Il tentato “golpe” contro Francesco esplode come “bomba mediatica” a Dublino, la mattina del 26 agosto 2018, durante il viaggio-lampo in Irlanda per l’incontro delle famiglie, che nelle intenzioni del pontefice doveva servire anche a chiedere perdono per lo scandalo degli abusi su minori e seminaristi.
È l’invettiva dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che coinvolge gli entourage di ben tre papi e che accusa Bergoglio di aver coperto il cardinale Theodore McCarrick, arrivando a chiedere le dimissioni del papa. La “bomba” è solo la deflagrazione più forte e recente di una lunga guerra che si combatte negli anni del pontificato di papa Francesco: una battaglia senza esclusione di colpi che coinvolge gruppi di potere e attraversa la curia vaticana e le conferenze episcopali del mondo.
Nel rigurgito magmatico di clericalismi, lobby gay e ansie scismatiche, non si può tuttavia leggere quel che accade oggi nella Chiesa con lo schema amici-nemici di Francesco. Occorre andare in profondità, occorre capire cosa c’è di vero e di falso, e quali omissis svelano la strumentalità di tante operazioni mediatiche, del tentativo di bollare come eretico Francesco e della rete politico-economica internazionale che sostiene la battaglia contro di lui, alleata con settori della chiesa statunitense e con appoggi anche nei palazzi vaticani. Occorre leggere documenti, scoprire retroscena e ascoltare le inquietanti versioni dei fatti dei tanti protagonisti chiamati in causa da questa inchiesta.
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Chi è il Grande Accusatore?
L’annuncio è arrivato a sorpresa a mezzogiorno di un sabato di settembre. È arrivato quasi “annegato” in mezzo ad altri comunicati e avvisi, anche se ciò non diminuisce la sua drammaticità. È un annuncio rivelatore di quale sia, nello sguardo di papa Francesco, la partita che si sta giocando all’interno della Chiesa cattolica durante il sesto anno del suo pontificato. C’è in atto un attacco “demoniaco” che mira a dividere la Chiesa stessa, piagata dallo scandalo degli abusi di potere, di coscienza e sessuali perpetrati da sacerdoti e religiosi su minori e adulti vulnerabili. Ma colpita anche da operazioni politico-mediatiche tutte interne agli apparati ecclesiastici che cercano di demolirla attraverso la messa in stato d’accusa del pontefice e il tentativo di costringerlo a dimettersi. Attacchi che non hanno precedenti storici recenti.
Per questo Francesco, appellandosi direttamente al popolo di Dio, ha chiesto ai fedeli di tutto il mondo di pregare il rosario nel mese di ottobre per «proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi». Lo ha fatto, il 29 settembre 2018, nel giorno in cui si celebra la memoria liturgica dei tre santi arcangeli e in particolare di San Michele, che nel Libro dell’Apocalisse conduce la battaglia contro il drago, il demonio, e lo sconfigge. Lo ha fatto riportando in auge due antiche preghiere, una alla Madonna e una allo stesso san Michele.
È un’iniziativa che indica quanta sia la preoccupazione del vescovo di Roma per la piaga degli abusi sui minori, ma anche per l’innalzarsi del livello degli attacchi contro lo stesso papa e i vescovi, con l’uso strumentale dello scandalo pedofilia per combattere vere e proprie battaglie di potere nella Chiesa. L’appello di Francesco arriva un mese dopo la clamorosa richiesta di dimissioni con la quale l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, ha concluso il suo atto d’accusa contro il papa.
«Il Santo Padre» si legge nel comunicato diffuso dalla Sala stampa della Santa Sede «ha deciso di invitare tutti i fedeli, di tutto il mondo, a pregare il Santo Rosario ogni giorno, durante l’intero mese mariano di ottobre; e a unirsi così in comunione e in penitenza, come popolo di Dio, nel chiedere alla Santa Madre di Dio e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi.
Nei giorni scorsi, prima della sua partenza per i Paesi Baltici, il Santo Padre ha incontrato padre Fréderic Fornos S.J., direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera per il papa; e gli ha chiesto di diffondere in tutto il mondo questo suo appello a tutti i fedeli, invitandoli a concludere la recita del Rosario con l’antica invocazione Sub Tuum Praesidium, e con la preghiera a san Michele Arcangelo che ci protegge e aiuta nella lotta contro il male (cfr. Ap 12, 7-12).
