Il Papa incontra il clero romano

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Incontro del Papa stamani con i sacerdoti di Roma nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Il Papa ha iniziato con una preghiera per don Luigi Retrosi, parroco di Sant’Ambrogio all’Aurelio, spentosi ieri all’età di 74 anni. Poi ha detto di essere stato molto colpito e di aver condiviso il dolore di alcuni sacerdoti per le accuse ingiuste ricevute. “Voglio dire pubblicamente – ha detto – che io sono vicino al presbiterio, perché qui gli accusati non sono 7-8-15… E’ tutto il presbiterio, nella persona di questi 7-8-15… (applausi). Anche voglio chiedere scusa a voi non tanto come vescovo vostro, ma come incaricato del servizio diplomatico, come Papa, perché uno degli accusatori è del servizio diplomatico. Ma questo non è stato dimenticato: si studia il problema, perché questa persona sia allontanata … Si sta cercando la via… E’ un atto grave, di ingiustizia! Vi chiedo scusa per questo”. (applauso)
“Quando insieme al Cardinale Vicario abbiamo pensato a questo incontro – ha detto quindi Papa Francesco – gli ho detto che avrei potuto fare per voi una meditazione sul tema della misericordia. All’inizio della Quaresima riflettere insieme, come preti, sulla misericordia ci fa bene. Tutti noi ne abbiamo bisogno. E anche ai fedeli, perché come pastori dobbiamo dare tanta misericordia, tanta! Il brano del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato ci fa rivolgere lo sguardo a Gesù che cammina per le città e i villaggi. E questo è curioso! Qual è il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva trovare con più facilità? Sulle strade! Poteva sembrare che fosse un senzatetto, perché sempre era sulla strada! La vita di Gesù era nella strada. soprattutto ci invita a cogliere la profondità del suo cuore, ciò che Lui prova per le folle, per la gente che incontra: quell’atteggiamento interiore di ‘compassione’, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché vede le persone ‘stanche e sfinite, come pecore senza pastore’. Abbiamo sentito tanto queste parole, che forse non entrano con forza. Ma sono forti! Un po’ come tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri… Poi l’orizzonte si allarga, e vediamo che queste città e questi villaggi sono non solo Roma e l’Italia, ma sono il mondo… e quelle folle sfinite sono popolazioni di tanti Paesi che stanno soffrendo situazioni ancora più difficili….Allora comprendiamo che noi non siamo qui per fare un bell’esercizio spirituale all’inizio della Quaresima, ma per ascoltare la voce dello Spirito che parla a tutta la Chiesa in questo nostro tempo, che è proprio il tempo della misericordia. Di questo sono sicuro: non solo la Quaresima! Noi stiamo vivendo in tempo di misericordia, da trent’anni o più fino adesso”.
“Nella Chiesa tutta – ha detto Papa Francesco – è il tempo della misericordia. Questa è stata un’intuizione del beato Giovanni Paolo II. Lui ha avuto il fiuto che questo era il tempo della misericordia. Pensiamo alla beatificazione e canonizzazione di Suor Faustina Kowalska, poi e ha introdotto la festa della Divina Misericordia. Pian pianino è avanzato, è andato avanti su questo. Nell’Omelia per la Canonizzazione, che avvenne nel 2000, Giovanni Paolo II – di Faustina – sottolineò che il messaggio di Gesù Cristo a Suor Faustina si colloca temporalmente tra le due guerre mondiali ed è molto legato alla storia del ventesimo secolo. E guardando al futuro disse: «Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l’avvenire dell’uomo sulla terra? A noi non è dato di saperlo. E’ certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio». E’ chiaro. Qui è esplicito nel 2000, ma è una cosa che nel suo cuore maturava da tempo. Nella sua preghiera ha avuto questa intuizione”.
