Il libro di Giuditta racconta l’assedio di una piccola cittadina, Betulia, che funge da avamposto per proteggere Gerusalemme dall’attacco assiro e di come, nello scoraggiamento generale del popolo e dei capi anziani, una donna di nome Giuditta sconfiggerà l’esercito nemico tagliando la testa al suo comandante Oloferne.
La forza di Giuditta si fonda sulla certezza che Dio ami il suo popolo e intervenga per proteggerlo secondo tempi e modi imperscrutabili. Certezza che la aiuterà a sostenere la fede vacillante della sua gente e ad essere protagonista attiva nella battaglia, attingendo ai doni che Dio le ha dato, senza pregiudizi di ruolo (uomo-donna) e moralismi: con furbizia e inganno riesce ad entrare nell’accampamento nemico, con seducente bellezza uccide spietatamente Oloferne tagliandogli la testa.
Il testo, per quanto presenti alcuni dati noti, non è un libro storico ma didattico. L’autore, ad oggi tutt’ora sconosciuto, attraverso un racconto simbolico, presenta un insegnamento e manda un messaggio al lettore con l’obiettivo di stimolare la maturità umana al fine di
aumentare la fede nel Dio d’Israele: Dio salva dall’oppressione del nemico valorizzando le risorse umane.
Ci sono due aspetti macroscopici che balzano agli occhi durante la lettura: la valorizzazione di Giuditta come donna e la sua fiducia in Dio oltre la logica umana.