La preghiera – ha affermato il pontefice pochi giorni fa, l’11 settembre, in un’omelia a Santa Marta, citando il primo capitolo del Libro di Giobbe – è l’arma contro il Grande Accusatore che “gira per il mondo cercando come accusare”. Solo la preghiera lo può sconfiggere. I mistici russi e i grandi santi di tutte le tradizioni consigliavano, nei momenti di turbolenza spirituale, di proteggersi sotto il manto della Santa Madre di Dio pronunciando l’invocazione Sub Tuum Praesidium.
L’invocazione Sub Tuum Praesidium recita così:
Sub tuum praesidium confugimus,
Sancta Dei Genetrix.
Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus,
sed a periculis cunctis libera nos semper,
Virgo Gloriosa et Benedicta”.
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio.
Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo,
o Vergine Gloriosa e Benedetta.»
«Con questa richiesta di intercessione» si legge ancora nel comunicato vaticano «il Santo Padre chiede ai fedeli di tutto il mondo di pregare perché la Santa Madre di Dio, ponga la Chiesa sotto il suo manto protettivo: per preservarla dagli attacchi del maligno, il Grande Accusatore, e renderla allo stesso tempo sempre più consapevole delle colpe, degli errori, degli abusi commessi nel presente e nel passato e impegnata a combattere senza nessuna esitazione perché il male non prevalga.
Il papa ha chiesto anche che la recita del Rosario durante il mese di ottobre si concluda con la preghiera scritta da Leone XIII:
Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio;
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus, supplices deprecamur,
tuque, Princeps militiae caelestis,
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,
divina virtute, in infernum detrude. Amen.San Michele Arcangelo, difendici nella lotta:
sii il nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del demonio.
Supplichevoli preghiamo che Dio lo domini
e Tu, Principe della Milizia Celeste,
con il potere che ti viene da Dio,
incatena nell’inferno Satana e gli spiriti maligni,
che si aggirano per il mondo per far perdere le anime.
Amen.»
La preghiera a san Michele Arcangelo fu scritta nel 1884 da papa Leone XIII dopo aver avuto una visione al termine di una messa celebrata in Vaticano alla quale aveva assistito. Papa Pecci aveva “visto” la Chiesa sotto attacco demoniaco. Subito dopo averla composta, Leone XIII la fece stampare e spedire a tutti i vescovi del mondo. Nella sua forma breve veniva recitata in ginocchio alla fine di ogni messa fino al settembre 1964, quando l’istruzione Inter Oecumenici, la prima applicazione della riforma liturgica del concilio, la abolì.
«Le divisioni sono l’arma che il diavolo ha più alla mano per distruggere la Chiesa da dentro» aveva detto papa Francesco due anni fa. E nelle settimane successive alla pubblicazione del dossier Viganò ha aggiunto: «Con le persone che cercano soltanto lo scandalo e la divisione», dinanzi ai «cani selvaggi» che cercano la guerra e non la pace, l’unica strada da percorrere è quella del «silenzio» e della «preghiera».
Ciò a cui stiamo assistendo nella Chiesa non è soltanto l’emergere del mysterium iniquitatis, del mistero del male e del peccato che la sconquassa dall’interno e che è sempre esistito. La novità dei nostri tempi è il venir meno, proprio nella Chiesa e anche in alcuni dei suoi pastori, della coscienza di ciò che la Chiesa è, e della certezza di ciò su cui si fonda. Il funzionalismo, il confidare nelle strategie di marketing, l’infatuazione per i nuovi social media, il confondere la Chiesa con una corporation il cui amministratore delegato è sottoposto al voto di gradimento degli azionisti e i cui manager possono essere licenziati su due piedi; il moltiplicarsi di “pulpiti mediatici” che si ergono a giudici di tutto e di tutti dopo essersi autoassegnati il compito di custodi della dottrina; l’uso e l’abuso spregiudicato, strumentale e selettivo dei crimini e dei peccati commessi da uomini di Chiesa per combattere sporche battaglie di potere, spesso senza alcuna preoccupazione per le vittime e la loro richiesta di giustizia.
È un avvitamento autoreferenziale e distruttivo quello che sta divorando la Chiesa. Le pagine che seguono rappresentano un tentativo di aiutare il lettore a distinguere tra verità, mezze verità e l’interessata disinformazione propagata anche da diversi sedicenti “media cattolici”, per accompagnarlo a comprendere ciò che sta veramente accadendo. E, soprattutto, rappresentano un tentativo di leggere la realtà a partire da uno sguardo evangelico: l’unico che permette di non perdere la speranza e di intravedere la luce alla fine del lungo tunnel. Quello sguardo che con fatica, non compresi e spesso anche traditi dai loro stessi amici, hanno cercato di indicare gli ultimi due pontefici, Benedetto XVI e Francesco.