l silenzio della Settimana Santa mette a nudo gli “scandali” della nostra umanità!
La regalità di Cristo si manifesterà in modo sconvolgente sulla croce. Proprio in questo “misterioso scandalo” di sofferenza, di abbandono totale, si realizza il disegno salvifico di Dio. Dinanzi alla croce anche la fede vacilla: «Simon Pietro gli disse: “Signore, dove vai?”.
Gli rispose Gesù: “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi”. Pietro disse: “Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!”. Rispose Gesù: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte”» (Gv 13, 36-38). Un gallo segna il tradimento del principe degli Apostoli. L’occhio vigile, la capacità di osservare nel buio, il canto forte e attento che annuncia il sorgere del sole, hanno fatto del gallo una creatura dal significato positivo.
E’ un animale che simboleggia la luce e l’allegrezza. Il suo canto avvisa e accompagna l’uomo nel passaggio dalle tenebre della notte allo splendore del giorno: «Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino» (Mc 13, 35). Anche se nella Sacra Scrittura è poco presente, diventa uno dei protagonisti dei racconti della passione. Il canto del gallo è per Pietro un richiamo alla verità. Come il figliol prodigo «rientrò in se stesso» (Lc 15, 17), così Pietro «si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: “Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte”. E, uscito fuori, pianse amaramente» (Mt 26, 75).
Il triplice canto ricorda in qualche modo l’incapacità di Pietro nel saper riconoscere in Cristo la luce, quel «sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1, 78). A causa della sua debolezza, l’Apostolo, cade nella menzogna: «Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quell’uomo!”. E subito un gallo cantò» (Mt 26, 74). Come un tarlo che penetra il legno, così il gallo tocca la coscienza di Pietro: «Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: “Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte”» (Lc 22, 61).
Il canto del gallo unito allo sguardo del Maestro fa “svegliare” l’Apostolo: «Era tanto presuntuoso che, mentre il Signore era venuto a dare la sua vita per i suoi amici e perciò anche per lui, egli pretendeva di fare altrettanto per il Signore, illudendosi di poter offrire la sua vita per Cristo prima che Cristo offrisse la propria per lui. Gli risponde Gesù: Tu darai la tua vita per me? E così tu farai per me quanto io non ho ancora fatto per te? Tu darai la tua vita per me? Credi di potermi precedere, tu che non puoi seguirmi? Perché sei tanto presuntuoso? Che concetto hai di te? Cosa credi essere? Ascolta cosa sei: In verità, in verità ti dico: il gallo non canterà finché non mi avrai rinnegato tre volte (Gv 13, 36-38)» (Sant’Agostino).
A Pietro è bastato lo sguardo di Gesù per capire l’errore commesso: «La debolezza riconosca dunque il suo peccato, giacché non si può imputare alcuna menzogna alla Verità. Per la verità, la debolezza di Pietro riconobbe il suo peccato, lo riconobbe con lealtà: con le lacrime ha dato prova di aver capito quanto male aveva commesso, rinnegando Cristo. Egli stesso smentisce i suoi difensori, li smentisce con la prova delle sue lacrime. Non è che, dicendo così, noi proviamo gusto a condannare il primo degli Apostoli; ma dal suo esempio noi dobbiamo imparare che nessuno può fidarsi delle proprie forze» (Sant’Agostino).
Come il triplice canto del gallo riaccende il cuore di Pietro, così il triplo interrogativo del Risorto sana la fede dell’Apostolo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?” Gli rispose: ‘Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene’» (Gv 21, 15). Gesù ha così spezzato l’orgoglio di Pietro e lo ha preparato alla grande missione: «Dopo il canto del gallo, Pietro, degno ormai di essere guardato da Cristo, passando dall’errore alla virtù, pianse con accorata amarezza per detergere con le lacrime la propria colpa. Guarda anche noi, Signore Gesù: anche noi riconosceremo allora i nostri errori, e con lacrime di pentimento laveremo il nostro peccato e meriteremo di esserne perdonati. Concedimi, o Cristo, le lacrime di Pietro» (Sant’Ambrogio).
A cura di don Bartolomeo de Filippis – Su Facebook
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