetto battezzato: è lui che è debole ed immaturo, per cui ha bisogno di essere portato a perfezione, grazie alla Cresima. Parlare del confermato come di un «cristiano perfetto» non è però molto coerente: se infatti è l’Eucaristia il vertice dell’iniziazione cristiana, come si può definire cristiano perfetto uno che non si è ancora accostato all’Eucaristia, come capita nel caso «tipico» dell’adulto? E tutto diventa ancora più incoerente, quando la Confermazione viene ricevuta dopo l’Eucaristia.

La seconda idea, suggerita dal catechismo di Pio X, è quella militare, che tanta fortuna ha avuto in Occidente. Essa riprende e semplifica un’immagine usata nel V secolo da un vescovo del sud della Gallia (Fausto di Riez), che doveva spiegare ai suoi fedeli il senso della Cresima separata dal Battesimo. Forse prendendo spunto dal fatto che nella sua città c’era una forte guarnigione militare, il nostro vescovo si esprime più o meno così: «Nel Battesimo Cristo ci arruola come suoi soldati, mentre nella Confermazione ci fornisce l’equipaggiamento necessario per la battaglia». L’idea è quella della Confermazione come

«speciale aiuto divino» a sostegno di una vita cristiana «militante», destinata a misurarsi con situazioni difficili. Oggi, forse per il linguaggio piuttosto lontano dalla nostra sensibilità «pacifista», l’immagine del cresimato come soldato di Cristo è quasi del tutto tramontata.

La Confermazione ci rende testimoni di Cristo – Forse anche per il fatto di essere stata assunta come titolo del catechismo CEI per i cresimandi, questa formula oggi ha molto successo. L’impressione è che essa dica con toni meno militareschi quello che si diceva con l’immagine del soldato di Cristo: il confermato è reso capace (è quindi deve) professare apertamente e coraggiosamente la propria fede. Bisogna riconoscere che questa comprensione della Confermazione può in qualche misura richiamarsi al Nuovo Testamento: in particolare il racconto che gli Atti fanno della Pentecoste lega strettamente la capacità di testimoniare al dono dello Spirito. Ci chiediamo però: perché ridurre a questo solo aspetto i frutti del dono dello Spirito? La concentrazione sulla testimonianza come unico effetto del dono dello Spirito non rischia di essere un impoverimento? A meno che la testimonianza venga intesa non tanto come un frutto dello Spirito tra gli altri, quanto piuttosto come «irradiazione» all’esterno della sovrabbondanza dei doni dello Spirito di cui il confermato è arricchito.

La Cresima è il sacramento della maturità che ci rende cristiani adulti – Questa è, grosso modo, la definizione della Confermazione che si trova nel catechismo pubblicato dopo il Concilio di Trento e destinato anzitutto ai parroci (1566). Essa andrebbe definitivamente messa da parte, dato che il nuovo Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti dice chiaramente che la «maturità cristiana» è il frutto di tutta l’iniziazione cristiana. Accantonare una volta per tutte questa definizione consentirebbe inoltre di evitare un rischio purtroppo molto frequente: quello di ritenere che la Confermazione esiga dal candidato una particolare maturità fisica e psicologica e, quindi, un’età anagrafica che lasci presumere la presenza di tale maturità. Questa esigenza non ha radici nella tradizione ecclesiastica: per sé chi ha ricevuto il Battesimo può subito dopo ricevere la Confermazione e l’Eucaristia, qualunque sia la sua età. Così si è fatto in tutta la Chiesa fino ai secoli XII-XIII; così continuano a fare oggi le Chiese dell’Oriente. La prassi occidentale di rimandare all’età della discrezione la Confermazione e l’Eucaristia di chi è stato battezzato da infante ha certo una sua sensatezza, soprattutto dal punto di vista pedagogico. Non può tuttavia essere fatta valere per smentire quanto detto sopra. Bisogna anzi vigilare perché da una valutazione pastorale che può avere le sue ragioni (è opportuno che chi riceve la Confermazione abbia una certa maturità) non si passi a tesi teologiche insostenibili (la Confermazione è il sacramento della maturità, o dell’adolescenza…).

La Confermazione è la conferma personale della fede battesimale da parte del soggetto – In questa prospettiva si dice: «Il neonato viene battezzato nella fede della Chiesa, senza un atto di fede personale. Quando arriva ad un’età in cui è in grado di professare personalmente la propria fede, la Confermazione gli dà l’opportunità di fare ciò». La Confermazione, quindi, consentirebbe di recuperare quell’adesione personale alla fede, che manca quando viene battezzato un infante. L’obiezione immediata è che questo non si può dire nel caso di un adulto, la cui Confermazione segue immediatamente il Battesimo. Avremmo così un senso della Confermazione che vale solo per la cresima dei battezzati da infanti e non per quella degli adulti. Nel caso di un ragazzo battezzato da infante, la Confermazione ricevuta quando ormai ha l’uso di ragione può certo anche essere l’occasione per professare in modo pubblico e solenne la propria fede: la rinnovazione delle promesse battesimali, prevista dal rito, offre certamente questa opportunità. Sarebbe però fuori luogo dire che questo aspetto è l’elemento costitutivo del sacramento. E se c’è bisogno realmente di momenti forti che consentano ad adolescenti e giovani di professare la propria fede, bisogna chiedersi: è la Confermazione che deve servire per questo? E, più profondamente, la Confermazione è fatta per questo?

Più che una conclusione, una provocazione…

Più volte nel nostro discorso è emerso il riferimento alla sequenza dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, con la Confermazione collocata tra il Battesimo e l’Eucaristia, che dell’iniziazione costituisce il punto d’arrivo. Di fatto, attualmente la Cresima viene celebrata dopo che il ragazzo si è già accostato per la prima volta alla Comunione eucaristica. Senza drammatizzare la questione, mi chiedo però se la collocazione della Cresima tra il Battesimo e l’Eucaristia  non potrebbe favorire una più lineare presentazione di questo sacramento ed una percezione più chiara del suo legame con gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana.

A cura di Pierpaolo Caspani