”Oggi – ha proseguito – dimentichiamo tutto troppo in fretta, anche il Magistero della Chiesa! In parte è inevitabile, ma i grandi contenuti, le grandi intuizioni e le consegne lasciate al Popolo di Dio non possiamo dimenticarle. E quella della divina misericordia è una di queste. E’ una consegna che lui ci ha dato, ma che viene dall’alto. Sta a noi, come ministri della Chiesa, tenere vivo questo messaggio soprattutto nella predicazione e nei gesti, nei segni, nelle scelte pastorali, ad esempio la scelta di restituire priorità al sacramento della Riconciliazione, e al tempo stesso alle opere di misericordia. Riconciliare, fare pace col Sacramento, anche con le parole e anche le opere di misericordia”.
Il Papa pone una domanda: “Che cosa significa misericordia per i preti? E mi viene in mente che alcuni di voi mi hanno telefonato, scritto una lettera, poi ho parlato al telefono… ‘Ma Papa, perché lei ce l’ha con i preti?’. Perché dicevano che io bastono i preti! Non voglio bastonare qui…Che cosa significa misericordia per i preti? Domandiamoci che cosa significa misericordia per un prete, permettetemi di dire per noi preti. Per noi, per tutti noi! I preti si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita come pecore senza pastore. Gesù ha le “viscere” di Dio, Isaia ne parla tanto: è pieno di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, cioè verso i peccatori, verso i malati di cui nessuno si prende cura… Così a immagine del Buon Pastore, il prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di tutti. Questo è un criterio pastorale che vorrei sottolineare tanto: la vicinanza! La prossimità e il servizio: ma la prossimità! Quella vicinanza… Chiunque si trovi ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui attenzione e ascolto… In particolare il prete dimostra viscere di misericordia nell’amministrare il sacramento della Riconciliazione; lo dimostra in tutto il suo atteggiamento, nel modo di accogliere, di ascoltare, di consigliare, di assolvere… Ma questo deriva da come lui stesso vive il sacramento in prima persona, da come si lascia abbracciare da Dio Padre nella Confessione, e rimane dentro questo abbraccio… Se uno vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri nel ministero”.
A braccio ha aggiunto: ”E vi lascio la domanda: ‘Come mi confesso? Come? Mi lascio abbracciare?’. Mi viene alla mente un grande sacerdote di Buenos Aires … ha meno anni di me: ne avrà 72… Una volta è venuto da me. E’ un grande confessore: sempre la coda lì… I preti, la maggioranza, vanno da lui a confessarsi… E’ un grande confessore! E una volta è venuto da me: ‘Ma Padre’; ‘Dimmi….’; ‘Io ho un po’ di scrupolo, perché io so che perdono troppo!’; ‘Ma prega… Se tu perdoni troppo…’. E abbiamo parlato della misericordia. A un certo punto mi ha detto: ‘Ma tu sai quando io sento che è forte questo scrupolo, vado in cappella, davanti al Tabernacolo…’. E gli ho detto: ‘Ma, scusami, Tu hai la colpa, perché mi hai dato il cattivo esempio!’. E me ne vado tranquillo… E’ una bella preghiera di misericordia. Se uno nella confessione vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo agli altri”.
“Il prete – ha affermato – è chiamato a imparare questo, ad avere un cuore che si commuove. I preti – mi permetto la parola – ‘asettici’ quelli ‘di laboratorio’, tutto pulito, tutto bello. Non aiutano la Chiesa! La Chiesa oggi possiamo pensarla come un ‘ospedale da campo’.Questo scusatemi lo ripeto, perché lo vedo così, lo sento così: un ‘ospedale da campo’: c’è bisogno di curare le ferite, tante ferite! Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa… Gente ferita dalle illusioni del mondo… Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente. Misericordia significa prima di tutto curare le ferite. Quando uno è ferito, ha bisogno subito di questo, non delle analisi; Come il dosaggio del colesterolo, della glicemia… Ma è la ferita, cura la ferita, e poi vediamo le analisi”.

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